Capitolo II
Don’t you
know that you are toxic?
11
marzo 1977
Hogwarts, corridoi
Dopo la mattina di Natale Lily non aveva più parlato di fare un coming out
pubblico e Alice si era guardata bene dal ricordarle le sue parole. Avevano
continuato con i loro incontri segreti, non facevano altro che cercare di
ritagliarsi momenti di intimità nei momenti e nei luoghi più disperati, e così
spogliatoi di Quidditch o angoli nascosti del parco diventavano i loro luoghi
d’amore, luoghi in cui poter essere davvero loro stesse.
Eppure, quell’idillio di pochi mesi prima sembrava aver perso la magia che
l’aveva caratterizzato; le voci a scuola circolavano sempre più numerose, e Lily
dopo quel suo rifiuto di rendere pubblica la loro relazione era diventata più
fredda, più distante, come se volesse allontanare Alice. In realtà, il suo era
l’unico modo che aveva per non ferirsi, consapevole del fatto che Alice non
avrebbe fatto coming out così presto come sperava, ed ovviamente il loro
rapporto ne risentiva. Alice, invece, era inquieta. Sapeva che la loro era una
felicità effimera e destinata a durare solo qualche mese, e che lei
acconsentendo a baciarla quella prima volta aveva solo prolungato quell’agonia.
Era consapevole che non avrebbe mai detto ad anima viva di avere una relazione
con una donna, così come sapeva che
Lily non avrebbe acconsentito a vivere per sempre in uno status di anonimato.
Il motivo del suo continuo rifiuto era tutt’altro che semplice. Se la ragione
principale era il non voler deludere i genitori, non far scoprire loro la
bisessualità della loro unica figlia, da qualche mese era entrato in gioco anche
un altro fattore. Il suo nome era Frank Paciock.
Frank era un suo vicino di casa, frequentava il settimo anno ad Hogwarts ed
erano amici fin da piccoli poiché i loro padri erano colleghi di lavoro. Era un
ragazzo piuttosto popolare a scuola in quanto battitore della squadra di
Quidditch di Grifondoro; non era particolarmente attraente, più che di bellezza
era dotato di fascino. I capelli neri erano corti, quasi rasati, sebbene fino al
terzo anno ostentava una lunga coda come da tradizione di famiglia, gli occhi
erano neri come quelli di Alice, ma erano vispi, pronti ad indagare su tutto.
Era un ragazzo piuttosto sveglio, non era facile imbrogliarlo e non ci si deve
sorprendere se arrivò primo in graduatoria quando tentò il concorso per entrare
negli Auror.
L’estate precedente, quando realizzò i suoi sentimenti per Lily, Alice era
totalmente smarrita. Aveva bisogno di un sostegno per non crollare, per
accettarsi com’era, ed ovviamente quel sostegno non poteva trovarlo nella sua
famiglia né in nessun altro. Cominciò allora ad uscire con Frank ogni
pomeriggio, sperando che quelle passeggiate pomeridiane la distraessero da Lily.
Se non altro, i suoi genitori erano convinti che ci fosse del tenero fra lei e
Frank e sperava disperatamente che fosse così.
Alla fine, Frank Paciock s’innamorò di lei, ma Alice non ricambiava i suoi
sentimenti. Semplicemente, per lei esisteva ancora solo Lily. Ogni pomeriggio si
era resa conto che per quanto Frank fosse una piacevole compagnia non sarebbe
mai stato in grado di sostituire lei.
Così, lui iniziò a corteggiarla apertamente, seppur nessuno a scuola sospettò
nulla, e lei si riguardò bene dal parlarne con Lily poiché aveva ben capito che
la ragazza corrispondeva i suoi sentimenti.
Alice però si rese conto che Frank aveva qualcosa che Lily non poteva darle:
stabilità e sicurezza. Era consapevole che la storia con Lily presto o tardi
sarebbe finita, giacché non c’era posto per due
lesbiche come loro al mondo. Si ripeteva queste crudeli parole ogni
sera prima di addormentarsi, nella speranza che le servissero per dimenticarsi
Lily, ma non ci riusciva. Ogni volta che la baciava era terrorizzata dall’idea
che qualcuno le scoprisse, raccontando a tutti quanto successo. Peggio, qualcuno
avrebbe potuto insultarle o picchiarle
e lei non poteva sopportare l’idea che Lily rischiasse costantemente per lei.
Per quanto amasse profondamente Lily, sapeva che avrebbe dovuto porre fine a
quella relazione il più presto possibile.
Non ci riusciva, però, perché Lily era
tossica, era la sua droga e più cercava di separarsene più si perdeva in
essa. Ormai non riusciva più ad immaginare la sua vita senza quella ragazzina
dai capelli rossi, non riusciva ad immaginare un buongiorno più bello del suo
sorriso, un suono più melodioso della sua risata. I
Prolungava quell’agonia, rendendo il loro rapporto un malato terminale in attesa
della fine che però non arrivava mai. Proseguiva in quella direzione di dolore,
consapevole di star ferendo non solo lei stessa, ma anche Lily, la persona che
amava più al mondo, l’unica di cui le importasse veramente.
Le loro reazioni, in sostanza, non potevano essere più diverse. Lily era
orgogliosa e fiera del suo amore, sapeva che non se ne sarebbe mai pentita, ma
che avrebbe continuato a seguire l’istinto dettatole dal suo cuore, e che
nessuno le avrebbe mai impedito di amare Alice Miles e che nella buona e nella
cattiva sorte sarebbe stata sempre al fianco della sua ragazza, che lei vedeva
che migliore di qualsiasi amante. L’avrebbe amata fino all’ultimo respiro, fino
all’ultimo battito di una vita mortale.
Alice, invece, trovava nel suo amore fonte di dolore e gioia allo stesso tempo;
per lei il solo vedere Lily significava soffrire, perché sapeva che di lì a poco
quella ragazza non sarebbe stata più sua. Lily le mostrava quotidianamente
orgoglio e pazienza, ma non bastava. Non bastava perché Lily era una delle poche
persona che l’avesse vista per quel che era realmente, che non si fosse fermata
a quella coltre di capelli neri dietro la quale si nascondeva ed era l’unica
persona che lei avesse mai amato. Un suo sorriso le procurava lo stesso dolore
di uno schiaffo in pieno volto e, allo stesso tempo, la più grande gioia di
sempre.
Da sempre, sapeva che Lily per lei ci sarebbe stata in qualsiasi momento, era da
lei che andava a piangere per un brutto voto, da lei che trovava comprensione e
amore, ma lei era un’amante indegna in quanto non aveva il
coraggio di amarla, ed un amore privo di tali qualità non aveva
senso d’esistere. Per quanto cercasse di allontanarsi da lei, sospirava ancora
al rosso dei suoi capelli, dello stesso colore del suo sangue, e pronunciava il
suo nome con estrema delicatezza, sapendo che in quello risiedeva la forza del
suo cuore. Era un amore che non le dava tregue.
E per questo, infine, cedette alla stabilità e alla sicurezza che le prometteva
Frank Paciock.
Tutto successe nel tardo pomeriggio dell’undici marzo, circa tre quarti d’ora
prima di andare a cena. Frank aveva intercettato Alice dopo una lezione di
Difesa contro le Arti Oscure e aveva fatto di tutto per separarla dal resto del
gruppo, conducendola in corridoi meno frequentati con la scusa di parlarle di
qualcosa di importante. Alice deglutì, consapevole di quel che sarebbe successo,
ma non trovò scuse per andarsene. Così annuì e lo seguì, fino a che non
raggiunsero un corridoio piuttosto isolato e, allo stesso tempo, piuttosto
vicino alla Sala Grande. Era buio ed umido, l’unica fonte di luce erano le torce
e l’assenza delle finestre lasciava ad intendere che probabilmente si trattava
di uno dei corridoi dei sotterranei. Tutto questo ad Alice non interessava;
cercava di non guardare Frank negli occhi, di evitare ogni contatto, ma lui non
sembrava dello stesso parere e aveva deciso che non avrebbe lasciato andare
Alice prima di averle confessato i suoi sentimenti.
<< Sai, Alie… Tu mi sei sempre stata molto simpatica. Voglio dire, ci conosciamo
da bambini e mi è sempre piaciuto giocare con te. >>
Frank la fece arrestare vicino a un angolo, ponendola quasi con la schiena
contro il muro. Sapeva che non era una cosa carina da fare, ma Alice in quel
periodo era così sfuggente che temeva di vederla scappare da un momento
all’altro, non poteva permettersi di prolungare quella sofferenza. Non era
sicuro di piacere ad Alice e per questo si era preparato a ricevere un no,
perfino insulti, ma non le avrebbe permesso una fuga. Aveva bisogno di avere una
risposta e non avrebbe atteso oltre.
<< Ma da qualche tempo qualcosa fra noi è cambiato. Sai, credo che tu ormai
l’abbia capito, ma ti vedo come più di un’amica. Ti trovo una ragazza
fantastica, bella e simpatica, e vorrei sapere se per te fosse la stessa cosa.
>>
Alice fissava il pavimento, immobilizzata. Non aveva il coraggio di guardare
Frank né altro, si trovava con le spalle al muro –in tutti i sensi- e sapeva che
da questo sarebbe cambiato molto. Una piccola bugia le avrebbe donato una vita
meravigliosa, la verità le avrebbe portato soltanto dolore e solitudine. Del
resto, sapeva bene che la sua storia con Lily sarebbe finita ben presto se non
avesse avuto il coraggio di esporsi.
<< S…sì >> balbettò solo lei, e prima che potesse rendersene conto Frank la
baciò. Fu un bacio così diverso da quelli di Lily, privo di emozioni e
coinvolgimento, quasi meccanico. Non le piacque per niente, non sentiva alcun
feeling con il ragazzo, ma si limitò a sorridergli timida.
<< Solo... Preferirei tenere la cosa nascosta, almeno fino all’estate. Sai, non
vorrei che i miei genitori lo venissero a sapere da terzi. >>
O, per meglio dire, si era imbarcata in una situazione più dolorosa e difficile
della precedente.
Notte fra l’11 e il 12 marzo 1977
Dormitori Grifondoro
Avvolta nel silenzio e nell’oscurità della notte, da dicembre Lily scivolava via
dal suo letto per infilarsi in quello di Alice, donandosi così momenti
d’intimità e amore protette dal segreto che la notte offriva loro, salvo poi
ritornare nel suo letto appena il primo raggio solare s’infiltrava oltre le
tende della stanza numero quindici del Dormitorio Femminile Grifondoro,
illuminando l’ambiente con una tiepida luce rossastra.
Avevano da poco finito di amarsi e Alice si stava per addormentare fra le
braccia di Lily che, con l’amore dipinto sul volto, le accarezzava lentamente i
ricci neri, quegli stessi ricci che ogni mattina cercava di domare, cercando di
cullare il suo sonno. Eppure avvertiva che qualcosa non andava. Quella sera
sentiva Alice così lontana che le sembrava un’altra persona. In un primo momento
aveva pensato che ci fosse stato qualche problema a casa ed attese la fine della
cena, ma quando anche una volta tornate in dormitorio la ragazza non parlò, si
rassegnò. Eppure ora non poteva farne a meno. Il volto della sua amata,
illuminato appena da una fioca luce lunare che era riuscita ad oltrepassare le
barriere delle tende delle finestre e di quelle del letto a baldacchino della
giovane, le appariva così bello e sofferente che quella stessa visione di dolore
le strappava via il cuore.
<< Alice, cos’hai? >> sussurrò appena all’orecchio della ragazza, parole che
probabilmente sarebbero risultate impercettibili anche ad un mannaro.
Alice riaprì gli occhi, svegliandosi tutto in un colpo da quello stato di
torpore nel quale era caduta qualche minuto prima, e puntò le sue iridi nere su
quelle verdi dell’altra Grifondoro. Strinse le labbra, prima di rivelare quel
che aveva pensato per tutta la cena.
<< Pensavo che potremmo fingere… una copertura. Potrei chiedere a qualcuno di
fingersi il mio ragazzo o… potresti far finta di uscire con Potter. >>
Disse infine. Attese senza fiato la reazione della giovane, che non tardò ad
arrivare. Alice sapeva di ferirla mortalmente con quelle parole, ma subito dopo
aver baciato Frank si rese conto che non avrebbe mai e poi mai rinunciato a
Lily, ma ora aveva anche un’altra persona con cui fare i conti. Sapeva che Lily
non sarebbe mai uscita con Potter, così confidava in quella soluzione temporanea
per trovare il coraggio di lasciare o Frank o Lily, di scegliere fra la
convenienza e l’amore. Aveva sedici anni ormai e in quel periodo molte ragazze a
vent’anni avevano già un marito ed un figlio, cosa dettata anche dalla
precarietà ed effimerità della vita stessa, del continuo rischio imposto da Lord
Voldemort. Lei, a sedici anni, non vedeva un suo futuro. Non con Lily, almeno,
lei non glielo avrebbe mai garantito. Lily Evans era il suo veleno, e come tutti
i veleni andava estirpato.
Lily si sciolse da quell’abbraccio e si stese diritta sul letto, gli occhi
fissavano la parte superiore del letto a baldacchino, glaciali. Le labbra erano
strette fra loro, non emetteva suono, non si muoveva. Passò diverso tempo prima
di proferire parola, segno evidente che aveva cercato di calmarsi e non
scoppiare ad urlare nel pieno della notte.
<< No. Posso accettare ancora per un po’ l’anonimato, ma non chiedermi di
vederti fra le braccia di un ragazzo e di fingermi felice. >>