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Autore: murdershewrote    22/09/2012    3 recensioni
Nel folto della boscaglia vaga una figura solitaria, preda delle sue stesse dolorose memorie.
Storia classificatasi seconda al "Goth contest" indetto da Carmilla Lilith.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Forevermore
- Per sempre -


La foglia cadde. Morta.
Come altre sue sorelle non era più riuscita a mantenere una presa salda sul ramo che la ospitava e così era scivolata sempre più giù, fino a toccare dolcemente la terra umida, là dove tutto era iniziato.
Oramai l’autunno volgeva al termine e presto ogni cosa avrebbe fatto il suo corso. Lì, nel bosco, gli abitanti non si erano ancora destati dal proprio riposo e solo qualche passerotto mattiniero riempiva l’aria di cinguettii acuti mentre i primi raggi del sole si facevano strada timidamente tra le fronde degli alberi, creando un’atmosfera quasi irreale. Ma, se si prestava un po’ d’attenzione, si poteva sentire un fruscio regolare spezzare la quiete regnante.
Fra due cespugli di more scure fece capolino una figura eterea.
Una fanciulla, dalla pelle nivea e i lunghi capelli ramati, camminava lentamente lungo il sentiero di foglie, divenuto un tappeto dorato. Il corpo esile era avvolto da uno sfarzoso vestito nero con diversi inserti di pizzo rosso, sgualcito, e i piedi, nudi, erano feriti e incrostati di sangue rappreso.
Sembrava stesse vagando da molto.
Continuò il suo cammino finché non raggiunse la sua meta. Nascosto in quel fitto bosco stava un piccolo cimitero, ridotto ormai ad un rudere. Dallo stato in cui versava, era evidente che fosse abbandonato ma la giovane sembrò non curarsi dell’apparenza e seguitò la sua avanzata, leggera come la nebbia che serpeggiava tra le lapidi. Poi, raggiunta una di queste in particolare, si fermò a contemplarla a lungo. La pietra calcarea era stata corrosa dal tempo ma il nome incisovi sopra era ancora leggibile, resistente alle intemperie.
William.
La ragazza si chinò leggermente in avanti e passò due dita sull’incisione, delicatamente, come se un gesto troppo avventato avesse potuto cancellarla per sempre.
Per sempre...
Così le aveva detto lui un giorno. Sarebbero stati insieme per sempre.
Ma il destino avverso li aveva separati, tingendo i loro corpi di un cupo colore scarlatto, cosicché lei si era trovata d’improvviso a vagare in solitudine per la foresta della quale sapeva tutto ma dove tutto le appariva estraneo, quasi fosse imprigionata in un sogno incantevole e terribile allo stesso tempo. Quel luogo, tante volte silenzioso spettatore del sentimento che legava i due giovani e impotente testimone della tragedia che li aveva interessati, era divenuto il loro giaciglio e lo sarebbe stato per l’eternità.
La fanciulla si inginocchiò di fronte alla lapide mentre brucianti lacrime vermiglie le impiastravano il candore del viso. Uno scricchiolio alla sua sinistra la fece voltare lentamente fino ad incontrare un paio d’occhi dorati. Un gatto nero la fissò qualche secondo e, forse intuendo il suo stato d’animo, le andò incontro per strofinare il muso contro la sua veste. Quella allora abbozzò un sorriso e prese ad accarezzargli il manto morbido e liscio, gesto che la bestiola apprezzò miagolando sonoramente. Poi, regalando un’ultima carezza all’animale e rivolgendo ancora una volta lo sguardo lì dove riposava il suo amato, la giovane si sollevò e si incamminò nella direzione dalla quale era giunta, quasi fluttuando, per dissolversi tra gli alberi.
Da molto tempo ormai quello era un rito quotidiano atto ad esorcizzare le proprie paure, ora che pregare non sarebbe più servito a nulla. Ora che le risate si erano spente e i rumori, così come ogni altro suono, si erano affievoliti fino a sparire. Tutto taceva, ora.
E la foglia cadde. Morta.
Così sarebbe stato... per sempre.

   
 
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