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Autore: EnricoZapping    14/09/2012    1 recensioni
Si prospettava una normalissima gita.
Inutile dire che non lo sarebbe stata.
Questa è la storia di una nuova avventura semidivina in America, con protagonisti interamente nuovi. Sono passati 8 anni da quando Percy Jackson ha fatto sancire il patto degli déi, e ora un altro evento farà vacillare la pace nel mondo degli déi e degli uomini.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella fu una lunga notte, per Austin, nella casa di Ermes.
Eh? No, tranquilli. Austin non è figlio di Ermes. La casa di Ermes accoglie ogni semidio che ancora non sa chi sia il suo genitore divino. Motivo per il quale è sempre in cattive condizioni, essendo sovrappopolata.
Comunque, dicevamo … Fu una lunga notte, per Austin.
Cioè, per dormire, dormì. Il problema difatti si verificò dormendo.
Sogni. Sogni assurdi, confusi, come fotogrammi di un film che passano davanti ai suoi occhi in rapida successione, mescolandosi fra di loro in maniera caotica.
Ogni tanto fra i fotogrammi distingueva un momento del suo passato. Più il sonno andava avanti, più gli sembrava che i fotogrammi lo ritraessero giovane. Ad un certo punto, lo ritraevano nella culla. Poco dopo, non ritraevano più lui, ma sua madre. La signora Neword.
La vedeva, giovane e bellissima, con i suoi capelli biondi al vento, indossava una camicia da notte che le dava un'aria un po' da bambina. Era tranquilla, sul suo letto, quando la finestra si spalancò e un dio meraviglioso dalle ali argentate , si salutarono con dei baci sulle guance, poi iniziarono a baciarsi appassionatamente.
Austin capì che cosa stava per succedere.
Austin aveva visto suo padre, probabilmente dall'aspetto immutato e vagamente rassomigliante a quello del mezzosangue, aveva i suo stessi capelli marroni e gli occhi della sua esatta sfumatura di verde smeraldo.
Poi, il sogno si distorse come una spugna strizzata. Il ricordo del letto svanì in una nube di colori indistinti e mescolati. Poi, tutto tornò a fuoco, come se la polvere del ricordo si fosse ricomposta a formare qualcosa di nuovo.
 
Era in una grotta. Sentiva il suono dell’acqua corrente … Un fiume. Nel fiume si immergevano le radici di un albero, un albero senza foglie. Eppure, in qualche modo, vivo. Austin lo sentiva.
Davanti a sé vide quel dio. Aveva sempre gli occhi chiusi. Mentalmente, Austin pensò: “Papà.”, e dopo … “Bel modo che hai di riconoscermi. Ti mostri addormentato. Mi hai appena confessato di aver condannato mia madre e me a una vita ai limiti dell’emarginato. Neanche mi dici esplicitamente chi sei.”
Poi, una voce prese a parlare nella sua testa. Suonava come se uscisse dal profondo della caverna, gorgogliante come l’acqua del fiume. Tuttavia, Austin capì che era una qualche forma di telepatia, perché se la sentiva nella testa, non nelle orecchie. “Hmph, dovrei proprio smetterla di fare figli se poi sono tutti così ingrati. Io sono il dio Hypnos, figlio mio. Antichissimo dio del Sonno, figlio di Nyx la dea della Notte. Questa è la caverna dove vivo … Dove scorre una propaggine del fiume Stige, il Lethe, capace di cancellare ogni ricordo … Dove il mio albero sacro immerge le sue radici nelle acque del Lethe, fiume dell’Oblio …”
“… Ok, sono figlio del dio del sonno.”, metabolizzò Austin. “E sei vecchio come il mondo, dato che Nyx è fra le divinità più antiche. Ehm … Ma mi spieghi come sei riuscito a mettere incinta mia madre, se stai tutto il tempo in una grotta?
“Se è quello che stai pensando, non mi sono scomodato ad uscire da qua per ere geologiche, e certamente non l’ho fatto per il puro piacere di metterla incinta. Per amore verso quella mortale mi sono materializzato, sai, noi déi possiamo stare in più posti contemporaneamente. Appena la vidi dormire dolcemente nel mio reame del Sonno, fu un colpo di fulmine, era da tempo che non vedevo una ragazza splendida come lei, e da lì iniziammo a frequentarci, ogni sera ci incontravamo. Ma il tuo passato non è stato poi così drammatico, conosco mezzosangue messi molto peggio di te.
“Quindi, tu, Hypnos, sei mio padre? Giusto?” disse Austin, confuso, era contento che sua madre si fosse innamorata di un dio, anche se il suo passato non fu proprio florido, dato che i suoi nonni lo ritenevano figlio del peccato.
Si svegliò alle prime luci del giorno, e probabilmente non avrebbe più ripreso sonno. Decise di fare una passeggiata per riflettere...
 

Il giorno dopo.
 
Alle otto, il campo iniziava a svegliarsi. I Satiri suonavano il corno per dare la sveglia del mattino, le Arpie iniziavano a spignattare la colazione e le Aure addette a servirla.
A Nathan era stato affibbiato da Chirone il compito di badare a quei due novellini; Austin e Robert. Non ne era esattamente entusiasta. Nemmeno loro ne erano entusiasti, anche se Austin lo esternava un po’ di più, attraverso occhiate non esattamente amichevoli, del genere che dicono: “Perché Zeus ha scelto proprio te, per farci la guardia?”
Gli procurò due magliette del Campo Mezzosangue – arancioni con un Pegaso disegnato sopra, oltre alla scritta “Campo Mezzosangue” – e aveva risposto a tutte le loro domande.
 
“Perché quelle driadi e quei satiri coltivano fragole?”
“Perché dovremo pur campare, e per campare coltiviamo fragole …”
A Nathan sembrava di avere a che fare con due bambini in piena fase dei perché.
“Ehi! E perché le fragole crescono così in fretta? Ma dico, guardale! Sembra che abbiano fretta di fruttare!”
“Perché ci sono i Satiri che le fanno crescere con la musica … E anche per un altro motivo …”
 
Li accompagnò a fare colazione nel bel mezzo dell’erba, su panche fatte con tronchi d’albero quasi interi, giusto con un taglio in cima per renderle adatte a sedersi e uno in fondo per darle il fondo piatto.
“Ahem, vi presento il … Signor D.
Il Signor D era un uomo dal volto rossastro, sembrava avesse forse quarant’anni. Sorseggiava Coca-Cola a tutto spiano, e prima di rispondere alla presentazione, scolò da cima a fondo senza riprendere fiato un’intera lattina.
“Oh, salve. Voi dovete essere … Rowen Shape e Auberg Oldword.”
“Signor D … Veda che ci chiamiamo Robert Shane e Austin Neword …”
“Sì sì, certo, lo sapevo, come no …”
Nathan aveva la vaga impressione che come al solito se ne fregasse dei nomi dei campeggiatori.
Un’aura porse al Signor D un bicchiere d’aranciata. Lui la guardò come se fosse fiele e la trasformò in vino con un gesto della mano. L’Aura lo ammonì stizzita.
“Ma allora è un vizio, signore! La punizione di suo padre Zeus, ricorda?”
“Oh, certo, certo … Scusate … Vecchie abitudini dure a morire …”
Con un secondo gesto della mano, il bicchiere di vino si trasformò in Coca-Cola.
“Vecchie abitudini …?”, rifletté Austin.
Voglio vedere quanto ci mette a capirlo”, sussurrò Dioniso alle orecchie di un’Aura.
“Hai trasformato l’aranciata in vino … Tuo padre è Zeus …”
I due si bloccarono come se quello che avevano davanti fosse un mostro alto 4 metri o roba simile.
“T-t-tu s-se-sei D-d-d-d-dio-n-n-n-i-so?”, balbettò Austin come se gli fossero venute delle crisi epilettiche.
“Ha! Tutti la stessa reazione, Romilda! Tutti!”, disse all’Aura sgomitando in ammiccamento, come se guardare due campeggiatori terrorizzati fosse la cosa più divertente del mondo. “Sì, sono Dioniso, dio del vino. O della Coca - cola, attualmente. Il mio gentilissimo padre Zeus mi ha punito per aver – ehm – cercato di entrare nelle grazie di una ninfa che aveva fatto voto eterno di castità, per intenderci, con cent’anni da astemio in questo campo …”. Pronunciò la parola “campo” come se fosse un insulto. “Dovresti guidare i giovani, non metterli sulla strada dell’alcolismo..”, disse, imitando in maniera ridicola la voce di Zeus. “E bla, bla, bla!”
Dioniso prese un’altra sorsata di coca cola e fissò intensamente i due ragazzi che erano in evidente stato di "ma che cavolo sta succedendo?". Dioniso prese un lungo respiro e, continuando a fissare i due ragazzini davanti a lui disse: "Potete andare a fare colazione, non vi sta trattenendo nessuno! Nathan, accompagnali." Nathan fece uno sbuffo appena percettibile e li accompagnò alle loro panche ancora vuote. A quanto pare, anche per le panche si stava con i propri "fratelli divini". Una semidea dal tavolo di Ecate si alzò e con un gesto e sussurrando un incantesimo nell'antichissima lingua del minoico accese il fuoco. Nathan spiegò loro come il fuoco fosse incantato, in maniera da rispecchiare il loro animi in colore ed intensità. I loro animi dovevano essere piuttosto sereni, perché il fuoco era pressoché normale, solo vagamente più luminoso della norma.
 
Delle ninfe dei boschi portarono dei vassoi ripieni di ogni Ben di Zeus, tutto ciò che si può desiderare per colazione: cereali, brocche di latte, polvere di cacao, miele, marmellata, pane, burro, e chi più ne ha più ne metta. C'era persino della frutta fresca, fragole, albicocche, prugne.
Ad un tratto, con stupore di Robert ed Austin, alcuni si alzarono e buttarono frammenti di pane, alcune fragole ed altro nel fuoco.
"Che stanno facendo?", chiese Robert a Nathan..
"Ignorante, sacrificano il cibo per gli déi... Si nutrono del fumo..."
Robert, iniziando a capirci qualcosa, si alzò, prese un'arancia e la buttò fra le fiamme dicendo: "Ad Apollo!". L'arancia bruciò come carta, lasciandosi dietro un gradevole aroma che niente aveva a vedere col normale fumo. Era profumato come se avessero distillato l'aroma dal succo, non buttato l'arancia fra le fiamme ardenti di un falò. Austin si alzò dal tavolo numero quindici - il tavolo di Hypnos, che si era scoperto ieri notte essere suo padre - e sacrificò un bicchiere di cereali Cheerios in nome del padre (ma non del figlio né dello Spirito Santo).
Poi iniziò la vera colazione, dove Robert si servì d'aranciata e fette biscottate spalmate di marmellata di pesche e Austin di latte e frollini alla panna, mentre Nathan si ingozzò di pancetta, uova fritte e burro.
Quando furono sazi, ma veramente sazi, erano già le 10. Nathan condusse i ragazzi verso uno spiazzo.
 
Lì, prese delle armature e gliele fece indossare. Erano seriamente pesanti, forse 15 chili di metallo. Ma a detta di Nathan, senza si moriva. Avevano una piastra per il petto e una per gli addominali modellata come se i muscoli di chi l'ha indossata l'ultima volta fossero stati così enormi da lasciare l'impronta. Poi cavigliere di bronzo e elmi con pennacchio, il che faceva sentire i due leggermente schiacciati dal peso, nonché in qualche modo ridicoli.
Nathan si voltò per prendere un armatura di misura più grande per sé, allontanandosi da Robert e Austin, che non avevano la minima idea di cosa fare.
Mentre Nathan era un attimo via, i due si misero a chiacchierare
"Ma non è fighissimo essere qua?", chiese Robert ad Austin con il sorriso entusiasta di un bambino che ha appena messo piede in un parco giochi.
"Perché dovrebbe essere figo, scusa?", disse Austin, serio e cupo.
"Ma come! Insomma, ci stanno insegnando a combattere! Siamo figli degli déi! Probabilmente abbiamo poteri che i mortali si sognano!"
"Io invece sognerei di essere un comune mortale... L'idea di combattere i mostri non la digerisco..."
"Fifone", lo schernì Robert.
"Ripetilo quando un drago ti azzannerà.."
 
Dopodiché, ritornò Nathan, che con l'armatura aveva un'aria quanto mai minacciosa. Brandiva un'ascia bipenne con una lama d'acciaio e l'altra di uno scintillante metallo verdastro. Austin lo riconobbe tacitamente come bronzo celeste.
"Siete pronti?"
"Se dico di no iniziamo lo stesso, vero?", disse Austin.
Robert rise.
"Avanti, tirate fuori le armi."
Robert prese dalla tasca (non aveva osato indossarla in testa) la molletta per capelli della Whistle. Divenne subito un arco e il peso della faretra si fece sentire sulle sue spalle.
Austin sfilò lo stocco dalla sua custodia camuffata da bastone, mandando uno scintillio verde bronzo agli occhi di Nathan.
"Per questa volta, faremo un po’ di... lotta libera... Specialmente dato che le nostre armi sono così diverse che troverei difficile insegnarvi tecniche; io sono esperto con le asce."
Austin ebbe un brivido al pensiero che sarebbe stato più un duello che una lezione.
Senza dar il tempo ai neuroni di Austin di prepararsi mentalmente per ciò che stava per avvenire, Nathan disse "Uno, due, tre, via!", e iniziò a roteare l'ascia. Di riflesso Austin parò con lo stocco, producendo scintille verdi all'impatto.
Robert incoccò rapidamente una freccia. Nathan usò il piatto dell'ascia come uno scudo, e la freccia si abbatté a vuoto sulla parte in acciaio con un sordo tintinnio.
Austin tentò di affondare nella pancia di Nathan mentre si proteggeva dalle frecce. Nathan fu più rapido, parò anche quel colpo con una rapida rotazione di polso.
"Bei riflessi", pensò Austin.
Robert incoccò un'altra freccia. Vano, fu respinta anche questa. Nathan partì all'assalto roteando l'ascia pericolosamente vicino al fianco di Austin, che parò in extremis.
"Se solo non fosse così rapido!", pensò Austin. Partì all'assalto rompendo la parata. Nathan, prevedibilmente, parò. Ma sembrava... rallentato. Chiuse le palpebre un momento, come se volesse farsi un rapido sonnellino nel bel mezzo della battaglia, poi le riaprì. Aveva … sonno?
"Hmph!", sbuffò Nathan, "Vedo che stai iniziando a prendere coscienza dei tuoi poteri! Era ora..."
Fra i neuroni di Austin scoppiò la seconda guerra mondiale di pensieri. ‘Poteri? Figlio di Hypnos. Sonno? Opportunità. Attacca!’ Il tutto in una frazione di secondo.
Austin partì all’assalto. Nessuna parata, finalmente. Nathan sembrava sonnolento come qualcuno che si è appena svegliato e ha desiderio di tornarsene fra le lenzuola calde. Il metallo dello stocco cozzò contro la placca addominale dell’armatura di Nathan. Austin ebbe il raro momento di felicità che si ha quando si riesce a fare qualcosa che non si riusciva a fare. Poi, dovette schivare un’asciata diretta alla testa.
 
"Ehi, dispiace se mi unisco a voi?", disse una voce femminile alle spalle di Nathan.
Una ragazza della casa di Demetra (cosa facilmente deducibile dal cerchietto decorato a tulipani, che forse era un po’ kitsch), con dei capelli castani zeppi di boccoli, con addosso dei jeans strappati e una t-shirt color lavanda, e in mano una falce lunga (che reggeva a due mani, come la reggerebbe un contadino), entrò nel campo di battaglia.
"Ehi, il campo da combattimento non è da figlie di Demetra...", disse Nathan.
"Ma come sei presuntuoso! Pensi forse che siamo solo capaci a far crescere fiori e fragole?", disse la ragazza, sembrando alquanto incazzata.
"Ehm, no, ma...", e Nathan venne interrotto da un colpo di falce che parò all'ultimo minuto con il manico dell'ascia.
"Adesso chi è l'inutile figlia dei fiori? Eh?", incalzava la ragazza. Nathan aveva il fiatone, sembrava già stanco.
"Va bene, va bene, basta così!", disse. "Smidollato", lo rimbeccò la ragazza.
"Ehi, ma come ti chiami?", chiese Austin, che non era esattamente riuscito a metabolizzare la comparsa della ragazza.
"Anthea, Anthea Elderoots. Nomi antiquati, e per antiquati intendo dell'epoca classica. Fra l'altro i soprannomi sono orribili, 'Anty' fa semplicemente vomitare. Quindi, chiamatemi Anthea.. "
 
Tutto a un tratto, una voce spezzò la routine degli allenamenti. Un ragazzo della casa di Ares che stava facendo arrampicata sulle apposite pareti (che schizzavano lava per rendere il tutto più "appassionante") quasi non si spaccò il collo perché cadde, distratto. Metà e passa del Campo Mezzosangue si radunò attorno a Chirone.
"Stasera, dopo cena, ci sarà una corsa delle bighe! Ogni casa è pregata di preparare il proprio carro, il proprio auriga, il proprio guerriero, i propri cavalli, insomma, tutto ciò che vi occorre per giocare al meglio! Tutti gli oggetti magici sono permessi, si può rallentare l'avversario con vari sistemi, ma è vietato ferire i gareggianti o i loro cavalli..."
Improvvisamente l'aria al campo si fece effervescente, nervosa, tesa, ansiosa, ma decisamente felice.
Nathan non era da meno, l'anno scorso erano arrivati terzi, e invece, quest'anno, era determinato a vincere ad ogni costo. Si recò insieme a James Bell a fare ... la revisione ... ai cavalli.
 
Quella sera, dopo la cena (che si era svolta attorno ad un falò fucsia dall'eccitazione), iniziò finalmente l'attesissima gara di corsa delle bighe. Chirone ripeté le regole (ben poche e non parecchio limitanti nemmeno in tiri sleali e ferite), e i carri presero posizione.
Ogni biga aveva un auriga (cioè qualcuno che gestiva i cavalli) e un guerriero, che si occupava in vari modi di sabotare i nemici. Per ogni biga, i cavalli erano due, ma in alcuni casi non erano veri e propri cavalli. Per la casa di Iride, erano unicorni. Per quella di Ares, erano strani cavalli-scheletro, alquanto inquietanti. Per quella di Efesto... cavalli automi, che avevano l'aria di filare letteralmente come treni.
Per qualche gioco del destino, quei due novellini, Robert e Austin, erano stati scelti come guerrieri delle rispettive bighe.
Quella di Apollo, con William Foam come auriga, era dipinta d'oro e tirata da stupendi palomini. Robert era armato con un arco e una faretra piena di strane frecce.
Quella di Hypnos era nera come la notte, ricoperta di disegni stellari e con una falce di luna dipinta sul davanti. L'auriga era Eric Dalton, mentre il guerriero, Austin (che sembrava in piena fase d'ansia di prestazione, della serie "Cosadevofarecosadevofare?!?").
Invece Nathan era l'auriga di quella di Efesto, che era fatta di lamina di ferro e sembrava accessoriata come una Lamborghini di lusso, solo che con armi letali al posto dell'aria condizionata. La guerriera era una certa Teresa McCobble, grossa, robusta e bruttina come tutte le figlie di Efesto.
"Pronti... Partenza... Via!", e si scatenò subito l'Ade.
 

“Ehi, e io cosa dovrei fare?”, chiese Robert a William, che conduceva la biga nel caos andante della corsa, mentre gli spettatori urlavano e facevano il tifo.
“Dovresti sabotarli … Naturalmente …”
"E come, se ho solo un arco e frecce? E' vietato ferire!"
"Queste non sono normali frecce, sono frecce soniche! Prova a scagliarne una verso le ruote del carro di Atena..."
Robert incoccò e lanciò. Erano un po’ strane perché non avevano la punta di una freccia, ma sembravano proprio frecce. Ma a metà strada, la freccia scomparve, e avvenne una sorta di piccola esplosione senza fumo - un'onda d'urto. La ruota destra posteriore del carro di Atena aveva metà dei raggi fracassati.
"Forte!", commentò Robert, e incoccò un'altra freccia.
 

Austin era nel panico, si reggeva a malapena sul carro, e non sapeva come attaccare con il suo stocco, visto che non poteva ferire né i cavalli né l'auriga e l'attaccante delle altre bighe.
Eric, il suo compagno, guidava la biga perfettamente, curvava benissimo e sempre senza manovre brusche. Il carro di Nemesi era alla sua destra, mentre quello di Iride alla sua sinistra.
Eric era bravo, ma l'auriga del carro di Nemesi era migliore, e l'attaccante, un ragazzo abbastanza alto e con un bel fisico che impugnava pericolosamente una specie di mazza, era senza alcun dubbio migliore di Austin, piccolo e gracile.
D'istinto, Austin prese un giavellotto dal carro, e lo conficcò nella ruota sinistra posteriore del carro di Nemesi, facendoli sbandare. Il giavellotto, però, si era rotto insieme alla ruota, e il mezzosangue non sapeva più che escogitare.
"Reggiti forte!" Gridò Eric al semidio, e quasi derapando, superarono la biga di Iride.
Austin quasi cadde, ma intanto avevano recuperato una posizione.
 

Nathan puntava a una cosa sola: far mangiare la polvere alle altre case.
Il carro di Atena, quello di Nemesi, Ebe, Demetra e Tyke erano fuori gioco. Rimanevano il carro di Ermes, che era in testa, quello di Efesto, subito dopo, in terza posizione i figli della dea Nike, poi Ares, Apollo, Afrodite, Hypnos, Iride, e in ultima posizione il carro di Ecate (che comunque da dietro continuava a lanciare maledizioni ai carri vicini).
La principale minaccia era dunque costituita dai figli del Dio dei Mercanti, ma fra il loro carro e quello di Efesto c'era la biga di Afrodite, rifletté Nathan. "Ehi, tu, là dietro!", sbraitò alla combattente dietro al carro. "Sgancia un regalino alla biga di Afrodite!"
Teresa non se lo fece ripetere. Guardò le risorse del carro come per decidere la fine più rapida - o la più divertente - per il carro di Afrodite, e decise che lanciargli a bordo un barilotto di pece incendiato sarebbe stata una buona idea.
Il carro di Afrodite prese fuoco. Con un grido, l'auriga di Afrodite fece inversione a U e corse come un demonio verso il più vicino ruscello, con grande scorno delle naiadi che vi vivevano.
“Obiettivo agganciato”, pensò Nathan, avvicinandosi al carro di Ermes, ora che non vi erano più ostacoli in mezzo. Teresa neppure si fece comandare. Prese una sorta di missile – evidentemente tenuto per le grandi occasioni – lo puntò verso il carro di Ermes, lo mollò e partì da solo, lasciandosi dietro, per il breve tragitto, una scia di fumo nerastro. Colpì le ruote sinistre del carro di Ermes, che saltarono in aria insieme a tutta la parte sinistra del carro stesso. Fortunatamente i due sul carro non si fecero granché.“Colpito ed affondato”, pensò Nathan, con una sorta di piacere sadico-agonistico, sgomitando. Peccato che adesso la biga in seconda posizione – quella di Nike, dopo l’eliminazione di quella di Ermes – fosse così lontana. In mezzo c’erano quella di Bacco, Iride, e Hypnos. Poteva solo sperare che se ne occupasse quella di Ecate con qualche sortilegio, per quanto fosse indietro.
 

La biga di Ares stava pericolosamente prendendo uno slancio di velocità.
Robert incoccò una freccia sonica, e con un sordo "tok!" seguito da un boato, la ruota destra del loro carro ebbe una bella rottura e iniziò a sobbalzare ogni dieci secondi.
Si sentì una piccola esplosione alle spalle di Robert.
Robert si girò. Il carro di Efesto gli aveva tirato addosso una piccola bomba incendiaria. Meno male che era andata a vuoto, atterrando sulla pista.
Robert rifletté che le sue frecce soniche potevano avere qualche difficoltà a danneggiare un carro di ferro, e tirò un'altra freccia al carro di Ares. La ruota precedentemente danneggiata si spezzò e il carro di Ares slittò fuori dalla pista e si scontrò contro un larice (facendo scappare la driade che lo incarnava).
"Anche questo è K.O.", pensò Robert. Ebbe un piccolo slancio di entusiasmo, frenato subito al pensiero di dover danneggiare un carro di ferro con quelle frecce.
 

Hypnos e Iride erano fianco a fianco, con l'ultima biga leggermente in vantaggio.
Austin non aveva idee, forse avrebbe potuto speronare l'altro carro, però ci avrebbe rimesso anche lui.
Poteva solo sperare che una maledizione del carro di Ecate (verso il quale provava una certa antipatia) colpisse Iride con un suo incantesimo.
Si concentrò, e provò a far assonnare l'auriga della biga di Iride, ma non aveva imparato a padroneggiare bene quel potere, quindi non riusciva ancora a prolungare quell'abilità a distanza.
Una maledizione di Ecate mancò, fortunatamente, il carro di Hypnos, colpendo di striscio la ruota della biga di Iride, non le sortì particolari effetti, ma Hypnos ebbe il tempo di superarla.
 

"Questa non la scansi", pensò Nathan. "Teresa, dai ad Apollo il giocattolino migliore che hai!"
Tacita e zitta, Teresa obbedì. Prese una specie di fuoco d'artificio, diede fuoco alla miccia e quello partì dritto dritto verso il carro di Apollo (era incantato per sapere da solo dove andare). Al contatto con la biga, non fece un appariscente spettacolo di scintille, ma un'esplosione vera e propria. Le ruote destre del carro
di Apollo saltarono.
 

Austin vide, alquanto spaventato, la biga di Apollo saltare in aria.
La biga di Iride era rimasta K.O. per colpa di un altro incantesimo di Ecate, che ha sbriciolato le redini che ancoravano gli unicorni al carro, che una volta liberi sono partiti per la loro strada, lasciandola appiedata. I poteri di Ecate spaventavano Austin, non si spiegava il fatto che la loro biga fosse in ultima posizione.
Anche se la biga di Ecate era un avversario più pericoloso di quella di Dioniso, Austin decise di abbattere quest'ultima.
La biga di Dioniso era abbastanza abbordabile, o almeno così pensava Austin. I figli del dio del vino erano in grado di far crescere piante, e infatti, creando una specie di lancia "vegetale", l'attaccante di Dioniso iniziò ad attaccare la ruota posteriore del carro. La lancia di Dioniso mancò di poco la ruota della biga di Hypnos, ma l'attaccante non demorse, anzi, ne stava creando un'altra. Nemmeno questa la colpì, però la mira dell'attaccante non accennava a calare, anzi, ad ogni tentativo si avvicinava sempre di più al bersaglio. L'unica speranza di Austin era riuscire a prendere una di quelle lance e rilanciarle alla biga di Dioniso. Probabilmente ci avrebbe rimesso un dito, ma dato che era la sua unica occasione di togliere di mezzo quella seccatura alcolista, ci provò. Prese al volo un giavellotto, rischiando di cadere dal carro. Ora il problema era lanciarlo alla ruota dell'altra biga. Se avesse mancato, ne avrebbe dovuto prendere un altro, rischiando ulteriormente. Quindi, sperava di beccarla. Caricò bene il colpo, prendendo la mira, conscio che sarebbe stato difficile avere una seconda chance. Non ce ne fu bisogno, dato che la lancia beccò in pieno i raggi della ruota anteriore, mandandola in frantumi. Il carro di Dioniso iniziò a sbandare a destra e a sinistra, e a decelerare notevolmente.
 

"Wow, una carneficina di bighe, stavolta. Erano 20, siamo rimasti in quattro. Nike, Hypnos, Ecate e noi, Efesto.", pensò Nathan.
"E presto saranno tre."
Deviò accostando alla destra, avvicinandosi alla biga di Hypnos. Una volta tolta di mezzo quella, la via per Nike sarebbe stava libera. Con un cenno, disse a Teresa di attaccare. Nulla accadde.
"Ehi, là dietro, ci sei? Attacca!", sbraitò Nathan.
Si girò. Teresa si era accoccolata sul pavimento della biga. Stava... dormendo. Nathan maledisse in greco antico Hypnos fra sé e sé, e spronò i cavalli. Non gli restava altro da fare se non superare Nike. In risposta, anche la biga di Nike accelerò Finalmente, dopo tanta strada, si iniziava ad intravedere la linea del traguardo. Improvvisamente, anche lui stava iniziando ad intorpidirsi. Una bella situazione. Hypnos che stordisce ed addormenta i figli di Efesto, Ecate che bombarda Nike di maledizioni varie. Il traguardo ora era così vicino! Spronò i cavalli meccanici alla massima velocità. Nike in qualche modo risultava ancora più veloce di lui! ... Non ce la fece. Nike tagliò il traguardo per prima, fra il giubilo generale, confermando che erano "i figli della Vittoria". Efesto venne subito dopo, ma fu un argento amaro come il veleno. Hypnos terzo (cosa che fece molto felici i figli del dio del sonno), e Ecate quarta (ecco, se c'è una cosa che non è buona quando si parla dei figli di Ecate, è lasciarli con l'amaro in bocca, così poi ti trasformano in rospo per ripicca).
Sulla biga di Hypnos, Austin si addormentò fra le assi di legno per recuperare l'energia spesa con lo sforzo.
  
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