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Autore: The Cactus Incident    21/09/2012    5 recensioni
Stavo suonando con tutta me stessa per scaricarmi e non pensare a per quale cazzo di motivo non mi parlava se era stato lui a cominciare, quando la mano bianca e ossuta di Jimmy si posò sul mio polso che si muoveva freneticamente.
Alzai di scatto la testa, nervosa e lo trovai a mostrarmi un sorriso tranquillo che contagiava anche quelle iridi così azzurre nascoste dietro gli occhiali.
“Faccio troppo rumore?” “Non abbastanza da coprire quello del tuo cuore che si spezza e sanguina”
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Matthew Shadows, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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sch chapter 20



Meg P.O.V.

La mattina dopo venimmo svegliati da dei colpi sul portellone del furgone, segno che stavano per aprire. Alzai al testa dal cuscino e afferrai la gamba di Brian cominciando a scuoterla.
“Bri…. Bri svegliati” biascicai, ancora mezza addormentata. “Si Mich…. così….. Mi piace”
Oh Cristo. Alzai gli occhi al cielo e mi sollevai, mettendomi a cavallo delle sue gambe, cominciando a scuoterlo per la maglietta.
“Haner dai! Alza il culo!” dissi con un po’ di grinta in più, ma proprio poca, essendomi appena svegliata era già tanto.
Brian aprì gli occhi e mi guardò, dopo il primo secondo sgranò gli occhi.
“Che cazzo ci fai addosso a me?!”
“Voglio stuprarti” Sgranò gli occhi scandalizzato.
“Che?!?!”
“Ma sei coglione? Provo a svegliarti, idiota! Sono tre ore che bussano” a quel punto il portellone si aprì uccidendo i nostri poveri occhi e mostrano me a cavallo di Brian.
Da qui partirono i fischi e strani versi.
“Ehi ragazzi bastava dirlo ieri sera, vi avremmo dato qualche altro minuto” disse Cam prendendoci in giro e facendo ridere tutti, beccandosi però un bel dito medio da parte mia. Scesi da Brian e mi sedetti, recuperando le scarpe da dentro il borsone.
Dopo essermi allacciata le Converse nere mi alzai in piedi e mi stiracchiai.
Tutto sommato non avevo dormito tanto male. Mi ero aspettata peggio. Grazie al vetro rotto non avevo avuto caldo ed ero stata abbastanza comoda. Mi guardai attorno per scoprire che eravamo in un autogrill. Presi le mie cose e mi avviai verso il bagno per darmi una rinfrescata e lavarmi la faccia.
Quando uscii da lì e andai a rimettere le cose a posto, guardai la mai tracolla e mi ricordai del regalo di Brian. Presi la busta viola col fiocco argentato un tantino stropicciato e andai alla ricerca di Jim.
Lo trovai che armeggiava con un distributore.
“Rev, abbiamo un regalo da consegnare” aveva una cassetta degli attrezzi e stava davanti a questo distributore automatico di merendine, all’esterno dell’autogrill.
“Vuoi dire che quel tipo ce l’ha fatta?” disse sbalordito, mentre armeggiava con un cacciavite.
“Te l’ho detto: ho gli agganci giusti” dissi soddisfatta, incrociando le braccia al petto.
“E soprattutto i favori giusti da chiedere”
“Sssh, dettagli. Piuttosto, mi devi dare la tua parte dei soldi e dobbiamo darlo a Brian”
“Di corsa, ma quanti biglietti sono?”
“Tre” diede un pugno alla macchinetta e questa si aprì.
“Signorina, scelga qualcosa per la colazione” disse facendo un gesto verso il distributore, poi continuò a parlare. “Uh, spero sia abbastanza saggio e giusto da darne uno a testa a noi due” continuò poi.
Guardai per un attimo Jim in viso, che con una tranquillità spaventosa mi chiedeva di rubare merendine. Gli sorrisi e mi affacciai, così dopo una rapida occhiata ne presi qualcuna e le misi in borsa, mentre ne mangiavo una. Dopo il primo morso afferrai anche una bottiglia d’acqua e una di succo d’arancia. Giusto per fare colazione.
Lui ne riempì una borsa fin quasi a svuotare il distributore e poi lo richiuse come se niente fosse. In effetti con quei vestiti larghi e la cassetta sarebbe potuto passare per uno della manutenzione.
“Spero di si e male che và, una telefonata e vedo se riesco ad ottenerne ancora un paio, sempre a prezzo super stracciato, s’intende”
“Ma come fai?” disse sbalordito mentre scartava una merendina.
“Mi sono chiesta la stessa cosa quando hai aperto quel distributore” scrollò distrattamente le spalle.
“Non è niente, Matt riesce a far rimbecillire gli sportelli automatici delle banche e a farsi tirare fuori qualche centone. Mai più di trecento dollari, ma comunque bei gruzzoletti”
“E non l’hanno mai beccato?” Cazzo, non sapevo che Matt facesse cose simili. Non me lo sarei mai aspettato.
“A quanto ho capito il cugino gli ha passato un aggeggio che manda in corto le telecamere e lo sportello, così lui preleva e nessuno lo vede”
“Wow!”
“Wow si, ma non lo usa quasi mai: ha paura di essere beccato, ovviamente”
“E fa bene”
“In effetti si, ma in questi giorni in tour ci ha salvato dalla fame un paio di volte e poi lo usano a turni lui e Abell”

Parlando tranquillamente arrivammo di nuovo al furgone dove Brian stava strimpellando la chitarra acustica di Matt. Io e Jim ci piazzammo davanti a lui e lui alzò la testa, si tolse la sigaretta dalle labbra e ci guardò.
“Ehi, che succede?”
“Taaanti auguri a teeee, taaanti auguri a teeeee! Tanti auguri a Bria… Syny… a Gaateees, Tanti auguri a teeee!” cantammo in coro, inceppandoci pure su come chiamarlo. Io gli porsi la busta e Jim un paio di merendine.
“Oh ragazzi, grazie. Non dovevate preoccuparvi. Per me essere in tour con voi è già tanto!”
“Ok, allora se permettete il regalo lo tengo io” disse Jimbo afferrando la busta, visto che prima di tutto Brian aveva arraffato le merendine.
“Ehi, scherzavo. Allunga la busta” disse il chitarrista serio e io scoppiai a ridere.
“Mamma quanto sei permaloso” bofonchiò Jim facendo l’offeso e ridandogli la busta che Gates afferrò senza troppi convenevoli.
Con una merendina in bocca, la sigaretta fra due dita e la chitarra in grembo, Haner aprì la busta e quando capì di cosa si trattava sgranò gli occhi allucinato. Mise in salvo la chitarra prima di buttarsi ad abbracciare me e Jim, rischiando di spiaccicarmi la merendina nei capelli mentre farfugliava senza senso. Si tolse il prodotto dolciario dalla bocca e parlò con gli occhi quasi pieni di lacrime.
“O mio dio ragazzi! Cazzo non ci posso credere! Tre biglietti per il concerto dei Metallica! Ed è la data di Los Angeles! I biglietti sono esauriti da mesi! Come diamine avete fatto?!” disse abbracciando e baciando entrambi su guance, fronte, naso, capelli con le labbra ancora sporche di briciole e zucchero…… una schifezza, insomma.
“Bro io ancora non l’ho capito, ho solo sborsato i quattrini. E’ tutto merito di Meggie” mollò la presa da Jim e prese a stringere solo me, mentre saltellava.
“Meg! Oddio ma io ti amo! Ti giuro che non ti chiamerò mai più Nessie per il resto della mia vita”
“Si, sono un genio” dissi convinta e per una volta non rispose con battutine sarcastiche ma mi sorrise e strinse forte fra le braccia.
Torturare Haner e metterlo in croce era una cosa che ho sempre amato, ma se c’era una cosa che adoravo di più era vederlo così felice per merito mio.
Dopo un po’ mi lasciò e si voltò verso me e Jim, ancora un sorrisone stampato in faccia.
“Logicamente andremo noi tre insieme, eh” a quel punto fummo io e Jim a buttarci su Haner e stringendolo in un sandwich amichevole cominciammo a saltare tutti e tre insieme, come dei dementi, mentre le persone nel parcheggio dell’autogrill ci guardavano come se fossimo pazzi. E mica si sbagliavano.

Stacey P.O.V.
“Tintura per capelli” Haner osservò il flacone quasi terrorizzato “Perché tintura per capelli?”
“Per tingerti i capelli, mi pare logico”
“Ehi, è nera?” Chiese Meg, facendosi vicino e osservando il colore. “Uuuh si, nera! Me ne servirebbe un po’ per via della ricrescita”
“Tienila tu, allora” disse Haner piazzandogli in mano la scatola.
“Ma a me ne basta poca. Possiamo usarla entrambi”
“Perché volete tingermi?” chiese terrorizzato il ragazzo, guardandomi.
“Perché quei capelli castani con quelle cose bionde ogni tanto sulla testa non si possono guardare” asserì Alice e io le fui subito dietro
“E poi l’ha detto anche tu, no? Che volevi tingerti”
“Uhm….. ok”
E quindi eccoci qua, nel bagno del locale dove devono esibirsi a fare tinture a mezzo “staff” (si, in questo cazzo di tour sono tutti tinti e tutti di nero): Zack, Meg, Brian, Matt e Val. Dio lodi il mio blu scuro e i miei capelli con la crescita lenta.
Meno male che per qualche strano motivo, Val ha quelle scorte di tintura da parrucchiere, perché altrimenti non ce l’avremmo mai fatta.
Il primo fu Brian.
“Uh.. carne fresca” commentò Alice con un sorriso maligno, mentre si avvicinava al ragazzo brandendo il pennello. Brian ingoio a vuoto, terrorizzato.
Rimase tutto il tempo a dire “Pizzica, brucia, puzza” mentre si dondolava in modo sinistro con il sedere poggiato al muro. Meg se ne andava tutta tranquilla e saltellante con quella roba in testa, Matt s’era seduto in un angolino con le cuffie nelle orecchie e se ne stava per i cazzi suoi a leggere una rivista. Zack parlava tranquillamente con me ed Alice e ogni tanto si grattava la testa con il pettine.
“Comunque, siamo dei gay, cazzo” commentò Brian ad un certo punto e giusto per dare più enfasi, Zack se ne uscì con un “Stacey mi metti lo smalto?” nello stesso istante in cui aveva parlato il primo.
“Ecco appunto” bofonchiò l’altro chitarrista.
“Bri, lo vuoi pure tu?” chiesi mentre recuperavo la boccetta dal beauty.
L’ex biondiccio scrollò le spalle “Perché no”
Praticamente avevamo occupato il bagno e ne avevamo fatto un centro estetico. Fra poco avrebbero anche dovuto esibirsi, quindi altre tre ore per truccarsi….
Minchia se erano gay.

“Sty per favore… sto morendo” m’implorò Brian.
“Cazzo ma è la prima volta che ti tingi?”
“Una volta mi sono decolorato, ma non era così. Brucia, cazzo!”
“Che cazzo di decolorazione hai fatto se non bruciava?” chiese Zack, l’ex decolorato laterale che avevamo tinto completamente di nero.
“Ma non lo so! Mi aiutò Michelle” si grattava in modo convulso col pettine.
Controllai l’orologio.
“Dai, possiamo sciacquare” Lo ficcai di testa sotto al lavandino e mentre gli frizionavo la testa emetteva strani versi. “Ah….si…. Oh Dio si…. finalmente! Che goduria…!”
“Haner se non la pianti ti spacco il culo, intesi?” Commentò Matt togliendosi una cuffia e abbassando una rivista. Sembrava proprio una di quelle vecchiette che passa i pomeriggi dal parrucchiere.
“La tua ragazza è un ché di eccezionale con le mani” per tutta risposta si beccò una ginocchiata sui gioielli mentre continuavo a sciacquargli la testa.
“Brava amore” si complimentò Matt sorridendomi e io feci un segno della testa nella sua direzione.
Gli passai lo shampoo due volte e poi finalmente gli feci tirare sopra la testa.
“Toh’ guardati” i capelli che non arrivavano a coprire le orecchie, adesso erano tutti di un nero corvino che faceva risaltare i suoi occhi scuri.
“Wooooah!” commentò osservandosi allo specchio.
“Alla faccia Sty! Sono un figo!” commentò passandosi una mano fra i capelli bagnati e tirandoseli indietro, mi schioccò un bacio su una guancia e salutò.
“Grazie di questo bel regalo di compleanno. Io esco da qua dentro che puzza. Ci si vede nel parcheggio” e uscì mentre già si piazzava una sigaretta fra le labbra.
Dopo aver sciacquato tutti, ripulimmo alla meglio e sgommammo a sistemare il merchandising per il concerto.

Il tour procedeva tranquillo e spedito e così fu per una settimana. Meg si rendeva più che utile e dava una mano quanto più possibile.
Mancavano dieci giorni al termine del tour, quando quella mattina Zack cominciò ad urlare come un ossesso.
Ci eravamo fermati da poco ad una stazione di servizio, che il ragazzo aveva preso a sparare insulti con una faccia allucinata mentre si teneva la mano destra.
“Zack? che cazzo succede?” chiese Matt avvicinandosi. Zack si teneva la mano destra con la sinistra e provava a muoverla, lentamente.
“La mia fottutissima mano!”
“Ti fa male?” chiesi io e lui imprecò addentandosi un labbro.
“Mi fa male? Da quando Meg mi ha picchiato mi fa male! Oggi non mi fa male! Non si muove decentemente, cazzo!”
“Ti fa male la mano?! E tu è una settimana che suoni tutte le sere con una mano fuori uso!??!?!” Sbottò Matt urlando. Il mio ragazzo era dannatamente stressato.
“Si porca puttana, ma non credo di poter continuare! Il dolore posso sopportarlo, ma come faccio a suonare se non si muove?”
“Zack, da un medico. Ora” fece minaccioso Jim incrociando le braccia al petto.
Jimmy, Cam e Zack s’infilarono nell’auto e se ne andarono alla città più vicina alla ricerca di un pronto soccorso o qualcosa di simile.

Meg P.OV.
Esito dell’infortunio:
“Non posso muovere il polso per almeno due settimane” Disse Zack a testa bassa mentre si teneva la mano destra, fasciata. Matt si tirò una manata colossale in faccia.
Volevo sotterrarmi, in un angolo dietro al furgone. Era colpa mia se Zack era fuori uso per tutta la fine del tour. Sinceramente mi dispiaceva per i ragazzi, di Zack non me ne fotteva un cazzo.
“E adesso? Dove cazzo lo becchiamo un chitarrista che conosca tutte le nostre canzoni?” Sbottò Matt frustrato, tirando un pugno al furgone “Per di più mancino!” a quel punto Brian voltò il viso verso di me.
Dopo qualche secondo avevo tutti gli occhi puntati addosso.
“So di avergli fatto male io, ma non vorrete mica uccidermi?” dissi terrorizzata, un sorriso nervoso sulle labbra.
“Meg tu sei ancora mancina, vero?” chiese il neo bruno.
“Bri prendi per il culo? E’ una vita che caghi il cazzo perchè scrivo con la sinistra”
“Ma suoni ancora, vero?”
“Certo che si”
A quel punto capii dove volevano andare a parare.
“Ohhh no. No no no no! Io sul palco al posto suo non ci salgo nemmeno se mi pagate!”
“TU! Nana infame vieni qua!” urlò Matt correndomi dietro.
Merda, Shad incazzato alla calcagna non l’avevo mai avuto.
Vi dico solo che finii su un albero e che mentre lui saliva io saltai giù all’altro alto dove però mi trovai Jim davanti con le braccia incrociate. Lo guardai dal basso della mia posizione accovacciata post salto, sembrandomi fottutamente alto.
“Tu hai fatto il danno e tu lo ripari. Forza, assumiti le tue responsabilità, ragazza” Mi offrì una mano per rimettermi in piedi e io l’accettai, segno anche che mi ero arresa.
“Ok, suono io” annunciai a Matt che era appena saltato giù dall’albero, ricordandomi vagamente King Kong.
“Uhm bene. Zack, Syn, datele una mano” ordinò il leader, ma non aveva capito che io non sono di certo uno dei suoi chitarristi.
A me i piedi in testa non me li metti e per di più non mi obblighi a lavorare con Zack.
 “Ah non pensarci proprio. Del Povero Martire voglio solo la chitarra, mi aiuta Brian”
“Ma…!” “Ma un corno Matt. Suono io? Decido io chi deve insegnarmi o così o ci metti Seward a suonare la chitarra” Sbuffò e si voltò a direzione del nostro gruppetto, a qualche metro di distanza.
“Seward?! Suoni la chitarra?”
“No, ma sono un bassista migliore di Justin!” urlò speranzoso il nano.
“Vaffanculo! Non mi servi!” urlò scocciato il cantante. Si voltò verso di me e fece un sorriso tirato.
“E sia. Chitarra di Zack e Brian per professore. Divertitevi” e se ne andò bofonchiando bestemmie di vario genere dirette a me, Zack, una capra, un frullatore e Dio.
Guardai Brian, poi Jimmy e poi mi diressi anche io verso il furgone.
“Ci sarà da divertirsi” commentai sarcastica.

Afferrata l’elettrica di Zack, io e Brian passammo tutto il tempo a suonare e suonare e risuonare tutti quei dannatissimi pezzi. Ma quanti diamine erano?
Ne conoscevo buona parte, ma li avevo imparati qualcosa come due anni prima, non li ricordavo quasi più! E poi tutti quelli nuovi… Cristo santissimo.
In più fra due giorni c’era anche un festival di tre concerti in tre città diverse e un concorso per band hardcore a cui avremmo dovuto assolutamente partecipare (a quanto avevo capito, era il quarto concorso che si facevano in due mesi e mezzo e i primi tre li avevano vinti tutti, mentre il festival era qualcosa come il sesto o il settimo….) quindi dovevo impegnarmi più di quanto già non facessi.
Detestavo il fatto di dover suonare quella dannata chitarra, ma non avevo scelta: o quella o l’acustica di Matt con le corde girate e proprio non mi sembrava il caso.
“I cori li sai?” domandò ad un certo punto Brian.
“Cori?” Chiesi scandalizzata alzando la testa dalla chitarra e puntando lo sguardo su un Brian con le palle piene.
“Non so se hai notato che sul palco io e il caro chitarrista a cui hai quasi rotto una mano, cantiamo. Li sai i cori si o no”
“Approssimativamente”
Altre due ore solo per imparare la scaletta della serata e si trattava di otto fottutissime canzoni.
Ma, ehi, ci riuscii.
Facemmo il soundcheck e poi andai a prepararmi. Alice si mise ad armeggiare con i miei capelli e con il trucco.
“Sully, è hardcore, non devo sembrare Marilyn Manson”
“Non sembrerai Manson, tranquilla”
Alla fine avevo i capelli tutti perfettamente piastrati e con le punte un po’ alzate, ma non in modo da vecchia, in modo un tantino emo, le cavità oculari abbondantemente nere e la faccia di un bianco cadaverico.
“Maledetta me quando ho deciso di seguirvi in questo cazzo di tour” commentai mentre saltellavo sul posto, davanti al palco per riscaldare un po’ i muscoli.
“Quanto tempo è che non ti esibisci?” disse Haner divertito mentre scioglieva i muscoli del collo. Alzai lo sguardo e osservai i suoi capelli. Aveva fatto la riga nel mezzo con i ciuffi che gli ricadevano sul viso, tenuti su dalla vertigine sulla fronte e rischiando di andargli negli occhi, dandogli un ché di tenebroso. Gli occhi truccati di nero e il viso pallido, molto simile a me. Stava decisamente meglio così che con quei cosi biondicci e tirati indietro.
“Uhm…… il talent show al liceo alla fine del secondo anno”
“Cazzo Meg, era il 98!” sbottò scandalizzato.
“Già” come a dire ‘Non aiuti’.
“Minchia Meg, era il millennio scorso”
“Uhm, lo so Haner, non infierire. Spero solo di ricordarmi ancora come si fa”
“Tu sei una bestia da palco, te lo dico io” disse guardandomi convinto.
“Come fai a saperlo? Non lo so io!”
“Ti conosco da troppo. Lo so e basta” si voltò verso di me e posò le mani sulle spalle, abbassandosi un po’ per guardarmi diritto negli occhi.
“Tu ce l’hai nel sangue Meg, e per quanto tu voglia rinnegare l’uomo di cui porti il cognome, il suo sangue scorre nelle tue vene insieme alla voglia di fare musica”
“Questo non dovevi dirmelo, stronzo” dissi sentendo gli occhi farsi pieni di lacrime. Me le asciugò col pollice.
“Sssh, adesso non è il momento, ti si squaglia il trucco. Dicevo… Potrà anche essere stato il peggior padre del mondo, ma è un grande musicista e tu sei come lui. Ti dico per esperienza personale che appena salirai là sopra saprai già cosa fare. Siamo sulla stessa barca, Meg, in nostro cognome si fa una reputazione e noi ci sputiamo sopra per ricostruircene una daccapo”
Mi mostrò il sorriso più dolce e fraterno che avesse mai fatto in tutti quegli anni di amicizia e poi mi abbracciò. Mi strinsi forte a lui, facendo collidere le nostre chitarre e provocando un suono orribile che rimbombò nella sala gremita. Scoppiammo a ridere e quando mi separai da lui notai che aveva gli occhi lucidi. Mi rimise le mani sulle spalle e mi guardò con più grinta di prima.
“Adesso vai là sopra e dimostra di valere tre volte quel pezzo di merda di cui porti la chitarra e dodici quello di cui porti il cognome, uhm?”
“Ehi! mio padre vale più di Zack! Almeno musicalmente parlando…”
“Così ti voglio! Suona per te stessa, fallo per te e per dimostrare che puoi fare tutto”
“Cazzo si Haner! Dovresti fare questo nella vita, ti riesce alla grande!”
“Il fratello maggiore?” disse lui orgoglioso.
“No, la cheerleader!” e corsi sul palco dietro a Matt. Si accesero dei faretti mobili di colore verde, rosso e blu e poi cominciammo ad accordare gli strumenti e provare i microfoni.
“Prova prova prova prova prova prova” Haner
“Prova prova prova muori prova prova vaffanculo prova prova” Jimmy.
“Prova prova prova prova. I’m a Barbie girl, in a Barbie world prova prova” io.
Mi beccai strane occhiate dal pubblico e sentii anche un paio di “Ma chi cazzo è questa?” ma feci finta di nulla, tutto sommato avevano ragione.
“Prova prova prova, ok, funziona. Buona sera! Noi siamo gli avenged sevenfold. Scusateci, ma il nostro secondo chitarrista ha avuto un infortunio e l’abbiamo momentaneamente rimpiazzato” a quel punto smise di parlare in modo comprensibile e attaccammo a suonare Remissions, mentre lui screamava come una bestia.
Una vera esibizione (o almeno qualcosa di simile) di più o meno quaranta minuti.
Ah, Brian aveva dannatamente ragione. Per quanto potessi rinnegare e odiare mio padre, mi aveva lasciato un DNA niente male che mi tramutava in una bestia da palco che lasciò tutti a bocca aperta.
Matt forse si aspettava che tutto il mio coraggio, sul palco evaporasse, che sarei rimasta in un angolino oscuro, magari pure dietro a Jimmy mentre lui avrebbe avuto tutto lo spazio per muoversi come una sorta di tigre chiusa in gabbia, ma non fu così. Non fu per niente così.
Per sua sfortuna, eravamo “compagni di cella” e quello spazio non bastava nemmeno a me.
Il pubblico sembrava apprezzare parecchio la sostituta dei sevenfold e io non potei far altro che esserne ben felice.
Mi stavo divertendo come non mi capitava da anni. Salire sul palco era una cosa dannatamente eccitante e quando la gente se ne accorge di quanto tu ti stia divertendo, s’esalta anch’essa.
Il concerto non durò molto, più o meno quaranta minuti, ma fu semplicemente stupendo. Il solo pensiero di ripetere quell’esperienza per ancora dieci giorni mi faceva venire la pelle d’oca dall’emozione.
Quando lasciammo il palco, col pubblico in visibilio, ero completamente su di giri (oltre che sudata). Mollai la chitarra vicino a quella di Haner e lui mi abbracciò, sollevandomi di almeno mezzo metro da terra.
“Sei stata una forza, cazzo!” Il terrore arrivò quando Jim e Juss cominciarono a tirarmi per aria e io urlavo per scendere, ridendo come una matta.
Anche Matt, suo malgrado, venne a complimentarsi. Aveva scampato parecchie palettate davvero per poco, soprattutto quando mi spostavo al centro del palco, spalla a spalla con Synyster (essere mancini è fottutamente divertente), ma tutto sommato era una coesistenza fattibile.
“Cazzo Meg! Sei stata eccezionale!”
“Oh JD! Fatti abbracciare!” dissi esaltata e la strinsi energicamente.
“Woh fai piano!” disse dandomi un paio di pacche su una spalla. “Scusa…” dissi separandomi da lei. In un angolo quasi buio notai che l’infortunato mi guardava con un mezzo sorriso dolce e malinconico, mentre beveva una birra.
“Allora! Vi prego ditemi che andiamo a festeggiare, per favore! Devo scaricarmi, cazzo!” Dissi saltando al collo di Jim che mi accolse fra le sue braccia con un sorriso.
“Oh nana, non saprei.. Val? Che si fa stasera?”
“Si rimane qui… domani il festival è a trenta chilometri, partiamo e arriviamo direttamente domani mattina”
“Quindi stanotte si dorme in albergo?” chiese Brian e Val scosse la testa.
“Seh, non sono riuscita a trovare uno schifo di posto in tutta questa dannata cittadina”
“Uhm.. ragazzi, scusate” Un signore alto e ben piazzato, con le braccia coperte di tatuaggi un po’ sbiaditi e la barba tagliata in modo strano si avvicinò a noi.
“Ho sentito che cercate un alloggio per stanotte” continuò.
“Si, Fredd” Disse Val facendo un mezzo sorriso al tipo. Lo conosceva?
“Beh, stasera siete stati davvero formidabili, ho fatto degli incassi da record e il tutto grazie al vostro concerto. Ho una casa completamente vuota. Non credo ci siano letti sufficienti per tutti, ma è abbastanza spaziosa e ha tre bagni (unica cosa buona di quel posto). Se a voi sta bene potreste passare lì la notte”
“Oh Fredd, sul serio?!” chiese Val facendogli un sorriso spaventoso.
“Certo! Mi ricordate me alla vostra età. Anche io feci un tour molto sgangherato” rise fra sé “Ah… bei tempi… Comunque, v’interessa?” disse facendo un sorriso, sicuro della nostra risposta.
“Certo che si!” rispondemmo (più o meno) tutti in coro.
“Ahahah! Perfetto! Val, vieni con me che ti spiego dove si trova e ti do le chiavi”
“Certo, Jim, a rapporto”
“Certo madame” e i tre si dileguarono, mentre noi andavamo a lavarci (a turno, come sempre).
Davvero intelligenti questi locali con le docce, eh.

Finito di sistemare tutti gli strumenti, le magliette (avevamo avuto buoni incassi quella sera) e che si fossero lavati tutti, andammo alla casa dataci per una notte da Fredd, nel centro della cittadina.
C’erano un letto matrimoniale e quattro singoli, ma c’erano due divani enormi e i tappeti erano alti e comodi. Noi avevamo cuscini e coperte, quindi ci saremmo stati più che bene.
Anche se disabitato, era molto pulito, sembrava dimesso da molto poco, in pratica.
Sistemammo tutto e a quel punto, decidemmo che non era proprio il caso di rimanere rintanati dentro.
“Gente, se v’interessa dei fan ci hanno invitato a una festa. Hanno detto che visto che siamo noi, la band e la nostra crew avranno tutto gratis!” disse Jim raccogliendo i consensi di tutti.
A questo punto devo ancora spiegarvi perchè decidemmo di non rimanere a dormire?
Arrivammo ad una pista da skate a cui c’era un po’ bel po’ di gente e cosa migliore di tutto: alcol gratis. Jimmy si avvicinò ad un tipo secco e tatuato, con un cresta verde acido, sorpassando tutta la fila e questo strinse la mano con un sorriso a Jim, per poi timbrare la mano a tutti noi senza sborsare nemmeno un centesimo. Cosa che notai, noi avevamo un timbro rosso, mentre a tutte le altre persone era nero.
Wow, già mi piaceva essere una mezza vip.
Il ragazzo ci salutò con un “Ci si vede domani al festival!” e poi ci lasciò liberi di scorrazzare per il posto. C’era parecchia gente che faceva skate e alcolici gratis (almeno per noi), musica metal a palla e gente che ci fermava per complimentarsi con noi e in alcuni casi chiedere anche un autografo.
“Tu, cristo santo sei un mito! Non ti avevo mai visto con loro, sei nuova?” Era un tipo altissimo e ben piazzato, con la cresta, il piercing centrale al labbro identico al mio e con un tatuaggio sul collo, di lato.
Era decisamente carino.
“Il secondo chitarrista s’è fatto male e io lo sostituisco temporaneamente” spiegai tranquilla.
“Complimenti, stasera eri davvero una bomba sul quel palco. Hai mica un gruppo tuo?”
“No, sono una studentessa. Mi sono accodata al tour da poco”
“Io ho già seguito qualche altra data, ma questa è la prima a cui ti vedo, almeno sul palco. Sei la ragazza di Gates, vero?” aggrottai le sopracciglia. Ma come gli era venuto?
“Uhm… no, per niente” scrollò le spalle.
“Uh, allora meglio così” disse lanciandomi un’occhiata strana. Uh, qualcosa mi diceva che avevo fatto conquiste.
“Come hai detto che ti chiami?” continuò dopo un po’.
“Non l’ho detto infatti” Mi avvicinai al tavolo degli alcolici e presi un paio di birre. Una l’aprii subito con il portachiavi apribottiglie che tenevo al moschettone fissato al passante del jeans, l’altra la tenni in mano ancora sigillata.
“E non vuoi dirmelo?” fece quasi implorante, mentre bevevo.
“Tu come ti chiami?” chiesi in tono di sfida.
“Trevor”
“E io Meg”
“Piacere mio, Meg. Ti faccio vedere la festa?” Lo guardai negli occhi. Aveva un paio di occhi scuri e interessanti.
Tanto in qualche modo dovevo pur scaricarmi, no?
“Perché no”

Stacey P.O.V.
“*Take me down to the Paradise city where the grass is green and the girls era pretty!*” Saltai sul muretto, pericolosamente traballante e misi un braccio intorno al collo di Matt che oscillò ridendo prima di ricominciare a cantare.
“*Take! Me! Down! Yeeeeah!*” facemmo in coro e quasi mi affogai con lo strano intruglio alcolico che avevo nel bicchiere.
Ero abbastanza certa che ci fosse anche una qualche droga in dosi minime, perché non era il classico effetto dell’alcol. C’erano troppi colori. Beh, meglio così, avrei fatto prima ad andare fuori di testa.
“Braaava amore!” bofonchiò ridendo Matt facendo scontrare le mie labbra con le sue e facendo barcollare entrambi pericolosamente.
A quel punto mi sedetti con le gambe penzoloni dal muretto e attaccai a cantare una canzone dei Papa Roach, mentre Matt, ancora in piedi come su un palco, cominciò a fare “no” con testa e mani.
“Aaaah no. Tuuutti, ma non quel –hic!- culattooone di Shaaaaddix!”
“Ma vaffanculo! E’ un grande!” urlai io in difesa.
“Io sono un grande e ce l’ho pure grande!” Io continuai indisturbata a cantare insieme ad una tipa con i capelli fucsia a caschetto, un tantino più bassa di me che non sapevo nemmeno chi cazzo fosse, ma che si era seduta vicino a me e andava bene così.
“Iiiio sono trooooppo dotato –hic!- per l’intimo femmi-hic!-niiiiiile, veeero Val?” Continuò Matt, in direzione della sua ex decisamente andata anch’essa. Se fossi stata sobria, la cosa mi avrebbe dato fastidio, ma andata com’ero non ci feci caso.
Voltai stancamente la testa verso la tipa al mio fianco e smisi di cantare.
“Ehi mirtilla, che ce l’hai na sigaretta?” In risposta questa prima mi baciò e poi mi piazzò fra le labbra quella che a giudicare dal sapore era una Wiston blu.
“Gghazie” bofonchiai in risposta e quando mi voltai verso Matt lo trovai a un palmo dal mio naso che mi guardava come un bambino che ha trovato un enorme regalo sotto l’albero di Natale, ma che non è sicuro che sia suo. Le guance rosse d’alcol aiutavano a dare l’impressione che fosse un bimbo.
 “Posso stare in-hic!- mezzo?”
“Oooooh che cariiiino che seeei!” cincischiai in risposta buttandomi sulle sue labbra, mentre con l’indice sfioravo quelle stramaledette fossette che adoravo. Finii praticamente stesa su di lui, sul muretto, mentre gli mordicchiavo le labbra e lui rideva.
“Saaalve ragazzi!” Alzai la testa perchè distratta dal saluto di Haner che non aveva adescato una ragazza, ma bensì due e le teneva entrambe strette per la vita, entrambe le mani quasi sul culo, mentre se ne andavano nel parcheggio.
“Ehi bro, se ti serve una mano chiamaaaa!” Urlò Abell, poco distante da noi.
“Ma sono due gemelle?” Commentò Val che di gemelle ne sentiva la puzza da chilometri e forse aveva anche ragione, ma in quel momento la mia attenzione fu attratta da Matt che mi piazzò una canna in bocca e mi fece tirare una boccata, mentre ancora stavo stesa su di lui.
“E questa?” dissi una volta tirato fuori il fumo denso e dolciastro. Matt tirò una grossa boccata e poi stese il braccio, passandola a Rev che adesso notavo essere lì con noi.
“Boh, Rev passa, io fumo! Mi fai fare un tiro?” Gli feci aspirare dalla sigaretta e poi lo baciai, facendo passare il fumo dalla sua bocca alla mia, per poi tirarlo fuori.
Matt mi sorrise divertito (e parecchio andato) e poi si tirò sopra, facendomi ritrovare in ginocchio fra le sue gambe. Girai i piedi e mi adagiai con la testa sulla sua spalla, mentre lui teneva le mani puntate dietro di sé e reggeva entrambi. Tanto a farlo bere, fumare e a baciarlo ci pensavo io.

Non so quanto tempo passammo a quella festa, ma alla fine raccattata buona parte della combriccola, ce ne tornammo alla casa di Fredd, segnando il nostro cammino con abbondanti rigurgitate di tutti, nessuno escluso e in alcuni casi (tutti maschili) anche di qualche “Marcamento del territorio”, diciamo così, giusto per non essere volgari.
Arrivati alla casa, tutti collassarono un po’ ovunque e avrei fatto lo stesso anche io, se non fosse stato per il mio ragazzo sovreccitato che mi trascinò in bagno mentre mi mordeva il collo. Chiuse a chiave la porta, prima di sbattermici contro.
“Matt…. dai” “Sssh, che tanto so andati” sospirò facendo scivolare le mani sotto la maglietta, mentre faceva scivolare la mia di mano in altri lidi, nei suoi jeans.
Perché improvvisamente era lucido? Beh, se si parla di sesso gli passa sempre tutto.

La luce filtrava dalla finestra, la percepivo nella stanza in cui mi trovavo. Feci per muovermi e mi resi conto di avere qualcosa di decisamente pesante che mi rendeva difficile la respirazione e che la mia schiena protestava per aver passato la nottata in un posto non propriamente comodo.
Mi passai le mani sul viso e aprii gli occhi, trovandomi il testone di Matt sul petto, mentre ancora dormiva beatamente, la bocca un tantino aperta.
Dopo aver contemplato con aria da beota il mio ragazzo, mi resi conto di essere in una vasca di ceramica, in un bagno.
Mi guardai attorno stranita e poi arrivarono pian piano e molto dolorosamente tutti i ricordi della serata.
Il concerto, Fredd che ci presta casa sua, la festa, l’alcol, le canne, il ritorno a casa, Matt che mi trascina nel bagno e…. e qua la storia cambierebbe rating, quindi taccio.
Gli feci un paio di carezze sulla testa e sulle spalle nude, nella speranza risvegliarlo, ma sembrava una mezza impresa.
“Matt? Matt! Dai, svegliati! Mi stai comprimendo un polmone e tre costole…” Si mosse un po’, stringendo le braccia intorno alla mia vita e strusciando la guancia sul mio seno.
Avrei dovuto ricordargli di farsi la barba.
 “Mhh *gnof gnof* sei comoda”  sospirò sulla mia pelle, provocandomi i brividi.
“Grazie amore, ma non respiro” sbuffò sonoramente e puntando le mani nella vasca si sollevò un po’. Girò il viso verso il vuoto e sbadigliò sonoramente.
Cambiai posizione e sentii crocchiare tutta la spina dorsale. Non fu esattamente piacevole, ma il sorrisino di Matt alla vista di me in desabillè  a due centimetri dal suo naso, migliorò un po’ la cosa.
“Buongiooorno” disse alzando il viso e guardandomi finalmente negli occhi, ancora quel sorrisetto strafottente sulle labbra che gli illuminava anche gli occhi.
“Giorno Sanders, dormito bene?”
“Una favola. tu?”
“Una chiavica” corrucciò le sopracciglia e il sorriso sparì.
“Mi dispiace…” scrollai le spalle.
“Fa niente, la mia schiena tornerà a posto, prima o poi…” si morse un labbro mentre pensava e poi si tirò in piedi, nella vasca. Certe visioni dovrebbero essere vietate di prima mattina.
Mah, facciamo pure in tarda serata.
Mi offrì una mano e mi tirò sopra. Dopo avermi rimesso in piedi, afferrò il suo bagnoschiuma alla pesca (si, era adorabilmente infantile per certi versi) e chiuse la tendina, aprendo l’acqua calda e piazzando la cornetta nell’incastro in alto, avendo così le mani libere e il getto d’acqua calda diritto su di noi.
“Cos’è quel sorrisetto da maniaco?” dissi divertita, mentre mi beavo del getto caldo che mi scioglieva i muscoli doloranti, ma poco dopo, insieme all’acqua arrivarono anche le sue mani a massaggiare la mia schiena.
“Non molto. Mi sono impegnato di più con chitarra e basso” feci un mezzo sorrisetto e lo lasciai fare.

Quando uscimmo puliti e asciutti dal bagno (Matt con una asciugamano in vita era andato anche a recuperare un cambio d’abiti ad entrambi, nella stanza in cui avevamo mollato i borsoni, tutto mentre ancora la casa era in completo coma), la mia schiena stava decisamente meglio e Matt era tutto saltellante e orgoglioso di se stesso per avermi rimesso in sesto.
“Non sapevo fossi anche un mezzo fisioterapista” scrollò le spalle e mi lanciò un’occhiata da attore tenebroso e pieno di sé di una serie tv di quarta serie.
Un’occhiata alla Gates, in pratica.
“Ci sono molte cose che non sai di me, bambola” perchè sembrava una brutta imitazione di Presley estremamente esilarante e fuori luogo?
“E tu non sai che se mi chiami di nuovo bambola, avrai bisogno di supporti ortopedici per reggere il microfono”
“L’importante è che non intacchi le mie capacità riproduttive”
“Quello sarebbe uno spreco”
Mi lanciò un sorriso divertito scuotendo la testa e poi tutti i collassati cominciarono a riprendersi per mano di Val che si era svegliata e andava facendo caciara, il tutto mentre noi due ce ne stavamo sul balcone a fumare un paio di sigarette rubate ad Haner.
“Ti piacerebbe andare in Europa?” chiesi lui ad un tratto.
“Uh, il vecchio continente… una volta sono stata in Francia con i miei genitori, ma mi piacerebbe visitare l’Italia, o magari andare ad Amsterdam” dissi facendo un sorrisetto malizioso.
“Amsterdam non sarebbe per niente una brutta idea… i coffee shop, il quartiere rosso… uuuuh!”
“Affacciatici solo nel quartiere rosso e avrai bisogno di tutte le tue capacità da fisioterapista”
“Il mio corpo potrei anche cederlo ad altre, ma il mio cuore sarà sempre e solo tuo” disse con fare teatrale, mettendosi il dorso della mano sulla fronte.
“Dopo di ché, anche una bambola gonfiabile si lamenterà della tua prestazione”
“Addirittura?”
“Sei fortunato che non abbia nominato “Federica la mano amica”, invece della bambola gonfiabile”
“Si, in effetti sarebbe anche peggio” alzò un palmo e se lo scrutò. “Se si lamentasse anche lei sarei proprio fottuto”
“Chiedi a Seward com’è sentirsi rifiutato anche dalla propria mano” scoppiò in una fragorosa risata e un flacone di deodorante vuoto lo beccò sulla testa, producendo un rumore metallico che non avrebbe dovuto emettere una testa umana.
“Qua c’è gente che prova a riprendersi, stronzo” biascicò il bassista dei sevenfold, che col passare delle settimane in tour era diventato sempre più acido.
“Scusami un momento” sospirò Matt sulle mie labbra, prima di piazzarmi la sua sigaretta fra di esse e rientrare dentro urlando un paio di cose per niente carine a Justin.
Il posto di Matt sul balcone fu occupato da Meg che dopo una doccia aveva ancora un aspetto rincoglionito.
“Buongiorno” emisi e lei grugnì.
 “…ngiò….”
“Andiamo bene, eh?” Si stiracchiò alzano del braccia e mostrando quella sorta di rosone gotico che aveva tatuato alla base della schiena.
“Alla grande…..” disse sarcastica.
“Ti sei divertita ieri sera?”
“Si, per quello che mi ricordo. C’era anche un ragazzo… T… Tylor… no, Trevis… forse… non ricordo” scoppiai a ridere.
“Cazzo mi sembri Haner. Sei messa proprio male, ragazza”
“Una chiavica. A proposito del misterioso tipo T…. hai mica le pillole?”
“Per il mal di testa?”
“No genio, mica mi ha fatto venì il mal di testa. Dico quelle del giorno dopo”
Piiiiccola, era un tantino imbarazzata. Uno che non la conosceva o che comunque la conosceva poco non l’avrebbe mai notato, ma al suo tenere le mani in tasca (tipico di lei) si era aggiunto un leggerissimo stingersi nelle spalle, tipico di quel leggero imbarazzo.
“Ah quelle! Si, dopo te ne do una… Quindi ci siete andati giù pesante?” si grattò la testa, provando a ricordare qualcosa di più.
“Per quanto mi ricordo…”
“Vuoi qualche ultimo tiro di una sigaretta che una volta apparteneva a Matt?” scrollò le spalle.
“Perché no” Le passai la sigaretta e si poggiò alla ringhiera del balcone, guardando distrattamente in strada.
“Non doveva essere granché questo Mr. T” commentai io.
“No, tutt’altro, ma ero talmente andata…. e lui non era messo meglio di me. Era anche parecchio simpatico”
“Beh, ormai è andata” Spensi la sigaretta sotto la suola della scarpa e la buttai in strada. Dopo poco Meg ripeté lo stesso gesto.
“Dai, andiamo a recuperare sta pillola” dissi mettendole un braccio sulle spalle, mentre entravamo e lei me ne mise uno in vita. Qualche volta provavamo ancora a fare al contrario, ma il divario di altezza che passava fra noi due non permetteva che resistessimo a lungo così.
“La sicurezza non è mai troppa! Non voglio un figlio da uno con la cresta nera e rossa” disse.
“Uh, però, figo”
“Te l’ho detto che non era niente male”



Dajeeeeeeeeeeeee!
Sono di nuovo qui, ancor aio, ancora a cagarvi il cazzo con questa storia v.v
Con l’ultimo capitolo credo di aver ucciso parecchie recensitrici DDD:
Scusatemi, mi serviva e saprete il perché v.v
Non c’è molto da dire….. tranne che invidio Haner per il suo regalo di compleanno e che immaginatevi Trevor (si chiama Trevor, giusto?) come un figo v.v
Ho un gatto *-* Credò che lo chiamerò Stark, come Tony Stark perché ha la faccia da stronzo :’)
Volevo chiamarlo Loki, ma mia madre avrebbe avuto da ridire v.v (“Hai chiamato il gatto come un medicinale!”)
Beh, un bacione ha chi ha recensito lo scorso chap <3 (non ricordo nemmeno se vi ho risposto, sono troppo sfasata, sono una persona ignobile)
See ya next time!
The Cactus Incident
  
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