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Autore: Nikkai    24/09/2012    2 recensioni
« Prese un respiro lungo e profondo e s’immerse, stendendosi sul fondo gelido e liscio ad occhi chiusi, stirando le proprie membra. Aveva freddo. Ed era terribilmente stanco. »
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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La luce brillante della lampadina riluceva in maniera sinistra sulla lama affilata, mentre gli occhi verdi percorrevano la pelle liscia e diafana del polso, solcata dal tatuaggio in eleganti caratteri corsivi: «potendo andare, resto», lo reputava assolutamente ironico, specialmente in quegli ultimi giorni, in quel periodo in cui più d’ogni cosa avrebbe voluto andarsene e allontanarsi per sempre dalla vita quotidiana.
Anche quella volta, l’idea del suicidio non gli aveva minimamente attraversato la testa: si trattava semplicemente di una questione di resistenza. La volta prima, nella vasca, quanto tempo era rimasto senza respirare? E, questa volta, quanti tagli si sarebbe inferto senza lasciarsi sfuggire un lamento?
Quante cose avrebbe sopportato prima di distruggersi con le sue stesse mani?
Sapeva perfettamente che non avrebbe dovuto farsi scoprire, perciò si era recato nuovamente alla villa, quasi fosse un rifugio sicuro dal mondo, riparato da ogni preoccupazione. Ed in quel momento si trovava lì, seduto sul bordo di quella stessa vasca in cui qualche giorno prima aveva rischiato di morire, un taglierino stretto nella mano destra e lo sguardo assolutamente calmo che sembrava accarezzare le vene sotto la pelle chiara, con fare quasi incantato. Il rosso avrebbe abbellito quel braccio assolutamente scarno, ne era sicuro, sarebbe riuscito a farsi guardare, finalmente.
Avvicinò la lama alla pelle e la incise senza fiatare, in maniera superficiale ma comunque dolorosa, gli occhi attratti in modo quasi insano, maniacale, che seguivano il percorso di quella prima goccia scarlatta come se stessero studiando il corpo d’un altro. La sofferenza era secondaria, pareva non esistere altro che il metallo che si trascinava lungo l’avambraccio, creando quel solco vermiglio, come se vi stesse crescendo una fila di rose dalla tonalità sanguigna. Allontanò il taglierino dalla pelle giusto il tempo di spostarlo di qualche millimetro e lo affondò nuovamente nelle carni, mentre il sangue iniziava a gocciolare all’interno della vasca.
Due tagli brucianti, ma ancora non era soddisfatto.
Aggrottò le sopracciglia e si sporse ad aprire l’acqua per fare in modo che il liquido vermiglio defluisse; fatto ciò riprese a passare la lama sulla pelle morbida e delicata, e questa volta dovette mordersi le labbra per soffocare un mugolio. Strinse i denti ed affondò il taglierino ancora e ancora, mentre l’acqua scorreva ai suoi piedi e decine di gocce vi cadevano, sbocciando al pari di ninfee di fuoco. Chissà se gli sarebbero rimaste le cicatrici...
Inclinò la mano destra in maniera differente e l’ultima ferita che s’inferse fu una grottesca sottolineatura al tatuaggio, dopodiché afferrò le bende che aveva già preparato e cominciò a medicarsi con cura.

   
 
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