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Autore: mrsdianablack    21/09/2012    1 recensioni
INCOMPIUTA
Questa è l'ultima long sul fandom BTVS/ATS che ho scritto ed è anche quella che preferisco. E' attualmente incompiuta ma ho deciso di postarla lo stesso, non si sa mai. Spero vi piaccia.
Sono trascorsi 5 anni dalla battaglia di Not Fade Away. Buffy, intervenuta con il suo esercito di cacciatrici, ha perso la memoria e tutti i suoi poteri e ora vive la sua vita normale. Angel ha ottenuto lo shansu, è ancora al comando della Wolfram & Hart ed è in procinto di sposarsi. E Spike...
Beh lui gira il mondo facendo l'eroe solitario...
Warning: il linguaggio di Spike a volte è un po'...da scaricatore di porto...
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Angel, Spike
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta
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La prima settimana come capo della Wolfram&Hart tutto sommato trascorre relativamente tranquilla. Forse mi sono preoccupato per niente.
In fondo Los Angeles ha più di dieci milioni di abitanti, senza contare tutta la popolazione demoniaca, quante probabilità possono esserci che possa incontrare Beth di nuovo?
Soprattutto se mi tengo lontano dai posti che potrebbe frequentare ed evito di pensare a lei. Il non pensare a lei è una cosa che mi riesce relativamente facile di giorno, quando ho la mente impegnata altrove. Di notte… beh di notte è più difficile.
Devo dire però che lavorare alla Wolfram&Hart ha i suoi vantaggi. Per una volta tanto sono il leader della situazione, tutti pendono dalle mie labbra, tutti non fanno un passo senza prima avere la mia approvazione, tutti chiedono a me cosa fare. Tutti tranne Faith e Connor.
Faith posso capirla. Era il braccio destro di Angel ed è il mio, mentre lo sostituisco. E mi ha stupito. Letteralmente. Se la prima impressione era stata ottima, vederla lavorare è stato anche meglio.
La cacciatrice ribelle e un po’ oscura è definitivamente sparita. Al suo posto c’è una giovane donna piena di carisma e molto autoritaria, ferma nelle decisioni ma non per questo detestabile. Una leader insomma.
Connor invece non mi sta facendo cambiare idea sull’impressione che ho di lui. È testardo e taciturno. Non so mai cosa gli passa per la testa e a volte è più avventato di me ai tempi del punk ribelle. Agisce sempre per conto suo, senza consigliarsi con me e gli altri ma, soprattutto, sebbene sia molto forte – è sempre il figlio di un vampiro – ho paura che un giorno questa sua sconsideratezza gli procuri dei guai. A lui e a noi.
Me ne sono reso conto la prima sera, quando siamo usciti in perlustrazione insieme. Camminavamo fianco a fianco verso il cimitero di Westwood ma era come essere solo.
Non diceva una parola e quasi non lo notavo, se non fosse per il suo cuore che batteva e l’aria che entrava e usciva dai polmoni.
Io sinceramente non sapevo cosa dire e la sua compagnia mi era sgradita almeno quanto la mia lo era per lui.
Avevamo appena varcato i cancelli del cimitero, quando lui mi sorprese.
Il mio fiuto doveva essere peggiorato nelle ultime settimane o forse ero distratto da lui. Fatto sta che non mi ero accorto della presenza di un paio di vampiri se non fosse stato per la sua prontezza di riflessi.
E i due non morti sono finiti in cenere prima di poter registrare una qualsiasi reazione da parte mia. Mi sembrava di essere tornato ai tempi di Sunnydale, quando Buffy diceva di odiarmi e poi mi spingeva a terra per salvarmi dai paletti volanti dei miei creditori.
Era una situazione surreale. Specialmente se lui, come se nulla fosse, mentre si spazzolava via la polvere dei vampiri, riprendeva a camminare in silenzio.
E io a seguirlo come un idiota. E mentre proseguivamo la ronda, con i sensi all’erta per evitare un'altra figuraccia lui mi sorprese un'altra volta.
“So che non ti piaccio, Spike.” Mi disse all’improvviso, fermandosi e voltandosi verso di me.
Io lo guardai di sbieco, annuendo con il capo.
Gli occhi del ragazzo erano, anche se di un colore diverso, incredibilmente profondi e simili a quelli di suo padre. E in un certo senso mi facevano male.
“So che non approvi la mia presenza qui e non mi perdoni ciò che ho fatto in passato a mio… nostro padre.”
Trasalii appena, a quelle parole, ma continuai a fingere indifferenza. Quindi lui sapeva.
“Ma spero che, conoscendomi meglio, avrai l’opportunità di cambiare idea.” Sorrise appena, ma era un sorriso triste, come quello di suo padre. “Non sono poi così marcio.”
Ci guardammo ancora per un lungo istante poi lui si voltò, riprendendo a camminare come se nulla fosse successo.
Quella notte, tornato a casa, ripensai a lungo a quelle parole. Decisi di dargli un opportunità, anche se non cambiai idea su di lui.
 
Con gli altri, al contrario,  sto instaurando un ottimo rapporto. Con Lorne è come ai vecchi tempi e ogni volta che lo guardo è come se mi aspettassi da un momento all’altro di veder apparire Wesley, o Gunn. O Fred.
Da quando sono tornato qui penso spesso a lei. Ai suoi begli occhi da cerbiatta, al suo sorriso gentile, alla sua forza interiore. Mi manca e mi manca anche Illyria.
Alice le somiglia molto. A Fred intendo. Ha la sua stessa determinazione, la sua dolcezza. Ed è anche molto carina. E non si rende conto che Edward praticamente muore per lei.
Una sera sono uscito con lei di ronda nonostante non sia esattamente una guerriera. Ha qualche nozione di autodifesa e ha tenuto delle sessioni di Tai-Chi con Angel e con il mezzo demone ma non ama combattere. È più un topo di laboratorio lei. Ma se la cava egregiamente con le magie. E ha un notevole senso dell’umorismo.
È una ragazza di cui potrei innamorarmi, se non lo fossi già. Durante il nostro giro di pattuglia abbiamo parlato parecchio.
Era una serata relativamente tranquilla. Niente omicidi, inseguimenti, aggressioni. Solo un paio di novellini succhia sangue appena nati. Sono ritornati alla polvere quasi senza rendersene conto. Un lavoretto facile per un anziano come me. Così abbiamo conversato per la maggior parte del tempo.
Mi ha raccontato di essere cresciuta in campagna e di essersi trasferita a Los Angeles per studiare. La sua grande passione erano gli animali e avrebbe voluto prendere una specializzazione in veterinaria. Poi ha scoperto l’occulto e ha iniziato ad interessarsi ai fenomeni paranormali. Da lì alla laurea specialistica in chimica e fisica il passo è stato breve.
Ha rotto con i genitori nel momento in cui ha lasciato la loro casa. La volevano sposata con un contadino figlio di alcuni amici. Erano promessi fin da quando erano bambini. Come ai vecchi tempi. Una vita tranquilla insomma, che a lei però non andava a genio.
Le ho consigliato, invano, di riallacciare i rapporti con loro. Ma non sente ragioni. In campo sentimentale va altrettanto male. Si innamora sempre dei ragazzi sbagliati. Di stronzi che puntualmente la usano e la lasciano a leccarsi le ferite da sola.
Se solo si accorgesse di Edward.
 
Il mezzo demone è un ottimo compagno di caccia invece. Meglio di Connor. Persino meglio di Angel. È un combattente formidabile ed è scattato un feeling immediato, tra noi.
Dev’essere stato per il passato più o meno simile che abbiamo avuto. Anche lui ha avuto il suo periodo da ribelle. Anche lui ha dovuto scontrarsi con la realtà della sua natura. Non del tutto umano, non del tutto demone. Un po’ come me. O come il me degli ultimi anni.
La sera in cui siamo usciti di pattuglia insieme mi ha raccontato un po’ della sua vita. È incredibile come, per certi versi, assomigli alla mia.
È nato nel 1901 e la sua infanzia è stata relativamente tranquilla, come la mia. Suo padre era un demone Fenrir, una razza pacifica dalle sembianze umane. Morì quando lui aveva dieci anni, rivelandogli, solo allora, il suo destino.
Lui ne rimase devastato e divenne un ribelle. Fuggì di casa appena raggiunta la maggiore età e nello stesso periodo iniziarono a manifestarsi le sue caratteristiche demoniache.
Invecchia molto lentamente ed è dotato di una forza notevole, di poco inferiore a quella di un vampiro.
Vagò per l’America per oltre mezzo secolo finchè non incontrò un altro della sua specie, che gli insegnò tutto quello che ora sa.
Quando Faith lo trovò, ubriaco in un  bar, il suo maestro, se così lo vogliamo chiamare, era morto da pochi mesi e la vita per lui aveva smesso di nuovo di avere un senso.
Così è entrato a far parte della gang di Angel, e con ottimi risultati.
 
Uscire con Faith è rilassante. Mi suona strano pensarlo, ma è così. Almeno so cosa aspettarmi da lei. E so di avere le spalle coperte. È una brava cacciatrice. Lo è sempre stata. Anche quand’ero io il destinatario dei suoi pugni.
Non mi è mancata l’occasione di rinfacciarglielo. E lei mi ha chiesto scusa. Mi ha sorpreso, devo ammetterlo. Non è tipo che chiede scusa, lei. Deve far parte del pacchetto “nuova donna, nuova vita”. Però l’ha fatto.
E ha confessato di aver invidiato un po’ il rapporto che allora avevo instaurato con Buffy. E di essersi presa una mezza cotta per me.
“Deve avere solo Buffy il primato di innamorarsi di vampiri?” mi ha detto ridendo.
Io del resto non ho dimenticato quando voleva farmi scoppiare come champagne caldo. Credo sia l’unica cosa che non ho dimenticato di lei. A parte i pugni, naturalmente.
Una volta avevo fatto un pensierino. Avrei voluto una dimostrazione delle sue capacità amatorie. Poi sono cresciuto anche io. Andare e venire dall’inferno due o tre volte fa maturare una persona. Radicalmente.
Secondo lei dovrei dirglielo. A Buffy intendo. Dovrei raccontargli tutta la verità su di me e sulla sua perdita di memoria.
“Perché devi sprecare un opportunità di essere felice di nuovo. Se il destino ti ha portato di nuovo qui, dove vive lei perché non approfittarne?” ha affermato, convinta.
Lei non è una che se le lascia scappare, le occasioni. È una teoria corretta, in fondo. Ma non ha fatto i conti con i miei rimorsi di coscienza se andasse male. E il rischio che vada male c’è. Eccome se c’è. Lei è umana e io sono un vampiro. E non c’è mai un lieto fine, per questo genere di storie.
Gli e l’ho detto e non ha insistito. Ma è testarda e non demorderà di certo.
Fortuna che mancano “solo” tre settimane.
 
Liam è un uomo terribilmente apprensivo. Mi telefona tutte le sere, o tutte le notti, dovrei dire. E tutte le dannate volte appena rientro dal mio giro di ronda e vorrei solo dormire.
Lo manderò a fanculo, un giorno. Lui e il suo maledetto fuso orario.
E se ritardo a rispondere anche di un solo minuto mi fa scenate degne di una prima donna.
 
“Perché non sei rimasto a casa?” gli ho chiesto una volta, e stavo quasi per sbattergli il telefono in faccia.
“Scusami, Spike.” Ha mormorato con vocino sottile “sono solo preoccupato.”
“Per me?” ho domandato ironico.
“Anche.” Ha risposto lui, sorprendendomi. Mi si attorciglia lo stomaco, quando fa così. Quando fa il padre. E lo picchierei volentieri, se solo ce l’avessi tra le mani. Perché fa uscire il lato debole di me che tanto odio. Fa uscire William.
E ogni volta dopo il lungo resoconto della giornata, prima di chiudere la chiamata, mi domanda di Beth.
È dannatamente in ansia per quello. Teme che la incontri. Lo temo anche io, se è per quello. Ma mi manca anche. Vorrei che questa maledetta storia finisse. Vorrei tante cose. Tra le altre vorrei sapere cosa non ho sentito durante la prima telefonata. Così non rimarrei come un fesso col telefono in mano ogni volta che lui mi ricorda ciò che non posso ricordare.
 
Stasera mi sento particolarmente malinconico. Sono sul terrazzo del mio appartamento a fumare una sigaretta e a osservare le luci di Los Angeles.
Non sono ancora uscito per la solita ronda notturna. Non ho voluto nessuno con me, questa volta. E c’è una ragione specifica.
È il giorno del mio compleanno, sempre se un vampiro lo può festeggiare. È il giorno vero. È il giorno in cui è nato William. Il giorno in cui è nato Spike l’ho dimenticato. Non so perché. Forse per il dolore del morso. O forse per l’umiliazione ricevuta da quelli che poi sarebbero diventati il mio primo pasto da vampiro. Ricordo solo che era inverno, novembre forse, e che Drusilla per qualche anno si è ostinata a festeggiarlo, portandomi a casa un bel regalo. Di solito era un umano da sgozzare. Ho apprezzato, per un po’.
William invece era nato in una luminosa mattina d’estate. Era il 25 Giugno del 1852. Da allora sono trascorsi 155 anni, anno più anno meno.
Dire che mi sento più vecchio è un eufemismo. Se quella notte di 130 anni fa non avessi incontrato Drusilla probabilmente sarei morto prima di vedere l’inizio del XX secolo, data l’età media di vita di allora. O forse avrei visto giusto i primi anni.
Invece sto vivendo, se così si può dire, nel XXI secolo. E di cose, da allora, ne ho viste.
E posso permettermi di essere nostalgico. Non so dire con esattezza quale secolo ho amato di più. O in quale mi sono trovato più a mio agio.
Quello in cui ho vissuto, nel vero senso della parola, non credo. È stato straziante, fatta eccezione per il periodo dell’infanzia. Forse anche l’università. Ma essere un nerd inglese in epoca vittoriana non lo auguro a nessuno. Non interessarsi di politica, avere un fisico esile e dei capelli color topo. Amare la poesia e scrivere male. Venire umiliato e deriso persino dalla provincialotta di cui ti sei innamorato. Oh no davvero.
Il XX secolo è stato il secolo di Spike. Il secolo del riscatto, fatto di sangue, morte e stragi. Vivere allo sbaraglio, come un nomade. Non avere una fissa dimora. Pensare di essere immortale e invincibile. Pensare di fare la differenza. Pensare di vivere tutta l’eternità con la tua principessa oscura. Stupido illuso.
È stato entusiasmante, per un po’, lo devo ammettere. Lo è stato di meno con il pacchetto anima incluso.
Infine il secolo il cui sto vivendo, o non vivendo, a seconda dei casi, è stato quello dei cambiamenti. Dei miei cambiamenti. Arrivare a Sunnydale e conoscere la cacciatrice. Quello ha fatto la differenza. Cercarla per ucciderla. E innamorarmi di lei. Farmi impiantare un chip nel cervello che mi impedisce di uccidere e reinventarmi l’esistenza. Passare dalla parte dei buoni. Buoni. Buono, io? Un essere senz’anima non può essere buono, diceva qualcuno. Andare a riprendermi l’anima per essere degno della donna che amo. Morire. Resuscitare. Morire di nuovo, quasi. Reinventarmi per l’ennesima volta la mia esistenza.
Tutto questo in solo nove anni. Chissà cosa mi devo aspettare dai restanti 91. Sempre se riuscirò a vederli.
Angel ne ha visti quattro, di secoli e non riuscirà a vederne un quinto. Come Buffy e tutte le persone a cui voglio bene. Tutti umani. Tutti mortali.
Fino ad ora non avevo pensato all’eventualità di vederli morire.
Non voglio che succeda. Ne uscirei devastato. Non riuscirei a sopportarlo. Preferirei morire io, prima. Farebbe meno male.
È buffo che un non morto pensi alla morte in questi termini. Che ne abbia quasi paura. Io non vivo da talmente tanto tempo che ci dovrei essere abituato.
Un'altra dannazione dell’anima. Un altro castigo della redenzione. Se sei un non morto cattivo la morte in fondo non ti tocca.
È il tuo dono.
Ma se sei un non morto “buono” allora sei condannato a vedere morire le persone che ami.
E’ sempre il tuo dono. Un dono crudele, in questo caso.
 
Forse dovrei uscire a ubriacarmi. Sarebbe sempre meglio che avere questi pensieri da checca depressa. Dev’essere l’effetto compleanno. Passa un anno e ti rendi conto di non aver combinato nulla di buono nella vita, o della non vita, a seconda dei casi. E ti senti inutile.
Chissà se esistono psicologi per vampiri. Forse mi sarebbe utile. Mi aiuterebbe a riordinare il caos che ho nella testa, quel groviglio di emozioni e pensieri che mi tormenta l’anima anche a distanza di anni.
 
Stupido vampiro sentimentale.
 
Con un gesto che oserei definire nervoso getto la sigaretta e rientro in casa. Devo uscire, altrimenti impazzisco sul serio.
Prendo lo spolverino e, ignorando volutamente il cellulare appoggiato sul letto esco. E se mi cercano, tanto meglio. Stasera non ho voglia di sentire nessuno. Ho già avvisato Faith che sarei stato irreperibile. Per una volta può succedere no? Che uno voglia stare per i cazzi propri. E se chiama Angel, che vada al diavolo.
Ignoro anche l’auto parcheggiata vicino all’ingresso. Ho voglia di camminare, e la fatica non mi spaventa di certo. Potrei farmi a piedi anche tutta la città. E non ci impiegherei nemmeno tutta la notte.
Altro vantaggio dell’essere vampiro. Velocità, forza, resistenza alla stanchezza.
Sono sempre stato un vampiro a metà, io. Non ho mai sfruttato veramente tutte le mie capacità. Non ho mai davvero permesso di emergere il vero me. Ma non ha importanza ora.
Adesso voglio solo trovare un pub e ubriacarmi fino a stare male. Anche una bella scazzottata non sarebbe male. E, perché no, anche una scopata non mi dispiacerebbe. Da ubriaco non me ne accorgerei. Mi sveglierei solo la mattina dopo con una sconosciuta nel letto, con un mal di testa allucinante e pieno di sensi di colpa.
No, forse la scopata è da evitare. Limitiamoci alla sbronza e alla rissa.
Sto camminando da qualche minuto, in mezzo ai comuni mortali quando in fondo alla strada intravedo l’insegna di un locale.
 
“Club Valace”
 
Suona interessante. È quel che ci vuole per dimenticare. Dopo un istante di esitazione, e un occhiataccia del buttafuori, entro. È buio all’interno, e pieno di gente. Un ammasso di corpi accaldati ed eccitati. Coppie che si strusciano sensualmente al ritmo della musica. Il volume è un troppo alto per i miei gusti ma non importa. Non è il ballo che mi interessa, ma il bere.
Attraverso la pista, driblando un paio di prostitute che si attaccano a me come un edera. Non le degno di uno sguardo. Punto al bancone del bar.
Un quarto d’ora e quattro gin dopo la testa inizia a girarmi. E comincio a dare i numeri. Ho già chiesto il numero di telefono e un appuntamento a metà delle ragazze di questo locale. E poi la vedo.
Sicuramente è un allucinazione perché non può essere vero. Non può essere lei e non può essere qui. Semplicemente non può essere Buffy.
Quindi sono già bello ubriaco, ma non importa. Voglio godermi questa visione che, fasciata da un tubino nero che mette in risalto le sue curve, i tacchi alti e i capelli dorati sciolti sulle spalle, sorridente si avvicina verso di me.
 
“William, cosa ci fai qui?” domanda e poi l’oblio s’impadronisce di me.
 
   
 
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