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Autore: Mistful    04/04/2007    10 recensioni
Ecco a voi la traduzione della fanfic che ha vinto l'Oscar come migliore fanfic del 2005! Con la partecipazione di un Harry estremamente depresso, in un mondo di maghi lacerato dalla guerra, sul punto di essere colpito dallo shock più grande della sua vita nel momento in cui scopre che Draco Malfoy è leggermente più importante per lui di quanto avesse mai immaginato. Include un’amicizia molto strana, molta angst, sospetti, lealtà conflittuali, un Ron poco sveglio, una Hermione sul piede di guerra e due ragazzi alquanto incasinati.
Genere: Drammatico, Thriller, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Harry
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Underwater Light

Underwater Light

By Maya

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

Sommario: Sia Ginny che Harry hanno ansia di amare
Hermione ancora non sa cosa fare
Draco è bellissimo, questo è normale
Ma poi questi sommari che li scrivo a fare?

Capitolo Dieci

L’ultima prova


Le siepi torreggianti proiettavano ombre nere sul sentiero, e, fosse perchè erano così alte e fitte o perchè erano state stregate, il fragore della folla circostante svanì nell’istante in cui misero piede nel labirinto. Harry si sentì quasi di nuovo sott’acqua.
- Harry Potter e il Calice di Fuoco

 

Try to keep it clear

But I'm losing it here

To the twilight

There's a dead end to my left

There's a burning bush to my right

You aren't in sight

You aren't in sight


[Cerco di tenere tutto a mente / Ma sto per perdermi / Al tramonto / C’è un vicolo cieco alla mia sinistra / E una siepe in fiamme alla mia destra / E non ti vedo / Non ti vedo ]

 

Harry era a letto e non riusciva a dormire.

Avrebbe voluto attribuire quell’inquietudine al tempo, o qualcosa del genere, ma era una dolce notte d’aprile. Il problema, chiaramente, era quello.

Avrebbe voluto che ci fosse Draco.

Era convinto che la terza prova sarebbe andata benissimo. Sapeva che erano state prese misure speciali. Sapeva che Voldemort non era così stupido da fare una cosa tanto prevedibile come catturare Harry durante la prova. Sapeva che non c’era nessun altro campione di Hogwarts quell’anno, nessuno da… nessuno che potesse…

Uccidi l’altro.

Harry aveva visto altre persone morire, da allora. I Dissennatori e gli orchi avevano cercato di irrompere sul binario 9 e ¾ alla fine del quinto anno, e due genitori erano rimasti uccisi. Gli studenti erano arrivati dopo la battaglia, ma Harry ricordava ancora quelle sagome afflosciate sulla piattaforma. Riusciva ancora a sentire le grida di dolore e di terrore, Neville Paciock che vomitava, Ginny che non riusciva a smettere di tremare. Ricordava ancora quanto gli erano sembrate distanti quelle morti, quanto poteva essere impersonale quella tragedia, e così quella successiva, e quella dopo ancora…

Ma la morte di Cedric era stata la prima. La morte era qualcosa che faceva crescere molto più delle avventure di cui si vantavano gli altri ragazzi. Era la consapevolezza dell’esistenza di un universo indifferente, e non la carne di un’altra persona, a marcare il passaggio verso ciò che un giorno si sarebbe potuto chiamare età adulta, ma che per ora sembrava più disperazione.

Harry si svegliava ancora urlando, a volte.

Aveva lasciato aperte le tende intorno al letto e, nel tentativo di distrarsi dal letto vuoto di Seamus di fronte al suo, guardò fuori dalla finestra.

Era solo un’apertura verso il buio.

Sarebbe andato da Draco, ma Draco era fuori in quel buio. Era il suo turno di custodire le entrate con Terry Boot. Era il posto più pericoloso, e di solito lo controllavano gli insegnati, ma Draco e Terry si erano offerti volontari. Harry e Draco ci avevano anche litigato, ma lui era stato molto deciso.

Smise di sbirciare fuori nella notte nera, si guardò intorno agitato nella stanza e vide Draco entrare furtivamente dalla porta.

Si tirò a sedere sul letto, incapace di trattenere il sorriso nonostante lo shock.

“Draco!”

“Shh,” disse Draco severo, fermandosi sulla soglia. “Se qualcuno mi scopre sono guai, ok? Non tutti siamo abituati a strisciare nei corridoi di notte.”

Harry alzò un sopracciglio. “A me sembra che te la stia cavando bene. Pensavo fossi fuori a controllare le entrare con Terry Boot.”

“Lo stimato Caposcuola ed io siamo stati sollevati dall’incarico alle due,” lo informò Draco. “Ho intuito, di certo grazie alle mie doti psichiche di proporzioni incredibili, che ti stavi comportando da idiota e che saresti rimasto sveglio tutta la notte. La sola idea di una tale stupidità mi irritava così tanto che non sarei riuscito a dormire, così, prima di andare a letto, sono venuto in persona a prenderti a pugni finché non svieni.”

“Oh, capisco.” Harry cercò di non allargare ulteriormente il sorriso, con uno sforzo non indifferente.

Il mantello nero di Draco rendeva il suo viso bianco alla luce della luna, il cappuccio gettato all’indietro a mostrare i suoi lineamenti pallidi e puliti e i suoi capelli, tra cui erano intrappolate delle gocce di pioggia.

“Se Weasley si sveglia mi ammazza,” commentò con noncuranza.

“Possiamo andare nella sala comune,” decise Harry, togliendosi di dosso le coperte e ringraziando il cielo per non aver scelto di mettersi il suo vecchio pigiama preferito che era sfuggito alla campagna di distruzione di Draco. Invece si era messo il pigiama che Draco aveva selezionato durante il loro piccolo festival dello shopping perché… ecco, gli aveva ricordato quel giorno, e la cosa gli aveva dato un po’ di conforto.

Ma mai quanto questo.

*

Gli ultimi resti di brace ardevano nel camino della sala comune, e la notte sembrava un po’ meno minacciosa e più consolante.

Draco emise un leggero sospiro di sollievo e si buttò sul divano più grande e lussuoso. Nella luce rossa soffusa, sembrava un bambino stanco.

“E’ stato duro il turno di guardia?” chiese delicatamente Harry, prima che Draco potesse parlare d’altro. “Sai, potrei…”

“No,” disse Draco deciso. “Non puoi accompagnarmi col tuo maledetto Mantello dell’Invisibilità.”

“Non puoi dirmi cosa fare!”

Draco sorrise appena. “Io no, ma il professor Lupin sì… e credo che l’abbia fatto. C’è un motivo per cui la chiamano posizione di responsabilità, sai? E poi non ha senso far stancare anche te, e dovresti sapere perché.” Lo guardò accondiscendente. “Anche se il buonsenso non è mai stato il tuo forte.”

Harry si piegò e gli diede un leggero pugno sul braccio.

“Creatura insensibile,” lo rimproverò Draco. “E pensare che sono stato in piedi metà notte per il bene della causa.” Abbandonò il tono ironico. “Vieni qui, stupido idiota, e raccontami i tuoi problemi. Non dormirò finché non lo farai tu.” Sgranò gli occhi. “E potrei ammalarmi se non dormissi.”

In uno dei suoi momenti di minor saggezza, la settimana prima, Harry aveva detto a Draco che si sarebbe ammalato, se avesse saltato altri pasti. Draco si era leggermente offeso, e ora tirava fuori l’argomento della sua salute cagionevole per riuscire a ottenere ciò che voleva circa una volta all’ora.

Harry finse di guardarlo male e scostò il mantello di Draco mentre prendeva posto sul divano occupato da lui.

“Sono certo che i tuoi fini sono del tutto egoisti.”

“Sempre,” lo rassicurò Draco. “Adesso parla, e fai in fretta. Non lo sai che sono fragile?”

Il suo sguardo era sveglio e fermo. Harry conosceva Draco: non avrebbe mollato la presa.

“Non so,” disse. “E’ che continuo a pensare all’ultima volta. A…”

“Al Signore Oscuro?” chiese Draco.

“No… a Cedric.” Faceva ancora male pronunciare il suo nome.

Sentì Draco irrigidirsi contro di lui, con un’espressione lievemente sorpresa in viso.

"Allora è questo quello che ti fa soffrire di più. Ma io credevo che…” Si bloccò, e sorrise con una traccia di sforzo. “E’ proprio da te, Potter.”

“Non so cosa intendi.”

Draco aveva inclinato la testa all’indietro, e stava studiando il soffitto. “No?”

“Non sono un eroe altruista,” esclamò Harry infastidito. “Io… certo che ricordo il resto. Ero un bambino, spaventato a morte, e quando usò la Maledizione Cruciatus…”

Gli occhi di Draco tornarono di scatto sui suoi.

“Quando usò cosa?”

Harry fissò gli occhi sulle braci e cercò di scacciare l’emozione dalla propria voce. Non voleva perdere il controllo… non voleva mettere in imbarazzo né se stesso né Draco.

“Ho ancora… Ho ancora la cicatrice nel punto in cui Codaliscia mi tagliò il braccio,” disse, arrotolandosi la manica del pigiama. “Non ho voluto che me la togliessero. Sembrava… sbagliato fingere che non fosse mai stata fatta.”

Draco guardò il marchio in silenzio, con gli occhi che brillavano di luce fioca. Si sollevò su un gomito, si sporse e lo toccò leggermente. Fu solo uno sfioramento di dita, ma sembrò una carezza.

Harry si voltò di nuovo verso il fuoco quasi spento, e parlò a bassa voce della risurrezione, del duello, dei suoi genitori e del tradimento finale di Moody.

“Hagrid disse che sarei tornato a star bene,” gli disse.

La voce di Draco era calma e bassa. “Ed è così?”

“Draco, come faccio a saperlo? Ci sono giorni in cui penso di no.” Tornò con lo sguardo su Draco, che era steso all’indietro e che gli tirava il braccio, e sentì la propria voce ammorbidirsi involontariamente. “In questo momento forse sì.”

Sospirò per lo stento, l’antica tristezza e il sollievo, e si allungò accanto a Draco. Draco era caldo e si spostò più a lato per fargli spazio, sbadigliando dalle parti del suo orecchio.

“Grazie,” mormorò Harry. “Per essere venuto. E… beh, per tutto.”

“Oh certo,” rispose asciutto Draco. “Tutto. Perché sono stato di grande aiuto quando stava succedendo, vero?”

Harry aprì gli occhi per guardarlo, e i suoi occhiali toccarono il lato del viso di Draco. Se li tolse e Draco divenne solo l’immagine sfocata di un bambino assonnato, e non riuscì a distinguerne lo sguardo freddo.

Si ricordava chiaramente cosa gli aveva detto sull’Espresso di Hogwarts alla fine del quarto anno.

“Beh, adesso hai scelto anche tu il partito sbagliato.”

“E tu hai iniziato a scegliere le amicizie più attentamente,” ribatté Draco, e rise un po’ amaramente. “Ho passato anni ad arrovellarmi per trovare le cose che potessero farti più male. Non… non m’interessava proprio nient’altro, e non sapevo che avevi sopportato così tanto che avresti a malapena notato un bambinello isterico.”

“Oh, ti ho notato. Ti ho sempre notato.” Harry si fermò. “Sei piuttosto... difficile da ignorare.”

“Lo so,” disse Draco con una traccia di vanità.

“Perché sei una peste assolutamente velenosa, ovviamente.”

“Ovviamente.” La voce di Draco si fece decisamente orgogliosa. “Sono un Serpeverde.”

Harry sentì sul viso il movimento della mandibola di Draco, quando sogghignò.

“Comunque…” disse. “Dicevo sul serio. Grazie per essere venuto stasera.”

“Ti senti proprio la centro dell’universo, eh Potter? E’ solo successo che fossi annoiato.” Draco a quel punto lo toccò sul braccio, nel punto esatto in cui, sotto la manica, c’era la cicatrice. Il fatto che sapesse esattamente dov’era rese quel secondo tocco ancora più simile a una carezza.

Era così vicino a Draco che riusciva a vederlo senza occhiali: aveva gli occhi chiusi, la guancia poggiata sul cappuccio nero. Fu stranamente contento quando Draco non tolse la mano.

“Notte, Draco.”

“Oh, e così dovrei dormire qui, adesso?” domandò Draco, fingendo molto bene di essere oltraggiato. “Lo sai che sto iniziando a dimenticare che forma ha il mio letto?”

“Notte, Draco,” ripeté serenamente.

Ci fu una pausa. Draco non tolse ancora la mano.

“Notte, Harry.”

*

Quando Harry si svegliò era solo. Salì le scale e si vestì in fretta, col terrore di svegliare qualcuno. La loro ovvia preoccupazione (per lui, per la prova) gli faceva aggrovigliare l’intestino per l’ansia. Voleva raggiungere al più presto la Sala.

Fu solo mentre scendeva di corsa le scale che gli venne in mente che Draco non ci sarebbe stato. Gli ci volevano sempre almeno tre quarti d’ora per scegliere i vestiti e aggiustarsi i capelli.

Draco lo stava aspettando davanti alla porta della Sala Grande. Di certo non si era cambiato. Si era spazzolato i capelli, ma d’altronde se li sarebbe spazzolati anche prima di essere scortato al patibolo.

“Sei arrivato presto.” Per me. Harry sorrise.

“Per il caffè,” Draco inalò. “Non ho dormito affatto bene.”

“Certo.”

“Peste.”

Entrarono nella Sala. Il sollievo di Harry fu enorme. Se quello poteva essere così diverso rispetto al quarto anno… forse tutto sarebbe potuto essere diverso.

Stava per proporre di prendere un toast e andare a fare un giro intorno al lago, quando Draco lo tirò per il braccio e lo portò al tavolo dei Serpeverde.

“Non mi siederò qui, Draco.”

“Te l’ho chiesto?”

Draco impilò metodicamente due piatti e riempì due tazze di caffè. Quindi si spostò verso ciò che pareva, e in effetti era, un muro spoglio alla fine della stanza. Scivolò sul pavimento e vi si appoggiò.

Guardò in su e Harry non poté far altro che ridere di gusto.

“Sai,” disse, sedendosi in modo più pacato, “non mi piace il caffè.”

Draco lo guardò minaccioso.

“Lo so. Ho mai detto che il caffè è per te?”

“Ci sono due… oh, lascia stare.”

“Bravo. E niente più chiacchiere sulla caffeina da parte tua.” Draco spinse il piatto verso di lui. “Mangia, adesso. Immagina i titoli sui giornali se svenissi nel bel mezzo della prova.”

“Oh, mangia tu,” disse Harry. “Non sono io quello pallido e delicato.”

“Chiudi il becco, piccolo orribile Grifondoro. Mangia e smettila di preoccuparti per inezie come uno stupido Torneo. Non può certo essere importante quanto il mio progetto di Magia Creativa.”

Draco sollevò il mento. Harry sorrise dietro una mano.

Era stato annunciato che il progetto di Magia Creativa sarebbe stato decisivo per la valutazione ai M.A.G.O. di Magia Creativa, e Draco era completamente impazzito. Un giorno il pavimento della sua stanza era stato completamente tappezzato di progetti accartocciati.

“Sono certo che sia cruciale.”

Draco lo colpì forte alla caviglia. “Lo è. E se il mio progetto fosse bocciato? In quel caso quasi certamente sarei bocciato all’esame, e allora… morte e rovina! Mia madre non accetterà mai come figlio un abietto fallimento accademico. Potrei essere costretto a diseredarmi da solo.” Gli diede un altro calcio. “Prova ancora a darmi fastidio. Ti decidi a mangiare?”

*

Era tutta la mattina che Ginny cercava di raccogliere il coraggio per augurare buona fortuna a Harry.

Poteva essere importante. La prima volta che l’aveva baciata, l’anno prima, era stato quando lei gli aveva fatto i complimenti dopo una rissa.

Si era pettinata i capelli centinaia di volte quella mattina, e aveva scelto i vestiti più belli. Pianificava di tendersi, prendergli la mano e parlargli a colazione.

Harry era timido… ma avrebbe certamente colto il messaggio.

Quando scese, però, Harry non era al tavolo dei Grifondoro. A quanto pareva, lui e Draco Malfoy erano seduti per terra a darsi calci a intervalli regolari.

Ginny scosse il capo con un sorrisino. Era così dolce vederlo comportarsi così, come un ragazzino. Era sempre così serio… non che lo si potesse biasimare, considerato tutto ciò che aveva passato.

Tuttavia questo scombussolava un po’ i suoi piani. Decise di fermarlo quando fosse tornato nelle stanze dei Grifondoro.

Andò un po’ nel panico quando Harry e Malfoy parvero dirigersi direttamente al campo da Quidditch. Quindi le venne in mente che, se li avesse rincorsi, avrebbe potuto essere sicura che nessun Grifondoro (ad esempio il suo fratello incredibilmente imbarazzante) l’avrebbe sentita.

Così si alzò di scatto e si affrettò a raggiungerli.

“Harry!” chiamò, affannata. “Harry!”

Harry non sembrò sentirla, ma Malfoy si girò e così lo fece anche lui. Ginny rallentò, cercando di recuperare il fiato e la compostezza, e di aggiustarsi le ciocche ribelli.

Ebbe il tempo di guardare Harry per un attimo, deliziata.

Era davvero bello ultimamente. Lei aveva sempre pensato che fosse bello, chiaramente, ma di recente anche altre ragazze avevano iniziato a farci attenzione.

Lui non guardava nessuna di loro. Non si sognava neanche di potergli piacere: era proprio modesto.

Sorrise, con quel suo sorriso solare. Le sembrò così… sano in quel momento, e così bello. Indossava uno dei suoi bellissimi vestiti nuovi, il paio di jeans che Ginny preferiva e una maglietta rossa aderente che enfatizzava i suoi capelli neri arruffati.

I suoi occhi erano di un verde acceso, dolci e semplici mentre la guardava.

“Ginny.”

Come sempre, sentirlo pronunciare il suo nome fece balbettare il suo cuore, e la riempì di un ardore caldo ed esultante.

“Har… Harry. Io, uhm. Volevo dirti… buona fortuna.”

Harry sembrava un po’ confuso. “Ehm… grazie.”

Ginny si rese conto per la prima volta che c’era Malfoy, un po’ distante e con un’aria alquanto divertita.

Era molto diverso dal suo Harry, che era il modello del ragazzo ideale. Non l’aveva mai visto se non incline alla malizia.

Ma Harry l’aveva scelto come amico, quindi doveva essere la scelta giusta. La gente era molto stupita, come se Harry non fosse in grado di prendere la decisione giusta.

Probabilmente a Harry dava fastidio, rifletté Ginny, e si girò verso Malfoy col sorriso più dolce che le riuscì. Non poteva essere poi così male.

“Sono felice che fai il tifo per lui,” disse.

Fu ricompensata dallo sguardo brillante e affettuoso di Harry. Malfoy non fece che sembrare ancora più compiaciuto.

“Tifiamo tutti per te, Harry,” continuò col cuore in mano, incoraggiata dal suo aspetto contento.

“Non è fortunato ad avere una sostenitrice così affettuosa e devota?” disse Malfoy, prendendole la mano e portandosela alle labbra.

Ginny arrossì violentemente e vide svanire il sorriso di Harry.

“E’ meglio muoverci. Grazie, Ginny,” disse, e la abbracciò, tirandola via di peso da Malfoy.

Ginny chiuse gli occhi e inspirò per un momento l’odore pulito di sapone e la sensazione del corpo di un giocatore di Quidditch.

La lasciò andare troppo presto.

Quindi fece un passo indietro, salutandola goffamente, e andò via con Malfoy. Vide la testa chiara di Malfoy inclinarsi verso quella scura di lui, e sentì chiaramente la risata di Malfoy. Lo stava certamente prendendo in giro per lei.

Ginny avrebbe voluto mettersi a saltare. Un altro ragazzo le aveva baciato la mano… e a Harry non era piaciuto.

No, a Harry non era piaciuto affatto.

*

“Perché l’hai fatto?”

Harry sapeva che Draco era divertito e che lui stesso era agitato. La situazione stava diventando rapidamente insostenibile.

“Pensavo che sarebbe stato divertente,” disse pigramente Draco. “E, beh, lo è. Sei tutto eccitato e accaldato. Hai deciso che ti piace la più piccola dei Weasley, alla fine?”

“No!” scattò Harry.

“Allora c’è ancora speranza per Morag,” concluse Draco soddisfatto.

“Non so ancora chi è Morag!” Harry quasi gridò.

“E’ nella tua classe di Pozioni da quasi sette anni,” osservò Draco con disapprovazione. “Ma insomma, a cosa pensi tutto il tempo?”

“Scusa, ero assorbito dal divorante odio nei tuoi confronti. E diSnape,” aggiunse Harry distrattamente. “Senti… Ginny è una brava ragazza, ok? Non voglio che, sai, si faccia strane idee a causa tua.”

Draco rise paziente. “Stai sopravvalutando il mio allure, Potter. Non mi noterebbe neanche se facessi uno spogliarello.”

Draco!” Alcuni studenti più piccoli erano in fila per prendersi i posti migliori per il Torneo, e li stavano sentendo dire quelle cose scioccanti.

Draco sembrava proprio beato. “Nessuno riuscirebbe a dirlo nel modo scandalizzato in cui lo dici tu. Avanti, ripetilo. Ti sfido.”

“Dr… taci.”

“Certo, o Potente Ragazzo Che E’ Sopravvissuto. Ogni tua parola è un ordine. Giuro solennemente che la virtù dell’intero clan Weasley è al sicuro da me. Offro questo enorme sacrificio in tuo ono… ahi!”

“Te lo sei meritato,” lo informò Harry severamente.

“Mi hai colpito,” disse Draco oltraggiato. “Con la bacchetta. E’ un’amicizia abusiva. Non mi pare che attaccare la gente con la bacchetta senza motivo sia molto eroico. Tu lo chiami eroico? Io no.”

Harry smise di ascoltare appena vide il labirinto.

“Come vorrei che la prova non fosse in programma così presto,” si lasciò sfuggire. “So che non vogliono che sia buio, ma preferirei avere un po’ di tempo per andare da qualche parte e pensare.”

Stava lottando per ignorare la fitta di panico dovuta alla visione della siepe altissima intorno al campo di Quidditch. Non voleva neanche guardare l’entrata oscura del labirinto.

Draco diede un’occhiata oltre le spalle di Harry, Harry guardò Draco negli occhi e vide Hermione correre verso di loro, una figura piccina incorniciata d’argento. “Forse,” disse piano, “dovrei andare, adesso.”

“Non fare lo stupido,” rispose Harry. “Lo sai che voglio che resti.”

Hermione, affiancata da altri Grifondoro, stava camminando verso di loro. Draco parlò bruscamente dagli angoli della bocca.

Non sono stupido.”

Hermione e gli altri lo raggiunsero, e lei e Ron voltarono le spalle a Draco. Harry vide le espressioni preoccupate attorno a sé e lo sguardo scontroso di Draco. Sorrise leggermente.

“Oh, io dico di sì.”

“Harry, come ti senti?” chiese Hermione, ansiosa.

No,” insisté Draco di malumore.

Harry resistette all’impulso di fargli una linguaccia. “Invece sì.”

“Harry!” Le dita di Hermione strinsero il suo braccio così forte che quasi sobbalzò.

Cercò di essere forte e di rassicurarla.

“Sto… benone, Hermione. Mi sento solo… di nuovo quattordicenne.”

La pietà riempì gli occhi di Hermione. “Oh, Harry…”

“Hermione.” Mantenne la voce calma. “Non devi stare in ansia. Perché invece non ti fidi di me? Posso farcela.”

Hermione sembrò stupita. “Io… io mi fido di te, Harry.”

“Lo so.”

Harry le si avvicinò e le mise le braccia attorno al collo. Lei si aggrappò a lui con la stessa tenacia di sempre, perché era Hermione e non si arrendeva mai.

“Con calma, Harry, stai facendo il cascamorto con la ragazza di un altro,” disse Ron, fingendo di minacciarlo. Harry gli sorrise sopra la spalla di Hermione.

“Harry, stavolta è diverso,” gli assicurò fiera Hermione, spostandogli indietro i capelli con le dita. “Ci sono tutte queste nuove precauzioni, sei al sicuro, e… e andrà tutto bene.”

“Inoltre,” aggiunse Ron con aria spavalda, “Come hai detto tu, sai badare a te stesso. Conosci molti più incantesimi adesso.”

Harry fece un sorriso poco convinto. “Nessuno dei quali alla perfezione.”

Hermione quasi lo strangolò con un’ultima stretta, quindi si tirò via. “Le cose sono cambiate,” ripeté, quasi a voler convincere se stessa.

Ron, Neville e Dean gli somministrarono ciascuno una pacca sulla spalla, con diversi gradi di sentita virilità. Draco alzò un sopracciglio guardandolo.

“Ha ragione, sai? Le cose sono cambiate,” commentò mentre i giudici e gli altri concorrenti si incamminavano verso di loro.

Lo so. L’ultima volta tu eri in mezzo a una folla di Serpeverde, con una spilla che diceva Potter Fa Schifo. Harry aspettò che Draco dicesse qualcosa.

Draco sorrise malizioso. “Sei più alto, adesso.”

“Oh, perché non te ne vai ad indossare un’altra stupida spilla offensiva?”

Draco parve offeso. “Non erano stupide! Ci misi ore per confezionarle.”

“L’avevo immaginato,” gli disse Harry. “Malvagio agitatore.”

“Ti sbagli, Potter. L’unica ragione dei miei abusi verbali è che ci tengo.”

Ebbe appena il tempo di ridere incredulo prima che Lee Jordan lo prendesse per il gomito e cominciasse a trascinarlo via per unirsi agli altri campioni. Harry fissò con esitazione la professoressa McGranitt, che cominciò a dirigere i suoi amici sugli spalti.

Draco stava fra i Grifondoro, probabilmente a disagio e chiaramente sdegnoso. Sembrava assolutamente fuori posto. Ma c’era. Forse aveva già detto troppo.

Incrociò lo sguardo di Harry e gridò, “Datti una mossa, Potter!”

Harry nascose l’ennesimo sorriso e salutò gli altri campioni. Il ragazzo francese pareva decisamente schizzinoso. La ragazza di Durmstrang gli sorrise timidamente.

“Buon amico?” indagò.

Nascondere il sorrise divenne improvvisamente impossibile. “Sì.”

In quel momento Harry si accorse che Lee Jordan stava gridando verso la folla.

“… con ottanta punti, Harry Potter…”

“Al primo posto, alla pari, con ottantacinque punti ciascuno, il signor Cedric Diggory e il signor Harry Potter”

La bocca gli si seccò. Sorridere divenne impossibile.

*

Entrò per primo e da solo. Non c’era nessuno con cui condividere il primo posto stavolta, nessuno con cui prendersela segretamente e, Dio, sentirsi così in colpa dopo.

Pensò che sarebbe potuta andare peggio.

Fu un immenso sollievo. Pensava che sarebbe stato tutto di nuovo come il quarto anno, e invece non provava altro che dispiacere per quel ragazzo ingenuo. Si sentiva ormai molto lontano da quel bambino che aveva la testa piena di ottimistici sogni a occhi aperti sull’essere salvato dai Dursley.

Beh, nessuno l’aveva mai salvato né dai Dursley, né da Voldemort, né da qualsiasi altra cosa. Aveva dovuto farlo da solo.

E ce l’aveva fatta, nonostante tutto.

Continuò a camminare, gli occhi fissi sul sentiero ombroso davanti a sé. L'aveva fatto, aveva impugnato la spada e stretto la bacchetta, e progettava di farlo ancora, quindi poteva benissimo cavarsela con quello.

Harry alzò la testa e si guardò intorno mentre si avvicinava ad un bivio nel labirinto.

Ed ebbe lo shock più grande della sua vita.

Ovviamente dopo l'ultimo sfortunato incidente abbiamo messo a punto protezioni più estese...

“Ci sono tutte queste nuove precauzioni, sei al sicuro, e… e andrà tutto bene.”

Le alte siepi all'esterno del labirinto avevano cominciato ad offuscarsi come se fossero state di acqua anziché di foglie, trasparenti come vetro ondulato. Harry riusciva a vedere la gente sugli spalti affollati, e loro vedevano lui, anche se non vedeva attraverso le siepi interne del labirinto.

Silente non ha voluto correre alcun rischio. E ora, ti prego, fà che non faccia la figura dell'idiota davanti a tutto il pubblico: Draco non me la farebbe passare liscia.

Strinse forte la bacchetta nel palmo della mano, sussurrò l'incantesimo e seguì la direzione indicata.

Si sentirono schiamazzare i giornalisti in prima fila, con le fotocamere pronte. Perfetto, fu ciò che non pensò. Gli avevano detto che alcuni studenti più piccoli avevano ritagliato e conservato la foto di lui e Draco che uscivano dal lago.

Il fischio di Lee Jordan comunicò a Harry che gli altri due campioni, che erano pari, erano entrati nel labirinto.

Harry sentì lo stomaco contrarsi al suono pesante di qualcosa che si trascinava per terra, perché voleva dire che stava per incontrare uno degli ostacoli. Strinse i denti e si disse che poteva farcela.

Tra la folla vide le teste inconfondibili di Hermione e Ron. Quella di Hermione dondolava perché stava ballando in punta di piedi. Ron stava sventolando uno degli striscioni Harry Potter Campione di Hogwarts fatti da Dean.

La creatura svoltò l'angolo, e Harry dovette mettercela tutta per non vomitare.

Era un enorme Vermicolo, il cui corpo fangoso e tremolante occupava il passaggio. Pieghe di carne nauseabonda, dello stesso colore e materiale del verme, quasi nascondevano i suoi piccoli occhi neri. Ma, a differenza di qualsiasi altro Vermicolo Harry avesse mai visto, aveva una bocca, una bocca spalancata piena di file di denti simili a quelli di uno squalo, che scattò in alto appena Harry fece un passo indietro.

La sua testa piccola e minacciosa oscillava, come se stesse annusando la sua preda, e cominciò a muoversi lentamente verso Harry, il suono della carne pesante che strisciava sull'erba accompagnato da piccoli, terribili sibili.

Harry si chiese seriamente se avrebbe potuto ritirarsi.

Il verme schizzò verso di lui e Harry indietreggiò: i suoi denti si erano chiusi a pochi centimetri dalla sua maglia. La sua testa gli ricordava i serpenti, e per un momento pensò che avrebbe potuto cercare di parlargli, ma non pensava affatto che Silente gli avrebbe dato un simile vantaggio sugli altri studenti.

Continuò a indietreggiare man mano che si muoveva verso di lui, inarrestabile come uno tsunami, finché non fece un passo di lato e la sua schiena non toccò una siepe.

A quel punto puntò la bacchetta e gridò "Impedimenta! Impedimenta!"

Il Vermicolo continuò ad avanzare, come se il suo moto potesse rompere qualsiasi incantesimo. Harry alzò lo sguardo sui suoi occhietti neri assenti. All'improvviso la creatura rabbrividì, e si immobilizzò.

Non dovette far altro che darsi coraggio per il compito disgustoso che aveva davanti.

Cercando di non toccare l'essere con la propria pelle, cominciò ad arrampicarcisi sopra. L'orribile creatura squittì e lo spinse, e Harry cadde carponi. I suoi jeans erano ricoperti di melma viscosa.

"Oh... che schifo," disse Harry, ma non poté neanche fermarsi a considerare l'assoluto raccapriccio di quell'esperienza, perché l'Incantesimo di Ostacolo non sarebbe durato in eterno, e non gli andava affatto di trovarsi sul Vermicolo quando avrebbe potuto muoversi liberamente.

Si arrampicò e scivolò dalla carne viscida sul terreno fortunatamente asciutto, storse la bocca e corse via più veloce che mai da quella cosa.

Bleah, bleah, bleah, non riusciva a credere di aver davvero toccato quella rivoltante, disgustosa... incarnazione della bellezza.

Harry si fermò di scatto. Una Veela dondolava sul sentiero davanti a lui, danzando, e persino l'erba attorno ai suoi piedi nudi si curvava amabilmente verso di lei. Harry non era molto esperto in quanto a bellezza femminile, per non parlare di bellezza da semidea, ma persino lui si accorse che si trattava di un esemplare eccezionalmente delizioso.

I suoi piedi bellissimi tracciavano disegni sull'erba come se volesse creare un cerchio magico attorno a sé, un cerchio che non teneva fuori gli altri ma li invitava a entrare. Harry voleva fare qualcosa, mettersi in mostra, inscenare azioni valorose per lei, ma allo stesso tempo desiderava soltanto avvicinarsi e non fare altro che guardarla danzare.

Sembrava immersa in una luce argentata, come se la sua danza fluida e ipnotica fosse sotto i riflettori e... c'era qualcosa che avrebbe proprio dovuto fare, giusto, ma... era importante continuare a guardarla, e forse...

Si gettò sulle spalle capelli candidi come quelli di Draco.

"Resta qui a farmi compagnia," cantò, con voce piena. "Non pensare a nient'altro."

Pensare. Fu come se gli avessero buttato addosso dell'acqua fredda.

Harry sbatté le palpebre e fece un passo indietro. Oh, che imbarazzo, l'intera scuola lo stava guardando mentre guardava la Veela a bocca aperta, come un idiota.

Chiuse gli occhi e si mise le mani sulle orecchie, cercando di appoggiare la schiena alla siepe e di andarsene furtivamente. Invece, fu fermato dalla sensazione di mani snelle sul petto.

Spalancò gli occhi, e si trovò di fronte oceani di un blu profondissimo.

"Mi scusi... ehm, signorina," disse, cercando di non suonare troppo scandalizzato. "Sono certo che lei abbia una personalità grandiosa e tutto quanto, ma devo proprio andare."

"Mi sento così sola," bisbigliò, ondeggiando verso di lui.

"Ehm," rispose Harry. "No, grazie. E', ehm, una proposta molto gentile da parte sua, comunque," aggiunse educatamente.

La dribblò e la lasciò lì. Lei smise di ballare e lo fissò.

"Cosa fai dopo...?" chiese, piuttosto sconsolata.

Harry accelerò. Pregò con tutte le sue forze che nessuno avesse scattato foto.

La bacchetta gli indicò la direzione giusta per qualche fortunato minuto tranquillo. Harry si rilassò quasi, mentre correva nel labirinto. Di certo niente poteva essere peggio di Mostri Fangosi e Sirene Dannate.

Sembrava che quell'anno gli ostacoli fossero stati scelti in base a criteri di qualità, più che di quantità. Harry rimase calmo per un po', sussurrando ogni tanto "Guidami," e continuando a camminare.

Quella calma non lo rilassò. Il silenzio era sinistro, indicava che qualcosa di astuto lo stava inseguendo, non che era al sicuro.

L'importante è essere cauti, pensò fra sé e sé. Basta stare all'erta, ricorda ciò che devi fare, non lasciare che niente...

Qualcosa lo colpì e lo fece cadere per terra, mandando la bacchetta per aria.

... ti colga di sorpresa.

Harry si contorse e si rigirò sotto il formicolio di zoccoli sulla propria schiena, cercando di darsi uno slancio per raggiungere la bacchetta e ritrovandosi faccia a faccia con... un leone. Ansimava, con i suoi enormi artigli piegati vicini al viso di Harry e una fiammella blu intorno ad un dente.

Zoccoli. Leone. Fuoco.

Harry ricordò, con quella lucidità disperata che si acquisisce in quelle situazioni, una pagina di un libro di Hermione.

Testa di leone, coda di serpente, corpo di capra.

Una chimera.

Harry sussultò e tese una mano disperatamente tremante. Le dita si chiusero attorno a del legno.

Un attimo dopo realizzò che era un ramo della siepe trasparente. Lo strattonò via comunque, rotolando nuovamente per sfuggire alla chimera, ma dato che non funzionò gli infilò il rametto nella gola, aspettandosi di ricevere una fiammata sul viso da un momento all'altro.

Invece, il mostro ringhiò e si avventò sul viso di Harry. Un dente ricurvo gli graffiò una guancia, e sentì il sangue affluire di colpo. Spinse forte il rametto nella sua gola, tirandolo subito via, pregando che non si infiammasse.

Sto combattendo un mostro enorme con un bastoncino invisibile, pensò disperato. Queste le chiamano misure di sicurezza?

La creatura ringhiò e indietreggiò un pochino, e Harry si pulì la faccia dal sangue.

Si guardò la mano: era pulita.

L'animale balzò di nuovo e Harry rotolò nel fango e fendette l'aria col rametto, continuando a rimuginare tutto il tempo.

Stranamente udì nella sua mente la voce dello zio Vernon a colazione, un paio di anni prima, che diceva che l'idea delle tasse ridotte per gli handicappati... era una chimera.

Una fantasia. Un'illusione.

Harry spinse il bastoncino contro la gola della chimera, sempre più a fondo, finché il mostro non rotolò all'indietro, nel fango, con Harry appoggiato su di lui.

"Non puoi farmi del male," disse Harry affannato. "Non sei neanche reale."

Per poco non cadde in avanti quando la creatura crollò su se stessa, ma riuscì a mantenersi in piedi barcollando.

Respirando affannosamente, asciugandosi la fronte sulla manica, Harry avanzò verso il varco successivo.

E quello scoppiò in fiamme.

Harry gridò per lo spavento e, per puro caso, fece un passo avanti anziché indietro.

Rimase a guardarsi intorno, aspettandosi per un istante di panico il dolore della bruciatura, o l'odore dei vestiti e dei capelli in fiamme, quindi lentamente si accorse che era tutto perfettamente a posto. Non c'era stato alcun aumento di calore. Non c'era stato nessun vero fuoco.

Era stata un'illusione, proprio come la chimera.

Harry prese un altro respiro profondo, alzò gli occhi e vide la Coppa Tremaghi che splendeva su un piedistallo a nemmeno un metro da lui.

La guardò stupefatto.

Non poteva di certo essere finita. Il terrore che l'aveva perseguitato tutto l'anno per il Torneo, la seconda prova e tutte le sue conseguenze, i pensieri su Cedric la notte precedente, la terribile lotta contro il mostro poco prima... Come poteva essere finita?

Beh... lo era. C'era la Coppa, e non doveva far altro che prenderla per avere finalmente una cosa in meno a cui pensare.

Si sentì quasi leggero per il sollievo quando tese la mano per prenderla. Si rese conto solo dopo che non aveva pensato affatto a Cedric, nel momento in cui la sua mano si era chiusa su uno dei manici.

Un attimo dopo il viso esangue di Cedric fu tutto ciò a cui riuscì a pensare, perché sentì quella sensazione familiare e nauseante di essere tirato dall'ombelico, e quel mondo ingannevole scivolò sotto i suoi piedi, e pensò terrorizzato sta succedendo di nuovo...

*

Era più forte questa volta, e non era ferito; era deciso a non cadere a terra quando atterrò, e rimase in piedi nonostante lo sballottamento dovuto all'impatto.

Si tenne stretta la Coppa con una mano (non metterla giù, tienila con te, potrebbe riportarti indietro) e prese la bacchetta.

Quindi i suoi occhi si abituarono all'oscurità, e si accorse che dopotutto non era in un cimitero. Era nel suo dormitorio nella torre Grifondoro, era notte, e tutte le luci erano spente.

Non c'era alcun suono o segno di vita nella stanza. I letti erano tutti vuoti.

Come quello di Seamus.

Harry si guardò intorno angosciato e indietreggiò dal letto vuoto di Ron. Il pavimento emise uno scricchiolio orribile e sinistro sotto al suo piede, come se in quella stanza non ci fossero stati suoni per anni.

Il silenzio aleggiò pesante e opprimente come il buio sulla stanza, e Harry non ce la fece più a guardare quei letti.

Si voltò e corse fuori dalla porta, giù per le scale, nella sala comune, col cuore che gli batteva contro le costole, pregando che lì ci fosse qualcuno che potesse aiutarlo, che potesse spiegargli...

Nella sala comune era tutto freddo e immobile, proprio come al piano di sopra.

Nel camino c'erano i residui di un fuoco molto, molto antico, e sulla sedia preferita di Hermione giaceva il suo libro, Uomini Che Amano Troppo I Draghi. Era aperto alla pagina a cui Harry sapeva che era arrivata la notte prima... stava per finirlo, e nessuno riusciva a convincerla a chiuderlo.

Evidentemente era riuscita a riporlo, comunque, e quando Harry si chinò per toccarlo notò che la pagina era coperta da uno spesso strato di polvere.

Sobbalzò con una morsa di terrore attorno alla gola, come se si fosse teso per toccare la mano di qualcuno, e l'avesse trovata fredda e morta.

E perse completamente la ragione.

Fece una cosa che non aveva mai nemmeno pensato di fare nella sua vita: corse su per le scale che portavano al dormitorio femminile ed entrò di corsa.

Niente. Silenzio assoluto, polvere e una grande farfalla ornamentale che Calì amava portare tra i capelli. Il sospiro rapido e atterrito che rilasciò fu l'unico suono nel mondo, e si ritrovò a correre via anche da quella stanza, per tornare nella sala comune, attraversare il ritratto della Signora Grassa e...

Eccola lì, tutta rosa e in carne sotto uno strato di polvere, come se persino un ritratto potesse morire e diventare un fantasma.

"Do... dove sono tutti quanti?" balbettò Harry, con la voce che risuonò scioccante in quella stanza ammutolita.

"Non so a cosa ti riferisci," rispose la Signora Grassa. "Certo, ultimamente c'è molto meno andirivieni... ma..."

Fece una pausa, sul viso una vaga espressione di dolore. La polvere sul suo ritratto suggeriva che non veniva aperta da anni.

"Niente, lasciamo stare," disse severa. "La parola d'ordine, se non ti dispiace."

"Ehm... Tiri Vispi Weasley," le disse Harry.

Fammi uscire da qui. Aveva la gola secca per il terrore.

"Esatto," disse la Signora Grassa. "Anche se, in effetti, sarebbe ora che la cambiaste..."

La porta si spalancò, e i cardini urlarono. L'urlo echeggiò disperatamente nel corridoio oscuro che aveva davanti.

Harry corse in quella direzione, si precipitò giù per le scale di marmo fino al Salone d'Ingresso, e stava per correre giù verso i sotterranei dei Serpeverde quando un'altra fitta di panico gli esplose nel petto. Si avvicinò a una parete, vi si appoggiò contro e fissò il soffitto.

I suoi respiri gli risuonavano affannati e disperati nelle orecchie. C'erano ragnatele sul soffitto, e si costrinse a credere davvero che fossero scomparsi tutti, perché aveva troppa paura di vedere vuota anche la stanza di Draco.

L'orrore l'aveva raggiunto in casa sua, e la sua casa gli era stata portata via.

Perfino Hogwarts non era più sicura. Perfino Hogwarts e le persone che amava erano stati distrutti, e lui non era stato in grado di proteggerli.

Quando udì il tintinnio delle stoviglie giungere dalla Sala Grande, quasi gridò. Lottò contro speranze e paure isteriche mentre spinse le porte.

Gli elfi domestici stavano apparecchiando per la cena, organizzando un banchetto sontuoso davanti a sedie vuote e impolverate. L'odore del cibo caldo fece venir voglia a Harry di vomitare con violenza.

Un elfo lo vide, ed eruppe in un gridolino di gioia.

"Uno dei padroni è tornato!"

Immediatamente tutti gli elfi alzarono lo sguardo, e misero le mani sui vestiti di Harry, cercando di trascinarlo al tavolo dei Grifondoro. La sensazione delle loro piccole mani che lo afferravano attraverso i vestiti aumentò la sua voglia di vomitare.

"Che diavolo state facendo?"

Winky lo guardò assente con quei suoi occhi enormi e alquanto orrendi. "L'ultimo ordine che abbiamo ricevuto è stato di preparare la cena, Harry Potter. Noi ha preparato la cena per tantissimo tempo. Noi è molto felice di vedere te. Noi spera che tu ha fame."

"Lasciatemi andare!"

Harry non ricordò, in seguito, se li avesse calciati via. Fare una cosa del genere... essere una persona del genere... gli avrebbe ricordato troppo Lucius Malfoy, e non avrebbe mai voluto ricordarlo.

Desiderava andarsene disperatamente, anche se soltanto per salire di nuovo le scale e raggiungere l'ufficio di Silente. Era già al secondo piano quando gli venne in mente che Silente era ovviamente andato via anche lui, e si ritrovò a guardare gli occhi di pietra del gargoyle e a ridere sottovoce, istericamente, chiedendosi se Fanny fosse ancora lì dentro ad aspettare che gli altri tornassero. Proprio come la Signora Grassa. Proprio come gli elfi domestici.

Non disse una parola quando il gargoyle si spostò di lato e le scale si abbassarono verso terra con un movimento lento e fluido.

Harry aveva superato la sorpresa, e a quel punto anche la paura: la sentiva solo vagamente. Per cui fu solo con una forma distaccata di terrore che vide un enorme serpente scivolare giù lungo le scale, con lo stesso andamento graduale della scala. Riconobbe subito Nagini... l'aveva vista spesso in sogno.

Fu solo dopo aver udito i passi sulle scale dietro al serpente che ricordò il terrore.

Rimase immobile ad aspettare, con la bacchetta e la Coppa che pendevano inutili dalle sue mani. La scala toccò il pavimento.

Voldemort era sulle scale, il volto pallido e appuntito privo di pietà, come Harry lo ricordava. I suoi occhi rossi si strinsero quando vide Harry, e Harry era solo, tutti i suoi amici erano già scomparsi, e non c'era più niente per cui combattere.

"Ora, credo," disse, "che ti inchinerai a me senza bisogno di ulteriori persuasioni."

Harry lo fissò per un lungo momento.

"Perché dovrei?" chiese lentamente. "Bastardo."

In quel lungo e calmo momento Harry pensò... neanche le GiraTempo possono portare nel futuro. Non può essere notte. E' impossibile che ci sia polvere ovunque.

E' tutto impossibile. E' come la chimera, come il fuoco, è...

"Non sei neanche reale!"

Voldemort non scomparve, ma cominciò a scendere le scale.

Non basta, pensò Harry avvilito. Devo fare qualcosa di più, come col rametto, come quando sono saltato tra le fiamme...

Era una situazione, per dirla in parole povere, disperata. Non c'era niente che potesse fare contro Voldemort.

Ma non sarebbe scappato.

Rimase lì, tremante, mentre Voldemort scese gli ultimi gradini. Non indietreggiò quando guardò quel viso disumano e alzò la bacchetta mentre Voldemort alzò la sua, e Harry pensò distintamente, Ho deluso tutti.

Voldemort aprì la bocca, e Harry cercò di pensare ad un incantesimo da urlare. E...

Un attimo dopo era di nuovo alla luce del giorno, l'illusione si era sciolta come se non l'avesse mai vista.

Anche la coppa nelle sue mani si era sciolta, e la vera Coppa luccicava sul piedistallo davanti a lui. Si tese... e si ritrovò fuori dal labirinto.

Aveva vinto il Torneo Tremaghi, ed era tutto finito.

Harry restò fermo al sole, guardando in alto verso Silente, il cui viso era austero. Non ebbe il tempo di chiedere cosa avrebbe dovuto fare, o come avrebbe potuto saperlo, o cosa pensasse avrebbe dovuto fare... per vincere qualcosa di più del torneo.

Silente si fece da parte e le luci abbaglianti delle macchine fotografiche, insieme alla corsa euforica dei suoi amici verso di lui, oscurarono tutto il resto.

Le mani di Ron si chiusero sulle sue spalle.

"Harry! Eri scomparso... Stavamo diventando matti. Stai bene?"

Harry guardò Ron, che era così pallido che le lentiggini sembravano fiamme. Ricordò con la stessa intensità del colore di quelle lentiggini tutti i letti vuoti nel dormitorio.

"Sto bene," disse piano.

Sirius e Lupin erano impegnati in una discussione animata con Silente. Hermione cercava di farsi strada tra la folla, la sua voce interrogativa troppo flebile per giungere alle orecchie di Silente.

"Signore! Signore, era... era proprio necessario farlo sparire...?"

Il viso tondo di Neville era luminoso quando guardò Harry oltre le spalle di Ron. La sua espressione gli ricordò tremendamente quella di Colin Canon.

"Sei stato spettacolare, Harry," disse col cuore.

"Per l'amor del cielo, Paciock, non lo stai mica lodando per una prestazione sessuale."

La pronuncia strascicata e crudele fece capire a Harry che qualcosa non andava addirittura prima che si girasse verso Draco, e il suo sorriso si spense ancora prima di sorgere. Come un serpente che inseguiva la propria coda. Come un serpente.

Draco si teneva alla larga dal clamore improvviso attorno a Harry, e la sua posa da sola bastò a provocargli il vuoto intorno. Le sue labbra erano curvate sdegnosamente, lo sguardo freddo.

"Congratulazioni, Potter," disse. "Un'altra stupefacente dimostrazione di stupidità sconsiderata. Ben fatto."

Quindi si voltò e corse via.

"Che bastardo!" esplose Ron. "Non starlo a sentire, Harry. E' geloso... è sempre stato geloso di te."

Gli occhi scuri di Ginny erano spalancati.

"Va tutto bene, Harry?"

Harry si divincolò da Ron, guardando in direzione di Draco. Nella sua mente non c'era niente oltre allo shock e al desiderio opprimente di scoprire cosa Draco pensava che avesse fatto.

Stava ancora stringendo la Coppa, realizzò sovrappensiero, e la spinse verso Ron.

Ron lasciò andare le sue spalle per prenderla.

"Senti... me la terresti un minuto?" chiese Harry, allontanandosi da tutti loro.

Avrebbe trovato Draco e lo avrebbe riportato indietro. Era semplice, e non aveva certo attenzione da sprecare per le mani che cercarono di trattenerlo quando si mosse.

Inseguì con caparbietà Draco, che era già molto lontano dal campo di Quidditch e stava accelerando lungo il pendio, fuori dalla sua visuale. Sembrava che si stesse dirigendo verso la Foresta Proibita. Evidentemente desiderava davvero di non essere seguito.

Cominciò a piovere, piccole punte di spillo quasi invisibili, e Harry sentì fitte di irritazione e preoccupazione per i freddi colpi di pioggia sul viso. Cosa aveva fatto, e perché Draco si stava comportando così, e maledizione, era stanco e si era spaventato follemente, e non vedeva l'ora di... di avere un po' di pace, e magari che Draco fosse contento o sollevato, non così!

Si concentrò su quella testa candida e continuò a correre, perché Draco non sapeva che qualcuno lo stava seguendo, e non faceva altro che andare avanti, e fu la cosa più facile del mondo spingersi in avanti quando furono al riparo sotto alcuni alberi, afferrare il gomito di Draco, voltarlo con uno strattone e gridare.

"Perché diavolo hai detto quelle cose, Malfoy?"

Il viso di Draco era bianco, aguzzo e implacabile, e le gocce di pioggia che aveva in viso non sembravano che lacrime.

"Ti stavo facendo i complimenti, Potter," rispose Draco con calma. "Esibizione geniale di idiozia simil-suicida. Una delle tue opere più belle finora, devo dire. Chissà a quali vette potresti arrivare? Adesso che hai ricevuto i miei omaggi, faresti meglio a tornare al fan club. Si staranno struggendo senza di te."

Harry lo guardò male. Draco ricambiò lo sguardo spietatamente.

"Perché non la smetti di fare lo stronzo," suggerì Harry, con voce bassa e accaldata.

"Perché non la smetti di essere uno stronzo?" domandò Draco in tono freddo, quasi colloquiale e completamente sprezzante.

Cercò di tirar via la manica dalla stretta di Harry, ma Harry gli afferrò la spalla. Vide le sue labbra arricciarsi e pensò che c'era una persona che odiava e che aveva proprio quell'espressione. Cercò di ricordarsi chi fosse, e si rese conto che era Malfoy.

Il vecchio Malfoy, proprio uguale a lui, e Harry sentì l'impulso bizzarro di colpirlo, e l'unica ragione per cui non lo fece fu che al vecchio Malfoy non sarebbe mai importata la sua idiozia simil-suicida.

"Perché non la smetti di insultarmi per un secondo e mi dici cosa ho fatto!" esplose Harry. "Ho fatto solo quello che dovevo, non capisco perché te la sia presa tanto, per cui perché non la smetti con queste cazzate e me lo dici?!"

"Cosa hai fatto?" scattò Draco. "Stavi cercando di combattere una chimera con un bastoncino!"

"Ascolta, ho dovuto farlo, non c'era nient'altro e non avevo tempo per pensare..."

"Pensare?" La voce di Draco era fioca per l'oltraggio. "Ci pensi mai a..."

"Penso a te continuamente!" gridò Harry.

Rimasero a guardarsi in cagnesco sotto il freddo luccichio della pioggia, respirando a fatica, furiosamente sincronizzati. Sotto la mano di Harry, le spalle di Draco si alzavano e si abbassavano in respiri rapidi e secchi.

La bocca di Draco era una linea inflessibile.

"Sei uno stupido imprudente," gli disse in tono piatto.

"Non so cosa..."

"Senti, la devi smettere, va bene?" disse Draco all'improvviso. "La devi smettere di correre avanti e indietro cercando di fare l'eroe e salvarci tutti, ti vedo mentre ci pensi. Non puoi lottare contro i mostri da solo."

"Io non sto... non... Dio, Draco, è per quello che sei così arrabbiato?"

Draco, che sembrava perfettamente a suo agio con gli sguardi assassini, fissò il terreno.

"Non so cosa..."

Harry provò di nuovo la calma improvvisa che aveva sentito entrando nel labirinto.

"Draco. Draco, guardami." Non lo fece, e Harry gli spinse il mento in su. Immediatamente Draco tornò a guardarlo male, gli occhi sbarrati per l'indignazione. "Non c'è niente di male se eri preoccupato per me," disse dolcemente.

"Di cosa stai parlando, Potter," disse Draco con voce poco convinta. Solo la mano di Harry gli impedì di voltarsi.

La pioggia rendeva sempre i capelli di Draco un po' elettrici. Non menzionò che erano leggermente gonfi, perché Draco sembrava già abbastanza agitato.

"Va bene essere preoccupati," disse. "Lo so che non ci sei abituato."

"Sei impazzito, Potter?" chiese Draco. "Io mi preoccupo continuamente. L'intera scuola vive nel terrore. I miei Serpeverde non sono al sicuro, non so come fare per proteggerli..."

"Ed è quello il tuo problema!" gridò Harry. "Sei abituato a proteggere la gente dando ordini e dimostrandoti più forte di chiunque altro. E' per questo che ti stai comportando da idiota, perché non sei abituato a vedere qualcuno a cui tieni in preda a un pericolo che non puoi contrastare!"

"E allora?" gridò Draco di rimando. "Lo fai anche tu! Fai anche di peggio!"

Harry pensò a quando sembrava che fossero spariti tutti, all'acuta sensazione di aver deluso tutti.

"Lo so," disse con voce soffusa. "E' per questo che lo capisco."

Draco alzò gli occhi su Harry, stavolta di sua spontanea volontà, e si morse un labbro. Quindi prese la mano di Harry, la rimosse gentilmente dal proprio viso e la lasciò cadere.

"Non ho intenzione di essere da meno rispetto a te, Draco," disse Harry, incrociando le braccia. "Non puoi dare ordini a me."

"Beh, io non intenzione di essere da meno rispetto a te, Harry," ricambiò secco Draco. "Non voglio sentir dire altre cazzate sul non accettare i compiti pericolosi."

"Non è... stavo solo cercando di..." Harry espirò pesantemente. "Ok. Scusa."

Draco annuì. "Scusami se sono stato... un po' stronzo prima. Non che tu non sia stato un pazzo suicida, ovviamente. Saresti dovuto rimanere bello tranquillo con quella Veela." Si illuminò. "A dire il vero, penso fosse molto presa. Potresti..."

Harry non poté fare a meno di ridere.

"Sei impossibile."

Draco ricambiò il sorriso con gioia, e alzò la mano per toccare il viso di Harry. Harry sentì la fredda pressione di polpastrelli bagnati che scivolavano sul suo zigomo.

Guardò Draco, e ripensò alla fitta di panico quando non avrebbe neanche sopportato l'idea di poter trovare la sua stanza vuota.

Draco ritirò la mano e si esaminò le dita.

"Sei sporco," osservò. Harry gli prese il polso.

"Torna indietro," disse. "Devo occuparmi della premiazione."

"Oh, mio Dio!" esclamò Draco, scandalizzato. "Ma certo che devi! C'è una cerimonia. Ci sono soldi. Deficiente completo, perché mai te ne vai in giro in posti come questo?"

Harry alzò le sopracciglia. Draco non ebbe neanche la decenza di apparire imbarazzato.

"Torna indietro," ripeté, e Draco lasciò che lo tirasse verso il campo di Quidditch.

Ginny rivolse a Harry uno splendente sorriso di benvenuto, quando tornarono. Ron gli lanciò un'occhiata perplessa, trattenendosi a fatica dal sorridere beffardo a Draco.

"Harry, ti prego, riprenditela," disse, spingendo la Coppa nella mano libera di Harry. I soldi devono essere messi qui dentro, e poi Caramel dovrà riconsegnarti la Coppa durante la cerimonia. C'è un discorso e tutto quanto. La gente continuava a cercare di fotografarla, stavo diventando matto..."

A conferma delle parole di Ron, un esercito di fotografi si stava dirigendo verso di loro. Ron indietreggiò velocemente verso Hermione. Harry ricordò di essere ferito e sporco. Se solo ci fosse stato lì Hagrid, per nascondercisi dietro.

"Oh no," disse a bassa voce.

"Possono fotografare me, se vogliono," annunciò Draco compiaciuto. "Sono molto carino."

Arrivò Caramel tutto affaccendato, con la sua patina di finta sicurezza ripristinata per l'occasione, dopo che era stata visibilmente erosa dalle sparizioni. Teneva in mano il sacchetto con i soldi, e rivolse a Harry un sorriso raggiante. Harry lo studiò con fredda diffidenza. Lui non sembrò accorgersene.

"Insomma, Harry, dove eri andato a finire?" indagò. "Ecco, prendi questo e mettilo nella Coppa... Dirai qualche parola, vero?" aggiunse, quando Harry lasciò andare il polso di Draco per prendere il denaro.

"Ehm," rispose Harry, fissandolo. "Un discorso?"

"Ti suggerisco di portare con te quella Veela sul palco, e di convincerla a togliersi i vestiti," propose Draco. "Quello distrarrà tutti gradevolmente. Oppure potresti toglierti la tua, di maglietta. Ammettiamolo, questi fotografi sono evidentemente affamati di ogni centimetro di te."

"Grazie, Draco," disse Harry dall'angolo della bocca. "Hai qualche suggerimento che non preveda l'oltraggio alla morale pubblica?"

"Io?" disse Draco, scandalizzato. "Mai!"

"Dovresti essere sul palco tra qualche minuto, Harry," gli disse Caramel. "Mantieni un attimo la Coppa... devo andare a prendere gli appunti del mio discorso..."

Si allontanò in fretta. Harry rimase a fissarlo, guardando desolato le macchine fotografiche che scattavano e l'interno dorato della Coppa. Era già esausto per la fatica e il dolore.

Guardò Draco, prese la sua decisione, e sorrise.

"Ho cambiato idea," disse. "Andiamo."

"Cosa?"

Harry lasciò cadere i soldi e strinse di nuovo il polso di Draco. Draco parve scioccato e si chinò per raccogliere il sacchetto.

"Mai, mai far cadere i soldi per afferrare una persona!" lo ammonì severo. "Si possono comprare le persone con i soldi!"

"Che mi dici di te?" suggerì Harry. "Muoviti. Voglio andare via."

"Di certo non me," disse Draco serio. "Io sono di classe speciale. Dove vuoi andare, di preciso?"

"Non lo so. Ovunque. Tranne che qui. Con te."

Draco sembrò quasi impaurito. "Dici sul serio. Sei veramente matto."

Harry sorrise impunemente. Era stata tutta un'illusione, il Torneo era finito, e che fosse dannato se avesse mai fatto un discorso. Si girò e afferrò Draco, che rise e lo seguì volontariamente.

"Non posso credere che tu mi abbia trascinato fino a qui per poi andarcene di nuovo."

"Oh, ma è diverso," disse Harry con sicurezza, mentre si iniziarono a sentire sussulti alle loro spalle. Prese a camminare più in fretta sul pendio. "Comunque, Draco... sei libero questo sabato?"

"Credo di sì," rispose Draco con prudenza. "Perché?"

"Ho un regalo per te," rispose Harry, facendo del suo meglio per sembrare indifferente.

Draco parve deliziato.

"Un regalo? Per cosa? Perché non puoi darmelo adesso? Cos'è? Brilla? Dammi un aiutino."

Harry gli lanciò un'occhiataccia alle sue spalle. "Draco?"

"Sì?" disse Draco, la cui mente era chiaramente occupata dalla prospettiva di un regalo.

"Corri, ok?"

La pioggia continuò a cadere piano su di loro, e, ridendo per qualche strano motivo, corsero giù per la collina con un branco di fotografi alle calcagna.

 

 

 

 

 

 

. . .. . . . . RICORDATE DI LASCIARE UN COMMENTO: RIPAGHERà LA FATICA DELLA TRADUTTRICE (CHE SAREI IO :P) E DELL'AUTRICE! ANCHE POCHE RIGHE BASTANO A RINFRANCARE LO SPIRITO! UN BACIO A TUTTI/E
  
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