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Autore: bomerhalder    13/09/2012    0 recensioni
Chiara. 18 anni. Capelli biondi naturali, occhi azzurri, un lavoro part-time in un negozio di abbigliamento e una pila di compiti da fare la sera prima di andare a dormire.
Nicolò. 22 anni. Capelli corvini con un ciuffo alla Alex Pettyfer, occhi scuri, fotografo quasi affermato e una macchina con cui fare le ronde tutta la notte nei locali più in voga di Roma.
Due perfetti sconosciuti della capitale, con una passione affine: la moda. E sarà proprio questa a dare una svolta decisiva alla vita di questi due ragazzi, quando, un giorno, entrambi, si vedono recapitare una mail da una famosa rivista di moda...
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Chiara's POV


Ecco, lo sapevo. Ogni volta che tutto va finalmente per il verso giusto, ci dev'essere sempre qualcuno pronto dietro l'angolo a rovinare tutto.
-Ma guarda te 'sto stronzo maleducato- sibilo mentre comincio a rimettere a posto le sciarpe.
Jessika mi raggiunge e mi aiuta. Come farei senza di lei?
-Che soggetto! Era proprio carino. Chissà come si chi...- comincia.
-E no, eh. Anche questo no. Era solo un grandissimo stronzo. Voglio dire, hai sentito come mi ha insultata?- le dico fulminandola con gli occhi.
Ride, come fa sempre, quando cerco di riprenderla, e il bello è che fa sorridere anche me, facendo andare la ramanzina a farsi benedire.
'Fanculo, Je: non mi fai sembrare mai seria.
-Ma era carino. E ci ha anche provato con te- dice dandomi un pugno amichevole sulla spalla.
-Vaffanculo, Je- le rispondo. Figurarsi.
Quello, il massimo che voleva provare a fare era starmi sulle scatole e, devo ammettere, che è riuscito nella sua impresa.
Continuiamo a sistemare quella caciara in silenzio.
-Passabile- dico poi, sorprendendo Jessika, non tanto per il fatto che riprendo a parlare dopo un po', tanto per il fatto che riprendo a parlare di un argomento che credeva non mi interessasse e che avessi messo da parte. Così come lo credevo anch'io.
Ma cosa diavolo sto dicendo? Quello?! Sto dando dell' "accettabile" a quello?! Ad uno che, dopo aver combinato un casino, mi ha anche insultata sul mio posto di lavoro?! Ma io sono pazza. Sarà l'euforia che mi ha portato la mail ieri sera a farmi dire una cosa del genere. E' l'euforia della mail di ieri sera.
-Quand'è che devi andare in redazione, allora?- mi chiede Jes distraendomi dai miei pensieri. Meno male che non ha sospettato nulla, questa volta, e che crede che quella parola sia solo l'ennesimo escamotage per farla stare zitta un po'.
-Il 15. E me la sto facendo sotto- le rispondo.
-Ma sta' un po' zitta? Ce la farai, tanto, qualsiasi cosa tu debba fare.-
-Speriamo solo che non ci siano raccomandati. Sai che aspetto la mia occasione da una vita, che è il mio sogno da quando avevo sette anni e che ho lottato contro tutto e tutti, pur di realizzarlo.-
Ho sempre odiato i raccomandati. Non fanno nulla e ottengono posti di lavoro e tutti i privilegi di nostrosignore. Io, mi faccio un mazzo così tutta una vita e devo pure farmi mandare a quel paese l'unico sogno che ho. Ma vaffanculo per la millesima volta, oggi.
Je mi strofina un braccio e continuiamo a sistemare.
Il resto della giornata passa velocemente e i saldi autunnali portano più clienti del solito. Io mi diverto un sacco un sacco ad andare avanti e indietro a dar consigli a giovani donne e non e, in qualche modo, riesco a lasciarmi scivolare addosso tutto quanto accaduto quella mattina.
Alle 19 finisce il mio turno e finalmente posso tornare a casa. Stranamente, non sono molto stanca, anche se non chiudo occhio da quasi ventiquattro ore. Mi stringo nel cappotto e saluto Jessika come tutte le sere e, uscita dal centro commerciale, mi dirigo verso la mia macchina.
In pochi minuti mi ritrovo immersa nel traffico del Grande Raccordo Anulare, mentre una lieve pioggerellina inizia a attere i vetri.
-Era ora che ti decidessi a piovere un po'- esordisco mentre accendo il riscaldamento per coccolarmi un po', mettendo su un pezzo di Paolo Nutini, "Candy".
Se c'è una cosa che adoro è ritrovarmi sotto un temporale autunnale con uno dei miei pezzi preferiti.
E poi io amo fin da piccola il traffico di Roma; mi ha sempre infuso un senso di vita, tranquillità, anche se per chiunque altro è solo un gran casino e stress e qualcosa di 'caotico'. Lo so, sono abbastanza diversa dalla massa riguardo il modo di vedere le cose, ma sono orgogliosa di me proprio perché sono unica in qualcosa.
Ricevo un sms.
"Stasera si studia insieme. A tra poco. J. :)"
E' di Jacopo. Jacopo è il mio migliore amico da quando avevo otto anni e insieme abbiamo fatto le elementari, le medie e anche il liceo. Lui c'è sempre stato quando avevo bisogno e non è stato come i soliti che promettono che ci saranno sempre quando li cercherai e poi si son fatti vivi loro solo quando avevano un problema, ed è anche il mio perpetuo compagno di banco, ed è anche un po' per questo che ho imparato a volergli bene. All'inizio, nemmeno lo sopportavo.
Rileggo il messaggio e sorrido. Non è una domanda la sua, ma un annuncio.
"Perfetto, a tra poco. Ti voglio bene. C." gli rispondo.
Che poi, vabbé, il mio 'tra poco' sarà come minimo una mezz'ora, con questo traffico. E la mia versione di latino sarà sicuramente intenzionata a darmi un bel grattacapo, stasera.
Maledetta me, che non seguo i consigli di mamma da quando avevo dodici anni e non faccio i compiti in anticipo!
Mi metto a canticchiare sulle note della canzone, mentre lentamente le macchine cominciano a muoversi fino ad acquistare sempre più velocità e la pioggia comincia a scemare.
Finalmente! Paolo Nutini, che tu sia benedetto, anche se mi stai un po' sulle scatole.
Ho una fame assurda e non vedo l'ora di ingozzarmi, altroché "per fortuna c'è la mia Fiesta": io rischio di divorare il volante.
A casa il frigo è vuoto dato che i miei sono in vacanza in Spagna e spero che Jacopo porti la pizza, altrimenti mi toccherà divorare la pagina della mia versione di latino. Almeno avrò una scusa per non aver fatto i compiti.
Guido verso casa mia proseguendo a cantare "Clean up your eyes" del mio gruppo preferito e nonostante la conosca a memoria, riesco ad essere così brava ad ingamberarmi.
La gente per strada penserà che sia matta. Ma non me ne frega assolutamente nulla! Sono felice, anche euforica, e non vedo l'ora di raccontare tutto al mio migliore amico.
Sono già vicino casa quando ricevo un sms.
"Anch'io, scema. J. :P"
Parcheggio la macchina appena sotto il portone di casa mia, mentre gli automobilisti dietro tirano un sospiro di sollievo e proseguono verso la loro meta. Appena scendo, sento una voce:
-Non era la vostra giornata libera, oggi, Coco Chanel?-
Gli corro incontro e gli stampo un bacio sulla guancia.
-Scusa Jac. Dài, entriamo che altrimenti con quest'umidità ti si rovinano i capelli e ti viene un colpo- lo avverto mentre cerco le chiavi nella borsa per aprire il portone.
-Coco Chanel non perdeva mica tempo per creare i suoi abiti. E il latino non aspetta- continuo. Mi sorride, scende dal motorino e mi raggiunge.
Non appena dentro, davanti la portineria, mi volto a guardare i suoi capelli castani, i suoi occhi azzurri e il suo cappotto blu e i jeans nelle polacchine. Capisco perché tutte in classe dicono che sia bellissimo. Il suo sorriso non mi aiuta a trattenere il segreto ancora per molto e così lo abbraccio, mettendomi sulle punte. Certo: è alto un metro e novanta!
-Sì- mi limito a dirgli e lui capisce a cosa mi riferisco. Sento la sua risata brillantina e solo allora mi rendo conto che ha qualcosa in mano.
-Quando sarai lì ti adoreranno.-
Gli sorrido.
-Cos'hai lì, in mano?- chiedo curiosa.
-Guarda con i tuoi stessi occhi- mi dice facendomi l'occhiolino, porgendomi la bustina.
-Ma...ma...!- balbetto non appena scarto il regalo.
E' un cd. The Dykeenies. Il mio gruppo preferito, nonché conosciuto solo da me e Jacopo in tutta Italia. E quello che ho tra le mani è uno dei pochi cd del gruppo a Roma, dato che oltre a starlo a cercare da un secolo è di un gruppo praticamente sconosciuto.
Lanciando un urlo di felicità, salto in braccio a Jacopo e lo ringrazio talmente tanto che mi deve pregare di smetterla e salire a fare la versione.
Giusto, la versione.
Odio l' Amantini, la mia prof di latino. Rinnovo quotidianamente la promessa che ho fatto dall'inizio del primo liceo: il giorno in cui finirò la maturità, griderò quello che si merita davanti tutti. Com'è che dicevano i suoi compari dei latini? Mors tua, vita mea? Considerando il fatto che io ho ancora tutta la vita davanti e lei è solo una povera zitella senza alcuna speranza che finirà per morire da sola. A meno che non diventi necrofila tutto un tratto e finisca per farsela con le ceneri della buon'anima di Cicerone.
Non che io sia acida, solo se lo merita dopo tutto quello che ha fatto passare alla sua classe per tre anni.
E poi, la ferisco con la sua stessa arma: il latino.
Solo autodifesa, Chià: nessun rimorso.
Mi incammino verso le scale, mentre Jacopo si avvia verso l'ascensore. Io ho la fobia e non lo prendo mai, in qualsiasi luogo mi trovi, anche al costo di farmi trenta piani a piedi.
-E' rotto- lo avverto senza girarmi.
-L'hai manomesso tu: confessa!- mi minaccia scherzoso.
-Un giorno o l'altro ti ci faccio rimanere chiuso dentro.-
-E' una minaccia?-
-No, una promessa- gli rispondo salendo le scale fino al quarto piano.
Cicerone, a noi due. Mi brontola anche lo stomaco.
-Jacky, ho fame. E stasera c'è anche la partita.-
-Chiamo la pizzeria- mi risponde con uno sguardo eloquente, mentre gli stampo un bacio sulla guancia.
-E' proprio per questo che ti amo- gli dico spiritosa mentre compone il numero.
Entriamo in casa e dopo aver sistemato i nostri libri sul tavolo del soggiorno, ci ricordiamo di togliere i cappotti.
La sciarpa decido di lasciarla ma sistemandomela, mi ricordo improvvisamente dell'incontro di stamattina: quel cretino che ha combinato un macello nel negozio.
Ci penso ancora? Diamine, perché?
Forse perché mi rimangono più impresse delle altre le persone antipatiche, ovvio.
Accendiamo la tv sul canale dove trasmetteranno la partita e ci mettiamo a lavoro.
Dopo un quarto d'ora sono già stanca. -Sai cosa dirò all'Amantini, quando finiremo scuola?- chiedo a Jacopo senza pensarci.
Mi guarda e mi sorride.
-Mors tua, vita mea?- mi risponde.
Lo guardo come se mi avesse detto che la Bisti ha preso un otto in matematica.
-Lo so perché ci ho pensato anch'io, l'altro giorno, mentre parlavamo a telefono- mi rivela.
-Non mi ruberai la frase Jacopo Ivan Di Francesco- lo chiamo anche col suo secondo nome e cognome, per cercare di farlo arrabbiare.
Si alza e gira attorno al tavolo.
-Come mi hai chiamato, Milani?- mi chiede preparandosi ad attaccare.
-Di Francesco!- gli dico e con uno scatto mi alzo dalla sedia e corro via, mentre sono inseguita da lui che mi prende e mi fa il solletico.
-Ripetilo, se hai il coraggio!- ride.
-Di Fra...ncesco!- cerco di dire tra le risate e mi contorco per il solletico.
La partita è cominciata e sento suonare il campanello.
-Ivan! Ivan! Jac! La partita! E la pizza!- gli urlo. E lo scanso, prendendolo per mano e andiamo a pagare il tizio della pizza per poi piazzarci sul divano davanti al televisore: addio latino.
-Solo fortuna- mi dice riprendendo fiato.
-L'ascensore è ancora guasto- gli rispondo io, come una minaccia, mentre riprendo fiato: -e il latino è tutto di là che non aspetta altro che te. Ah, e la pizza è tutta mia!-
-E io da domani mi siedo accanto Giorgio.-
Mi fingo offesa e mi stampa un bacio sulla guancia e iniziamo a ingozzarci; la nostra gustosa versione, la prenderemo come digestivo: Cicerone ce lo mangeremo dopo.
L'Amantini dovrà provvedere a trovarsi un altro amante.


Nicolo's POV

Giornata fortunata, direi. Prima la macchina e adesso anche quest'umidità che mi si appiccica tutta addosso e mi fa sembrare perennemente sudato, non bastava e avanzava la pioggia.
Non posso nemmeno fare il mio giro di routine per i locali, stasera. Causa: carburatore rotto e un sacco di soldi in benzina persi per strada. Non è che Andrea c'entrasse molto, in fondo.
Il mondo ce l'ha con me! Me lo ripeto di continuo, ultimamente, ma sto finendo per crederci. Okay, sono stronzo e ne sono consapevole, ma non potete punirmi tutti così, diamine!
Prendo una mela dal frigorifero perennemente vuoto: grazie anche a te, frigorifero, stasera.
E' grazie a lui se io mantengo sempre la linea e sono un figurino che potrei benissimo fare il modello ma, prendi le giornate 'no' tipo questa, in cui mi viene una fame assurda, come non maledirlo per essere vuoto?
Una cosa positiva, però, c'è: non mando a puttane la mia dieta, poi, che muoia di fame dopo una giornata frenetica è un'altra storia. Mi accontento di una birra.
E poi, fare il modello, sarebbe la mia ultima spiaggia in caso non dovesse calzarmi a pennello il ruolo di fotografo.
Andrea è spaparanzato sul divano di casa mia; alla fine ho messo da parte il mio orgoglio e l'ho chiamato per venire a tirarmi via di lì.
Sì, proprio lui: lo stesso stronzo mangia-benzina. E' arrivato alle due di pomeriggio, ma dettagli.
E il guaio è che non sono nemmeno riuscito ad evitare di fare mezzo giro di Roma con lui, in sella ad un motorino, che poi è più un catorcio vero e proprio, per noia e cazzeggio a stomaco vuoto per giunta.
E' stato il suo modo per farsi “perdonare”, credo.
Alla fine ho rimandato la ramanzina. Da: “appena lo vedo, lo riduco in polvere e sarà meglio per lui non oltrepassare la soglia dei duecento km di distanza da me, altrimenti è morto”, sono passato a: “magari non lo tratterò poi così male, in fondo anch'io ne combino delle belle” per poi passare a: “ Nico, è il tuo migliore amico. Forse l'unico. Okay, è stronzo e coglione quanto vuoi, ma non puoi permetterti di perderlo per una cazzata.
E così, dopo aver tenuto il broncio tutto il giorno e aver cazzeggiato tutto 'sto tempo, me lo ritrovo pure sul divano di casa intento a guardare la partita. Roma-Lazio, tra l'altro, e per me che sono tipo allergico a queste cose, è un evento da evitare come la peste.
Me ne esco sul balcone a fumare una sigaretta. La basilica di San Pietro mi fa compagnia insieme alle miriadi di luci della capitale, così come i rumori del traffico e le voci della gente per strada.
Odio questo cazzo di posto perché a volte la vita è tutt'altro che facile e molto più frenetica di quanto non sembri. E poi, le stelle, si puo' dire non le abbia mai viste qui, a parte quella volta che andammo a fare il falò in spiaggia la notte del dieci agosto e il mio pacchetto ancora nuovo di Winston finì arrostito.
Ho detto addio a San Lorenzo, ai falò in spiaggia e alle stelle, da quella volta.
Capirai: ci saranno milioni di luci nella capitale che sostituiscono quei puntini luminosi e volendo potrei anche comprare una di quelle lampadine.
Una stella sarebbe troppo cara e mio padre mi ammazzerebbe ancor prima di aver respirato, prima di dire: “papà, io mi compro una stella.
Nonostante sia autunno, io sono tranquillamente in canotta sul balcone al buio, a fumarmi 'sta benedetta sigaretta.
-L'anima de li mejo stramortacci tua, arbitro buongiorno! E' da espulsione, porca miseria!- sento esordire Andrea dal soggiorno.
Ma che si incazza a fare, dico io? E' solo una partita! Sono sicuro che sta sudando più dei calciatori e che, come tutti quelli che tifano, avrà un odore di pelo di cane bagnato. E se perdesse la Roma, stasera, sono anche sicuro che gli verrà un coccolone e il sottoscritto lo dovrà trascinare all'ospedale più vicino.
Immagino già la scena: arrivo lì e dico ai medici: “'sto morto de fame s'è preso un coccolone pe' una partita.”
Poi quelli finiscono pure col ridermi in faccia.
No, ma dico, scherziamo? Io, che le parole “partita” e “calcio” mi fanno venire la febbre a 49! Nah, non se ne parla.
Faccio due tiri e butto fuori il fumo ad occhi chiusi e la testa leggermente reclinata all'indietro; tipica posa da modello in attesa di un servizio fotografico vintage.
In realtà faccio così perché sono ansioso e ho un po' di fifa per il nuovo lavoro che probabilmente dovrò affrontare. E' il mio sogno da sempre e sapere che finalmente sta per realizzarsi non mi sembra neanche vero. Sì: lavorare nel campo della moda è sempre stato il mio sogno e questo non fa di me un omosessuale.
Che poi, proprio non capisco perché la gente è omofoba e chiama omosessuali cani e porci, senza nemmeno sapere che se le persone hanno un certo aspetto e preferiscono vestirsi in un modo anziché un altro o inseguire un sogno fuori dagli standard, lo fanno perché gli va.
Ovvio che alla regola c'è l'eccezione, ma sinceramente non è un problema che mi pongo visto che a me piacciono le ragazze, la moda, la fotografia e la mia vecchia Polaroid.
Sorseggio lentamente la birra trovata nel frigorifero: fa schifo anche lei, stasera.
Andrea dice che è solo per via del fatto che è decisamente una di quelle giornate “no”. Lo spero vivamente per lui.
Lo sento esultare di là per un gol di chissà chi e alzo gli occhi al cielo: beato chi riesce a sopportarlo, cioè me e quelle povere ragazze che sono state le sue ex, che accettano di rivederlo di tanto in tanto sol perché hanno compassione di lui, credo.
A parte che io poi sono solo un povero disgraziato che si sta buttando a terra il morale per un lavoro che probabilmente non otterrà mai.
Entro in soggiorno e mi butto a peso morto, a faccia in giù, sulla poltrona accanto al divano.
-Voglio morire!- mugugno.
-Perché dovresti, bro'?- mi chiede Andrea che ha ripreso a respirare dopo la fine del primo tempo e sta sorseggiando un bicchiere di succo d'ace. Sarà anche scaduto, secondo me.
-Perché mi hanno mandato la mail ma tanto non mi prendono.-
Per poco non sputa il sorso di succo che ha in bocca.
-Sputa e ti ammazzo e pulisco il tavolo e il tappeto con la tua lingua.-
Ingoia strozzandosi cercando di non ridere.
-Bro', sei straculato e ti lamenti pure? Avresti comunque il tuo studio fotografico, male che vada.-
Già, quel cazzo di studio che ho comprato con i soldi risparmiati da ben tre vacanze estive in Spagna, Francia e Germania.
Sospiro.
-Oh, Nico, andrà bene- dice il mio migliore amico che è diventato serio.
Non so se odiarlo più quando fa così, perché alla fine fa sempre il cretino, o quando fa davvero il cretino e il mangia-benzina.
-Tipo la giornata di oggi?-
-Anche peggio- ride.
-Ma vaffanculo.-
Rido anch'io ed intanto la partita riprende. Per noia, scorro i tanti numeri sulla rubrica del cellulare che potrei giocarmeli al superenalotto o alla roulette russa e diventare plurimiliardario.
Colgo un progressivo bisbigliare da parte di Andrea:
-Buona. Grande Totti, passa a destra. Dajé! De Rossi, De Rossi, Totti, De Rossi e...GOOOOOOOOOOOOOOOOL!- urla mentre guardo a occhi sbarrati prima lui che da' di matto nel mio soggiorno e poi il televisore. Ormai sono abituato a scene così.
Anche la gente del quartiere sento che esulta: è solo un gol, gesù!
Tutto quel casino e Andrea che esulta, mi fanno venire quasi voglia di sorridere per non so quale motivo, ma non voglio che mi scappi la risata lì, davanti al mio amico, così corro in camera mia e rido mentre mi vesto decentemente, sistemo i capelli e prendo la mia Nikon, il cappotto vintage e la sciarpa, per andare a fare un giro prima che i tifosi invadano le strade.
All'ingresso, urlo ad Andrea, che è fuori al balcone a scambiarsi opinioni riguardo il gol appena messo a segno dalla sua squadra:
-Esco prima che segnino di nuovo e mi sfasci il soggiorno!-
-Ma se vinciamo scenderemo tutti per strada a festeggiare!- mi fa eco lui.
-Se, appunto. Ma se non vinceste e io fossi ancora qui, sarei costretto a portarti in ospedale, perché ti verrebbe un infarto- dico serio.
-Nico, vaffanculo- è il suo modo di dirmi che mi vuole bene.
Sorrido e gli grido un “forza Lazio” offensivo in modo che lo senta bene, non appena sono sicuro di riuscire a filarmela senza inciampare per le scale e avere un po' di vantaggio su lui e la vecchia signora Maria che ha pure fatto l'abbonamento per seguire 24 su 24 il calcio in diretta.
Romani sfegatati.


Cammino verso Castel Sant'Angelo, quando sento un boato di voci urlare per la felicità: la Roma ha vinto e io non devo più preoccuparmi di trovare Andrea morto, sul divano, quando tornerò a casa. Chiedo ad un passante chi abbia segnato, aspettandomi che lo sappia anche se è per strada e il bello è che lo sa:
-De Rossi, per due volte ha segnato- mi risponde.
De Rossi, chiunque tu sia, se non fossi anti-calcistico o una roba così, ti farei una statua solo per non aver fatto morire quello stronzo e non aver permesso che il mio soggiorno fosse distrutto.
In strada fa freddo e mi stringo bene nella sciarpa. La sciarpa. Le sciarpe. Stamattina. La biondina stronza occhi-di-cielo. Ci penso ancora, dopotutto. Forse dovrei tornare e chiederle scusa. Sé, vabbé, buonanotte. L'aria fredda e le partite mi danno alla testa. Figuriamoci se facesse caldo e mi mettessi a tifare.
  
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