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Autore: FitzChevalier    24/09/2012    5 recensioni
Ultimo capitolo pubblicato!
Questa storia partecipa al contest "Numeri Da Coppie", indetto da La Lolly Dolly
Ino è una ragazza come tante: insofferente, egocentrica e superficiale. Una sera incontra Sai in un bar di Konoha, e la mattina successiva scopre di esserci andata a letto. Decide quindi di imbarcarsi in una relazione con il ragazzo più strano di tutto il villaggio, ma scoprirà presto che mantenere in piedi una relazione non è facile come sembra...
A prima vista Sai è la copia di Sasuke, con il suo bel visino e il suo carattere freddo e misterioso, ma più lo guardo e più quella pelle bianca mi ricorda Orochimaru. Fortunatamente senza la passione di quest’ultimo per i serpenti. Sai è la versione etero di Orochimaru.
Butto giù un altro sorso di sakè. Il mio sguardo scivola sull’ombelico scoperto di Sai. Oddio, etero fino ad un certo punto...
Al mio quarto bicchiere il suo sorriso è accattivante sulla faccia arrossata, i suoi occhi brillano. Sai butta giù il suo quarto e torna a fissarmi. Mi mostra il bicchierino asciutto e si versa altro sakè.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ino Yamanaka, Sai, Sakura Haruno | Coppie: Sai/Ino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I soldati della Konoha dimenticata'
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LA MIA STRADA DA PERCORRERE
- Le Beghe D'Amore Di Ino E Sai -

 


Per la serie "Saltare da un genere all'altro come un canguro" ecco un nuovo, ennesimo esperimento. Stavolta c'è una storia d'amore. Circa.
Non sarà una storia lunga, sicuramente meno di dieci capitoli. Come al solito sono accettati pareri di ogni genere.
Il primo capitolo è lento, io per prima lo ammetto, ma spero che avrete la pazienza di andare avanti.
Enjoy!


 

1
Cose da non fare

 


«Al mio tre, Ino, ok?» Shikamaru alza una mano verso di me. Nell’altra stringe un cronometro. «Uno, due, tre!»

Inquadro Choji, distante qualche passo da Shikamaru. «Shintenshin no Jutsu... » sussurro. Uno strappo all’ombelico mi trascina lontano dal mio corpo. Chiudo gli occhi e mi lascio trascinare dal vortice.

 

Li riapro. Shikamaru è alla mia destra, alto più o meno quanto me.

«Ci sono» annuncio.

Il mio corpo giace per terra dove l’ho lasciato, rannicchiato come se mi fossi addormentata.

Shikamaru controlla il cronometro, poi si gira verso di me. «Cinque secondi. Non male.» Mi sorride. «Ora proviamo a fare qualche esercizio semplice semplice. Cerca di schivare il mio calcio.»

«Va bene.»

Shikamaru corre verso di me, salta, mi colpisce di tacco. Sento il colpo vibrare dalle guance flosce lungo tutta il grasso che mi ricopre. Cado, sbattendo forte le ginocchia sul terreno duro; la pancia sporgente mi sbilancia in avanti. Appoggio le mani a terra, ondeggio e mi alzo, per poi ricadere di culo. Al secondo tentativo mi rimetto in piedi a gambe larghe, i piedi ben saldi a terra. Abbasso le braccia, tese di lato come un equilibrista.

Shikamaru ha la fronte aggrottata e la bocca piegata in una smorfia di disappunto. «Non va bene, non va affatto bene così!»

Sono ormai tre giorni che Shikamaru viene all’alba davanti a casa mia e alla tenda di Choji, martellandoci con questa maledetta guerra, occupando le nostre ore con addominali, flessioni, gare di resistenza, di equilibrio, di velocità. Se non ci darà in fretta un taglio mi troverò con le spalle larghe di un uomo entro la fine del mese.

Quel giorno Shikamaru si è messo in testa di concentrare tutti gli sforzi suoi e di Choji su di me. «Ora come ora in una guerra puoi fare poco» mi aveva detto lungo la strada per la tenda di Choji. «Ho deciso che ti allenerai a muoverti con naturalezza in corpi diversi dal tuo.»

E il primo soggetto degli esperimenti è stato Choji, perché iniziare con Shikamaru sarebbe stato troppo semplice. Alla faccia del geniale stratega!

«In guerra non troverai solo ragazzine della tua corporatura, come lo erano Sakura o l’altra ragazza del Suono» mi ha detto quando ho protestato. «Se ti troverai di fronte qualcuno della stazza di Choji, e noi avremo bisogno di quel corpo, tu dovrai riuscire a muoverti in modo quanto meno funzionale.»

Ed eccomi quindi in quel bel rotolino di ciccia che è Choji.

«Riproviamo, forza!»

Al calcio mi chino e mi sporgo all’indietro. Questa volta non cado, ma le ginocchia doloranti pulsano sotto il peso di Choji.

«Eh... già meglio...Prova a camminare fino al tuo corpo, Ino. Sollevalo e appoggialo con la schiena contro un albero.»

«Sì.»

Cammino fino alla me stessa accoccolata per terra. Le gambe sfregano fastidiosamente tra loro. Le allargo, ma la situazione non migliora.

Sono sicura che dietro di me Shikamaru si sta mettendo le mani nei capelli.

Non capisco a cosa serva tutta questa roba. Io sono già un ninja medico! Non ho bisogno di buttarmi nella mischia per sfoggiare la mia abilità. Ma negli ultimi giorni ho visto Shikamaru così concentrato e pieno di energie e di voglia di fare come non lo era da molto, molto tempo. Non mi va di deluderlo.

Sbircio da sopra la spalla tonda di Choji: Shikamaru mi sta osservando, tamburellandosi un dito sul mento. E va bene, proviamoci. Raggiungo il mio corpo, mi chino piano piano e lo prendo in braccio. La pancia preme contro il mio corpo, ma riesco a sollevarlo senza poggiare le mani per terra e senza ricadere sulle ginocchia.

Arranco fino all’albero più vicino, calo il corpo per terra. Mi sfugge di mano e picchia un fianco per terra prima che riesca ad afferrare di nuovo un braccio.

Ahia.

Domani mi farà molto male.

«Bene. Circa.» è il commento di Shikamaru.

Nell’ora successiva sono riuscita a destreggiarmi in quel corpo tondo, camminando senza rischiare di cadere a ogni passo. Ho anche azzardato una corsa, e sono riuscita a farmi venire il fiato corto molto prima di cadere di faccia nella polvere.

«Va bene, basta così!»

Sciolgo la tecnica.

 

Massaggio il collo indolenzito per la posizione scomoda in cui è rimasto per tutto questo tempo. Mi alzo, raggiungo Shikamaru che sta aiutando Choji a rimettersi in piedi.

Evidentemente quando ho lasciato il suo corpo questo è crollato a terra come un sacco di patate. Che cosa orribile trovarsi intrappolati in quel corpo grosso e goffo ogni giorno di ogni anno, e non poterci fare niente; è strabiliante come Choji riesca a muoversi con naturalezza, a correre, saltare e fare gli stessi esercizi fisici e con quasi gli stessi risultati miei e di Shikamaru.

Peccato che rimanga comunque un corpo grasso: non so quante volte ho detto a Choji di mettersi a dieta. «È l’unico modo se vuoi che Tenten ti noti e che accetti di uscire con te invece che con Neji!» Ma niente, quel ragazzo testardo come un mulo non ne vuole sentir parlare di limitare i pasti.

«Ha fatto qualche progresso» stava dicendo Shikamaru, «Ma è ancora lontana dal riuscire a combattere in modo efficiente.»

«Forse se tu mi avessi fatto procedere per gradi, invece che sbattermi subito dentro Choji – senza offesa, Choji – me la sarei cavata molto meglio. Tu, per esempio, saresti stato un buon punto di partenza!»

«Che palle... Non ho voglia di mobilitare mezzo villaggio per farti fare gli esercizi come si deve. E poi, al momento nessuno ha tempo.» Shikamaru si gratta la nuca. «Sono sicuro che se riesci a tirarmi un pugno mentre stai controllando Choji – senza offesa, Choji – puoi pestarmi con chiunque.»

«Questo è sicuro!» Una voce alle mie spalle.

Mi giro. Kiba sta venendo verso di noi, Akamaru che gli trotta al fianco. Alza una mano in segno di saluto.

«Ehilà, Kiba!» risponde Shikamaru con un ampio sorriso sul volto.

«Shika, brutto bastardo, non ti sei più fatto vedere in giro dopo il fattaccio di Pain. Te lo ricordi che mi devi cinquantacinque ryu, vero?»

«Sì, me lo ricordo. È che in questo periodo ho avuto molto da fare con mio padre e con la mia squadra.»

«Tutte scuse del cazzo.» Kiba dà una pacca sulla spalla di Shikamaru. «Comunque non sono venuto qui per il debito. Naruto mi ha avvertito che La Foglia Selvaggia riapre. Si festeggia non so se il risveglio dell’Hokage, gli abitanti che sono sopravvissuti alla visita di Pain o che altro, fatto sta che Naruto è l’ospite d’onore – beato lui! – e daranno alcolici ai minorenni. Mi ha chiesto di radunare la truppa e di dirvi di farvi trovare al bar per le dieci di stasera. Tu vieni!» grida da sopra la spalla, all’indirizzo di Shikamaru. «Così mi offri da bere per cinquantacinque ryu!»

Shikamaru risponde con un grugnito all’ultima frase. Sì, no, boh...

«Chi altri viene?» chiedo.

«Eeehm...» Kiba si gratta il naso. «Più o meno tutti. Non ho ancora chiesto alla squadra di Neji, però tutti gli altri sono sicuri di esserci. Tranne Sakura, che non sa se riuscirà a finire un lavoro. Eeee... ce n’era un altro che ha detto di no. Ah, sì! Shino è astemio e ha detto che non vuole venire, ma a lui ci penso io. Me lo carico in spalla e che si fottano lui e le sue scuse.» Ci guarda. «Allora, ci state?»

Alzo la mano. «Presente!»

«Anche io» dice Shikamaru.

«Si mangia?» chiede speranzoso Choji.

«Ci saranno patatine e tutte le altre schifezze che piacciono a te» Le zanne rosse sulle guance di Kiba si arricciano quando lui sorride. «Ci vediamo tutti stasera, allora?»

 

La serata non sta andando proprio come avevo previsto: tra un brindisi e l’altro alla signora Tsunade, la “Quercia Di Konoha”, Naruto ha annunciato che partirà domani per un’importante missione. Destinazione ignota, ordini da aprire solo una volta che il battello avrà preso il largo. Non sa nemmeno quanto durerà o se nel frattempo potrà comunicare con noi. Sakura ha chinato la testa e da allora ha smesso di ridere.

Della gente annunciata da Kiba nel bar se n’è presentata poco più della la metà. Sakura si è sistemata con discrezione al fianco di Naruto, e ogni volta che guardo verso di loro lei ha occhi solo per lui. Seduto lì vicino c’è Kiba, spalmato sul tavolino e con la testa tra due bottiglie vuote di sakè, scosso da un attacco di ridarella suscitato da qualcosa che Naruto gli ha sussurrato. Accanto a lui c’è Shino, a braccia conserte, nella stessa rigida posizione che aveva quando sono entrata. Dall’altra parte Shikamaru, che si sta rigirando tra le mani il portamonete opportunamente svuotato da Kiba, Choji, tutto impegnato a ripulire un sacchetto di patatine, io e Sai.

Faccio scorrere il dito sul bordo di una bottiglia di sakè. La muovo, sento lo sciabordio del liquore contro le pareti di ceramica. Me ne verso un po’.

Se sbircio davanti a me scopro Sai che mi fissa con un’intensità decisamente fastidiosa.

«Che cosa c’è?» gli chiedo.

Sai si stringe nelle spalle. «Niente.» Beve dal suo bicchierino.

Butto giù anche io il mio sakè. La bevanda calda mi pizzica la lingua.

A prima vista Sai è la copia di Sasuke, con il suo bel visino e il suo carattere freddo e misterioso, ma più lo guardo e più quella pelle bianca mi ricorda Orochimaru. Fortunatamente non ha la passione per i serpenti. Sai è la versione etero di Orochimaru.

Butto giù un altro sorso di sakè. Il mio sguardo scivola sull’ombelico scoperto di Sai. Oddio, etero fino a un certo punto...

Al mio quarto bicchiere il suo sorriso è accattivante sulla faccia arrossata, i suoi occhi brillano. Sai butta giù il suo quarto e torna a fissarmi. Mi mostra il bicchierino asciutto e si versa altro sakè.

Ricambio il suo sguardo. Riempio il bicchierino e lo svuoto.

Sai ridacchia. «Dilettante» mi dice. Allunga la mano verso una bottiglia nuova di sakè. Afferra l’aria.

Ora tocca a me ridacchiare. «Non ce la fai, eeeh?» Mi sporgo verso di lui. «Sei già così... ubriaaco?»

«Non sono...» Sai aggrotta la fronte. «Non sono ubriaco. Prova tu a prendere la bottiglia.»

«Guarda come si fa.» Sfioro la bottiglia con le dita. Un po’ più a destra...

Mi giro e vomito.

 

La luce che filtra dai listelli delle imposte mi arriva dritta in faccia, mi penetra nel cranio in mille punti diversi come aghi arroventati. Mi rigiro sul pavimento, tutte le ossa indolenzite. La testa pulsa così forte che sembra sul punto di esplodere. Dovevo essere davvero sbronza ieri sera, per non riuscire ad arrivare neanche al letto... Chissà come ci sono arrivata a casa.

Un braccio mi scivola lungo il fianco. Non è il mio, a meno che questa notte non me ne sia cresciuto un terzo.

Apro gli occhi, mi metto a sedere.

Sono nuda, e... oh, porca puttana roia! Accanto a me c’è Sai, altrettanto nudo, che russa beato.
 


Se vi è piaciuta, se vi ha fatto ridere o se vi ha fatto piangere da quant'è brutta questa storia, lasciate una riga di commento!


   
 
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