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Autore: ViolanteJarrah    10/04/2007    10 recensioni
E' passato un anno, ormai. Un anno dalla messa in scena del suo primo musical 'Twinkle Town'. Da allora Kelsi è cambiata, è diventata più sicura di sè, più brava nel suonare lo strumento che tanto ama, il pianoforte. Ha capito che è lei il playmaker. Tuttavia un nuovo arrivo all'East High farà vacillare tutte le sue certezze.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Kelsi Nielsen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SONATA AL CHIARO DI LUNA

Capitolo Primo: Vita da Playmaker

Era passato un anno ormai.

Un anno intero da quella fatidica partita dei Wildcats, che aveva mutato totalmente la mia scuola, la East High.
Molte cose erano cambiate da allora.
Non c’erano più gerarchie, né classi, né differenze tra noi studenti.
Ognuno faceva quello che più gli piaceva, interagiva con chi voleva.
Cheerleaders con secchioni, dark con skeaters.

L’atmosfera era molto più rilassata e tranquilla; bastava entrare nella mensa scolastica all’ora di pranzo per accorgersene. I posti non erano più prestabiliti e non era più così ovvio sapere con chi avresti mangiato. Le tavolate cambiavano sempre, la gente si sedeva dove capitava. Eravamo una scuola, come amava dire sempre il nostro preside, molto più unita.

Entrando, gettai uno sguardo intorno a me, e sorrisi. C’erano tutti, i protagonisti di ciò che era avvenuto un anno fa. Sharpay Evans, vestita come al solito in modo impeccabile, che imboccava il suo ormai eterno fidanzato, Zeke, lanciandogli sguardi languidi.

Incredibile che Sharpay avesse abbandonato la carriera teatrale, per il ragazzo. Anzi, per stare più vicino al suo fidanzato, era perfino diventata una cheerleader. La cosa divertente era che prima, non sopportandoci, passavamo per costrizione molto tempo insieme, mentre adesso, a causa dei nostri impegni così diversi, era difficile, sebbene il nostro rapporto fosse molto migliorato, che facessimo due chiacchiere.

Quando mi vide mi salutò con un sorriso cordiale, che io ricambiai.

Al tavolo successivo vi era il fratello, Ryan Evans, che parlava fitto con il suo nuovo gruppo di amici. Non era difficile immaginare di cosa discutesse la compagnia di danza della scuola. La loro vita era un susseguirsi di prove, di passi, di riscaldamenti, e Ryan era il loro leader. Nessuno, neanche la sorella, aveva mai sospettato che quella fosse la sua vera passione, oltre alla recitazione, ma il trambusto dell’anno prima aveva fatto in modo che il cantante rivelasse a tutti la sua vera attitudine, ed era stato un trionfo.

Anche lui, quando incrociò il mio sguardo, mi sorrise. Strane le coincidenze; anche se avevamo sempre lavorato a stretto contatto, non ci eravamo mai parlati granchè. L’avevo sempre ritenuto un montato come Sharpay. Da quando ballava, invece, tra noi era nata quella che posso forse chiamare amicizia.

Cercai con lo sguardo un tavolo in cui ci fosse un posto libero, e magari una mia qualche conoscenza, ma immediatamente mi pentii di averlo fatto.

“Ehy, playmaker!”

Chiusi un istante gli occhi. Mi aveva visto, accidenti. Mi dipinsi sul volto un sorriso amichevole, anche se i sentimenti che provavo erano diametralmente opposti.

“Ciao Troy! Gabriella.” Rivolsi un cenno di saluto anche alla ragazza seduta vicino a lui.
Troy Bolton e Gabriella Montez erano le star della scuola. Coppia perfetta sia sul palco che nella vita, erano invidiati da tutti. Lui era il ragazzo più bello, più bravo ecc…. e lei era la stessa cosa, solo al femminile. Stavano insieme da un anno, erano i favoriti della Darbus, e tutti volevano essere loro amici.

Dire che per questo si erano montati la testa era estremamente riduttivo.

La mia ovviamente non era invidia, ma sapevo di cosa parlavo, trascorrendo con loro, al Drama Club, la maggior parte del mio tempo. Gabriella era diventata anche peggio di Sharpay ai tempi della “Regina di Ghiaccio”, mentre Troy, che in realtà sembrava affabile con tutti, se non veniva accontentata ogni sua richiesta, diveniva ancora più temibile della fidanzata.

Erano rimasti gli unici, nella scuola, a soppesare in maniera così critica le loro amicizie.
Non si accontentavano di mangiare con chi capitava, dovevano frequentare solo la gente più ‘in’.
Io, ovviamente, ero l’eccezione, sebbene cercassi sempre di fare in modo di trascorrere, al di fuori del teatro, il minor tempo possibile in loro compagnia.

Ad un tratto, persa nei miei pensieri, mi resi conto che non erano da soli al tavolo.
Con loro c’erano Chad Danforth e la sua ragazza, Taylor McKessy. Mi sembrò strano, poiché sapevo che i rapporti fra le due coppie non erano più così cordiali come una volta.

In realtà il fatto che Chad fosse diventato capitano dei Wildcats, sembrava non fosse andato giù a Troy, che dopo il suo abbandono alla squadra, aveva dedicato anima e corpo ai musical.
Rivolsi un sorriso anche a loro, sicuramente più sincero di quello che avevo indirizzato alle due star.
Non ci potevamo definire amici, ma erano sempre gentili con me.

In realtà li invidiavo un po’ come coppia.

Da quando si erano messi insieme, erano davvero molto affiatati. Lei assisteva alle sue partite di basket, e qualche volta anche agli allenamenti, sebbene quello sport non le piacesse granchè, mentre lui l’accompagnava sempre alle varie gare di Decathlon, malgrado la chimica fosse per lui territorio minato. D’altronde, lui rimaneva sempre un giocatore di basket, e lei la secchiona della scuola.
Ammiravo il fatto che due persone così diverse potessero stare così bene insieme, soprattutto in confronto a Troy e Gabriella, che così simili, qualche volta cercavano di farsi le scarpe a vicenda.

“Ti siedi con noi?” mi chiese Troy.

Cercai di non mostrare il mio panico, a quella proposta, ma per fortuna proprio in quel momento arrivò qualcuno in mio soccorso.

“Kelsi! Vieni, ti abbiamo lasciato un posto!”

Mi girai e vidi una testa rossa che agitava una mano nella mia direzione.
Il mio sospiro di sollievo si camuffò in sorriso.

“Grazie, ma ci sono i miei amici che mi aspettano. Ci vediamo dopo!”

Mentre mi giravo notai l’aria scocciata di Troy, all’idea che qualcuno non facesse quello che voleva. Dopodichè mi diressi verso il tavolo da cui mi avevano chiamato.

“Grazie infinite” sussurrai, mentre mi sedevo.
Emily, la mia migliore amica, mi sorrise.

“Non c’è di chè! Ho visto che eri in difficoltà con Bolton-Dio, quanto sono figo!”

Io risi. Emily era irlandese, e questo si notava moltissimo dal suo aspetto - una lunga cresta di capelli rossi, grandi occhi verdi e guance e naso all’insù coperti di lentiggini - e dal suo buffo accento. Era arrivata ad Alberenque circa otto mesi prima, e avevamo fatto subito amicizia. Suonava il violino, e aveva chiesto il mio aiuto per un duetto con il pianoforte per il saggio di fine anno. Da quel momento eravamo diventate inseparabili. Facevamo entrambe parte dell’orchestra scolastica, ma laddove io partecipavo al Drama Club come compositore, lei, prendeva parte ad un corso di poesia, la sua seconda passione, oltre alla musica.

Mentre aprivo il sacchetto con il mio pranzo – panino con pomodoro e tonno (la mia matrigna aveva un gusto orrendo nel cibarmi) – gettai uno sguardo a chi era al tavolo con noi.
Riconobbi Steve e Julie, una coppia di dark con cui avevamo fatto amicizia alla prima di un mio musical e che qualche volta si sedevano con noi, e Mary, la truccatrice del Drama Club.
Li salutai, poi cominciai a mangiare un’arancia, scartando il panino.

Ripensai al cambiamento di Gabriella e Troy in quell’anno.
Ed io? Ero cambiata in quell’arco di tempo? O ero rimasta la Kelsi Nielsen di sempre?

Sbirciai il mio riflesso nel coltello che stavo adoperando.
Fisicamente mi vedevo uguale a prima. Stessi capelli castani coperti perennemente da un capello ( la mia passione, ne possedevo circa una trentina!), stessi occhi azzurri, stessi occhiali. Persino nei vestiti il mio stile era rimasto identico.

Ma caratterialmente?
Ero ancora la pianista silenziosa e timida le cui composizioni non venivano quasi mai scelte?
La Kelsi con la costante paura di quelli più forti di lei, come Sharpay Evans?
No, in quello ero cambiata. Ero sicura di essere diventata una persona più sicura di sé.

Da quando ‘Twinke Town’ era stato scelto e aveva riscosso tutto quel successo, mi ero resa conto di quanto la mia musica fosse gradita al pubblico.
In quell’anno avevo scritto ben sette produzioni, e tutte molto apprezzate.
La mia vita trascorreva tra le note del pianoforte, ed ero felice.
A volte ero sottoposta ad un ritmo un po’ frenetico, forse, ma avevo molti amici, e anche il mio rendimento scolastico non era poi così disastroso.

Per dirla alla maniera di Bolton, adesso ero davvero io il playmaker!

  
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