Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Sibilla Delfica    11/09/2012    1 recensioni
Nel mio mondo esistevano tre regole importanti: la prima era, mai cedere alla tentazione, come se non l'avessi già fatto, la seconda diceva di non lasciarsi trasportare dalla passione carnale per una persona e terza mai avere rapporti con gli umani.
Naturalmente accompagnate da quelle più ovvie non uccidere e non rivelare la propria vera natura agli umani.
Non sono umano.
Sono un Angelo, la creatura più bella che esista nel intero universo, io sono la tentazione vivente per ogni umana esistente sulla terra.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Varcati quei cancelli si aprì a me uno spettacolo meraviglioso.

Il cielo era di un azzurro terso illuminato da qualche saetta d'oro che ogni tanto faceva capolino in quel immenso mare celeste, tutto era invaso dal verde e dai fiori colorati, tutto profumava, un odore dolce che penetrava nel mio naso con gentilezza, faceva caldo, un caldo estivo, ma non afoso, era perfetto.

Respirai a fondo, l'aria pulita riempì i miei polmoni e già un po' di tensione accumulata a causa del viaggio e moltiplicatosi a causa del verdetto mi abbandonò, ma rimasi comunque in allerta avendo lo strano presentimento che non avevamo ancora vinto.

Bryan che mi stava tenendo la mano, mi tirò verso il suo petto e mi abbracciò con tenerezza, ed io naturalmente feci altrettanto.

Il mio Angelo mi allontanò poi solo per guardarmi negli occhi, sorrideva beato pregustando il dolce sapore che ha la vittoria.

-Giada ce l'abbiamo fatta!- gridò ridendo a squarciagola, mi prese di peso da terra e mi fece girare in tondo.

-Bryan- Paride parlò, ci girammo verso di lui e ci rendemmo conto ancora una volta di aver ignorato la sua preziosa presenza -Non è ancora finito il nostro viaggio, questa è solo una piccola vittoria, confronto a quello che ci aspetta- il Serafino aveva detto ciò che temevo avrebbe detto, purtroppo i miei presentimenti non mi avevano ingannato.

Abbassai lo sguardo un po' affranta, vidi la mia tunica ancora non completamente asciutta e la domanda sorse spontanea -La pioggia centra qualcosa con Lucifero?-

-Sì, tutte le creature angeliche odiano il freddo e la pioggia, il gelo, il buio è sinonimo di tenebre, quindi del male- l'acqua che ancora bagnava la tunica divenne pesante e fastidiosa più del dovuto, non mi piaceva l'idea che il male poteva toccare la mia pelle, starmi accanto.

-Certo infatti l'acqua fredda, il ghiaccio e la temperatura bassa sono le uniche cose che possono indebolire noi creature angeliche, dico bene Paride?- disse Bryan sicuro di quello che diceva.

-Esatto, Lucifero ci ha voluto mettere in difficoltà inviandoci pioggia fredda in abbondanza e una temperatura molto bassa- il Serafino confermò la spiegazione di Bryan –ma non solo ha anche confuso la tua mente sperando che Bryan andasse in panico vedendoti svenire, sperava che tutti questi elementi lo facessero abbattere a tal punto che avrebbe rinunciato alla missione, l'ha sottovalutato!- la voce di Paride, sembrava la voce di un padre fiero dei suoi figli.

Paride e Bryan continuarono a parlottare tra loro, io invece volli godermi per un attimo la pace che si era creata intorno a me, ignorai le lo loro voci che divennero appena dei ronzii nella mia testa.

Godei del sole tiepido che riscaldava la mia pelle e mi asciugava la tunica, il sole mi stava aiutando a disfarmi di quell'acqua gelida e scura come il male.

Mi sedetti sul prato, l'erba soffice sfiorava dolce le mie caviglie, mi faceva un po' il solletico, ma era piacevole.

Alzai gli occhi al cielo celestiale e li chiusi, respirai a fondo, l'aria sapeva di fiori e di un odore buonissimo che non avevo mai sentito prima.

Questo posto sembrava fuori dal mondo, fuori da ogni problema, tutto era così maledettamente vero, non era una pace irreale, sarei rimasta lì sdraiata per anni interi solo per godere di quella calma, solo per riempirmi fino a scoppiare di questa sensazione di benessere e calore che riscaldava ogni parte del mio corpo.

-Giada, cosa stai facendo?- la voce di Bryan mi fece sobbalzare, guardai verso di lui, l'espressione del suo viso era di nuovo preoccupata.

-Niente, mi stavo solo rilassando- risposi, ancora un po' scossa a causa del brusco risveglio.

Fissò i suoi occhi dentro i miei, quasi volesse leggere i miei pensieri perché insoddisfatto dalla risposta, qualcuno forse avrebbe distolto lo sguardo: non è affatto facile riuscire a gestire un simile modo di guardare.

Ma io, io ero incantata dai suoi occhi, persa in quel nero, sguazzavo dentro le sue pupille, mi sentivo più leggera ed era impossibile per me non guardarli, non avrei mai distolto lo sguardo per prima, non potevo.

-Giada dobbiamo entrare dentro quel edificio- aveva indicato qualcosa che stava alle mie spalle, mi voltai ed eccolo un enorme castello trasandato e imperioso, un po' inquietante, uno di quei edifici che diresti abitato da fantasmi.

Stonava in quel paesaggio così pacifico e quasi idilliaco.

Il castello era in pietra rozza e fredda, era enorme, non avevo mai visto niente di così grande nella mia vita, ed era posizionato su promontorio appena accennato e circondato da un fossato pieno di acqua limpida, il ponte levatoio era alzato, rendendo impossibile l'accesso, almeno per le mie capacità umane.

La costruzione era di forma perfettamente quadrata, ogni angolo di quel quadrato ospitava una torre massiccia, le quattro torri erano unite fra loro da mura merlate, poi ognuna di queste torri confluiva ad una centrale, la più maestosa ed alta torre che forse avevo potuto vedere .

Capii all'istante che quel castello sarebbe stata la nostra meta, forse era proprio quella la meta del nostro viaggio, ma non era sicuramente l'arrivo.

Bryan si avvicinò a me e mi prese la mano, Paride si mise davanti a noi e lentamente come se dovessimo fare un'entrata trionfante si avvicinò al ponte levatoio, si fermò esattamente qualche centimetro prima del inizio del fossato, ci fermammo anche noi.

Paride pronunciò qualcosa in una lingua strana, assomigliava vagamente al latino, però sembrava più arcaica o forse era solamente una lingua che non esisteva sulla Terra, la lingua delle creature angeliche.

L'importante fu che il ponte levatoio si abbassò e ci permise di entrare.

Probabilmente l'entrata portava direttamente nella torre centrale.

Infatti, mi ritrovai davanti ad un enorme biblioteca ogni parte di quel infinita stanza , ogni alta parete, ogni angolo era coperto da libri di varie grandezze e colori.

L'odore della carta e dell'inchiostro mi riportò con il pensiero alla mia amica Ambra, a quei giorni in cui ero diventata l'ombra di me stessa, qualcosa di più simile a un fantasma che a una persona umana.

Poi mi resi conto che non avrei più dovuto pensare a quel periodo era passato ed ora Bryan era qui mi stringeva la mano e sapevo benissimo che non mi avrebbe mai più lasciato.

Mandai via quei pensieri dalla mia mente e ritornai al presente.

Incominciai a esaminare accuratamente ciò che avevo attorno a me: gli scaffali appoggiati al muro erano di legno massiccio intarsiato, ma ormai corrosi dal tempo, il pavimento anche esso di legno scricchiolava ad ogni passo, a lato vicino agli scaffali c'erano grandi scrivanie di legno messe una davanti all'altra a formare due file parallele infinite divise da un vecchio tappeto rosso, anche queste scrivanie erano stracolme di libri.

Tutti i libri non riportavano autore e titolo, lasciai la mano di Bryan e mi avvicinai a una di quelle scrivanie piene di libri, volevo prendere e curiosare.

-Ferma!- la voce melodiosa di Paride mi aveva bloccata.

Di scatto ritrassi la mano come se mi fossi scottata.

-Cosa facciamo in questo posto?- chiesi io veramente incuriosita .

-Dobbiamo fare una ricerca- disse Paride senza dare dettagli volutamente.

-Che genere di ricerca?- insistetti.

-Quando la faremo capirai- con questa risposta mi zittì.

Bryan era rimasto un po' indietro, stranamente era silenzioso quasi sapesse cosa dovevamo fare.

Guardandolo meglio mi accorsi che era impaurito, molto spaventato, ma non capivo da cosa, ma qualunque cosa lo spaventava, spaventava anche me.

-Bryan cosa faremo?- lui sapeva qualcosa me lo sentivo.

-Lo saprai- anche lui mi rispose enigmaticamente.

Ero un po' frustrata da tutti questi segreti, ma non impaziente, avrei scoperto tutto nel momento giusto.

-Se vuoi te lo posso dire io- una voce risuonò nella stanza, ma non era una voce qualunque, era quella voce, era la voce di Lucifero e questa volta non era lontana, era vicina e non poco.

Un ragazzo alto e stupendo apparve dal nulla nella stanza, nello stesso momento la temperatura calò, tanto che il mio respiro si trasformava in nuvolette, la brina ricoprì gli scaffali.

Il ragazzo aveva un viso angelico, perfetto, capelli biondo cenere incorniciavano il viso dove risplendevano due occhi azzurro cielo, la bocca carnosa e vermiglia completava la sua faccia che era di una straordinaria bellezza.

La sua pelle era chiara, vellutata ero tentata a toccarla per sentirne la consistenza, le spalle erano mascoline, le braccia muscolose e il petto scoperto era perfettamente scolpito.

Indossava solo un pantalone simile a quello di Bryan di colore nero e le sue ali erano schiuse rivelandosi fatte di piume dello stesso colore dell'unico abito che copriva il suo corpo.

Mi sorrideva ed io mi trattenevo per non rispondergli, quella voce disgustosa non poteva appartenere ad un ragazzo così bello.

Scossi la testa, mi ricordai che non dovevo cadere in fallo, lui era, è e sempre sarà il male.

Bryan si avvicinò a me, mi prese i fianchi e mi strinse contro il suo petto.

-Ciao Bryan, ciao Paride, ma soprattutto ciao Giada- queste sono le prime parole che disse lucifero, la sua voce mi fece rabbrividire.

Misi una mano sul ventre e attesi che continuasse a parlare.
Paride si spostò davanti a noi con il chiaro intento di proteggerci, perché in qualche modo lui si era affezionato a noi, avevamo risvegliato qualche sentimento morto in lui.

-Wow i due piccioncini innamorati, sono così felice di fare la vostra conoscenza- Lucifero ora aveva la voce benevola , ma d'ora in avanti non mi avrebbe più ingannato.

Le apparenze non mi avrebbero più ingannato, perché dopo che un umano vede questo posto, il cui involucro è bellissimo, un posto da sogno, un posto dove tutti a prima vista vorrebbero vivere, cominci a capire che tutto è solo un illusione, un miraggio di ciò che nasconde realmente.

L'odio nasconde, l'odio sporco, viscido niente paragonato a quel serpente sibilante emblema della perfidia, della lusinga e del peccato.

Questo posto è l'Odio.

L'ho capito dopo aver visto il castello, quel pauroso, freddo castello, racchiuso in una valle idilliaca, in un primo momento sono stata colpita dalle bellezze che offriva questa valle incantata tanto da non vedere altro, Bryan mi ha fatto notare il castello.

Quanto di vero c'è in quel detto che dice “ l'abito non fa il monaco”, qui non solo l'involucro non rispecchia ciò che contiene, ma talvolta anche le emozioni ci confondono e capire ciò che è illusione da ciò che invece esiste, è reale diventa una sorta di gioco perverso.

Lucifero è il protagonista di questo gioco e batterlo non è così semplice, anche perché lui gioca ad armi impari, lui non è condizionato dalle emozioni e dai sentimenti a lui importa solo di se stesso.

Ma è quando il gioco diventa duro che chi è veramente forte per farlo si mette in gioco.

Ed io ero in gioco più che mai.

-Cosa ci fai qui? Con quale coraggio ti mostri?- mentre ancora questi pensieri mi affollavano la mente, Paride aveva parlato con una voce così dura che quasi mi aveva spaventato.

-Paride non ti scaldare troppo, non vorrei...- Lucifero aveva sorriso malizioso. -Adesso per favore spostati- il suo comando fu subito eseguito da Paride, che si allontanò da noi con la testa bassa, affranto.

Il Serafino non aveva il potere necessario per disubbidire ai suoi ordini, per troppo tempo era stato un ingranaggio di quella macchina, la macchina del regno celestiale costruita su falsi ideali.

-Non osare avvicinarti a lei- Bryan mi aveva avvolto con le sue braccia il ventre e la mia schiena era completamente appoggiata sul suo petto nudo, giuro che vicino a lui non avevo paura, sapevo che mi avrebbe protetta a qualsiasi costo.

-Io non voglio farle del male, devo parlarle, da solo con lei- questa frase mi fece tremare, Bryan lo percepì e mi strinse ancora di più come per farmi capire che non mi avrebbe lasciato.

-Su levati di torno Bryan- avevo paura che anche lui avrebbe obbedito al suo ordine.

-No, io non sono una tua marionetta- la risposta di Bryan mi lasciò per un attimo stupita, uno stupore bello, capivo solo in quel momento che il mio Angelo non aveva mai fatto parte di questo regno ed io ne ero veramente felice.

Sorrisi, si sorrisi proprio a Lucifero, era un sorriso di sfida e lui contraccambiò, ma nei suoi occhi non c'era soltanto sfida.

-Bryan lasciami parlare con lei, ti do la mia parola che non le farò del male- questa volta Lucifero parlò con voce persuasiva, non avrebbe mollato l'osso tanto facilmente, lui voleva parlare solo con me, quello era il suo obbiettivo e lo avrebbe ottenuto.

Bryan stava per parlare, ma io lo feci per prima.

-Va bene, parlerò da sola con te, ma promettimi un'ultima cosa...- dissi, stava cominciando il mio gioco.

-Certo bellezza- rispose Lucifero sogghignando.

Bryan a questa affermazione mi aveva tolto le braccia dal ventre e stava andandogli incontro con la chiara intenzione di dargli un cazzotto, ma non penso sarebbe stata una buona idea.

-Amore fermati- li misi una mano sul petto e gli lanciai uno sguardo implorante. -Lasciami fare, per una volta- continuai.

-Ma... Io...- Bryan balbettava, per la prima volta era realmente in difficoltà con le parole, gli misi una mano sulla bocca, per fargli capire che non doveva dire niente.

Il mio Angelo annuì con la testa, forse aveva capito, tolsi la mano dalla sua bocca e rivolsi il mio sguardo a Lucifero.

-Promettimi che non farai del male né a Bryan, né a Paride e né tanto meno alla bambina che porto in grembo- ero sicura di me stessa e la mia voce lo rispecchiava.

-Affare fatto e adesso se vuoi seguirmi- mi fece un piccolo inchino, si avvicinò a me, mi mise una mano sulla schiena e seguimmo il tappeto rosso infinito.


  
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