Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: REAwhereverIgo    22/09/2012    4 recensioni
Che succederebbe se una ragazza con autostima pari allo zero si innamorasse di un bellissimo motociclista? E se le sue sorelle si mettessero in mezzo per darle una mano, rischiando di peggiorare la situazione?
Spero che questa storia sia di vostro gradimento, io di sicuro mi divertirò a scriverla! Rea
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Il sogno

 

I piedi di Rea si erano mossi da soli, lei non si rendeva quasi conto di dove stava andando. Era notte fonda, ma non aveva paura come al solito, perché, se anche le fosse successo qualcosa, non le importava. Ormai non le importava più di nulla, voleva solo trovare un modo per stare meglio.

Probabilmente era troppo presto, perché i cancelli erano ancora chiusi e non c’era nessuno nei dintorni, così si sedette sul muretto del marciapiede e attese. Faceva freddo e si strinse nel pesante giacchetto che aveva addosso. Non era l’ideale avere solo quello e il pigiama indosso a gennaio e, soprattutto, alle sei del mattino. Nemmeno il sole era ancora uscito fuori, figuriamoci.

Rimase in attesa quasi un’ora, sentendo le ossa congelarsi e la gola dolere. Forse non era stata una buona idea, in fin dei conti.

Il guardiano arrivò intorno alle sette, e sgranò gli occhi quando la vide.

“Non sei mai venuta” la salutò. Lo conosceva, per caso?

Come scusi?” chiese confusa. L’uomo le prese il viso e la guardò.

“Sapevo che prima o poi saresti arrivata. Lo avevo detto a tua zia” le spiegò. Pareva sapere chi lei fosse.

Ma mi conosce?” s’informò la ragazza, leggermente preoccupata. Il signore annuì gravemente.

“Io mi ricordo di te” rispose, lasciandola andare. Aprì un piccolo casotto e vi entrò, per poi uscirne con una coperta in mano.

“Sei congelata, mettiti questa” le disse, coprendole le spalle. Rea era stupita da tanto calore, ma non proferì parola.

“So perché sei qui, quindi seguimi” le ordinò. Non aveva senso, tutto questo non aveva nessun senso, ma la ragazza era stanca e affaticata, e non ce la faceva a controbattere.

Le pietre, alla luce della lanterna del guardiano, erano spettrali. “Bel gioco di parole” commentò la sua testa. Le parole incise sopra di esse brillavano quando loro passavano, evocando nomi di persone scomparse. C’era un senso tremendo di morte e nostalgia, lo si poteva quasi toccare con mano.

“Le tombe sono quelle” le indicò l’uomo, illuminando due lastre di marmo nero. Sopra c’erano le foto dei suoi genitori, sorridenti e spensierati. Vivi. Le venne da piangere a vederli lì, in quelle due piccole cornici bianche un po’ consumate dalle intemperie.

Si inginocchiò di fronte alle lapidi e lesse la scritta. Era la stessa per entrambi.

Qui riposano Valeria e Francesco. Amici validi, genitori stupendi e persone meravigliose. Con tutto l’affetto di questo mondo pronunciò Rea ad alta voce.

“Tua zia viene qui ogni settimana a cambiare i fiori” la informò il guardiano, indicandole i due vasi di rose che riposavano placidi vicino alle foto. Erano così belle che stonavano in quel posto.

Può lasciarmi sola?” gli chiese la ragazza, guardandolo supplicante.

“Sei hai bisogno vieni pure a cercarmi, io sono qui vicino” le rispose lui, andandosene.

Una volta rimasta sola, lei si mise a piangere.

Mamma… papà…” sussurrò con voce tremante. Dio, quanto gli mancavano. Erano un pezzo del suo cuore che si era staccato ed era rimasto lì, sepolto nel marmo. Come mai loro per primi l’avevano abbandonata? Non era giusto che una bambina di quattro anni rimanesse sola così, da un giorno all’altro.

Si sentì mancare il respiro e il cuore iniziò a batterle forte in petto. Forse stava morendo. Era il posto migliore, in fin dei conti, un cimitero. Ma non voleva. Nonostante pensasse di voler far terminare quel dolore che la stava consumando dall’interno, non voleva assolutamente morire. Doveva combattere contro sé stessa per riuscire ad arrivare almeno dal guardiano, ma non riusciva ad alzarsi in piedi.

Aiuto…” sussurrò. Strinse i denti e, con tutta la forza che aveva in corpo, aprì la bocca.

Aiutatemi!” esclamò, sperando che l’uomo la sentisse e andasse da lei. Fu l’ultimo sforzo che riuscì a fare prima di accasciarsi sulla tomba di sua madre.

 

 

Riconosceva il posto in cui si trovava. Era la sua vecchia casa, quella in cui era stata per i primi anni della sua vita. E lei era in camera sua, sdraiata nel piccolo letto rosa e bianco in cui, tante volte, aveva ascoltato sua madre cantare le ninnananne per lei. Strano però… si ricordava che fosse molto piccolo, adatto a una bambina di quattro anni. Va bene, non era proprio enorme, a diciannove anni era piuttosto piccina, ma non era possibile stare così larghi in una brandina per infanti.

Si mise a sedere e si guardò intorno, per capire come mai tutto fosse esattamente della stessa misura di allora, e gridò quando si vide riflessa nello specchio.

“Oddio mio!” esclamò. Si toccò i capelli, lunghi e sottili, e si guardò le mani, piccole e affusolate. Che diavolo, non aveva i capelli lunghi da decenni! Ormai li portava poco sotto alle spalle, non più fino a fine schiena come allora.

“Ti sei svegliata” osservò una voce dalla porta. Lei sobbalzò e si voltò spaventata.

Ma… mamma?!” chiese stupita. Era proprio lei: i capelli neri corti fino al collo; gli occhiali celesti che contornavano le iridi color nocciola, più chiare delle sue; il maglione azzurro che la faceva sembrare piccolissima al suo interno e i pantaloni rossi che cozzavano tremendamente con la maglia, ma che a Rea erano sempre piaciuti perché erano suoi, e profumavano di lei.

La donna annuì sorridendo, a aprì le braccia per accoglierla quando Rea si precipitò ad abbracciarla.

Mamma, mamma, mamma…” continuava a ripetere. Le arrivava a mala pena alla pancia, ma la stringeva forte anche se aveva solo quattro anni ed era minuscola. Non voleva più lasciarla andare.

Mamma, ho fatto un sogno terribile! Ho fatto un incubo” le disse piangendo. La donna la allontanò e si inginocchiò di fronte a lei.

“Come sei bella, tesoro mio” le rispose. La ragazza non capì quella risposta.

“Immagino che tu veda una bambina di quattro anni, vero?” le chiese sua madre, sorridendo. Lei annuì.

“Oh, piccola mia. Quanto mi sei mancata” esclamò, abbracciandola ancora.

Rea non fece domande, ma pianse aggrappata al suo collo, in silenzio.

“Ciao amore” disse un uomo, arrivando dal corridoio. Lei sgranò gli occhi e si allontanò da Valeria, che si asciugò una lacrima e la spinse verso di lui.

Papà!” esclamò la rossa, stringendo anche Francesco. Erano lì, c’erano sul serio: i suoi genitori erano vicini a lei e la stavano abbracciando, le stavano sorridendo davvero. E lei piangeva, di felicità, perché era stato tutto un sogno, lei non era un’orfana, ma aveva un padre e una madre biologici, non li aveva perduti mai.

Dopo un tempo infinito in cui tutti e tre erano rimasti in silenzio, la donna fissò il marito.

“Rea, tesoro, ci sei mancata tanto” le disse, asciugandole le guance rosee.

Ma non mi sono mossa! Però ho avuto un incubo tremendo!” ribatté lei, tirando su col naso. I due si guardarono un attimo, poi si inginocchiarono a terra per essere alla sua altezza.

“No, amore, non è così” la corresse il padre. La ragazza non capì.

Sì, è così. Io ho sognato che voi eravate morti, che io rimanevo sola e che zia e zio mi adottavano. Però stavo tanto male e volevo morire…” spiegò, sentendo formarsi un groppo in gola.

“Piccola mia, devi aver sofferto così tanto” commentò sua madre. Qualche lacrima scese dai suoi occhi, ma se le asciugò subito e tornò a sorridere.

“E ci dispiace davvero molto” aggiunse il marito, abbracciandola di nuovo. Rea si allontanò bruscamente e li guardò con gli occhi sgranati, scuotendo la testa.

No, non dovete dire così. Voi siete qui, era un incubo, non… non è successo sul serio” balbettò in preda al panico.

“Questo è un sogno, amore. Solo un sogno” le spiegò sua madre.

No! No, non lo è! Io non ho sofferto, voi non siete mai morti… io ho quattro anni…” si mise a piangere, disperata e triste.

Questo non è un sogno” sussurrò, sperandoci sul serio.

“Ci dispiace, Rea. Ci dispiace che tu abbia provato tanto dolore, e ci dispiace che tu sia rimasta sola così giovane, siamo così tristi nel pensare che hai affrontato gli ultimi quindici anni senza di noi” disse il padre. Lei si tappò le orecchie.

Non voglio sentire! Voglio che questa sia la realtà, che sia tutto vero!” gridò. Però sapeva benissimo che non era così, che tutto ciò era solo una sua fantasia. Loro erano stati strappati al suo abbraccio da un incidente, e non poteva negarlo nemmeno volendo.

Ma non lo è, giusto?” sussurrò poi, abbassando le mani. Alzò gli occhi su di loro, su suo padre e sua madre, e le lacrime le annebbiarono la vista quando loro annuirono.

Capisco” disse semplicemente. Rimase in silenzio a fissare la sua immagine riflessa nello specchio, e si sentì morire: era tutto come allora. Tutto quanto come quindici anni prima, dal suo corpo alla sua stanza. Ma era tutto finto, era tutto solo una stupidissima immaginazione della sua mente.

Quindi cos’è questo? C-come mai voi siete qui?” domandò, arrabbiata. Valeria le mise una mano sulla spalla e la fece voltare verso di sé.

“Tesoro, sei stata tu a volerci. Anche se non te ne sei resa conto, anche se hai rifiutato, in tutti questi anni, di ammettere di soffrire per noi. Questa è tua, vero?” le passò la lettera che aveva scritto il mese prima, e Rea la prese con le dita tremanti.

Voi mi avete abbandonata…” balbettò, ferita e triste. Lanciò il figlio in terra, poi li fissò.

Perché ve ne siete andati? Perché mi avete lasciata sola? Non volevo questa vita, non volevo che voi mi lasciaste, non volevo che zio e zia diventassero i miei genitori. Io volevo voi, volevo solo voi! Ma non ci siete stati… e mi siete mancati così tanto da stare male, da desiderare di raggiungervi in qualche modo. Perché dobbiamo separarci ogni volta?” gridò isterica. Se quello era un sogno avrebbe dovuto svegliarsi, lo sapeva, ma non voleva lasciarli ancora.

“Non è così” le assicurò il padre.

“Noi non avremmo mai desiderato lasciarti, e penso che tu lo sappia benissimo. Tu ci sei stata strappata via con una tale forza che non ce ne siamo nemmeno accorti, ma non ti abbiamo mai abbandonata, nemmeno una volta, nemmeno per un secondo. C’eravamo, sai? Quando sei andata per la prima volta alle elementari… quando, di notte, canticchiavi le ninnananne di quando eri bambina… quando scrivevi sul tuo quaderno i tuoi primi romanzi, e anche quando hai incontrato Fabio. Ci siamo sempre stati” le raccontò, con un sorriso malinconico sul viso immutato.

Ma io volevo abbracciarvi! Avrei voluto che tu, papà, mi stringessi quando tornavo a casa con un brutto voto, e che la mamma mi assicurasse che sarebbe andato tutto bene anche quando pensavo di non farcela… era questa la vita che volevo” ammise tra le lacrime. Si sentiva piccola davvero, adesso.

“Però avevi mia sorella e suo marito” le ricordò Valeria, sorridendo. Rea la fissò.

Ma non sono voi. Loro sono i miei zii, non sono voi. E Laura e Emma non sono mie sorelle, sono le mie cugine. Questa è la verità, questa è la realtà dei fatti. Io sono un ospite in quella casa” confessò.

“Non è vero” la rimproverò Francesco.

“Loro ti hanno amata come se tu fossi sul serio una Stevens. Come se tu fossi sul serio figlia loro, parte integrante della famiglia. E anche quando pensavi di essere sola, si sono mossi tutti per aiutarti, per non lasciarti cadere nel buio della tua disperazione. Pensaci un secondo: per quanto sbagliato, Emma e Laura si sono esposte per capire di cosa avevi bisogno per sorridere ancora” le fece presente. Ed era vero, Rea lo sapeva, ma scosse comunque la testa.

Io non voglio tornare là” disse semplicemente. Entrambi i suoi genitori sorrisero.

“Piccola mia, la vita non è semplice, questo è vero. E lo so come ci si sente a sperare di morire, per non soffrire più, per calmare quel vuoto che si ha nel petto. Non puoi capire quanto io lo abbia chiesto quando avevo la tua età. Ma ora so che non è così che funziona. Tu potresti tranquillamente toglierti la vita, questo lo sappiamo. Il tuo grido di dolore ha raggiunto anche noi. Però non faresti altro che fare del male a quelli che ti amano” la sgridò sua madre.

Io non ho qualcuno che mi ama. Le persone di cui mi sono fidata mi hanno tradita… Fabio mi ha delusa… sono sola senza di voi!” ribatté.

“E mia sorella? Suo marito? Emma e Laura ne soffrirebbero come pazze, lo sai. Se te lo diciamo noi che morire non è la soluzione migliore, devi fidarti. Non sai quanto ci sentiamo male per averti lasciata laggiù, Rea, non te ne rendi nemmeno conto. Tu eri la ragione della nostra vita, il motivo per cui sorridevamo, la bambina che tanto avevamo cercato e amato, e siamo stati portati via con violenza inaudita. Non sappiamo nemmeno dove siamo, qui, ma possiamo starti accanto nonostante tutto, e tanto ci basta. Ti abbiamo voluto così bene che non puoi nemmeno immaginare, e ti abbiamo donato questa vita che tu adesso odi, ma non devi. La vita non si odia, non si deve odiare mai, perché un giorno può capitare che ti venga tolta senza che tu abbia finito di viverla, e non sai come rimediare. Io so che questo lo capisci, perché sento che in cuor tuo sai che abbiamo ragione. Ti prego, ti imploro, non buttare al vento la tua vita” le disse sua madre. Rea si sentì tanto meschina, tanto cattiva nei confronti di tutti, che cadde a terra inginocchiata.

Mi dispiace” sussurrò, singhiozzando. Sentì il caldo abbraccio dei suoi genitori e rimase ferma fino a quando le lacrime non furono asciugate, fino a quando il pianto non lasciò spazio solo a una grande stanchezza.

Mi sento… strana…” ammise. Le forti braccia di suo padre la presero in braccio e la fecero sdraiare sul letto, coprendola con la sua profumata coperta rosa.

“Sai, sei diventata una ragazza splendida. E ci manchi sempre. Ma ricordarti che siamo con te, sempre e comunque. Non dimenticarlo mai” la salutò, scomparendo lentamente.

No, non andartene” sussurrò lei, allungando una mano.

“Siamo qui, tesoro. Non ti abbandoniamo” le promise sua madre, lasciando un dolce bacio sulla fronte.

Mamma… papà…” li chiamò, ma gli occhi le si chiudevano, e la sua stanza stava lentamente sparendo.

Vi voglio tanto bene….” li salutò, svenendo subito dopo.

 

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: REAwhereverIgo