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Autore: REAwhereverIgo    23/09/2012    3 recensioni
Che succederebbe se una ragazza con autostima pari allo zero si innamorasse di un bellissimo motociclista? E se le sue sorelle si mettessero in mezzo per darle una mano, rischiando di peggiorare la situazione?
Spero che questa storia sia di vostro gradimento, io di sicuro mi divertirò a scriverla! Rea
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Racconti

 

Stavolta aprì gli occhi in un luogo che non conosceva. Era una piccola catapecchia di legno, che puzzava di muffa e di vecchio.

Dove sono?” chiese.

“Ben svegliata, piccola Simons. Era l’ora che tu riprendessi conoscenza” la salutò il guardiano del cimitero. Rea sentì il cuore battere forte.

Come mi ha chiamata?” gli chiese. Erano secoli che non sentiva quel nome, l’aveva quasi dimenticato.

“Tu sei la figlia di Valeria e Francesco, giusto? La piccola Rea Simons. Mi ricordo di te, anche se non posso dire che tu ti ricordi di me” rispose. Era vero, lei non aveva idea di chi quell’uomo fosse e di come mai la conoscesse tanto bene, però, per qualche ragione, non ne era spaventata.

Lo osservò per bene: i suoi capelli radi erano bianchi, e il viso era stanco e rugoso. Aveva le mani tremanti e la postura non del tutto dritta, e il respiro faticoso di chi fuma molto ed ha, ormai, una certa età.

L’ho mai vista?” domandò la ragazza, cercando di focalizzarlo per bene. Lui rise malinconico.

“Oh sì, tesoro mio. Ma eri così piccina e indifesa che non mi stupisce che tu non mi riconosca” le rispose, mettendo a bollire un pentolino.

E quando? Come fa lei a sapere chi sono io?” continuò a chiedere.

“Avevi quattro anni ed eri così carina nel tuo vestito nero con il pizzo. Avevi i capelli legati in due codini ai lati della testa e tenevi stretta la mano di tua zia. Non piangevi nemmeno, mi ricordo che guardavi distrattamente la fossa in cui due tombe di legno stavano per essere messe e tirasti la sua gonna, indicandole, e chiedesti a lei come mai mamma e papà andavano via” raccontò. Rea sgranò gli occhi.

Lei era qui?” si stupì.

“Bambina, io lavoro qui da trent’anni. Ho visto passare da queste parti persone di ogni genere: famiglie distrutte dalla perdita di un figlio; uomini morti in solitudine al cui funerale non viene nessuno; vecchi che, arrivati alla fine della loro vita, se ne vanno in silenzio per non disturbare. Ma tu eri la prima che vedevo che rimaneva senza entrambi i genitori, che nemmeno aveva l’età giusta per capire cosa stesse succedendo. Mi sembravi così alienata, in mezzo a tutti quegli adulti che non facevano che piangere, che ti presi con me e ti portai qui” disse. La ragazza chiuse gli occhi e cercò di ricordare quella mattina, ma non ci riusciva: aveva davanti solo il momento in cui sua zia le aveva detto che l’avrebbe presa con sé.

“Ti detti un po’ di torta al cioccolato, e ti feci rimanere qui fin quando gli invitati al funerale non se ne furono andati. Sembravi non accorgerti di dove fossi e di cosa stesse succedendo

Davvero è successo tutto questo?” gli domandò Rea. L’uomo annuì.

“Sì, e tu mi dicesti una cosa buffa. Mi dicesti certo che mamma e papà sono strani. Martedì mi hanno detto che tornavano per cena e mia zia stamani diceva che non torneranno più. Pensavo che la vacanza sarebbe durata di meno” le raccontò, ridendo. La ragazza ricordava quelle parole, non le erano nuove.

E’… è vero… e lei mi rispose che non erano in vacanza, che semplicemente si erano trasformati. Adesso, invece che starti vicini e abbracciarti, ti seguiranno dall’alto, mi disse

“Sì, proprio come due angeli bellissimi” ammise il guardiano.

E io le risposi che agli angeli non avevo mai creduto. Non importa, loro saranno con te anche se non li vedrai. E un giorno, forse, potrai rivederli, aveva ribattuto” si ricordò infine.

“Esatto, piccola Simons. Provavo una tale pena a pensare che tu, così giovane, fossi rimasta orfana, e volli dirti qualcosa che ti aiutasse a non stare male. Dopo non ti ho più vista. Tua zia è venuta ogni settimana a portare i fiori sulla tomba della sorella, e ogni volta piangeva disperata. Quanto sente la mancanza di Valeria. Ogni volta mi dice che, guardando te, vede la sua sorellina, vede lo stesso sguardo dolce ma aggressivo che aveva lei. E dice che sei stata una benedizione, perché tu l’hai fatta andare avanti dopo che lei è morta” spiegò. Spense il pentolino e mise in due tazze l’acqua calda, aggiungendoci, poi, due bustine di tè.

“Prendi questo. Non so quanto tu sia stata fuori casa al freddo, ma mi sei sembrata piuttosto congelata” le disse. Rea prese la bevanda e si scaldò, tenendola tra le dita infreddolite.

Grazie” rispose. Rimasero in silenzio per un po’, ognuno perso nei propri pensieri.

La zia stava male, per il fatto che io non l’accompagnassi?” chiese infine la ragazza.

“Non le faceva piacere che tu perdessi il ricordo dei tuoi veri genitori, ma sapeva che era la cosa giusta per te. Tu sei sempre risultata molto matura per la tua età, o almeno così mi dice lei, e tutti sanno che ciò che decidi per la tua vita è ciò che è giusto per te. Lei ha sempre rispettato il tuo modo di porti davanti al dolore” spiegò. Rea si sentì cattiva per aver pensato di essere sola al mondo, e le veniva voglia di scappare da lì e tornare a casa. Casa… cavolo, da quanto tempo mancava di casa?

Devo rientrare!” esclamò all’improvviso, scendendo dalla brandina. Il guardiano la fissò.

“Scusa, non ho capito” ammise.

Che ore sono?” domandò la ragazza.

“Le quattro e mezzo, più o meno” rispose. Lei sbiancò.

Del… del pomeriggio?” chiese. L’uomo annuì.

Sono uscita di casa dodici ore fa! I miei si saranno preoccupati! Cavolo, sono un’idiota” spiegò, infilandosi il cappotto.

Aspetta, ragazzina. Fuori fa freddo, e presto sarà buio. Se hai pazienza di aspettare un’ora ti ci riporto io” la fermò lui, prendendola per un braccio. Rea s’immobilizzò, combattuta, però poi pensò che tanto ormai aveva fatto il danno, quindi tanto valeva prendere la palla al balzo e non rimanere fuori a meno due gradi in pigiama.

Ok, va bene” accettò.

 

 

I signori Stevens cercarono la ragazza in tutto il cimitero, ma non la trovarono. Si divisero, anche, per riuscire ad avere una possibilità in più di ritrovarla, ma non ci riuscirono. Alla fine, quando tornarono a casa, erano disperati e scoraggiati.

Laura e Emma li aspettavano trepidanti, preoccupate e speranzose.

Allora? Dov’è Rea?” chiesero non appena i genitori furono in casa. Loro si guardarono e scossero sconsolati la testa, guardandole affranti.

Non è possibile!” esclamò Fabio, arrabbiato.

“Noi abbiamo guardato ovunque, ma lei non era lì” spiegò la madre, sedendosi sul divano, distrutta. Il ragazzo s’infuriò.

Sono certo che sia andata là! Me lo sento” ribatté.

“Probabilmente ti sei sbagliato. Apprezziamo il tuo aiuto, ma, purtroppo, anche questa traccia è svanita” gli disse il padre. Non era plausibile, che Rea non fosse al cimitero.

Scusatemi” salutò uscendo di casa. Si mise a correre e nemmeno lui sapeva come mai. Semplicemente correva verso di lei, verso la sua ragazza.

 

 

Comunque è stato molto gentile, sul serio. Grazie per avermi accudita” stava dicendo la rossa al guardiano mentre lui chiudeva i cancelli.

“Figurati, piccola Simons” minimizzò lui. Lei strinse le labbra e ci pensò su un attimo.

Senta, posso chiederle un favore?” domandò.

“Certo, dimmi”

Io… io non sono una Simons da quindici anni ormai. E, per quanto questo mi faccia soffrire, devo lasciar andare quella me stessa. Per cui, se non le è troppo difficile, potrebbe chiamarmi piccola Stevens o… o solo Rea?” lo pregò imbarazzata. L’uomo rise e annuì.

“Non preoccuparti, me ne ricorderò” le assicurò. L’ultimo lucchetto scattò, e il cimitero cadde nel più profondo silenzio.

Mette i brividi” commentò la rossa, tremando. Il sole, ormai, era caduto oltre l’orizzonte, e il vento le sferzava i capelli.

Sa quanti gradi sono?” s’informò, cercando di scaldarsi con le mani.

“Meno tre, meno quattro, più o meno. Non preoccuparti, piccola Sim… ehm, piccola Stevens, tra poco ti riporto a casa” le rispose rassicurante. Lei sorrise e si strinse il cappotto addosso.

Salirono sul furgoncino bianco dell’uomo e rimasero fermi per qualche minuto.

“Posso fartela io, ora, una domanda?” le chiese il guardiano. La ragazza annuì.

“Perché sei scappata di casa? Come mai sei venuta qui proprio adesso?” s’informò. Rea si rabbuiò.

Mi sono… mi sono successe delle cose, negli ultimi giorni. Cose che mi hanno fatto perdere completamente la bussola. Non vedevo più né chi ero né cosa volevo, così mi sono interrogata e ho pensato che qui potevo trovare delle risposte. Loro… i miei genitori io non li ricordavo più e avevo bisogno di vedere una volta ancora i loro volti. Per cui sono uscita dalla mia stanza, mi sono messa le scarpe e il giacchetto e sono corsa qui. Il resto lo sa” raccontò, sorridendo.

“E adesso hai trovato ciò che cercavi?” indagò l’uomo. Rea sospirò.

Non lo so. Ho capito sicuramente che non posso vivere così. Ho bisogno di altro dalla mia vita e da me stessa. Sa, può sembrarle strano, ma prima, quando ero svenuta… io li ho visti, mamma e papà” confessò, arrossendo. Si sentiva una scema a dire una cosa simile.

Erano preoccupati per me e per quello che sto facendo. E avevano ragione” ammise. Il guardiano rimase zitto e aspettò sorridendo.

Io non… non devo rimanere attaccata a loro. Sono e rimarranno i miei genitori e io li vorrò accanto per sempre, ma… ma non ci sono più. Lo so fin troppo bene. E, anche se io, in questo momento, vorrei solo morire per tutto il dolore che sto provando, io devo… devo vivere. Me l’hanno regalata loro, la vita, e non posso sprecarla a piangere” comprese. L’altro rise forte.

“Sai, comprendere che devi tenere stretta con le unghie e con i denti la vita mentre sei in un cimitero è una cosa piuttosto insolita, anche se non del tutto incomprensibile. Sei una ragazza strana, piccola Stevens, ma mi piace il tuo modo di pensare. Non tutti sarebbero fuggiti alle quattro del mattino per andare a trovare delle tombe, in pigiama per giunta” commentò. Anche lei fu contagiata da quella risata, e, tra le lacrime, riuscì a sentire quel peso tremendo che la soffocava evaporare dal suo cuore e dissolversi nell’aria.

In quel momento iniziò a piovere, e il parabrezza fu appannato dalle gocce d’acqua.

“Strano, le previsioni del tempo non davano temporali, in giornata” disse il guardiano.

A gennaio non è così strano, giusto? Anzi, è quasi assurdo che non nevichi” rispose Rea. Misero in moto i tergicristalli e liberarono il vetro dalla pioggia.

“Chi è quel matto?” esclamò l’uomo, indicando qualcuno davanti al cancello. Stava gridando qualcosa, ma con il rumore dell’acquazzone che rimbombava sulla macchina non sentivano.

Ehi! Ehi, tu!” gridò il signore, affacciandosi dal finestrino.

La figura si voltò e si avvicinò.

Deve aprirmi il cancello, devo trovare una persona” disse. Rea sgranò gli occhi.

Fabio?” chiese stupita. Il ragazzo la mise a fuoco e sospirò di sollievo. Fece il giro della macchina e aprì la portiera, tirandosi la ragazza addosso e abbracciandola senza dire niente.

Lo sapevo che eri qui” sussurrò solamente.

 

  
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