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Autore: Giulia_G    26/09/2012    4 recensioni
«Giuro che è l‘ultima» sussurrò al mio orecchio nel primo momento di respiro che si concesse.
«Lo dici tutte le volte» risposi con il fiato corto, passandogli una mano tra i capelli e cercando ancora le sue labbra.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo nove.

 
 
Avete presente le montagne russe? Quei bestioni alti centinaia di metri e lunghi quasi chilometri, che si alzano e si abbassano snodandosi tra le particelle dell’aria? Quando non hai nient’altro che l’adrenalina in corpo, l’emozione per il fatto che sentirai il vuoto intorno a te. Il non stare più nella pelle nel momento in cui abbassano la barra di metallo davanti a te, mentre ti prepari per partire. E poi quella paura tremenda mentre il treno sale, il terrore che si schianti contro qualcosa o che le rotaie sotto di te vengano a mancare. E poi quella sensazione che io non saprei se descrivere come buona o cattiva, quando vuoi che il giro smetta immediatamente, ma al tempo stesso vorresti ripeterlo altre mille volte solo per quella scarica che ti procura. E’ la parte migliore, il buco nello stomaco nel momento in cui la montagna di ferro viene oltrepassata, lasciando le ruote libere di scorrere sui binari a velocità impressionante, mentre tu urli come un cretino, con le braccia in alto e gli occhi fuori dalle orbite. Quel vuoto dentro la pancia, che ti impedisce di capire se stai bene o male, se ciò che ti circonda è bello o brutto.
Ecco, tutto questo. Vorrei davvero – credetemi, lo vorrei sul serio – dire che è tutta una metafora per descrivere come mi sentissi in quel momento. Ma purtroppo in città era arrivato il luna park, con le sue mille strutture colorate e le luci intermittenti e fluorescenti.
«Ti è piaciuto? – balzò Louis, tornando accanto a me sulla panchina di legno – tieni» aggiunse poi, porgendomi il bicchiere d’acqua che mi aveva portato. Lo afferrai con mano tremolante, stordita da tutte quelle lampade al neon in giro per il parco. I bambini correvano da una giostra all’altra senza essere mai stanchi, seguiti dai genitori spazientiti, che li rincorrevano con un ciuffo di zucchero filato rosa tra le mani. Beh, per quel pomeriggio io ne avevo già avuto abbastanza di tutto quel movimento.
«Da rifare» sbottai ironicamente, inghiottendo metà del contenuto del bicchiere tutto in un sorso. Già, contenuto, perché non era nemmeno acqua!
«Che schifezza è?» gridai, sputandola davanti a me con la speranza che nessuno mi avesse vista.
«Limonata – rispose con convinzione, a metà tra un sorriso compiaciuto e un’espressione incredula – fresca» precisò, come se questo potesse contribuire a renderla più buona.
«Ok, chiariamo una cosa – iniziai, appoggiando il bicchiere sul legno tra me e lui – odio la limonata, fresca o meno» lo informai, svuotando poi con noncuranza quel liquido color pipì nel prato sotto i nostri piedi.
«L’avevo pagata» ribatté Louis, ma ormai era troppo tardi, l’erba se ne era già impossessata. Non feci neanche in tempo a commentare, che si alzò dalla panca muovendo veloce una mano sopra la propria testa.
«Hey» lo sentii urlare quando fu a pochi metri da me, udendo poi il rumore delle sonore pacche che si scambiò con qualcun altro. Perfetto, uscivo con un ragazzo solo non farlo rimanere male e lui che faceva? Se ne andava da un amico incontrato al luna park. Strappai un filo di erba dal suolo e ci feci un paio di nodi, fino a quando non si spezzò e mi rifiutai di piegarmi di nuovo a coglierne un altro. I passi dei due ragazzi stavano venendo verso di me, sentivo chiaramente i loro borbottii e le loro risate sommesse.
«Non mi avevi detto di esserti sistemato» sentenziò.. Liam?!
Mi voltai di scatto, avrei riconosciuto quella voce bassa e quella parlata incredibilmente veloce anche tra una folla inferocita che mi scalciava contro. Che brutta immagine.
Feci appena in tempo a vederlo sbuffare, prima di scoppiare a ridere tra la sorpresa e l’incredulità.
«Con Beth» terminò la frase Liam, portandosi le mani sugli occhi e strofinandoseli con forza.
«Tu non dirmi che sei impegnata, eh» esplose poi verso di me, sbattendomi un palmo della mano sulla fronte. Ondeggiai qualche secondo, poi rimisi a fuoco la loro immagine, distinguendo chiaramente gli occhi di Louis, incerto se ridere per la coincidenza o piangere per l’imbarazzo.
«Non stiamo insieme» chiarimmo noi all’unisono, con gesti convulsi delle mani, prima che Louis azzardasse un «Purtroppo», che non fece altro che aumentare il mio stato di incredibile vergogna. Passarono minuti di silenzio imbarazzato, prima che tutti e tre alzassimo lo sguardo nello stesso istante e pronunciassimo le stesse parole di routine.
«Come vi siete conosciuti?». Ciò che ne uscì fu una confusione di tre voci completamente diverse: quella di Liam, profonda e rapida, la mia, lenta e acuta come la voce di quasi tutte le donne, e quella di Louis, scherzosa e leggermente nasale. La risata che ne seguì fu forzata, ma comunque servì almeno in parte a sciogliere la tensione. Che poi, quale razza di tensione doveva mai esserci tra noi? Conoscevo Liam da più di dieci anni, per quanto riguardava Louis non avevo nulla da nascondere.. L’unico problema sarebbe potuto essere qualcosa tra loro due.
«Immagino vi abbia presentati Harry – intuì Liam, facendo un passo verso di me e accomodandosi sulla panchina. Portava la sua solita maglietta rossa, chissà quante volte gliel’avevi vista addosso, e un paio di jeans scuri – noi ci siamo.. ehm, conosciuti a scuola, anni fa» spiegò poi un po’ vacillante, facendo un gesto con l’indice verso Louis, che si unì a noi, e includendo idealmente anche mio fratello nel gruppo. Pareva che ricordare non gli andasse molto a genio, ma immaginai che avesse omesso di dire che da quei giorni non si erano più visti o sentiti.
«Amici di vecchia data» dissi poi io, rivolgendomi a Louis mentre indicavo prima me e poi Liam alla mia destra.
«Vecchissima» mi corresse lui dopo un’occhiata veloce. Gli sorrisi e appoggiai per un secondo la fronte sulla sua spalla, ma lui mi spinse via delicatamente con una mano.
«Appoggiati a lui» fece, con la furbizia che gli usciva persino dalle orecchie. La mano di Louis mi prese per un fianco e mi tirò a sé, circondandomi poi il collo con un braccio. Mi lasciai cadere sulle sue ginocchia, allungando poi le gambe su quelle di Liam.
«Ottima idea Lilly» approvai, portando entrambe le mani dietro la nuca e socchiudendo gli occhi, in quella posizione assai scomoda. Liam mi buttò giù i piedi, porgendomi poi una mano per aiutarmi a tirarmi su con il busto. Louis aveva appena lanciato un’occhiata infuocata e mezzo arrabbiata al mio amico, ne ero sicura, sarei stata pronta a giurarlo davanti a una corte in un tribunale, ma lui aveva semplicemente distolto lo sguardo, abbassandolo sulle proprie mani e vagando esplicitamente nei meandri della propria mente per trovare un modo per cambiare discorso.
«E così vi frequentate?» improvvisò, tirando su di scatto il mento.
Tutto quello che seguì fu un misto del mio tentativo di negare e delle risposte convinte e positive di Louis. Si creò un pasticcio tale che alla fine Liam decretò che la situazione non fosse chiara a nessuno dei due. Beh, per quanto mi riguardava, la situazione era chiarissima, limpida e cristallina. Il fatto che poi Louis fosse convinto che fossi uscita con lui come qualcosa più di un’amica, sarebbero stati affari suoi. Ciò che era sicuro, era che il giro sulle montagne russe non lo aveva aiutato a guadagnare punti a suo favore.
«Io devo andare» annunciò Liam, alzandosi e sbattendo le mani sui pantaloni, che in realtà non avevano nessun bisogno di essere puliti. Lo imitai, accostandomi a lui per sentire cosa aveva da dirmi.
«Fai attenzione, Beth» sussurrò al mio orecchio mentre lo abbracciavo. Storpiai la bocca incredula, muovendo poi la testa in segno di consenso sulla sua spalla, giusto per dargli qualche sicurezza.
«Passo da te stasera, ok?» tentai, quando capii che non ero riuscita granché nell’intento. Annuì debolmente, lasciandoci poi soli, ovviamente non prima di aver salutato Louis con un intreccio strano delle mani e un buffetto sui capelli.
«Perché..» feci per chiedergli, ma non mi diede neanche il tempo di dire la seconda parola della frase.
«Non ne voglio parlare» si oppose secco, sorridendo poi forzatamente per coprire la cosa. Mi afferrò di nuovo la mano, alzandosi, per poi portarmi fuori da quel luna park, passando sotto le insegne luminose dell’ingresso e camminando convinto nella direzione di casa mia.
La ghiaia del viale scricchiolava debole sotto i nostri piedi, come se il nostro peso la frantumasse. Tante piccole pietruzze, che messe tutte insieme, tutte una vicina all’altra, erano in grado di sopportare tutti quei chili. Una forza assurda, lanciate in testa a qualcuno avrebbero fatto ancora più male.
«E’ tutto ok?» domandai, dopo minuti e minuti che non spiccicava parola. Il cielo iniziava a scurirsi, le ombre sbiadite che ci portavamo dietro da ore iniziavano a sparire lentamente, mentre avanzavamo strascicando i piedi. Mosse un poco la testa, ma la convinzione era lontana anni luce da quel gesto.
«Mi ha rovinato la giornata – sbottò tutto insieme, sbuffando rumorosamente come se stesse perdendo la pazienza per un telecomando che non funziona. Tirò un calcio a un sassolino, che andò a finire a una decina di metri da noi - stronzo» lo insultò. La cosa non mi fece molto piacere, essendo anche all’oscuro di tutto ciò che c’era dietro, ma preferii non rispondergli, chissà cosa si teneva dentro.
«Sembrava ti facesse piacere vederlo» notai io, fermandomi e facendogli presente che alle nostre spalle c’era il portone di casa mia.
«E’ così – convenne lui, con lo sguardo ancora più intristito di prima – ma evidentemente a lui non ne è stato molto contento». La sua bocca prese una piega strana, di dispiacere, ma si riprese immediatamente, mettendo su uno di quei sorrisi falsi come una banconota da due euro. Sapevo non fosse un sorriso sincero, ma quando me lo ritrovai a pochi centimetri dal mio, mi sembrò un lampione nella strada semibuia in cui ci trovavamo.
E, in un batter d’occhio, addio. Addio alle promesse che avevo fatto a me stessa, quelle labbra erano così morbide. Addio all’idea ben piantata che avevo riguardo al fatto che saremmo usciti come amici, che saremmo sempre e solo rimasti amici, le sue mani delicate mi avevano cinto i fianchi, per poi salire fino al viso e accarezzarmi le guance. Addio a tutto ciò che ci stava intorno, che viveva nel nostro passato o nel nostro futuro, esisteva solo quel momento, solo quell’intreccio, aveva un buon sapore. Addio a Liam, alle preoccupazioni che lo riguardavano da vicino o da lontano, addio a Harry, a tutti i ragazzi di quel mondo e a Niall. Come previsto, mi arrivò una fitta allo stomaco, forte e pesante, come se lui fosse lì, ma il bello fu nel fatto che riuscii a oppormi, a resistere, a non cadere e a non farmi ammaliare. Non era Niall, era Louis, che intanto si era staccato di mezzo millimetro dalla mia bocca, aveva intrecciato le sue dita con le mie e aveva piantato i suoi occhi nei miei. E, ovviamente, tanti saluti a tutte le buone intenzioni nei suoi confronti.
«Scommetto che baci tutte le tue amiche» scherzai, senza muovermi, a un soffio dalle sue labbra. Mi si avvicinò appena, con un bacio a stampo delicato.
«Certo» sorrise poi, lasciandomene un altro sull’angolo della bocca. Salì fino alla fronte, baciandomi i capelli. Aumentò la stretta sulla mia mano e mi accompagnò fino sotto la porta, suonando il campanello al posto mio. Quando mio padre venne ad aprire, eravamo di nuovo incollati l’uno all’altra, ma non ci volle che un suo piccolo colpo di tosse per farci staccare di colpo e far avvampare le nostre guance.
«Signore» fece Louis, alzando piano una mano verso mio papà.
«Vai» gli consigliai, battendogli una mano sulla schiena e guardandolo allontanarsi verso la strada principale con la sua camminata rilassata, le mani nelle tasche dei pantaloni rosso acceso.
 
 
«Non mi avevi detto che anche Liam conoscesse Louis» me la presi con mio fratello, non appena lo incontrai, anche se lui non c’entrava niente. Ma si sa, la colpa è sempre dei fratelli maggiori.
«Non credevo avesse importanza – osservò, alzando le spalle e tornando a concentrarsi sul suo computer acceso con una luminosità bassissima. Mi buttai sul suo letto con le gambe incrociate e la testa contro il muro – te ne ha parlato lui?» chiese poi.
«Il signorino Payne ha deciso di passare il pomeriggio nello stesso luna park in cui siamo andati noi – raccontai, stirandomi la schiena che iniziava a farmi un po’ male dopo tutta la giornata – ma non pareva che fosse molto contento di incontrare Louis» obiettai, ricordando le espressioni spente che avevo colto più di una volta.
«Per forza, è come se tu incontrassi Niall dopo due anni che non lo vedi, dopo che lui ti ha mollata» mi fece l’esempio, anche se in quella situazione non credevo fosse il più azzeccato, e tanto meno mi fece bene sentirlo nominare; non lo vedevo da due giorni e il buco nello stomaco non accennava neanche minimamente all’idea di restringersi. Semplicemente ci convivevo, forse avevo addirittura trovato quella che sarebbe diventata la mia medicina.
Corrugai le sopracciglia, senza riuscire a capire il nesso tra il mio rapporto con Niall e il fatto che magari Liam e Louis avessero potuto litigare anni prima.
«Con la sola differenza che tu e Niall non eravate fidanzati» completò la frase, facendo spallucce e tornando a battere velocemente lettere sulla tastiera del suo pc.
In effetti io e Niall non eravamo mai stat.. aspetta. Cosa?!





 

Hi  girls :D
Sono in ritardissimo, lo so, e chiedo scusa, ma nelle ultime settimane di vacanza ho dovuto fare TUTTI i compiti e poi la scuola è iniziata, e mi sono dovuta chinare sui libri xD
Anyways, questo è ciò che è venuto fuori dalla mia pausa compiti di questo pomeriggio xD
Che dire? Ormai non legge quasi più nessuno, ma io continuo a scrivere giusto perchè è ciò che amo fare u.u
Al prossimo capitolo, e grazie mille a chi continua imperterrito a recensire - ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale xD - (:
Un bacione - e buona scuola a tutti D: 
Giulia :D

  
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