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Autore: HildaGreen    10/09/2012    6 recensioni
"Ginocchia alte, petto in fuori, sguardo che punta sempre in alto… si, era perfetta!
Si fermò in cima alle scale, guardò la Shibusen, sicura che l’avrebbe fatta cadere ai suoi piedi, dopotutto, cos’era impossibile per lei?
Respirò a fondo, poi si avviò verso l’entrata a passo sicuro, facendo ondeggiare i lunghissimi capelli azzurri, dei ciuffi legati in una piccola treccia accanto al viso, adornato da un fiorellino rosso.
Inoltre, i capelli non erano la sola cosa a muoversi… Ai ragazzi l’occhio cadeva sempre lì, sui suoi grandi seni, sempre in vista, dopotutto, perché nascondere una simile bellezza?
Sembrava una ragazza come tante… finché non le parlavi."
Ecco a voi l'arma più potente e bella (ed egocentrica...) di tutta la Shibusen!
Avete indovinato chi è?
Ovviamente l'adorata figlia di Black Star!
Si chiama Sora e, come i suoi amati genitori, dovrà fare i conti con kishin, bulli e streghe, ma la sfida più grande per lei, sarà l'amore!
Intanto la Shibusen, tredici anni dopo la sconfitta del primo Kishin, si prepara a combattere una nuova guerra.
Come andrà a finire?
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Death the Kid, Liz Thompson | Coppie: Black*Star/Tsubaki, Soul/Maka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le Stelle non sono niente senza Cielo!'
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Risveglio


Quindici giorni.
Ma gli sembrava fosse passata più di un’eternità e chissà quanto ancora avrebbe dovuto vivere con quell’angosciante attesa, di qualcosa che sarebbe potuto non avvenire mai.
Maka era stata sincera con lui, non aveva voluto illuderlo dicendogli che la sua arma, probabilmente non si sarebbe mai ripresa.
Non aveva senso... se era davvero così, perché il destino l’aveva lasciata in vita?
O semplicemente, ancora una volta la vita si faceva beffa di lui illudendolo sempre ma lasciandolo vivere.
Teneva il viso tra le mani, i gomiti sul letto, da quando aveva parlato con Tsubaki, quella notte, sentiva le viscere contorcersi nel ventre ed il cuore imprigionato da centinaia di spine che andavano sempre più affondo. Avrebbe voluto parlarle, dire tutto quello che si sentiva nell’anima, si sentiva stupido, anche più di Sora, lei non era la sola a non essersi accorta dei sentimenti altrui.
 
Rimasero a lungo in silenzio e riuscivano persino a sentire il respiro sommesso e regolare dei sue neonati.
«Io credo che le piacessi...» Affermò Tsubaki.
«Cosa?»
Tsubaki rise, ma aveva le lacrime agli occhi. «All’inizio, quando è diventata la tua arma, mi raccontava sempre quello che succedeva... poi, dopo un po’ ha smesso, se le chiedevo qualcosa cambiava argomento.»
Eh? Parlava davvero di Sora? Quella era una parte nuova di lei del quale non aveva mai saputo nulla.
«È sentimento diverso da quello che sentiva per Kid, per lui faceva di tutto per mettersi in mostra, invece sembra che con te abbia... trovato una propria personalità, altri modi di essere oltre l’esempio di suo padre.»
Eis rimase tutto il tempo ad ascoltare in silenzio e a riflettere, sentendo l’impulso di voler andarsene all’istante e andare dalla sua arma.
«Dopo la scomparsa di Black Star... penso che abbia preso te come suo “padre”»
 
Alzò il viso e posò lo sguardo si Sora, che pareva beatamente sopita, chissà se, come nelle fiabe, un bacio l’avrebbe risvegliata...
I suoi capelli azzurri, scendevano dal cuscino come una cascata, mossi dalla leggera arietta che entrava dalla finestra. Quando camminava e li vedeva ondeggiare, sembravano delle placide onde accarezzate dai raggi del sole, ripensando a quell’immagine, ebbe la sensazione di avere la visione di un essere celestiale... beh, dopotutto, era quello che ripeteva sempre, lei era una dea.
Sorrise nostalgico, ma, ciò che gli mancava davvero, sopra ogni cosa, erano le sue cavolate ed era anche seria nel farle, lo faceva ridere.
 
«Io butto questa.»
Sora lo guardò titubante, poi osservò con apparente accuratezza le sue carte, poi ne buttò una sopra il letto dove giocavano.
«Io metto una carta coperta e passo il turno.»
Eis la guardò male... scherzava?
«Ehm... anzi, metto anche Angelo con la spada in attacco... ora tocca a te.»
«Sora... sai come si gioca a scopa?»
Sembrò pensarci qualche istante, poi si rivolse a lui con un ampio sorriso «Beh, si! di solito si fa sul letto...»
«Sora!»
«Dai scherzavo, non te la prendere!»
 
Ricordava bene quella sera... era impossibile giocare a carte con Sora, non ci capiva niente ma la cosa più difficile da fare per lei era... contare i punti.
Visualizzò anche il pigiama che indossava, troppo largo per lei, rosa con dei coniglietti bianchi. Era più sobria di notte che di giorno.
Prese un asciugamano e lo bagnò, usandolo per lavarle il viso sperando così, anche di farla reagire, continuava a sperarci anche dopo tutti quei giorni che lo faceva. Le sistemò anche il cuscino e le spostò i capelli da davanti al viso.
Ricordò con un sorriso anche quel giorno in cui aveva cercato di convincerla a spostare i capelli che le coprivano gli occhi, ma lei si era messa sulla difensiva e aveva risposto “il ciuffo non si tocca”, ora si sarebbe imbestialita sapendo che aveva infranto la regola.
Le sfiorò il dorso della mano, anche se era incosciente, non riusciva a non provare imbarazzo.
Di malavoglia, abbandonò la stanza dove, al di fuori, aveva lasciato altri problemi. Kid, che ora aveva preso il posto di Shinigami, aveva formato una squadra di studenti tra i più forti per rintracciare le streghe prima che loro tornassero con il kishin e mettere definitivamente fine alla guerra con la Shibusen.
Tra quegli studenti c’era anche lui, ma che poteva fare senza un’arma, Kid era stato indulgente e gli aveva concesso qualche giorno per sperare che Sora si riprendesse, altrimenti, avrebbe fatto temporaneamente coppia con Lealia e proprio da lei era diretto ora, quello era il decimo e ultimo giorno...
Percorse le strade buie di Death City, fino ad arrivare all’appartamento delle due ragazze. Reliance stava già dormendo più profondamente di un orso in letargo, l’altra era rimasta ad aspettarlo.
Si sedette al divano e Lealia gli portò un te caldo e si mise accanto a lui.
«Sai, mi sembri dimagrito» disse Lealia.
«Ah... davvero?»
Rimasero a lungo in silenzio, poi lei gli mise una mano sulla spalla. «Vedrai che andrà tutto bene, Sora è una ragazza forte...
Eis la guardò, lei era sempre troppo ottimista, decise di cambiare argomento e dire ciò per cui era andato lì realmente.
«Ho deciso di non venire...»
Lealia annuì comprensiva.
«Devo restare qui a proteggere lei e Tsubaki... Se ve ne andate, magari Death City non sarà più di alcun interesse per le streghe, ma devo restare qui.»
Era di nuovo tornato a parlare di Sora, era impossibile per lui non pensarla...
«Ti capisco... Mi dispiace solo di non poter essere la tua arma, anche se solo per un po’...»
Lei sopirò. «Ti devo confessare, che sono invidiosa di lei per molte cose...»
Eis si voltò a guardarla.
«Lei, riesce ad essere sé stessa, molte volte si rende anche ridicola, ma non si preoccupa di quel che pensano gli altri e riesce a non prendersela se riceve un brutto voto... ma soprattutto, perché lei ha te.»
Il ragazzo rimase ad ascoltarla senza avere alcuna reazione.
«Tu lo sapevi ma... Non sono riuscita a battere Sora in nulla... Sai, è davvero bello il sentimento che provi per lei...»
«Io... sono sicuro che troverai qualcuno che ti ami davvero... oltre a Reliance!»
«Ahah! Ha detto che mi ha messo al secondo posto, tra i panda e la cioccolata calda!»
Scoppiarono entrambi a ridere.
«Questa sera non le ho detto che venivi, altrimenti sarebbe rimasta sveglia.»
«Beh, mi sono sempre accorto che mi guardava storto quando stavo vicino a te, ma non ne ero sicuro.»
Lealia rise fino a quando non le uscirono le lacrime. «Beh.... allora ci vediamo... sempre se tornerò.»
«Ce la farai sicu...»
Si bloccò a metà frase, quando lei gli diede un bacio sulla guancia. «Non voglio perderti. Lo dico come amica...»
 
Il vento che entrava dalla finestra faceva ondeggiare le tende bianche, attraversate dalla luce pallida del mattino.
«Cinquecentoquarantuno. Cinquecentoquarantadue. Cinquecentosess... acc... ho perso di nuovo il conto...»
Si tirò su, mettendosi a gambe incrociate, poi sentì un rumore provenire dal suo stomaco. «Che fame... ah, no! Devo resistere, farò un bello scherzo ad Eis!»
 
 
Alle nove, Eis era già in piedi per vedere gli altri partire, ed ora, prima del solito, era andato a far visita a Sora, sperando, per l’ennesima volta di trovarla sveglia.
Più sconsolato del solito, si mise seduto, sbattendo con forza i gomiti sul letto e tenendo le dita fra i capelli e il viso nascosto.
Sul dorso della mano gli si potevano vedere le vene, stringeva forte i denti ed aveva il respiro pesante, poi, sul lenzuolo cadde una lacrima, seguita da altre che non finivano mai.
«Maledizione! Dovrei esserci io al tuo posto! Va a finire sempre così... mia madre... mio fratello e ora tu... sarebbe stato meglio se non fossi mai nato!»
«Non dire così!»
All’improvviso si era ritrovato delle braccia al collo che diventavano sempre più strette. «Non dirlo mai più!»
Eis era rimasto spiazzato, s’immobilizzò con le lacrime ferme negli occhi, e offuscavano tutto, facendogli vedere solo un celeste intenso.
Alzò la mano, toccando dei capelli e avvertì un calore umano. Non riusciva a crederci, se lo stava immaginando?
Strinse le braccia intorno alla ragazza e ne respirò l’odore che, dopo aver trascorso giorni chiusa in una stanza, non era proprio gradevole ma a lui piaceva lo stesso...
Riguardo a Sora, sentendolo parlar,e non era riuscita a fare lo scherzo progettato, ma non pensava che lui soffrisse tanto. Ma quanto tempo aveva dormito? Non lo sapeva di preciso, ma doveva essere tanto, perché aveva sentito troppo la mancanza di un calore così forte.
Eis le mise le mani sulle spalle, allontanandola da sé e vedere se davvero era lei, una volta confermata la sua identità, si gettò di nuovo su di lei, abbracciandola.
Sora abbassò la testa contro la sua spalla, gli occhi iniziavano a pizzicarle, poi strinse le dita sulla sua maglietta e lo allontanò per guardarlo negli occhi. «Scusami...»
Lui stava per controbattere, ma lei lo anticipò, concludendo la frase. «... di non averti ascoltato.»
«Non ha più importanza» rispose il ragazzo, ancora sopraffatto dall’emozione per interessarsi del significato di quelle parole.
«Eis» sussurrò ancora Sora, mentre lui le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchia.
«Cosa c’è?»
«Vuoi essere il mio meister? Definitivo... intendo...»
Si guardarono per qualche istante.
«A una condizione... devi rispondere alla mia domanda.» Eis sembrava estremamente serio, mentre Sora lo guardava speranzosa con occhi languidi.
«Devo sapere... cosa senti per me.»
La ragazza abbassò lo sguardo, rossa in viso. «Io...»
Chiuse gli occhi, poi guardò ancora Eis. «...ti amo.»
Evitò di nuovo il suo sguardo «Però io... tutto quello che hai dovuto passare per colpa...»
Eis non lasciò finire e la baciò. Sora ricambiò subito e posò le mani sul suo viso, perdendo però l’equilibrio e cadde all’indietro sul letto ed Eis la assecondò, finendo sopra di lei.
Dopo un po’ si staccarono e Si scambiarono uno sguardo che valeva più di qualsiasi parola.


Tsutsu, da adesso WhiteKitsune è tornata!!!! Ho deciso di cambiare nome perchè ornai nessuno mi chiamava più così e poi, Kitsune, tra tutti i personaggi che ho creato, è il mio preferito in assoluto, White l'ho preso da pokemon bianco e nero.
parlando della storia, avevo pensato di far fare ad Eis un discorso molto più lungo e il risveglio di Sora più comico ma mi ero bloccata e l'ho lasciata così. comunque, non pensate male, sulla conclusione, Sora ed Eis si sono fermati solo a qualche bacio, nulla di più anche se fose sembra xD
Alla prossima
WhiteKitsune
  
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