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Autore: weitwegvonhier    10/09/2012    2 recensioni
Continuava a sfoggiare quel sorrisino a mezze labbra che, per qualche strano, stupido, irragionevole motivo, mi faceva andare fuori di testa, guardandomi divertito, in attesa della mia prossima stupida, imbarazzante mossa.
- In un caldo giorno d'agosto del 1998 una normale ragazza si scontra con uno sconosciuto per strada e....
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: David Desrosiers, Nuovo personaggio, Pierre Bouvier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A.S. Buoonaseraaa! Come va la vita? 
Oh, domani devo iniziare la scuola, ed io ho un bruttissimo rapporto con la scuola, ho voglia di morire. Comunque, mi sono preparata qualche capitolo, così se non potrò scrivere per una o due volte ce li ho pronti comunque. Non sono carina? :3 No, ok. Lasciate stare Hahah
Behhh,come al solito mi sono prolungata un po' in questo trafiletto, sento che c'è qualcosa che volevo dire, ma credo di essermene dimenticata (?). Sono vecchia, la memoria fa cilecca.
Ah si! Quando arrivata alla fine del capitolo, c'è una specie di 'ritorno indietro', nel caso non abbiate fatto tanto caso alle date (vi capirei, neanche io ci faccio caso quando leggo), è la conseguenza del capitolo precedente. :)
Credo di aver detto davvero tutto, adesso, e...vi lascio il capitolo che è meglio. 
Mi raccomando, fatemi sapere che ve ne pare, lo dico sempre e lo ripeto: ditemi se vi piace o non vi piace. Non è che mi aspetto e pretendo solo commenti positivi, anzi, se c'è qualcosa che dovete dirmi, fatevi sotto uù Oddio, sto parlando ancora. ECCOLO!


Montreal, October 6th, 1998
12.37

 
 
Ero seduta al tavolo mangiando la mia qualunque cosa fosse che la mensa aveva deciso di darci per pranzo oggi, mentre Matt si assaporava il suo qualsiasi cosa fosse che si era portato da casa.
Dopo quello che era successo a casa di Matt, che Pierre non si era premurato di tenere segreto, si era venuto a sapere a scuola che io e Matt stavamo insieme.
Non sapevo esattamente cosa mi spingesse a non mandarli tutti al diavolo, a farmi coraggio, e a togliere ogni volta la mano di Matt dal mio sedere, respirando profondamente, e consigliando a me stessa di stare calma. Sinceramente, non sapevo neanche perché quel giorno non avessi semplicemente detto a tutti di farsi gli affari loro ed accettare che Matt, con me, non c’entrava niente.
Ero rimasta ferma e zitta mentre tutto accadeva, mentre mi fidanzavo improvvisamente con lui, e mentre tutti ridevano e si congratulavano.
In realtà non sapevo neanche perché Matt volesse stare con me, quando poteva avere tutte le cheerleaders del paese. Obbiettivamente era un bellissimo ragazzo, personalmente, lo trovavo superficiale, stupido e idiota.
Ed era esattamente nello stesso modo che mi sentivo io, quando passava Pierre a salutare Matt, e io guardavo la mia mano stretta a quella del ‘mio ragazzo’ pensando che cosa starà pensando di me? Sarà felice per il suo amico, sicuramente. Perché dovrebbe pensare a me? Perché mi guardi così Pierre, che cosa vuoi da me? No, oddio, non sorridere così e cercando di togliermelo dalla testa quando Matt si abbassava per baciarmi.
Esattamente come quella volta, sul letto di Matt, era come se io non ci fossi stata più. Quando Matt mi prendeva per mano, io morivo. Quando mi baciava, io non c’ero.
Non gli permettevo di toccarmi, non gli permettevo quasi di baciarmi e al pomeriggio cercavo sempre di trovarmi qualche impegno per evitarlo, e lui non si stancava. Perché?
E ogni volta che incrociavo il suo sguardo vedevo i suoi occhi, vedevo Pierre.
Era diventato un incubo, io ero diventata un incubo.
Grazie al mio ‘fidanzamento’ con uno dei ragazzi più popolari della scuola, ero improvvisamente stata catapultata nel loro mondo, in quel mondo che tanto disprezzavo, che tanto odiavo. Che ci stavo a fare io lì, tra i popolari della scuola? Io, che non ero altro che una ragazzina che lavorava nei giorni liberi per racimolare soldi per andare ad uno stupido concerto. Che ci facevo tra di loro, che avevano una paghetta settimanale di cento dollari e che guidavano auto sportive? Che ci facevo tra di loro, io, che una macchina neanche ce l’avevo?
La voce di Matt mi riportò alla realtà. –Mi stavi ascoltando?-
Al tavolo erano apparsi Michelle e Pierre che si guardavano e ridevano tra di loro, come se al mondo non ci fosse nessun’altro.
-Cosa?- Dissi io.
-Oddio Maya, sei sempre distratta ultimamente, sicura di sentirti bene?- A quelle parole il sorriso di Pierre si spense e il suo sguardo si rivolse verso di me. Io guardai per terra, non ce la facevo mai a sostenere i suoi occhi su di me.
-Si, sto bene. Che mi dicevi?-
Lo sguardo di Pierre era ancora fissato sul mio viso quando Michelle irruppe nella conversazione, al salvataggio del suo amato, che si stava distraendo dalla camicetta alla quale aveva appena aperto un bottone. –Matt ti stava dicendo che stasera è il mio compleanno e che vieni con lui alla festa in spiaggia.- Puntò i suoi occhioni verdi su di lui. –Non è vero Matt?- Disse poi prendendo il viso di Pierre tra le mani e baciandolo, mentre lui sorrideva.
-Tanti auguri Michelle- dissi io alzandomi, prendendo il vassoio e andandomene –ma stasera ho proprio da fare, mi dispiace.- Senza alzare lo sguardo dalle labbra di Pierre fece spallucce e disse un –non importa, tranquilla- pieno di non me ne frega niente sottointesi.
Misi il vassoio al suo posto, buttando tutta quella roba che non avevo mangiato e me ne andai sulle scalinate del campetto da calcio, che a quell’ora era vuoto: amavo stare lì, a leggere un buon libro o ad ascoltare musica, quando non c’era nessuno.
Mi ero portata con me cime tempestose, uno dei miei libri preferiti, e stavo per iniziare a leggerlo dal punto in cui mi ero interrotta, quando una voce mi fece sussultare.
-Maya.- Disse.
Pierre.
-Cime tempestose? Amo quel libro!-
Io sorrisi, involontariamente.
Negli ultimi tempi, come ragazza di Matt, avevo avuto modo di passare un po’ di tempo anche con Pierre, perennemente in compagnia di Michelle, che non lo lasciava neanche per andare al bagno, e mi ero resa conto di essermi sempre fatta una marea di giudizi sbagliati su di lui, che in realtà era un ragazzo molto intelligente e sensibile e che era davvero sprecato in quel gruppo di idioti.
Senti chi parla, quella che si è lasciata fidanzare ad uno di loro.
-Non ci credi?- Mi chiese lui, spostando il suo corpo fino a darmi un leggero colpetto sulla spalla, col suo solito sorriso che ti lasciava sempre la voglia di stare a fissarlo per ore.
-Non so, non mi sembri molto il tipo da Emily Brontë, ma io non sono brava a giudicare le persone.-
Abbassò la testa e sorrise. Eccolo, di nuovo.
-Non sono l’idiota che tutti pensano.-
Lo so, tu sei molto di più e mi dispiace per tutte le cose che ti ho detto e per tutte le cose che ho pensato perché ti avevo giudicato solo superficialmente. Sei un ragazzo intelligente e buono.
Perché stai con lei? Perché le permetti di farti trattare da stupido?
Sorrisi e non dissi niente.
-Perché?-
-Cosa perché?- Chiesi sorpresa da quell’improvvisa domanda, arrivata dopo qualche secondo di silenzio.
-Perché non vieni alla festa stasera?-
Ah. Pensavo più ad un ‘perché stai con quel cretino di Matt?’.
-Ho da fare, te l’ho detto.-
-No, intendevo il vero motivo per cui non vieni.-
Ma bene, quindi adesso mi fa anche da psicologo.
-Non mi va, non mi piacciono le feste, non mi piace il tipo di persone che vanno a quel tipo di festa, non mi piace l’alcool e non ci voglio andare con…- mi fermai. Avevo detto troppo.
Pierre era il miglior amico di Matt, come mi era venuto in mente di mettermi a parlare a raffica in quel modo?
-Matt?-
Scossi la testa. –Lascia stare, non importa.- Feci per alzarmi e andarmene, ma lui mi prese il polso, e mi tirò giù, per farmi sedere di nuovo.
Mi passò davanti agl’occhi l’immagine di quel giorno, quando scappavo da casa di Matt e lui mi fermò per la strada, fissandomi dritta negl’occhi. Continuavo a chiedermi che cosa avrebbe voluto dirmi, quel giorno.
Lo guardai per un millesimo di secondo, pentendomi subito della mia scelta.
Era assorto nei suoi pensieri, teneva le mani incrociate sulle gambe e fissava un punto vuoto sul pavimento. E’ bellissimo. Poi alzò la testa, mi guardo, mi posò una mano sulla gamba, mi sorrise e mi disse –per favore, vieni stasera.- e si alzò, per andarsene.
Continuavo a fissarmi la gamba, sentendo ancora il calore della sua mano e i brividi che mi attraversavano il corpo. Bouvier, perché mi stai facendo questo?

20.56

Arrivai alla festa accompagnata da Matt, non mi ero chiesta perché alla fine avevo deciso di andarci, avevo paura della risposta.
Erano tutti intorno ad un falò nel mezzo della spiaggia, quando arrivammo noi.
Michelle ci venne incontro trascinandosi dietro Pierre, sorridendo a me e salutando Matt con un bacio sulla guancia.
Pierre mi sorrise, ed io cercai di ricambiarlo, inarcando un lato delle labbra. Quello fu tutto ciò che di più simile ad un sorriso riuscii ad ottenere.
Ero andata alla festa promettendomi che avrei cercato di evitarlo tutta la sera ed eccolo lì, davanti a me, neanche due secondi dopo il nostro arrivo.
-Sei venu…- All’improvviso una voce dietro di lui lo chiamò –Pierre!- si voltò, allungò un braccio verso la figura scura che si stava avvicinando a noi e disse –hey Chuck, vieni, ti presento i miei amici!-

23.12

Passai la serata seduta in riva al mare a parlare con Chuck, scoprendo che era un ragazzo davvero simpatico e carino e scoprendo addirittura che lui, Pierre, e altre due persone avevano una band e suonavano nel tempo libero.
Mi parlò molto di Pierre, di come fossero cresciuti insieme, di come si fosse sempre dimostrato un buon amico, un fratello, di come una volta litigarono tanto da non parlarsi per mesi ma di come tutto si aggiustò, e di come erano qui, adesso.
Stavo a sentirlo mentre mi raccontava ed ero rapita dalle sue parole, sembravano scelte accuratamente da uno scatolone rinominato parole per descrivere Pierre.
-A quel tempo non era un periodo facile per me- raccontava –così, lui si presentò a casa mia con un foglio, una penna ed una chitarra e mi disse ‘scrivi’. Sul momento non capii, ma dieci minuti dopo avevamo composto una canzone, e stavamo suonando come matti, dimenticandoci di tutti i nostri pensieri. E’ una persona speciale.- Si, lo è.
Sorrisi e lui mi guardò e disse –anche se spesso si comporta da idiota e sminuisce tutto quello che di bello c’è in lui.- Rise, e io risi con lui.

23.44

-Che cosa stai dicendo Pierre? Fermo, attento, no! Attento, non ti reggo…Pierre!-
Stavo cercando di accompagnarlo a fare un giro in riva al mare per smaltire un po’ la sbornia che si era preso, ma non riuscivo a sostenerlo e continuava a cadermi addosso.
Agitava l’indice in aria e farfugliava. –Tu non devi stare con lui, Maya, è un idiota.- Poi inciampava e cominciava a ridere. –Un cooompleto idiota che sta cercando solo di portarti a letto per andare a raccontarlo a tutti gli altri.- Era ubriaco fradicio.
-Si Pierre, lo so che è un idiota, ma adesso cammina.- Si fermò. Era come aver a che fare con un bambino capriccioso, solo con sessanta chili in più e un metro e ottantatre di altezza.
-No.- Disse. –Adesso tu stai qui e mi ascolti, si sa che gli ubriachi dicono sempre la verità e io…sono piuttosto ubriaco.- Rise, e perse l’equilibrio. Cercò di aggrapparsi al mio braccio ma ottenne l’effetto esattamente contrario e cioè, quello di portarmi giù con se.
-Pierre, per favore, smettila di parlare e dire cose senza senso e continuiamo a camminare. Dai, tirati su.- Cercai di alzarmi per portarlo su con me, ma mi mise un braccio intorno alla vita e mi costrinse in quella posizione. Occhi fissi nei suoi, il mio corpo in perfetto contatto con il suo e il mio cervello stava cercando una scappatoia per impedire al mio cuore di esplodere.
-Stai con me, Maya. Io posso darti tutto quello che quel…Matt non può. Permettimi di amarti, dimmi solo una parola e lascerò Michelle. Per favore!- Tossì un po’, prima di continuare.
Smettila Pierre, per favore smettila di farmi questo.
-Vorrei non essere ubriaco in questo momento.- Disse poi, scoppiando in una risata. –Ho aspettato di poterti stringere così dalla prima volta in cui mi sei venuta addosso- tu mi sei venuto addosso, stupido. – e adesso che sei tra le mie braccia sono ubriaco e domani mi ricorderò solo di avere un forte mal di testa.-
-Ecco, quindi adesso alzati e andia…- Le mie labbra furono serrate dalle sue.
Mi abbandonai per un attimo, dimenticandomi del mondo, pensando semplicemente a quanto bello poteva essere un bacio, se a dartelo era la persona a cui tenevi.
Mi resi conto in quel momento che stavo facendo un’assurda cavolata nella mia vita, che Matt era un’assurdità, che dovevo finirla con lui e con tutti loro. Mi resi conto che non c’entravo nulla con quella festa e mi resi anche conto di amare quel Pierre di cui mi raccontava Chuck, e non quello che se ne andava in giro mano nella mano con Michelle, a fare l’idiota con gli altri idioti del suo gruppo.
Staccai le mie labbra dalle sue, lo guardai un secondo, e gli diedi uno schiaffo.
Perché mi stai facendo questo Pierre? Perché?
Mi alzai nel momento in cui lui allentò la presa per portarsi la mano alla guancia, e scappai via, lasciando che le lacrime mi rigassero il volto.
Cercavo Matt, per chiedergli di andare via, e lo vidi che si sbaciucchiava Michelle.
Stranamente, non mi fece nessun effetto, anzi, mi sollevai al pensiero di avere un vero motivo per lasciarlo, finalmente, quando mi raggiunse Chuck.
-Ti avevo vista andare via con Pierre pensavo…ma hey, stai piangendo?-
In un impeto di non so che cosa mi buttai tra le sue braccia, che mi strinse, consolandomi.
-Puoi accompagnarmi a casa?-
Pierre, dietro di noi, spostava lo sguardo da me a Michelle, che era con Matt.
Mi chiedo se domani si ricorderà di tutto questo.
Chuck mi guardò, annuì. Mi prese la mano, mi guidò fino alla macchina accompagnandomi a casa.
Quella notte mi addormentai subito, e sognai il Pierre di cui Chuck mi raccontava in riva al mare, mentre suonava la chitarra nella sua camera.
Chissà com’è quando suona. Chissà com’è mentre canta.
 
 

Play rewind and we'll be back to the day where………………
So…is this what people like to call ‘love’?

 

Montreal, September 22nd, 1998
9.35

 
Stavo andando al mio armadietto, a prendere i libri per l’ora di matematica, quando, rimanendo fedele al mio essere imbranata, inciampai su qualcosa.
Chiusi gli occhi mentre cadevo e mi sembrava di andare a rallentatore.
Il pavimento non arrivava mai, sentivo già le risate di tutti nelle mie orecchie.
Ma dov’è il pavimento?
-Puoi aprire gli occhi ora.-
La sua voce mi risvegliò, e d’un tratto, mi accorsi di essere sospesa a metà tra il cadere e non.
-Dovremmo smetterla di incontrarci così, o prima o poi qualcuno si farà male.-
Il suo braccio aveva fermato la mia discesa, e la sua mano…-Hey!- urlai mollandogli uno schiaffo.
-Ma sei impazzita?- disse portandosi la mano alla guancia che stava diventando rossa.
-Mi stavi toccando.-
-Ti stavo tenendo! La prossima volta ti lascio cadere, così sei più felice. Scusami.- Disse poi lasciandomi un libro tra le mani.
-E questo?- Chiesi mentre se ne andava.
-E’ tuo, l’avevi lasciato ieri per terra, quando sei scappata.
-Io non sono scappata!- Dissi più a me stessa che a lui, che se ne era già andato.
Si, ero scappata. Ero decisamente scappata.

16.35

-Maya, che bello rivederti qui!-
-Buonasera John, come sta?- Ero andata in biblioteca per stare un po’ tranquilla e non pensare a tutte le cose che mi mangiavano il cervello.
-Sto bene, sto bene, tu invece? Qual buon vento ci riporta da noi questa bella signorina?-
-Oh, sono stata un po’ impegnata con la scuola ultimamente, e cosa, meglio di un buon libro, può alleviare la tensione?-
-Ben detto cara, ben detto!- Il signor John era un uomo dolcissimo, sull’ottantina, con i capelli completamente bianchi e dei simpatici baffetti sotto il naso.
Mi aveva vista crescere: dalla prima volta in cui misi piede qui, a nove anni, decisi che sarebbe stato il mio posto speciale ed il signor John era diventato il nonno che non avevo mai avuto.
-Che cosa posso offrire alla mia ragazza preferita oggi?-
-1984?- Uno dei miei libri preferiti, amavo leggerlo all’infinito. Nonostante sapessi la fine, nonostante sapessi che ogni volta, ci sarei rimasta male, era come se non potessi farne a meno.
-Oh, guarda, mi dispiace ma proprio oggi lo ha preso quel ragazzo là, vedi?- Indicò con un dito l’ultimo tavolo.
Pierre? No, non poteva essere lui, assurdo. I tipi come lui non vengono in biblioteca, e sicuramente non a leggere libri come 1984.
-Fa niente, allora credo che prenderò…-
-Puoi prenderlo, io ho finito.- La sua voce alle mie spalle mi fece sussultare.
Quand’è arrivato qui? Un secondo fa era…ah, non importa. Oddio, perché è così vicino a me? Concentrati, resta calma.
Il suo corpo attaccato al mio, il suo respiro sul mio collo e il suo braccio che mi passava sulla spalla, porgendomi il libro.
Rimasi in quella posizione per qualcosa che mi sembrò dieci minuti, finché non mi decisi ad afferrare il libro, a dire un –grazie- e andarmi a sedere al tavolo più lontano che c’era. Ma non bastava, non bastava mai allontanarsi da lui.
Era come una molla, più forte tiravi, più ti allontanavi, più forte ti veniva incontro, più ti si avvicinava.
-Quante volte lo hai letto?-
Feci finta di niente, continuando la mia lettura.
-Scommetto che è il tuo libro preferito.-
Chiudo il libro. –Che vuoi?-
Un bisbiglìo di –sh- si alzò in sottofondo. Non si parla in biblioteca. Vattene Pierre, vattene da qui. Perché fai così? Che cosa vuoi da me? Sorridi? Che sorridi? Non c’è niente da sorridere. Smettila di guardarmi così. Si avvicina, oddio perché si avvicina? No, fermati.
Sentivo il cuore che bussava al mio petto talmente forte, che mi spinse a credere che volesse scappare, andarsene via, lontano da me.
I nostri nasi quasi si toccavano, e i miei occhi lottavano per chiudersi. No!
-Hai un…- Bisbigliava, sentivo il suo respiro sulle mie labbra. Deglutii. Oddio Maya svegliati, voltati, picchialo, scappa, fa qualcosa! -…ciglio sotto l’occhio.- Disse, continuando a bisbigliare, a guardarmi dritta negl’occhi e togliendolo con il pollice, che poi scivolo giù, lungo la mia guancia.
Brividi.
-Pierre- sussurrai.
-Mh?-
-Smettila, ti prego.- Mi alzai e corsi via, sotto gli occhi sconcertati del signor John, che si voltò a guardare prima me e poi Pierre.
Non riuscivo a capire come facesse, quel maledettissimo ragazzo a farmi sentire così.
Ogni volta che ce l’avevo vicino, il mio corpo si ribellava, il cuore iniziava a battere così forte che mi ritrovavo a pensare ‘adesso scoppia’, le gambe mi si facevano di gomma, e mi mancava il respiro.
Che cosa ci trovano poi le persone di tanto bello nell’essere innamorati?
   
 
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