Ripartite
all’alba, le none di Novembre sono superate da un paio di
giorni. Da quando hai
affrontato il capo dei barbari, niente è più
uscito dalle tue labbra, serrate
dalla morsa del dolore e della delusione. Procedi, le mani e le
caviglie
serrate nelle pesanti catene che ti trascini, o sono loro a trascinare
te?,
dietro con passi sempre più pesanti e lenti. I vostri
carcerieri procedono al
vostro fianco, strattonandovi quando non mantenete il passo, il che
capita non
raramente. E mentre tu arranchi sofferente, loro ridono sguaiatamente,
dicendo
qualcosa nella loro lingua barbara, esattamente come sono coloro che la
usano:
rozzi, incolti e sguaiati. Niente di desiderabile, anche se ora tu sei
prigioniero
e loro i tuoi padroni. Meglio schiavo, ma Romano, che padrone ma
Barbaro.
Procedi
solo per orgoglio. Non vuoi dare loro la soddisfazione di vederti
cadere. Non
in queste condizioni. Se ciò accadrebbe, saresti finito, tu
che hai dimostrato
coraggio nel rivolgerti al barbaro, e i tuoi uomini, che si presume
siano della
tua stessa stoffa, e tu sai che lo sono.
State
camminando da quando il sole è sorto e anche se ora calano
le tenebre, i vostri
carcerieri continuano imperterriti a camminare. Non conta se la
temperatura sta
calando vertiginosamente, se state tremando dal freddo, nonostante
cerchiate di
nasconderlo, ed è da questa mattina che non mangiate.
Continuano a camminare o
cavalcare sui loro destrieri al passo, trascinandovi per la corda che
tengono legati
alla sella. Mentalmente imprechi, guardandoli di sottecchi con
frustrazione e
dolore, tua complice la Luna assente, che ti permette di lasciar
trasparire il
tuo odio, non visto nel buio della notte.
A
un tratto si fermano, si accampano, abbandonandovi, apparentemente,
lì. In
realtà sapete benissimo che non potete fare nulla, che anche
se aveste ancora
le forze per scappare, vi sarebbero addosso ancor prima che voi
possiate fare
un solo passo. Vi guardate in silenzio l’un
l’altro. Siete stati miracolati e
non sapete ancora se rendere grazie agli dei o meno per essere ancora
in vita.
-Vatreno…-
inizia Batiato guardandoti negli occhi che, nonostante il dolore che
trasmettono, non risplendono più della speranza che fino a
qualche mattina
prima brillava.
-zitto.
Non voglio più sentirlo nominare.- ribatti freddo, duro,
avendo già intuito
cosa ti volesse dire.
-Mangiate,
e copritevi.- dice una delle due guardie che si è avvicinata
al vostro gruppo,
dandovi delle rozze ciotole di legno con dentro qualche strano
intruglio e
delle coperte. Poi si allontanano.
Canidio
guarda la ciotola diffidente. –dite che possiamo mangiare?-
-Mangia.
Se avessero voluto ucciderci l’avrebbero già
fatto. E poi, hanno bisogno di
noi, uno schiavo morto non serve a nessuno.- rispondi duro,
più di quanto tu
stesso volessi.