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Autore: ilovesaffo    14/09/2012    3 recensioni
La afferai per i capelli, facendola urlare e portai le mie labbra vicino al suo orecchio.
< Senti, puttana, se apri di nuovo quella tua bocca rifatta ti ritrovi con la testa nel cesso! >, urlai, con rabbia.
< Veronica Tomlinson! Che state facendo?! >, mi rimproverò una voce alle mie spalle.
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< Ronnie, l'altro giorno il preside mi ha convocato e mi ha parlato del tuo comportamento.
Non è una novità il fatto che – esitò leggermente- ti difendi in una maniera piuttosto... violenta, ma sei all'ultimo anno, dovrai andare all'Università e non vorrei che il tuo comportamento incidesse sul tuo futuro.
Il signor Miller, il preside, dice che si è stufato del tuo comportamento e la prossima volta che farai qualcosa di sbagliato, ti espellerà . Ma mi ha detto che ti boccerà comunque alla fine dell'anno anche se ti comporterai bene, e lo sai che entrambe le cose influiranno sulla tua ammissione all'Università.
Sono riuscito a persuaderlo, ma a una sola condizione: dovrai seguire con me delle lezioni private sulla filosofia adolescenziale e dovrai partecipare alle Olimpiadi delle Materie letterarie a Giugno arrivando almeno al terzo posto. >.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prologo.

Sbattei la porta di casa, sentendo a seguito dalle urla di protesta di mia madre, così acute che si sarebbero potute sentire anche a chilometri di distanza, nel centro di Londra.
La ignorai e cominciai a correre, ero in ritardo, come sempre.
Quella mattina la sveglia non era suonata e nessuno in casa si era preoccupato di svegliarmi, ovviamente, perché dei genitori dovrebbero preoccuparsi della loro figlia? Dovevano continuare a leggere il giornale per controllare le entrate, le borse e tutto ciò che riguarda i soldi.
Per non parlare di quel deficiente di Louis che era andato a scuola senza fregarsene minimamente di me, la sorella minore, che avrebbe dovuto accompagnare in macchina.
Ma questa era una routine quotidiana, ogni santissimo giorno andava così.
Da lontano vidi la fermata della metro e pregai in tutte le lingue possibili che non fosse già partita.
Scesi le scale a due a due, rischiando di cadere e rompermi il collo.
Presi il biglietto dalla tasca anteriore destra dei pantaloni e lo passai nella colonnina, facendolo quasi strappare.
Eccola!
Il treno di metallo aveva ancora le porte aperte.
Grazie al cielo!
Iniziai a camminare velocemente verso le porte, guardandole fisse come a sfidarle a chiudersi.
Ma la fortuna è un optional.
Un ragazzo, che stava correndo, mi venne addosso, colpendomi la schiena.
Misi le mani in avanti per non cadere di faccia per terra.
Che riflessi, mi dissi, sarcastica.
Sentì il dolore cominciare a pulsare alle ginocchia, e vidi comparire tanti puntini di vari colori, così chiusi gli occhi.
Imprecai, contro quell'idiota che mi aveva ridotto così, chiunque fosse.
Digrignai i denti e mi misi a sedere, guardandomi intorno.
I miei libri erano sparsi per terra, la borsa era poco più in là.
Vidi un ragazzo che correva verso le porte della metro, aveva i capelli ricci ed era abbastanza alto.
Brutto bastardo, non si era neanche fermato per aiutare.
Mi alzai, imprecando a più non posso, quasi urlando. Raccolsi in libri per terra e guardai sconsolata la metro, che era appena partita.
 
 
 
Consegnai il permesso al bidello.
Mia madre oramai me li compilava lasciando vuota la data, così che avessi potuto usarli quando ne avevo bisogno.
Lui mi salutò sbuffando, oramai ero di casa, le volte che ero arrivata in orario si potevano contare sulle dita.
<< Il preside si sta stufando del tuo comportamento, dice che stai superando il limite, e non solo per i ritardi >>, biascicò John.
<< Non mi importa di quello che dice il preside >>, risposi, aggressiva.
Quell'uomo era un emerito coglione, per ogni minima cosa riusciva sempre a dare la colpa a me.
Feci scorrere lo sguardo per tutto il suo “ufficio”, se così si poteva chiamare.
Era pieno di scartoffie sulla scrivania, i registri delle classi erano in un armadietto di ferro, e per terra c'erano i vari detersivi che usava per pulire i bagni e le aule.
Lui era dietro uno sportello che dava sul corridoio principale della scuola, dove ero io in quel momento.
<< Tieni.. >>, mi disse porgendomi il permesso.
<< Grazie >>, dissi scocciata.
Mi avviai verso la classe, non preoccupandomi di lasciare nessun libro nell'armadietto, non volevo tardare alla lezione della seconda ora.
Entrai in classe, senza bussare, raggiunsi la cattedra, e con un sorrisetto forzato le consegnai il permesso.
Lei mi guardò storto, da sotto gli occhialetti a mezzaluna.
Stava sicuramente elaborando qualche cosa di irritante da dirmi.
Ma storse le labbra, alzando le sopracciglia, e poi prese il permesso, con le mani tremanti coperte di gioielli e lo rimise nel cassetto, che sbatté, facendo sussultare alcuni ragazzi in prima fila.
Poi deglutì e mi guardò.
<< Cos'è successo questa volta? >>, sussurrò, con la sua voce mielosa, mise la testa di lato e prima che potesse aggiungere altro, le spiegai il motivo.
<< Posso sedermi? >>,le chiesi in seguito con aria irritata. Alzai le sopracciglia, aspettando un segno di assenso.
Lei annuì disinteressata e continuò a spiegare.
Chimica, odiavo quelle materia, non faceva assolutamente per me.
Strisciando i piedi mi avviai verso il mio banco, buttai la borsa lì accanto e mi lasciai cadere sulla sedia, aspettando la fine della lezione.
 
 
Finalmente.
La campanella suonò, e io la sentì come un suono angelico.
Finalmente la parlantina scocciata della professoressa era stata interrotta.
Chiusi gli occhi, sorridendo soddisfatta.
Ma tutta la mia felicità svanì quando lei, urlando annunciò:
<< Ragazzi, voglio che mi facciate una ricerca per i composti, fra due settimane la voglio sulla mia cattedra!- Mise un foglio sul tavolo- questo sono le coppie, nessuna discussione >>.
Che palle.
Non avevo nessuna voglia di interagire con gli scimmioni di quella classe.
Una massa di scimmie imbufalite, che non sanno fare altro che blaterare a vanvera, senza che sapessero mettere una frase di senso compiuto insieme.
Mi alzai dalla sedia, mentre lamenti di dissenso si levavano in classe, chi perché non voleva quel determinato compagno, chi per la ricerca stessa.
Raccolsi la borsa e mi fiondai fuori dalla classe, evitando di avere alcun contatto con quelle amebe dei miei compagni di classe e mi sbattei porta alle spalle, fregandomene del compagno con cui avrei dovuto fare quella maledettissima ricerca.
Mi sarebbe venuto a cercare lui.
Mi diressi velocemente verso la classe di letteratura inglese, materia in cui eccellevo, una delle più interessanti. Ovviamene dopo arte e musica.
Entrai in classe, dove salutai cortesemente il professore.
Un uomo sulla quarantina, muscoloso, alto.
Aveva i capelli neri e corti, un po' di barbetta incolta appariva sul viso, che era caratterizzato da lineamenti duri. I suoi occhi erano verdi che erano nascosti da una paio di lenti da vista piuttosto spesse, che sembravano dovergli cadere da un momento all'altro. Indossava un maglioncino chiaro, con sotto una camicia, portava le maniche un po sollevate, a scoprire i polsi.
Per quanto ne sapevo era separato dalla moglie e aveva un figlio, mi ero sempre chiesta chi era quella donna che lasciare era riuscita a lasciare un uomo così.
Mi sedetti al primo banco di fronte a lui, prendendo il libro e cominciando a sfogliare le pagine in bianco e nero, arrivando all'argomento del giorno: Daniel Defoe.
Il prof. Styles si schiarì la voce, per attirare la mia attenzione.
Quando alzai lo sguardo, lo vidi che mi stava squadrando da sopra gli occhiali, e mi guardava con preoccupazione.
Sbuffai, avendo già capito l'argomento che avrebbe affrontato.
<< Si? >>, dissi scocciata.
<< Ronnie, l'altro giorno il preside mi ha convocato e mi ha parlato del tuo comportamento.
Non è una novità il fatto che – esitò- ti difendi in una maniera piuttosto... violenta, ma sei all'ultimo anno, dovrai andare all'Università e non vorrei che il tuo comportamento incidesse sul tuo futuro.
Il signor Miller, il preside, dice che si è stufato del tuo comportamento e la prossima volta che farai qualcosa di sbagliato, ti espellerà . Ha detto anche che sarai difficilmente promossa con un comportamento del genere, e lo sai che entrambe le cose influiranno sulla tua ammissione all'Università.
Sono riuscito a persuaderlo, ma a una sola condizione: dovrai seguire con me delle lezioni private sulla filosofia adolescenziale e dovrai partecipare alle Olimpiadi delle Materie letterarie a Giugno arrivando almeno al terzo posto.>>.
Il preside non apprezzava il mio comportamento nei confronti dei miei compagni. Ma non è colpa mia se le persone mi parlano dietro, e siccome sono piuttosto irritabile, li attacco.
Pensai, lasciando che la rabbia mi invadesse.
Rabbia.
Stavo stringendo i pugni come una forsennata, cercando di trattenermi a non buttare il banco all'aria.
<< Prof. non potete minacciarmi così >>, mi trattenni il più possibile, sputando quelle parole come se fossero veleno.
Le scandì per bene, con voce fredda e minacciosa.
Strinsi i pugni.
<< Non mi importa di quello che dite voi, il preside può espellermi anche ora, non me ne importa! Ma nessuno può dirmi quello che devo fare e questo lei lo sa. >>, serrai la mascella, sperando di essere stata chiara.
Fissai il professore, desiderando di stecchirlo con lo sguardo.
Incrociai lentamente le braccia e abbassai lo sguardo, dicendomi che dovevo rimanere in classe.
Lui si mise una mano sulla fronte, poi si tolse gli occhiali:
<< Lo hai voluto tu - mi guardo con aria seria- riceverai una bella somma di denaro >>, sembrò essersi pentito all'instante di quello che aveva detto.
E io sapevo perché.
Mi servivano soldi, tanti soldi. Desideravo da sempre iscrivermi all' Accademie delle Arti di Londra, e i miei genitori non volevano darmi i soldi per l'iscrizione, perché dicevano che la mia intelligenza veniva buttata al vento.
Io avevo un lavoro, pagato bene, in uno dei più esclusivi locali di Londra e quando dico locali, intendo discoteca.
Facevo un po' di tutto, servivo al bar, giravo per la sala Vip, offrendo bibite e qualche volta mi avevano chiesto di fare la DJ, era la cosa che preferivo, ma me lo concedevano solo in casi particolari.
Il prof. era della stessa opinione dei miei. Ma non voleva che venissi espulsa nel caso avessi cambiato idea e avessi deciso di andare all'Università.
<< Quanto? >>, dissi improvvisamente calma.
<< 60mila, per il primo posto, considera che sono a livello Nazionale, per il secondo 30mila, e il terzo posto, una borsa di studio per qualsiasi posto tu voglia andare >>, disse sconsolato.
Risi, felice come una pasqua, cambiando umore di botto.
<< Prof! Ma regalano i soldi! Perché non me l'ha detto prima?! >>, risi di nuovo.
La campanella suonò, facendo cominciare le perone ad entrare.
 
 
 
La giornata prosegui normalmente, il prof mi aveva raccomandato di stare calma e di non dare retta alle persone che sghignazzavano alla ricerca di guai.
Ci ero riuscita, ma avevo faticato in una maniere disumana, sembrava che il mondo si fosse messo contro di me.
Di solito litigavo sempre con le ochette che passeggiavano per i corridoi, che attaccavano con le solite battutine il mio modo di vestire, e io partivo con le mie a smerldarle nei modo più derisorio possibile, in modo che andassero a buttarsi sotto un ponte.
Ma il prof, mi aveva raccomandato di evitare anche quelle, perché le persone a scuola dovevano avere di me una buona impressione, cosicché il preside avesse una buon giudizio della futura campionessa delle Olimpiadi Umanistiche.
Per una persona come me, che se era sempre fottuta del giudizio altrui, era un'impresa degna delle dieci fatiche di Ercole.
Ma per tutti quei soldi, ne valeva la pena.
 
Tornai a casa con la metro, non vedevo l'ora di prendere per capelli mio fratello e dirgliene quattro, sfogando tutta la rabbia che avevo accumulato quel giorno.
Camminai verso casa attraversando una soleggiata Boongfire Road, il parco dall'altra parte della strada era competentemente all'ombra, c'erano dei bambini che giocavano allegri sulle altalene e qualche adulto che chiacchierava.
I palazzi lussuosi facevano ombra sul marciapiede, dove marciavo io, pensando ai vari modi di ammazzare mio fratello.
Casa mia era uno dei palazzi più moderni della via: i muri esterni erano bianchi, c'erano finestre enormi al piano terra, che si affacciavano alla cucina e al soggiorno,( al momento del bisogno potevano essere chiuse con delle tende).
Entrai in casa, facendo attenzione a non fare rumore, non volevo che Louis intuisse che il mio arrivo e scappasse dalla finestra.
Ma non ci volle molto a scovarlo.
Dalla sua stanza veniva della musica al massimo volume.
Bussai con insistenza alla porta, sperando che quell'idiota mi sentisse, ma niente.
Bussai di nuovo, urlando il suo nome, invano.
Poi aprì la porta, non curandomi di quello che stava facendo.
Quello che vidi mi sorprese molto, Luois ballava per la stanza, e cantava.
Andai a spegnere, lo stereo, incavolata nera.
Louis sussultò, sorpreso, ed essendosi accorto della mia presenza, mi lanciò un occhiata spaventata.
Così mi avvicinai a lui con passo deciso e gli diedi una leggera spinta.
Lui mi rivolse un occhiata stupita, e io ricambiai con una infuocata, stringendo gli occhi, poi cominciai a dire:
<< Volevo ammazzarti perché, come al solito, ti sei dimenticato di me, ma penso che sputtanarti a tutta la scuola con questo, vada bene >>, annunciai, con un sorriso provocatorio. Poi sempre con una voce falsa, mentre la sua espressione da sorpresa diventava impaurita e sconvolta, gli battei la mano sulla spalla e mugugnai, con una falsa espressione dispiaciuta:
<< Povero Loius, caro >>, poi mi girai e feci per andarmene, ma il mio fratellone mi prese per un polso e mi fece girare verso di lui.
<< Ron, ti prego, faro tutto, tutto quello che vuoi. Ma, ti prego, ti supplico, non dirlo a nessuno! >>,mi pregò.
Alzai le sopracciglia, pensando a quello che aveva appena detto, e valutandola come una cosa vantaggiosa per me, accettai.
Lui tirò un sospiro di sollievo e mi lasciò andare, ma prima che potesse cantare vittoria dissi:
<< Stai attento a non farmi arrabbiare Lou - buttai la testa di lato- potrei farti fare cose che ti ricorderesti per sempre >>.
Uscii con passo deciso dalla stanza di quell'ameba di mio fratello, sapendo che c'è l'avevo in pugno, non dovevo sprecare quell'occasione.







Salve!
Spero che il capitolo vi piaccia, e che non ci siano molti errori!
Prima di tutto vorrei scusarmi con chi mi seguiva nell'altra storia: "Senza i tuoi occhi non sarei altro che feccia", la storia non mi piaceva e per questo ho deciso di scrivere un remake, che pubblicherò dopo che avrò finito questa. :D
Tornando a noi!
Mi hanno detto che è un capitolo un pò carico, ma è solo l'nizio.
Ci saranno delle sorprese.
*risata malefica*
Se qualcuno di voi crede di aver già letto lo stesso capitolo da un'altra parte, non è così, ho dovuto cancellare la storia per alcuni problemi e ripubblicarla.
Vorrei avvisarvi che aggiornerò solo una volta alla settimana, il nostro "appuntamento" sarà mercoledì prossimo. ;)
Spero di non avervi stufato con le mie chiacchiere e per farmi perdonare vi lascio delle Gif.
#Carprediem
Sciaoo.


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Si sa che non sono normali XD

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Daddy direcion! :D

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AUGURI NIALLER! *un po in ritardo ma vabbe* XD
E finiamo con un'altra di Liam:

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Lo stimo.

Me ne vado seriamente ora!! XD
#Carpe diem

  
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