Fanfic su artisti musicali > Austin Mahone
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Autore: wonderwall_98    09/09/2012    0 recensioni
Sono Chiara. Sono una ragazza come le altre. Non ho niente di speciale, ma c'è qualcosa, o meglio qualcuno, che in qualche modo me lo fa sentire. Questo qualcuno è Austin Mahone. Io non ringrazierò mai abbastanza quella persona che in qualche modo l'ha fatto conoscere al mondo, a me. Posso dire una cosa; Justin Drew Bieber mi ha insegnato a non arrendermi mai, a lottare per i miei sogni e a...MAI DIRE MAI, gli One Direction mi hanno insegnato il prezzo dell'AMICIZIA, e...Austin Carter Mahone mi ha insegnato a sorridere sempre e ad AMARE. Vi dicono qualcosa queste parole in stampatello? No? Bene, fra non molto scoprirete questi valori, che mi hanno reso una persona...ecco, SPECIALE.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I hope you came true.

Chapter 1: The surprise.

 

Ero nella mia stanza, o meglio, sul mio letto con un paio di mega-cuffie nelle orecchie collegate al mio i-Pad. Stavo ascoltando 11:11 di Austin. In realtà avevo selezionato "casuale" ed è capitata proprio quella canzone...su 2.543 brani. La frase che più mi piace di quella canzone, è..."I hope you came true". Ce l'avevo sempre nella mente...ogni volta che pensavo a lui, ogni volta che lo guardavo dietro uno schermo, ogni giorno a scuola...ogni istante della giornata. Come anche "I will never say never, I will fight. I will fight to forever." del brano Never say Never di Justin. O addirittura "I see you with him, slow dancin'. Tearin' me apart, 'cause you don't see. Whenever you kiss him, I'm breakin'...Oh I wish that was me." di I Wish degli One Direction.
Ero stanchissima, erano le 21:52 ed ero appena tornata a casa, dopo una giornata pienissima. Non bastava andare a scuola e rimanere fino alle cinque, dopo mi sono dovuta anche sottoporre a ben quattro ore di danza. Però infondo, quello era il mio sogno...e se è vero che per i propri sogni bisogna lottare e a volte anche soffrire...io sono disposta a tutto pur di realizzarlo. Almeno quel sogno mi faceva sentire viva, mi dava la forza di sperare. Mentre, poter incontrare Austin...ecco, quel sogno rientrava nella categoria "irrealizzabili". Se poi, un giorno, per assurdo che sia, potrei avere una possibilità...beh, sarebbe come poter toccare il cielo con le mani. Ma per ora posso solo sognare, e credere in quelli che fanno parte della categoria "possibilmente realizzabili" tra cui quello di diventare un'etoile, insomma una PRIMA BALLERINA. A distaccarmi da questi pensieri ci pensa mia madre, bussando alla porta.
-Entra. - dico urlando.
Appena la porta si apre, entra mia madre con una faccia seria.
La vedo muovere le labbra, ma l'unico suono che riesco a sentire è la voce del mio idolo.
-Cosa stai dicendo? 
Di nuovo le sue labbra, coperte da un rossetto rosa cipria, riprendono a muoversi.
-Cooooooome?! - urlo.
La vedo avvicinarsi minacciosa. Frastornata, senza neanche capire cosa stesse succedendo, realizzo che le mie adorate mega-cuffie, mi erano state tolte dalle orecchie, solo nel momento in cui non sento più quella voce. Si, quella del mio idolo.
-Senti signorina, ti ho già avvisato che se continui ad ascoltare la musica a tutto volume, diventerai sorda. E siccome io non voglio rovinarti l'adolescenza, ti consiglio di abbassare quel volume, altrimenti non rivedrai mai più quelle cuffie! - mi dice, con le mani sui fianchi.
-Ma che...sorda?! Dai, mamma. Non vorrai mica togliermi una cosa che tu stessa mi hai comprato? 
-Tu non COSTRINGERMI. - mi risponde, sottolineando il suono di quell'ultima parola pronunciata.
Le sorrido con occhi dolci. So che non resiste a quel sorriso.
-Allora...perchè eri venuta?
-Volevo dirti che tuo padre ha chiamato per dire che stasera tornerà più tardi...
-E quindi?
-E quindi...ha detto che il motivo è per sbrigare alcune faccende lasciate in sospeso.
-E...quindi? - le rispondo stufa.
-E quindi...ha detto che stasera deve parlarci.
-E quindi?
-Senti, sono stufa di questo "e quindi?" ! Se mi dessi il tempo di parlare, potrei anche dirlo tutto d'una botta.
-Spara.
-Ha detto che deve dirci due cose...
Apro la bocca per emettere un suono, ma mi blocca con un segno della sua enorme mano.
Ammutolisco. 
-"Una è abbastanza brutta...ma la conseguenza di quest'ultima è grandiosa." Queste sono le parole di tuo padre.
-Devo preoccuparmi?
-Non ne ho idea. Fa' come vuoi. Dopo queste parole, ha staccato. Quindi...non so cosa pensare. - mi dice, restituendomi quell'oggetto così caro, pagato ben 80£, ed uscendo dalla mia camera con un'espressione imperscrutabile.

Two hours later...

Sono le 23:59. Mi sveglio, stiracchiandomi. 
-Mamma... - la chiamo, ancora piena di sonno.
Dopo due secondi è in camera mia. 
-Dimmi, tesoro.
-Mi dispiace se mi sono addormentata...papà doveva dirci quella cosa e io sono crollata. A te l'ha detta, vero?
Sorride in modo squallido.
-Che c'è?
-C'è che tuo padre non mi ha detto un bel niente!
-E come mai?
-Non è ancora venuto! E lo sto chiamando, ma non mi risponde. Ha la segreteria!
-Ma...è mezzanotte.
-Lo so. Perciò sono preoccupata. - risponde agitata.
-Dai, non fare così.
Esce dalla mia camera, lasciandomi sola fra i miei pensieri. 
E se gli fosse successo qualcosa? E se avesse fatto qualche incidente? E se...no, basta. Non ce la facevo più. 
Mi alzo dal letto e corro in cucina. Apro il frigorifero, prendendo un bicchiere d'acqua fresca. Ero zuppa di sudore, ma nel frattempo avevo freddo. Strano, vero?
Dopo aver bevuto quel bicchiere tutto d'un sorso, prendo il telefono a muro e comincio a comporre il numero del distributore in cui lavorava mio padre.
Tu...tu...tu...
Quel suono che mi faceva battere il cuore per la preoccupazione.
-Hello?
-Papà!
-Uhm...
-Papà, dai...so che sei tu!
-Per fortuna, non sono ancora padre...chi sei tu? - mi risponde la voce di un ragazzo, parlando in inglese.
Meno male che frequentavo un corso di inglese, e che ero brava in quella lingua.
-No, aspetta. Chi sei, TU? Questo è il numero del distributore di mio padre...
Stacca il telefono. Cosa vuol dire?
-Chiara...perchè ora parli in inglese? - mi rivolge la parola mia madre, con una faccia tutt'altro che stupita.
-Perchè...com'è possibile? Il numero non era sbagliato.
-Cos'è successo? - mi dice, avvicinandosi.
-Ho chiamato al distributore di papà e...
-E...?
-E mi ha risposto un tizio che parlava in inglese. 
-Avrai sbagliato numero. 
-No! Guarda. - le dico, mostrandole il display del telefono su cui c'era registrata l'ultima chiamata.
-Uhm... - dice strofinandosi il mento con una mano, in segno di riflessione.
-E' strano, vero?
-Molto strano.

Eleven hours later...

Sono le 11:11. 
Chiara, esprimi un desiderio, sù.
Allora, vediamo...desidero solo che mio padre torni a casa sano e salvo.
Din-Don.
Oh mio Dio! Era lui? 
Mia madre stava ancora dormendo. Vado ad aprire io.
Mi avvicino alla porta e guardo nell'occhiello.
Io...io non ringrazierò mai abbastanza il mio idolo!
Apro subito la porta.
-Papààààààààààààààààààààààààà! - urlo, saltandogli addosso.
Mentre eravamo abbracciati, qualcosa scivola dalla tasca dei pantaloni di mio padre.
Mi stacco. Guardo per terra. Poi guardo lui. 
Mi abbasso per prendere quella cosa, quando...
-No, tesoro... - mi dice precendomi nel prenderlo, con un sorriso agitato sulle labbra.
-Cos'è?
-Dov'è la mamma?
-Dimmi cos'è!
Senza rispondermi, corre nella loro camera da letto.
Lo seguo.
-Angela...tesoro, sono io. - dice mio padre cercando di svegliare mia madre.
-Uhm...
Dopo un po' si alza di scatto dal letto.
-Oh...oh mio Dio! Carlo...sei tornato finalmente... - gli dice, abbracciandolo.
-Già.
-Cos'hai fatto tutto questo tempo? Cos'è successo? Stai bene? - la solita mamma paranoica.
-Si si, sto alla grande. Chiaraaaaaa. - mi chiama.
-Arrivo.
Mia madre si alza, e io mi siedo.
-Meglio parlare in cucina. - ci dice mia madre.
-Tanto non c'è niente da dire. Devo solo DARE qualcosa. - dice mio padre.
-Okay... - rispondo non convinta io.
Arrivati in cucina, mio padre mette le mani nelle tasche.
-Accidenti...
-Cosa c'è?
-Non li trovo...
-Ma cosa?
-Aspetta!
Sbuffo. 
Mio padre si avvicina al suo borsone da lavoro...e dopo due secondi, ha tre foglietti in mano.
Li guarda bene, poi...
-Questo a te. - dice, porgendone uno in mano alla mamma.
-Quest altro a me. - dice, tenendoselo stretto nella mano.
-E per concludere...questo a te. 

 
End of chapter one...To be continued <3





 
  
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