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Autore: ManuBach96    09/09/2012    0 recensioni
Anno 58 a.C., Gallia. Accursio è solo un ragazzo eduo quando il suo villaggio viene ripetutamente attaccato dal malvagio Ariovisto, condottiero suebo a capo dei Germani, proclamatosi re della Gallia e nemico di Roma, con la quale gli Edui sono da tempo alleati. Il ragazzo si ritrova così a dover affrontare con suo padre e uno sparuto gruppo di altri intrepidi guerrieri un futuro a cui non era stato preparato, un futuro che lo vedrà al fianco delle legioni di Caio Giulio Cesare ma che lo porterà un giorno a dover compiere una terribile scelta.
A tutti voi la possibilità di scoprire queste intense vicende.
Recensite numerosi!
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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Sesta Puntata. Amore e coraggio

- Aiuto! Aiuto! - gridava Accursio, ritornando al villaggio con Thusnelda tra le proprie braccia. - Per favore!
Si catapultò immediatamente nella tenda di Segimero, dove ancora era presente anche Segeste, e adagiò la ragazza a terra.
- Ha una freccia! - esclamò allarmato il fanciullo. - Ha una freccia conficcata nel ventre!
- Per tutti gli dèi della nostra Gallia... - imprecò Segimero.
A Segeste, quasi incredulo, si spalancarono gli occhi.
- Segeste! - lo nomò l'altro uomo. - Per piacere, recati alla tenda qui di fronte: troverai un anziano signore; fatti dare da lui una benda. Torna prima che puoi!
- Certo. - rispose, uscendo in fretta e furia.
Accursio osservava Segimero, che tentava di spezzare quella freccia.
- Non ti preoccupare, Thusnelda, - tentava di rassicurarla il ragazzo - vedrai che tra poco andrà tutto meglio. Scusami, - disse poi rivolgendosi verso l'uomo - avrei dovuto stare più attento, al pozzo.
- No. - rispose egli. - Sono io ad avere colpa. Non avrei mai dovuto mandarvi a prendere l'acqua. E per che cosa...?
In quel momento rientrò Segeste con le bende.
- Grazie. - disse Segimero, prendendone una e legandola alla meno peggio attorno al ventre della figlia, che ancora si lamentava, sebbene stesse tentando di nascondere la propria sofferenza.
- Sei riuscito a estirpare la freccia dal suo corpo? - chiese Segeste, preoccupato.
- Sì, fino a dove ho potuto. - rispose Segimero, ultimando il nodo che avrebbe consentito alla benda di rimanere ferma. - Ecco fatto. Così dovrebbe essere abbastanza stretta. Come ti senti, figliola?
- Grazie, - balbettò la fanciulla - un po' meglio.
Segimero sorrise, accarezzando la guancia di velluto della figlia adorata. Le voleva davvero molto bene. Ma pochi istanti dopo l'uomo aggrottò le sopracciglia, senza dare a intendere nulla agli altri tre presenti, che capirono tutto quanto poco dopo: una voce affannosa gridava il suo nome. Subito l'uscio della tenda si spalancò, ed entrò un uomo abbastanza giovane, probabilmente sulla ventina d'anni, ma che pareva agitato e allarmato, come lo era Accursio fino a pochi momenti prima.
- Segimero, - ripeté la voce - abbiamo bisogno di tutti. Ariovisto è qui.
Senza proferir parola, sia quell'uomo sia Segeste presero la propria spada e come fulmini uscirono dalla propria capanna.
- Voi rimanete qui, e se le cose dovessero volgere al peggio... scappate entrambi.
Accursio si gettò accanto a Thusnelda. I due, da dentro, ascoltavano ricolmi di terrore le grida che provenivano dal di fuori.
- Accursio... ho tanta paura... - pianse la bella fanciulla.
- Vedrai che tutto quanto finirà presto. - la tranquillizzò egli.
- Dimmi che è solo un brutto sogno... dimmelo... Accursio...
- Sì, sì, certo che è un sogno... tutto ciò non può essere vero.
Cadde il silenzio. Dentro. E fuori urla di donne e bambini. Grida di battaglia. Sangue. Morte. Distruzione. Passavano le ore. E ancora sangue, morte e distruzione. E poi vennero le nuvole. Nel cielo e nel cuore. E poi piovve. Tutti gli Edui presenti lottavano con ardore e con coraggio sotto le gocce d'acqua che fendevano l'aria e che rendevano il terreno molto pesante e inadatto per combattere al meglio. Finché non comparve all'orizzonte una colonna. Non era una colonna di fumo, come quelle che fin troppe volte ormai aveva visto Accursio. Era una colonna di uomini. Uomini che venivano verso il villaggio, marciando compatti.

Accursio non avvertiva più alcun rumore. Thusnelda era sveglia, ma stanca. La sua ferita al ventre stava lentamente cessando di farle così tanto male. Dalla sua bocca, un sussurro, parole appena udibili da un orecchio accorto.
- Suonami il tuo carnyx. - disse con flebile voce.
Il ragazzo non esitò: prese il proprio strumento musicale e suonò con tutto il proprio cuore, mentre Thusnelda chiudeva gli occhi, abbandonata al sonno.

Ariovisto nel frattempo abbandonava il villaggio, ordinando ai propri uomini la ritirata. Subito l'uomo, distinto per la sua barba lunga e nera, e i capelli anch'essi lunghi e neri, montò sul proprio cavallo, un cavallo marrone, con la criniera di un colore scuro; egli aveva visto quella colonna, e aveva capito che per lui sarebbe potuta essere molto pericolosa.
- Siano lodati gli dèi! - cominciarono a gridare alcuni membri del villaggio, sollevando le spade in segno di vittoria e di gioia.
Accursio si accorse immediatamente di ciò che stava succedendo e decise di uscire dalla capanna. Anch'egli notò la lunga colonna di uomini, che mano a mano si avvicinava; erano soldati, il cui rumore delle armature echeggiava in tutto il territorio.
- Padre, - chiese Accursio a Segeste - chi sono tutti questi uomini?
- La nostra salvezza, figlio mio. La nostra salvezza.

Quella salvezza era il generale romano Caio Giulio Cesare, impegnato in quegli anni nella conquista della Gallia. Tuttavia il popolo eduo aveva sempre giurato fedeltà a quella repubblica che, solo qualche decennio più tardi, sarebbe divenuta un vero e proprio impero. E comunque essere alleati di Roma non portava soltanto a cattive situazioni: si poteva contare sull'ausilio di truppe molto forti e ben organizzate in caso di bisogno. Fu così che Cesare e gli Edui cominciarono a setacciare quasi tutta la Gallia centrale per trovare Ariovisto e coloro che erano al suo fianco, mentre Accursio rimaneva al villaggio con parecchi membri della tribù - in gran parte anziani, donne e bambini - per tenere compagnia alla giovane Thusnelda, le cui condizioni stavano con il passare del tempo migliorando. I due parlavano, si incoraggiavano a vicenda e immaginavano che cosa stessero facendo in determinati momenti i loro rispettivi padri, che con i Romani stavano pian piano facendo uscire allo scoperto il nemico, soprattutto per mezzo di ambascerie alle quali il condottiero suebo rispondeva in tono sprezzante. La tattica funzionò a meraviglia: stanco di fuggire e nascondersi da mesi, Ariovisto decise finalmente di affrontare il proprio destino. La battaglia avvenne presso i monti Vosgi, in Alsazia. Ariovisto e i propri uomini combatterono duramente, ma alla fine la loro disfatta fu più che totale; a migliaia perirono tra i barbari in quello scontro, e lo stesso Ariovisto riuscì a salvarsi per miracolo, fuggendo e attraversando a nuoto il Reno. La madre di Accursio era stata vendicata, e con lei centinaia di Edui. Ma la guerra continua.

 
  
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