Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Il Cavaliere Nero    15/09/2012    2 recensioni
'L'amore è una calamita che entra in azione quando il tuo esterno è la copia dell'interno di un'altra persona. Solo incastrandoti con lei ti sentirai completo.'
Clarissa e Roberto: l'amore è questione di chimica o desiderio di ricongiungersi alla metà della nostra anima ospitata nel corpo d'un altro?
Estratto dal prologo:
"Era solo questo, il motivo per cui c’ero andato a letto: lei era indubbiamente una ragazza molto bella, m’aveva attratto ed io m’ero voluto distrarre.
Mi presi del gioco di quel termine: ‘Distrarre, dal latino devertere, cioè allontanare, deviare.’
Che cosa mi suggeriva la mia mente? Che avevo voluto allontanare la riflessione? Deviare l’attenzione da ciò che mi preoccupava?
Sciocchezze, avevo solamente voluto divertirmi un po’.
‘Già, divertirmi.’ Mi consolai, eppure non potei non ricordare che, nell’opinione di Pascal, il divertissement era, letteralmente, l’atto del devertere: la volontà inconscia d’allontanarsi dalla paura, di distrarsi dal mondo, estraniarsi dai problemi."
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo Secondo
Nero di tenebra


  Note dell’autrice: Rieccoci qui! Perdonate la lunga assenza, ma ho trascorso le vacanze estive senza connessione e quindi non potevo postare nulla! E poi ho approfittato di questa pausa per rinfrancare un po’ i bollenti spiriti e ritrovare un’ ispirazione adeguata. Ammetto di essere rimasta un po’ delusa dai primi due aggiornamenti, perché speravo di ottenere un maggior numero di recensioni: mi sono quindi abbandonata al dubbio che questo tentativo da parte mia di un’originale fosse troppo azzardato e non facesse per me, quindi sulle prime avevo deciso di abbandonare questa storia. Poi però ci ho riflettuto e alla fine ho pensato che, comunque vadano le cose, almeno pubblicherò un altro paio d’aggiornamenti –se non altro varranno da curriculum, ahah!-  Quindi posticipo un po’ la scelta di portare o no a termine questo racconto, starò a vedere. Nel frattempo, spero che questo capitolo potrà essere di vostro gradimento e che la storia vi stia piacendo! Ho trascritto con piacere alcune riflessioni, e provengono dalla mia esperienza personale: non dirò però quali eheh (nulla di scabroso, comunque).
I pensieri di Clarissa e Roberto iniziano a farsi più chiari, mentre la cornice spero sia ben resa con l’ausilio di Pamela e Patrizio…spero di riuscire a sorprendervi almeno un pochino.
  Detto questo, passo a ringraziare i gentilissimi recensori: Rob, Roxina, e la Neech.

 
Un GRAZIE gigantesco a tutti coloro che hanno commentato, e un grazie anche a chi ha soltanto letto. A presto!

 
Quella mattina varcò la soglia dell’università con lo stomaco sottosopra.
La sera precedente era giunta a casa di sua sorella con la consapevolezza che Patrizio non avrebbe conservato quella storia per sé; avrebbe rivelato a Roberto della sua cotta e lei sarebbe diventata lo zimbello del gruppo teatrale. Poi, grazie alle voci che corrono più d’un dardo scoccato da un arco*, di bocca in bocca, quella diceria avrebbe raggiunto ogni angolo dell’università.
Il problema era che quel pomeriggio Roberto aveva rivelato ai suoi amici d’essere interessato ad una ragazza conosciuta in palestra, che frequentava da qualche settimana.
Come avrebbe potuto avere un debole per Clarissa, allora?
Sbuffò, scrutando in cima ai gradoni all’ingresso: Pamela e delle sue amiche erano lì, a chiacchierare.
Le si gelò il sangue non appena captò la loro reazione al suo arrivo: la castana si scurì in viso, mentre le altre presero a ridere tra di loro, scambiandosi parole a tutta velocità.
-Ecco, come prevedevo…- rimuginò, emettendo un secondo sospiro, ancor più rumoroso del primo.
-Mi crederebbero se sostenessi che Patrizio si è sbagliato e a me Roberto non piace?- si chiese, incominciando a salire la scalinata.
Quando si trovò a un metro di distanza dalla ragazze, una di loro, esordì:
“Clarissa, ciao! Hai saputo?”
Lei scosse la testa.
-Roberto si è fidanzato?- ipotizzò tra sé e sé, spostando lo sguardo sul piccolo gruppo: gli occhi volarono sul volto di ciascuna di loro e le parve di aver visto, almeno una volta, tutte. Dunque nelle vicinanze non si celava la neo ragazza dello scenografo, grazie al cielo!
“Charlene e Patrizio hanno passato la notte insieme!”  squittì, ammiccando.
Pamela sbuffò.
“C-come?” balbettò lei, in risposta.
“Incredibile, vero, Cla? Eppure ce lo ha detto poco fa Charlene in persona!” s’inserì nella discussione un’altra giovane, alzandosi in piedi.
Clarissa battè ripetutamente le palpebre.
“E…?” domandò. Quelle erano tanto pettegole da preferire una notizia di gossip piccante ad una di mera infatuazione! Però sicuramente ne avrebbero comunque parlato, in seguito.
“E… cosa? Lo sai com’è Patrizio, no?” le rispose la sua amica, estraendo una sigaretta dal pacchetto “Si sono svegliati, e lui se n’è andato.”
In quel gruppo solamente Clarissa sapeva della cotta di Pamela per il biondo, quindi solamente lei –lo avrebbe comunque colto, era un’ottima osservatrice-  notò un tono polemico trasparire dalla sua voce.
“Oh…” Possibile che non avesse raccontato nulla di quella sera a teatro?
Forse era presto perché la voce circolasse, forse non lo avevano ancora incontrato.
“Ma lui è già arrivato?  Ha confermato che…?” s’informò, per nulla interessata a quella vicenda ma desiderosa di scoprire le sorti del suo segreto.
“Sì sì, è al bar, ora.” La informò Pamela, sbuffando fumo “E’ con Roberto.”
-Ahi ahi!- capì al volo lei –Mi aspettano ancora le forche caudine…-
“Eccoli: silenzio!” le avvisò la bionda, portando una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Quindi iniziò a parlare di cosmetici, come se non avessero discusso che di quello sino ad allora:
“Fidatevi, quella marca è la migliore! Il rossetto si fissa bene e non va via neanche se bevi champagne!”
“E se invece baci, va via?” s’intromise Patrizio, un’espressione di scherno dipinta sulla faccia.
I suoi occhi, repentini, analizzarono in un secondo tutte le ragazze, soffermandosi poi anche su Clarissa: non sembrava essere risentito per il suo rifiuto, era allegro.
-O forse soddisfatto della vendetta…- tremò la rossa, temendo di spostare lo sguardo su Roberto, che era  al suo fianco.
“Quello non lo so, non l’ho ancora provato…” replicò lei, facendogli la linguaccia.
“Beh, se volete, vi aiuto io a capirlo… Il trucco che ti resta sulla pelle quando tocchi una donna è fastidioso. Il vero rossetto è quello che non va via neanche dopo …!” sottintese, malizioso.
“Contieniti, siamo in presenza di signore!” lo interruppe Roberto, ridendo. Quindi si rivolse alle ragazze:
“Ciao, Pamela…ciao, Clarissa!”
La giovane alzò finalmente lo sguardo su di lui: sembrava…normale. Nulla di strano nel suo sguardo, sul suo volto non vi era alcun segno di malizia o viceversa, di imbarazzo.
“Ciao…” ricambiò, incerta.
Lui le sorrise,  non staccandole gli occhi di dosso.
“Andiamo! Altrimenti accusi me, se arrivi in ritardo!” lo richiamò Patrizio, riservandogli una gomitata tra le costole.
“Quando ti fermi a sistemare gli appunti per mezz’ora dopo il termine delle lezioni, il ritardo è colpa tua.” Precisò in un sussurro, tagliente.
Ad ogni modo, i due amici si affrettarono per i gradini, salutando il simpatico gruppo di studentesse; ma sulla via della salita, gli sguardi di Clarissa e Patrizio s’incrociarono: lei  gli rivolse un’occhiata interrogativa, lui le fece l’occhietto.
-Non ha spifferato niente per davvero…- realizzò, scrutando oramai le sue spalle.
“Ho deciso!” Pamela la distolse dai suoi pensieri, prendendola a braccetto per allontanarla dalle altre: evidentemente, non voleva sentissero. E questo poteva significare una sola cosa: stava progettando uno dei suoi strabilianti piani, conclusione? Guai in vista.
“Alla festa di sabato lo ammalierò, te lo posso assicurare!” sentenziò, il fuoco ardente negli occhi di chi vuole vincere.
“Quale festa?” cadde dalle nuvole lei. Con tutti gli impegni e le preoccupazioni che le affollavano la giornata e la testa, non dedicava troppo spazio nelle sua memoria per questo genere di eventi.
Pamela sbuffò:  “Questa sera, alle sei in punto davanti a casa mia, ok? Andiamo a fare shopping…verrai anche tu e dovrai far colpo su Roberto!”
 
§§§
 
Poggiò il piede a terra, per richiudersi alle spalle lo sportello dell’autovettura dopo che anche le sue due compagne ne fossero scese.
Ma come aveva potuto lasciarsi convincere? Clarissa odiava quel genere di feste: musica a tutto volume che istigava ogni essere dotato di due gambe a muoversi come se preda di violente scariche elettriche.
Lei sapeva ballare, ed assistere a quelle manifestazioni d’incompetenza motoria celebrata come abilità da professionista non solo l’annoiava, ma la irritava. Sfortunatamente non poteva dirsi lo stesso per Pamela, che anzi adorava le discoteche: non appena scendeva in pista, il suo corpo prendeva a muoversi frenetico senza alcun ritmo, gli occhi inchiodati a chi sceglieva tra gli invitati a suo dire ‘più promettenti’.
In quelle occasioni le due amiche non uscivano mai insieme: la mattina seguente, tuttavia, la castana raccontava con gli occhi luminosi le avventure vissute, gli sguardi eccitanti, i gesti lasciati in sospeso, il ragazzo più bello della festa che le aveva lanciato un sorriso.
Questo era il carattere di Pamela: e in cuor suo Clarissa sapeva che anche il bel Patrizio rientrava nella cerchia degli “invitati più carini”: non era innamorata di lui, quando fosse riuscita a trascorrere una notte in sua compagnia, probabilmente l’avrebbe dimenticato. Era un capriccio.
Certo non l’avrebbe affascinato ballando: i suoi movimenti, sebbene sprezzanti, erano goffi, esagerati; lo stesso non poteva dirsi per descrivere i gesti della ragazza al loro fianco quella sera, Carolina. Lei sì che era brava! Clarissa l’aveva vista una sola volta ballare, eppure ne era rimasta subito colpita; nonostante quel tipo di danza non le andasse per nulla a genio, doveva ammettere che quei movimenti sembravano quasi aggraziati quando era lei a compierli.
Era una loro amica del liceo, aveva fatto parte del loro gruppo per breve tempo, prima di cambiare scuola. Pamela però aveva mantenuto i rapporto con lei, poiché le era particolarmente simpatica -Clarissa non ne capiva il motivo: Carolina non aveva doti particolari, e forse poteva anche apparire antipatica, quando si rinchiudeva nel suo mutismo incondizionato. La castana definiva con ironico affetto quel suo silenzio come quello proprio di una prima donna, la rossa invece era solito identificarlo come caratteristico d’una ragazza abbastanza furba da tacere perché non trapelasse la sua sciocca semplicità-.
In compenso era molto bella: i capelli lunghi e neri le ricadevano sulla schiena, incorniciando la pelle scurissima incastonata in un fisico mozzafiato.
Non frequentava l’università, ma era iscritta, e alla facoltà di giurisprudenza; come sarebbe divenuta un’avvocato, Clarissa se lo chiedeva spesso.
Quella sera lei stessa aveva contattato Pamela, chiedendole indicazioni per la festa: sapute le coordinate, aveva espresso il desiderio d’andare, manifestando però il problema della distanza.
“Come arrivo fin là?” si era lamentata al telefono.
“Guarda, io sono a casa mia con Clarissa, ci stiamo preparando. Mi da uno strappo lei…perché non vieni con noi?” si era offerta Pamela, ignorando il sospiro rumoroso della giovane chiamata in causa.
La studentessa di filosofia ripose con cura le chiavi della macchina nella borsa nera, seguendo poi le sue accompagnatrici in direzione del palazzo: il luogo stabilito per l’evento era un enorme appartamento all’ultimo piano, dotato di una terrazza gigantesca che, attraverso una scalinata, portava direttamente sul tetto.
“Ti sei fidanzata, Pam?” le chiese Carolina in ascensore, ritoccandosi con un dito il mascara sull’occhio destro. Alla sua negazione, non esitò a domandarle se però le interessasse qualcuno.
La sedicente attrice allora lasciò trapelare un sorriso sornione: “Potrebbe essere…” rispose, ammiccando: “Se stasera lo intravedo, te lo mostro! Ti mostrerò anche chi piace a Clarissa!”
Si voltò così in direzione della giovane, che presto s’affrettò a negare.
Le porte dell’ascensore s’aprirono proprio in quel momento, rivelando una ragazza con un top nero ed una minigonna di pelle che le attendeva davanti la porta spalancata dell’attico.
Non appena ebbe varcato la soglia, Clarissa dovette strizzare le palpebre per guadarsi intorno: solo poche luci soffuse illuminavano la sala gremita di ragazzi che, come aveva immaginato, erano occupati in movimenti convulsi.
Carolina invitò immediatamente le due amiche a ballare, cercando di sovrastare la musica con un grido che fu recepito come un sussurro. Pamela annuì, rivolgendosi all’amica:
“Tu va’ pure, io vi raggiungo tra un po’!” la tranquillizzò Clarissa, sorridendole.
Lanciò un’occhiata alla gigantesca cassa stereo collocata affianco la porta-finestra aperta, decidendo di trovare un posto a sedere abbastanza lontano da quel marchingegno tanto rumoroso.
Per prima cosa cercò il proprietario di casa, un vecchio amico che talvolta frequentava qualche lezione insieme a lei: l’unico motivo per cui s’era recata a quella festa era il desiderio di non offenderlo, visto che era stato sempre molto gentile nei suoi confronti. Inoltre, sperava che magari quella volta si sarebbe imbattuta in un festeggiamento diverso dal solito: si sbagliava di grosso.
Sospirò, adocchiando una serie di sgabelli alti di fronte ad un tavolo adibito a bancone degli alcolici: l’unico posto abbastanza illuminato della stanza, affinché le etichette sulle bottiglie fossero ben leggibili. Fece per andarsi a sedere quando notò un ragazzo seduto sul divanetto ad angolo: il petto lasciato scoperto dai primi bottoni aperti della camicia bianca risaltava con l’aiuto dei flash di luce a intermittenza.
Era Patrizio.
“Figurati se poteva mancare…” sussurrò tra sé e sé, facendosi largo tra la folla.
Avvicinandosi vide nella sua mano un bicchiere mezzo vuoto e lo sguardo che vagava da un punto all’altro della sala: era in cerca di donne.
S’accorse troppo tardi che apriva e chiudeva la bocca, chiacchierando con qualcuno seduto lì vicino che però era rimasto coperto alla sua vista. Il suo interlocutore infatti fece capolino oltre la spalla del biondo, vedendola: le sorrise, richiamandola con una mano.
Allora anche lui si voltò, salutandola poi con un cenno del capo.
-Caspita, ma sono inseparabili!- constatò nella mente: ad ogni modo, non potendo fare altrimenti, li raggiunse sedendosi al loro fianco.
“Ciao!” gridò Roberto, avvicinandosi al suo viso perché potesse udirlo: “Sei qui da sola?”
Lei scosse il capo, citando il nome di Pamela.
Chiacchierarono per un po’ con difficoltà, mentre Patrizio continuava a guardarsi intorno bevendo di tanto in tanto un sorso di quel che lei credeva essere birra. Il suo comportamento disinvolto le fece capire che il dongiovanni non gli aveva rivelato nulla di quella conversazione avuta a teatro.
“Con questa musica non si sente nulla!” le disse a un certo punto lui, porgendole una mano “E’ meglio ballare, che dici?”
Lei avvampò: “Non sono troppo brava…” si scusò, portandosi con nervosismo una ciocca dietro l’orecchio.
“Che ti importa? Si fa per divertimento!” l’afferrò per una mano, ma un giovane dai capelli lunghi gli posò una mano sulla spalla distogliendo la sua attenzione: si rivelò essere un vecchio amico che non vedeva da molto e a cui presto volle offrire da bere. Fece cenno alla giovane di scusarlo e s’avviò verso il bancone.
Lei rimase seduta su quel divanetto, indecisa se parlare o meno.
“Delusa?” prese parola Patrizio, togliendola da ogni dubbio.
“E da cosa?” gli gridò in risposta, poggiando la schiena ai cuscini in pelle.
“Da Bobbo che ti lascia qui per andarsene con un suo amico!” spiegò pungente, lanciandole un mezzo sorriso di scherno.
Neppure lei potè fare a meno di sorridere: “Non gli hai detto nulla!” constatò ad alta voce, proprio mentre le note d’una nuova canzone si diffondevano per l’aria.
Lui scosse la testa, volendole dire di non aver capito.
“Non gli hai detto nulla!” ripetè inutilmente, avvicinandosi leggermente a lui: il volume di quel pezzo era ancora più alto dei precedenti.
“Non ti sento!” le mimò, prima di poggiare le  labbra sopra il suo orecchio: “Andiamo fuori!”
Raggiunsero il balcone con un percorso a zig zag tra i vari ballerini: sul pavimento chiaro si riflettevano le stelle ben visibili, anche se la luna era coperta da una nube nera. La musica giungeva ovattata, accompagnata dalle voci dei ragazzi lì fuori per fumare o chiacchierare con più tranquillità.
Mentre seguiva Patrizio, Clarissa lanciò uno sguardo alla piccola scalinata che sapeva condurre sul tetto: quando realizzò di trovarsi da sola con lui un brivido le passò lungo la schiena…e se avesse di nuovo provato a sedurla?
“Allora?” le domandò facendola sussultare. Alzò gli occhi per incontrare i suoi, resi ancora più blu dalla luce riflessa del cielo stellato. La sua voce questa volta giunse nitida, sicura, ferma.
“Cosa mi dicevi?” domandò, continuando a camminare con passo lento.
“Che non hai detto nulla a Roberto…” gli rispose, seguendolo.
Lui sorrise, appoggiando la schiena e un piede al muretto che segnava la fine della terrazza:
“Te l’avevo promesso, no?” le ricordò, portando il bicchiere alla labbra. Però non bevve:
“Perché? Tu gli hai detto che io ci ho provato con te?”
La ragazza scosse la testa, affrettandosi a rispondere.
“Bene.” Decretò lui, finalmente sorseggiando.
Rimasero in silenzio per un po’, a debita distanza l’uno dall’altra, osservando gli altri ospiti.
“L’aveva lasciata.” Decretò Patrizio a un certo punto, gli occhi fissi di fronte a sé.
“Prego?” Clarissa pensò si riferisse alla misteriosa ragazza della palestra citata da Roberto qualche giorno prima.
“L’aveva lasciata. Vedi? Lei si atteggia forte, distaccata. Ma i suoi occhi brillano perché è tornato a cercarla. E lui lo sa.” Le indicò con un cenno del capo la giovane coppia poco distante da loro, seduta nei pressi d’un tavolo nero in stile rococò.
Lei ridacchiò: “Non l’aveva lasciata. L’aveva tradita.” Precisò, guadagnandosi un’occhiata di sfida:
“Ah, sì?”
“Certo: si sottrae alle sue attenzioni…” gli spiegò, mentre la giovane osservata dai due si ritraeva dalla presa dell’uomo “…perché è ferita.”
“Però non si alza.” Il tono di Patrizio era strafottente. Mandò giù un altro sorso prima di aggiungere: “Non capisco perché la tiri tanto per le lunghe. Le piace, è evidente. Ed è evidente che lo vuole. Perché non s’arrende?”
“Perché ha paura di soffrire.” Rispose Clarissa, incrociando le braccia.
“E allora perché non se ne va?” la rimbeccò, sbuffando.
“Perché non ne ha il coraggio. Sa che proverà dolore a causa sua, ma gli piace, lo hai detto tu. E non sa se seguire la strada del cuore, o la via indicata dalla ragione.” Ipotizzò, perdendosi nell’atteggiamento di quella ragazza che, palesemente, rivelava un combattimento interiore.
“Cosa credi vincerà?” gli domandò Patrizio, passandosi una mano tra i capelli.
“La ragione.” Decretò lei assottigliando gli occhi, poco prima che la bionda colpisse la guancia del corteggiatore con un sonoro schiaffo.
Patrizio fischiò due volte, seguendo con gli occhi il povero malmenato filarsela con la coda tra le gambe.
“Tendenzialmente, nelle donne più ragionevoli, è sempre il buon senso a vincere.” Gli confidò, voltandosi a guardarlo. Lui ricambiò con un sorriso sarcastico: “E’ un vero peccato. Questo significa che non riuscirò a conquistare quella bellezza che ho adocchiato prima.”
“Chi?” gli domandò lasciandosi sfuggire una risata.
“Quella!” gliela indicò con un cenno del capo, fissando gli occhi sulla sagoma d’una ragazza che ballava all’interno della sala.
“Pamela?!” si stupì, rimanendo a bocca aperta: avrebbe scommesso che la sua amica non fosse il tipo di donna a godere delle grazie dell’attore.
Ed in effetti aveva ragione: “Ma sei matta? No!” rise, aggrottando la fronte “Quella accanto a lei.”
Carolina.
Clarissa si morse un labbro, maledicendo il caso:
“Perché sono matta?” indagò “Non ti piace Pamela?”
“Piaccio a Pamela?” comprese subito, atteggiando le labbra in un’espressione compiaciuta.
“No!” si affrettò a replicare, colta in fallo.
“Ah, no? E perché ti interessa se mi piace Pamela, se non vuoi venire a letto con me?” cantilenò lui, dipinto sul volto il sorriso spavaldo che aveva ammaliato tante ragazze.
“Per curiosità.” Mentì, poggiando anche lei la schiena contro il muretto freddo “E’ una mia amica.”
Lui mugugnò, poco convinto.
“Pamela non è il mio tipo.” rispose comunque, divorando però con gli occhi Carolina.
“Non c’è possibilità di ripensamento?” insistette, causando una risata divertita:
“Sei sicura, eh, che non piaccio a Pamela?”
“Sto solo cercando di capire se debbo metterla in guardia circa un tuo arrembaggio. A me avrebbe fatto piacere se qualcuno m’avesse avvisato.” Aggiunse repentina, mordendosi la lingua: la sua congenita ironia quella sera le si sarebbe ritorta contro, se Patrizio si fosse offeso e avesse deciso di rompere il patto e parlare con Roberto.
Si sorprese quando la risposta del ragazzo fu una sorriso divertito.
Finì la sua birra prima di confidarle che non vi sarebbe mai stata la possibilità d’un ripensamento:
“Prima di provarci con Pamela, m’innamorerò di un uomo.” Rispose, copiando la sua ironia.
-Ecco fatto!- pensò Clarissa, vagliando mentalmente le varie possibilità a sua disposizione: avrebbe potuto parlargli un po’ di lei, cercando di fare leva su quegli elementi che reputava potessero piacergli, ma allo stesso tempo aveva capito che Patrizio fosse più sveglio di quanto avesse immaginato e non poteva di certo rischiare che si prendesse gioco di Pamela mettendolo spudoratamente a conoscenza della sua cotta per lui. Forse avrebbe potuto domandargli quali caratteristiche di lei non l’attirassero: ma il rischio di esporre la sua amica era comunque troppo alto.
E se avesse provato a chiedergli cosa invece lo inducesse a interessarsi a una donna? Opzione da scartare immediatamente, avrebbe potuto pensare di interessare a lei, e ci mancava soltanto che per la seconda volta tentasse d’irretirla.
Non sapeva che decisione prendere, per soccorrere la castana; improvvisamente però ebbe un’idea! Doveva puntare su un cavallo sicuro, qualcosa che era certa d’aver compreso di lui senza alcun errore.
Il suo animo orgoglioso.
“Dixit volpes non tangens uvam*…” insinuò, sfoggiando un perfetto latino in una delle citazioni che naturalmente le sgorgavano dalle labbra come acqua pura.
“Questo potresti dirlo per te.” La rimbeccò, riservandole un’occhiata maliziosa.
Lei arrossì: “Io non ho mai parlato male di Roberto!”
“Non intendevo certo questo!” ridacchiò, mentre però i suoi occhi si fissavano ancora più ingordi sulla figura di Carolina, che s’avvicinava alla porta-finestra.
“Volevo solo dire che nel mio caso, uva quam adpeto sed non tango es.*”
Carolina varcò la soglia del balcone sotto il suo vigile controllo.
“Ma non mi sognerei mai di parlare male di te.”
Carolina alzò gli occhi verso di loro.
“Non ho alcuna remora ad ammettere che a fermarmi è la consapevolezza che tutta la tua attenzione è rivolta a qualcun altro.”
Carolina s’incamminò nella loro direzione.
“E non esiterei certo a dire che ti trovo attraente.”
Carolina si fermò a pochi passi dai due giovani. Aprì la bocca per parlare, e Patrizio fu sicuro d’aver vinto per l’ennesima volta la partita; rimase molto sorpreso quando scoprì che la bella mora si rivolgeva a Clarissa:
“Dove tenevi nascosto questo bel tenebroso, Cla? E’ lui il ragazzo che ti piace?”
Lui strabuzzò gli occhi, voltandosi verso di lei. Quando i loro occhi s’incrociarono, un’ombra di preoccupazione oscurò le pupille irridenti dell’attore: evidentemente temeva avrebbe rivelato allapreda
le sue intenzioni.
Sospirò prima di rivolgere gli occhi oltre il muretto e concentrarsi sul meraviglioso panorama della città illuminata, poggiando un mano sulla superficie di pietra levigata.
Clarissa sorrise, consapevole che Pamela non avrebbe mai avuto speranze con un tipo tanto testardo e tenace.
Dopo qualche secondo di silenzio, giunse ad una decisione e prese parola:
“Affatto. Ci siamo incontrati per caso, è solo un amico. Carolina, posso presentarti Patrizio?” le sorrise, per poi ammiccare al giovane che allargò gli occhi, allibito.
“Certo, piacere.” Rispose laconica, tendendogli la mano.
Lui esitò per un istante, serrando le labbra per poi riaprirle:
“Il piacere è mio, Carolina. Godevo della compagnia di Clarissa perché non conosco nessuno a questa festa, le stavo per chiedere di ballare…”
“…ma sa bene che io non sono troppo brava. Mi togli da quest’impaccio?” finì per lui Clarissa, sicura di quale sarebbe stata la riposta della bruna: un assenso senza esitazioni.
D’altronde, Patrizio era davvero un bel ragazzo e Carolina non era poi troppo diversa da Pamela, in questo campo.
E mentre i due si allontanavano insieme, il biondo lanciò uno sguardo di ringraziamento, seppur ancora stupito, alla giovane rossa che gli mimò con le labbra: “Non perderti in chiacchiere, non le piace parlare!”
-Forse non ne è neanche capace…- non risparmiò una pungente frecciata alla ragazza scura, nei suoi pensieri.
 
§§§
 
Roberto ed il suo amico, Gabriele, avevano perso la cognizione del tempo ricordando i tempi passati, l’uno riportando alla luce episodi che l’altro aveva dimenticato. Erano ancora seduti di fronte al bancone con due bottiglie di birra in mano, quando sopraggiunse la domanda:
“Quella ragazza è la tua fidanzata?”
A Roberto andò di traverso l’alcolico che stava deglutendo, e tossì un paio di volte.
“Risposta soddisfacente!” lo canzonò l’amico, battendogli una pacca sulla spalla.
“Ah, non prendermi in giro!” si difese, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno stesse ascoltando la loro conversazione – o forse per assicurarsi che la rossa non fosse nei paraggi.
“Si chiama Clarissa, è un’amica…” ridacchiò, rinunciando a finire la sua birra per il momento.
L’espressione che ebbe in risposta gli comunicò di non aver parlato con tono convincente, quindi proseguì:
“Da un paio di settimane ho conosciuto una ragazza, in palestra…mi piace, l’ho invitata ad uscire e ci stiamo frequentando. Clarissa è arrivata dopo, ci siamo incontrati da pochi giorni…”
Quel discorso suonò più come un ragionamento esposto ad alta voce per convincere se stesso, che una spiegazione esposta al suo amico, il quale, per giunta, quella sera vestiva i panni del grillo parlante.
“Però ti piace!”
Roberto scosse la testa: “…non so bene cosa sia, ma c’è qualcosa in lei che mi attrae particolarmente.”
Non poteva immaginare che la prima impressione che Patrizio aveva avuto di lei coincidesse perfettamente con la sua: anche lui era stato immediatamente affascinato dal suo comportamento, e per questo non aveva esitato a farsi avanti. Neppure dopo il rifiuto però aveva cercato di indagare su quella strana sensazione, e scoprire quale fosse l’elemento in lei  che tanto l’aveva colpito; al contrario invece Roberto continuava a rifletterci senza però giungere a un risultato convincente.
La simpatia? Aveva sempre la battuta pronta, lei.
Oppure la gentilezza? Era una ragazza davvero a modo.
Il comportamento? Nonostante fosse molto pacata, il suo atteggiamento tradiva una sicurezza che di finzione aveva ben poco: parlando con lei, aveva scoperto che i suoi obiettivi erano nitidi ed i suoi progetti, sebbene a lungo termine, possedevano una chiarezza invidiabile. Lei sapeva quello che voleva e voleva quello che sapeva.
Oppure semplicemente era stato il suo corpo a destare l’attenzione del ragazzo? Copriva attentamente il fisico non sfoggiando mai –almeno per quanto aveva avuto modo di vedere, anche quella sera- vestiti particolarmente audaci o sgargianti, eppure era evidente che non avesse alcuna imperfezione da celare.
Quando l’aveva scorta avvicinarsi a loro pochi minuti prima, le aveva riservato una lunga occhiata: i pantaloni neri erano abbastanza attillati da fasciarle le gambe come fossero calze, rivelando una forma perfetta, mentre la maglia grigia lunga fin sopra il ginocchio mostrava una pancia piatta e un seno prosperoso e lasciava scoperta una spalla eburnea, dove non era visibile la spallina del reggiseno.
Aveva subito pensato che era dotata di vero buon gusto.
Che si trattasse di quello? Come poteva capire se fosse solamente attratto fisicamente da lei o se invece il suo interesse celasse un sentimento diverso dall’emozione scatenata dalle pulsioni?
Aveva bisogno di un consiglio, e dapprima aveva individuato un possibile consigliere in Patrizio; ma poteva prevedere il suo suggerimento: “Innanzitutto dai libero sfogo ai tuoi bisogni da uomo. Poi si vedrà”.
No: se si fosse fortuitamente trattato di un interesse più profondo del mero desiderio fisico, avrebbe rischiato di rovinare tutto per soddisfare un capriccio del corpo.
Forse Gabriele era la soluzione al suo problema: l’aveva appena vista, e dunque la conosceva poco per non esporre un giudizio obiettivo, ma abbastanza per avere un quadro della situazione.
“Tu che dici? Dovrei…” esitò, mordendosi la lingua.
“Indubbiamente non dovresti lasciarla aspettare così tanto, per prima cosa.” Poggiò la bottiglia di birra vuota sul tavolino, alzandosi dallo sgabello: “Non è buona educazione abbandonare una signora!” E dopo una vigorosa pacca sulla spalla, Gabriele s’allontanò da Roberto:
“Ricorda che il mio numero ce l’hai!” gli ammiccò.
 
§§§
 
Carolina procedette a passo spedito verso il bancone, e stava per sedersi quando Patrizio le afferrò un braccio: “Non balliamo?”
Lei gli fece cenno con una mano d’aver sete, ma lui fece scorrere la presa sul suo polso, tirandola verso il centro della pista: “E dai, beviamo dopo!”
La ragazza non si fece pregare troppo: prese a muovere sinuosamente i fianchi, ma non si liberò dalla morsa dell’attore.
Lui la osservò lentamente da capo a piedi, puntando su di lei il suo sguardo indagatore: il tubino senza spalline argentato creava un meraviglioso contrasto con la sua carnagione scura, e progressivamente si alzava in armonia con i suoi movimenti lasciando scoperte le gambe modellate. Risalì con gli occhi sino al suo volto, cercando di guardarla negli occhi, ma lei evitò il suo sguardo iniziando a muovere il capo a ritmo di musica.
Allora lui l’attrasse a sé, mentre lei gli dava le spalle: i capelli corvini gli colpivano il petto, solleticandolo.
Poggiò le mani sui suoi fianchi, stringendola:
“Balli bene, Carolina…” le sussurrò all’orecchio, percependola chiaramente rabbrividire a quel contatto.
“Ce l’hai un ragazzo, Carolina?” decise di andare subito al sodo, seguendo il suggerimento di Clarissa.
La bruna scosse la testa.
Lui aumentò il contatto tra i loro corpi, che si muovevano frenetici scontrandosi con violenza sensuale ad ogni gesto. Con un movimento brusco la fece voltare, afferrandola per le spalle cosicché il suo seno incontrasse il suo torace.
Rifletté per un istante, vagliando nella mente una frase che gli permettesse di congiungere le loro labbra, ma non fu necessario sprecare altro tempo, né fatica; fu lei a baciarlo, gettandogli le braccia attorno al collo e stringendolo forte.
 
§§§
 
“Ha intenzione di passare tutta la serata qui?” la voce di Pamela giunse alle sue orecchie distogliendo dalla contemplazione di quel cielo stellato che sempre le ispirava l’infinito: solo allora comprendeva cosa provassero i grandi pensatori quando si definivano un nulla rispetto al tutto e tutto rispetto al nulla, come formiche al cospetto di un enorme quercia minacciosa ma splendida.
Quando Patrizio e Carolina erano tornati nella sala, lei aveva preso posto vicino quel tavolo dove, poco prima, aveva scorto la giovane coppia litigare e, alzati gli occhi al cielo, s’era persa nell’osservazione delle volta celeste ringraziando per un cielo privo di troppe nuvole.
“Chissà se quello è il Carro…” ignorò la sua domanda, non staccando gli occhi dal sublime.
“Non ci ho mai capito molto di stelle!” Pamela si sedette accanto a lei, prestando attenzione ai corpi celesti solo per un secondo “Ma mi è sempre piaciuto passare la notte a osservarle, dal balcone di casa mia…si vedono abbastanza bene.”
Clarissa  non rispose, decidendosi a rivolgerle gli occhi.
“Non trovo più Carolina!”
La rossa sorrise senza farsi vedere.
“In compenso però ho incontrato un ragazzo che frequenta teatro con me…non l’avevo mai notato prima, ma è sempre stato molto dolce con me! Il suo corso però non è avanzato come il mio…non recitiamo mai nello stesso spettacolo!” Come volevasi dimostrare, Patrizio era già un bel ricordo per lei: i suoi sentimenti non erano tanti profondi da legarla all’attore tanto da porlo al centro dei suoi pensieri per più di una settimana.
“E Patrizio?” le domandò Clarissa, pentendosene l’istante dopo: forse non avrebbe dovuto nominarlo. Tuttavia l’atteggiamento tanto superficiale della sua amica era una caratteristica che dai tempi del liceo la irritava: a parole era profonda, saggia, matura; ma quando si passava ai fatti non si differenziava da ragazze che Clarissa, solitamente, evitava.
Quella sua duplicità di voleri da una parte l’affascinava, poiché la portava a proporsi di scoprire quale fosse il suo vero io, se l’anima da giovane attrice consapevole o il cuore palpitante di una adolescente che si lascia vivere con la leggerezza d’una bambina; d’altra parte però la infastidiva, perché nei momenti in cui un oscuro pessimismo la rapiva, si convinceva di essere stata ingannata dall’affetto nutrito per anni nei confronti d’una ragazza che sulle prime le era parsa d’animo forte, testardo, pronta a inseguire ad ogni costo i suoi sogni, proprio come faceva lei, ed era convinta d’essersi illusa di scorgere in lei tracce di una profondità che invece non c’era, bensì solo ostentata grazie ad una buona retorica ed una media e superficiale conoscenza del circostante.
Altre volte, credeva che Pamela fosse cambiata: dall’adolescente così affine a lei per idee e certezze, si era tramutata in una ragazza che condivideva ben poco con la Clarissa filosofa, seria, impegnata; la loro armonia d’intenti e comportamenti persisteva unicamente nelle facezie, quando si parlava di ragazzi, vestiti e gossip, ma svaniva come rugiada sotto il sole quando il discorso diveniva più complicato, lo sguardo più ampio. E dell’amicizia forte su cui avrebbe messo la mano sul fuoco a sedici anni, non rimaneva che un rapporto parziale, talvolta deludente, dal quale non aveva il coraggio di prendere le distanze per affetto nei confronti di Pamela o forse di se stessa,  in quanto quel legame rappresentava un ponte al periodo forse più sicuro e stabile della sua vita, un’importante parte di lei alla quale rinunciare sarebbe significato mettere fine alla sua adolescenza.
Talvolta riteneva quella separazione impossibile, e si sforzava di prestare attenzione ai dettagli, anche più piccoli, che potessero darle la speranza di un futuro insieme; qualche volta però percepiva più chiaramente del solito la preferenza che Pamela di tanto in tanto riservava ad alcune compagne, come Carolina stessa: più di una volta aveva rinunciato a un pomeriggio insieme per uscire con le compagne attrici in discoteca, alla ricerca matta di un’avventura da raccontare. E in quelle occasioni, l’umore di Clarissa raggiungeva le profondità più scavate, poiché capiva che la loro amicizia non sarebbe durata  per sempre: e un sentimento simile alla malinconia nostalgica la pervadeva. Nutriva un affetto incommensurabile nei suoi confronti, e sapere che di minuto in minuto le loro strade divergevano sempre di più così da divenire presto parallele le corrodeva il cuore.
Quella sera al senso di tristezza per il passato sfuggito tra le dita, s’aggiunse una violenta intolleranza contro l’impotenza di cui si percepiva  vittima.
Improvvisamente si spazientì, lasciando trapelare dalla voce la sua impazienza:
“Ti riporta questo tizio a casa? Non vorrei aspettarti fino all’alba per poi scoprire che preferisci sia lui ad accompagnarti.”
Quest’eventualità s’era verificata più di una volta.
“Beh, ci stavo pensando…” rispose sinceramente, scrollando le spalle “Lui non possiede una macchina, ma guida un motorino. E sai…” ridacchiò “…lo conosci Vacanze Romane?”
Le regalò un sorriso finto, alzandosi e sgranchendosi le gambe: “In questo caso, io vado. Ci vediamo dopodomani a lezione!”
Pamela scosse il capo: “Domani sera ho un impegno molto importante…Non esiste che ci rinunci per assistere a una lezione tanto mattiniera!”
-Appunto…- un ennesimo indizio a dimostrarle la loro oramai evidente diversità: avrebbe potuto recarsi all’università lo stesso, seguire quel corso di un’ora, tornare a casa e dormire, come capitava talvolta a lei. Ma si guardò bene dal suggerirle questa possibilità.
“Ti telefono io, d’accordo?” le sorrise, estraendo una sigaretta dal pacchetto mezzo vuoto.
Clarissa si pentì d’aver assunto un’aria tanto severa, ed immediatamente tornò disponibile come di consueto:
“Certo, ci sentiamo presto! Devi farmi sapere di questa sera!”
 
Quando, uscita da quel condominio, Clarissa inserì la chiave dell’auto nel quadro capì che il suo cattivo umore era riconducibile anche all’atteggiamento del ragazzo.
-Quello stupido!- l’apostrofò, dirigendosi verso casa mentre la luna iniziava a fare capolino oltre l’ombra scura della nuvola –E ancora più stupida io che m’interesso a lui…-
 
§§§
 
Quel bacio aveva il gusto di cioccolato, come l’odore della sua pelle. Non gli piacque: troppo forte, troppo dolce!
Si staccò con veemenza da lei, prendendola per le spalle. Rivolse allora attenzione ai suoi occhi: neri come   tenebra eppure per niente belli, perché non gli comunicavano nulla. Nessun guizzo di curiosità, nessun segno di dolore, nessuno sprizzo di vitalità: apatici tanto da divenire trasparenti, privi di tonalità come fossero cocci di bottiglia nonostante il colore nero di tenebra.
Carolina non riuscì a reggere lo sguardo di lui, era troppo profondo: sebbene non capisse in che misura, percepì che stava cercando di indagarle l’anima, ma ignorava l’avesse trovata tanto vuota, priva d’essenza.
“Vuoi solo guardare?” lo istigò, facendo scorrere le mani dal petto sino all’ombelico.
Sulle sue labbra aleggiò un sorriso spavaldo: non le rispose, ma la condusse rapidamente all’interno di quella che aveva da inizio serata adocchiato come una buona camera da letto.
 
§§§
 
Terminato il suo incontro con Gabriele, Roberto s’era aggirato per un po’ nella sala interna, cercando con gli occhi Clarissa o Patrizio; quindi  aveva perquisito attentamente la terrazza, con gli stessi scarsi risultati. Stava per demordere quando avvistò Pamela, seduta a fissare il pavimento con sguardo assente mentre sbuffava dalla bocca il fumo della sigaretta che reggeva tra le dita.
I vari convenevoli portarono poi alla domanda che più gli premeva, e gli dispiacque sapere che la rossa aveva abbandonato la festa: aveva pensato di trascorrere con lei un po’ di tempo, nel tentativo di mettere a fuoco la sua attrazione e ricondurla ad un motivo sensato; frequentarla era l’unico modo per capire davvero cosa provava.
“E per caso hai visto Patrizio?” sotto gli occhi poco attenti di Roberto, la sigaretta di Pamela vacillò.
“Patrizio è qui?”
“Siamo venuti insieme! Ma l’ho perso di vista, mi sembra strano se ne sia andato anche lui…” poi un lampo gli attraversò la mente. Possibile che…?
“Clarissa se n’è andata da sola, o…?”
“Solissima, l’ho vista io stessa.” Lo rassicurò: era pronto a scommettere che l’assenza del biondo fosse da attribuire ad un incontro muliebre, ma la certezza che la donna in questione non fosse Clarissa lo tranquillizzò.
Pamela cercò d’attaccare bottone, ma lui volle imitare la rossa: si raccomandò di riferire a Patrizio, se l’avesse incontrato, che era un po’ stanco e aveva preferito tornarsene a casa.
 
§§§
 
Rispose con una risata divertita quando lui si tuffò sul suo collo, mordendolo.
Quel suono però gli trapassò le orecchie con fastidio.
“Sei focoso…” lo stuzzicò, tirandogli la cravatta per scioglierla.
Sorrise; poi, senza proferire parola, la gettò sul letto, ponendosi a cavalcioni su di lei; prese a slacciarle il vestito. Lentamente, gestiva la sua eccitazione: le dita, esperte, s’avventuravano a toccarla sempre più arditamente, fin quando il tessuto leggero si ritrovò ai piedi del materasso.
Si sfilò rapidamente cravatta e camicia, mentre lei lo contemplava:
“Sei bello quanto mi avevano detto…” gli rivelò, suadente.
“Ah, sì?” replicò, spavaldo “E chi te lo ha detto?” s’informò, curioso.
Il petto nudo non tradiva neppure un leggero fiatone: lui dominava, lei subiva.
“Questo è un segreto…” ridacchiò, slacciandogli la cinta. Lui la lasciò fare, ritrovandosi presto in boxer.
Tuttavia, per i suoi gusti, la conversazione era terminata­: le massaggiò il seno, provvedendo a liberarlo prontamente dalla biancheria che glielo celava; presto però sostituì alle mani le labbra, udendo i suoi gemiti. La stava deliziando con una lenta tortura, ergendosi sopra di lei come un leone sovrasta un cervo nell’atto di divorarla.
Non tardò infatti ad arrivare la richiesta che s’aspettava:
“Voglio essere tua…” sospirò, contorcendosi sotto di lui.
Non si fece pregare.
“Patrizio!” lo chiamò quando aveva adempito alla sua profferta, mentre la possedeva: desiderava guardarlo, ma aperti gli occhi trovò quelli di lui serrati.
 
^***^                                                  ^***^                                                 ^***^                                                  ^***^
Precisazioni:
*1. (…) dardo: Citazione parafrasata e presa in prestito da Fabrizio De Andrè.
*2. Dixit vulpes non tangens uvam: Disse la volpe che non arrivava all’uva…
*3. Uva quam adpeto sed non tango es: Sei tu l’uva a cui tendo senza riuscire ad arrivare.
 
 
 
 
   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Il Cavaliere Nero