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Autore: The_Ruthless    27/09/2012    3 recensioni
La vita. Che cosa strana. L'essere umano è molto attaccato ad essa; che ironia se si pensa a tutte le persone morte, vittime di guerre, attentati terroristici, omicidi o semplici incidenti. Credo di essere l'unico umano al mondo a non curarsi della propria; ma so che la mia missione è distruggere i dittatori degli uomini, grazie al mio potere troverò la strada con la guida degli altri dominatori di metalli.
Genere: Erotico, Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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Oro e argento

Gli Offenders
Mi svegliai di soprassalto e mi alzai a sedere sul letto;ma lo feci troppo velocemente e una fitta lancinante mi percorse la mano. Maledetto scalino! La fitta alla mano era dovuta ad una vecchia ferita provocata da una bottiglia quando avevo sei anni. Allora abitavo con i miei genitori e mio fratello maggiore in una casetta con un unico scalino in cui ero inciampata mentre correvo con la bottiglia di liquore in mano. Ora abitavo in una villetta a schiera con la mia famiglia. Mi ridistesi sul letto cercando di ricordare quando era stata l'ultima volta che la mano mi aveva fatto male: era stato più di tre anni fa. Lentamente il dolore alla mano sparì e pensai al sogno che mi aveva svegliato: arrossii nel buio, chiedendomi come mai continuavo a fare questi sogni riguardanti i miei compagni di classe; l'ultimo era stato particolarmente coinvolgente, però una volta tornata a scuola non avrei più potuto guardare in faccia Braian. Mi alzai dal letto senza fare rumore e accesi la luce. Andai vicino alla finestra, davanti allo specchio: ero tremenda. I capelli castano-rossicci, che mi arrivavano appena sopra le spalle, erano scompigliati e annodati; gli occhi, color minestrone erano contornati da profonde occhiaie. Il viso, normalmente tondo, era tirato e smunto, cosicché il naso apparisse enorme. Distolsi lo sguardo e mi avviai in punta di piedi verso la porta, la socchiusi e scrutai il pianerottolo nella penombra: nessuno in vista. Uscii dalla mia camera e salii i cinque gradini che portavano al corridoio dove c'erano la camera dei miei, la stanza da stiro e il bagno con vasca. Drizzai le orecchie per sentire se mia madre si era svegliata, silenzio di tomba; respirai a fondo e andai in bagno. Mi feci una doccia veloce, mi misi i jeans, una maglietta e una felpa, poi passai all'attacco dei capelli li spazzolai riducendoli alla ragione; dopo essermi lavata i denti scesi le scale e andai in cucina. Presi un foglietto e scrissi: “ VADO A FARE UNA PASSEGGIATA, TORNO TRA UN'ORA CIRCA. TEA ”. Già, mi chiamo Tea, chissà cosa diavolo è passato per la testa dei miei genitori quando hanno deciso come chiamarmi. Con tutti i nomi normali che esistono a questo mondo!
Misi le Superga e uscii di casa, il cielo era nuvoloso quindi mi tirai su il cappuccio della felpa. Percorsi la mia via e presi il vialetto sterrato che portava al parco; dentro al parco c'era una villa diroccata, decisi di esplorarla ma, quando arrivai vidi un gruppo di ragazzi seduti sugli scalini a fumare e bere coca dalle lattine; per fortuna non si erano ancora accorti di me. Mi fermai e cambiai direzione ma andai a sbattere contro a un ragazzo dall'aria misteriosa che stava camminando velocemente:-Togliti dai piedi!-ringhiò, alzai il viso e mi tolsi il cappuccio per vederlo bene in faccia, rimasi di sasso.

 Aveva i capelli biondi, abbastanza lunghi ma spettinati, un bel viso con una carnagione chiara; ciò che veramente mi colpì però furono gli occhi: le iridi erano di un azzurro chiarissimo e sembravano di ghiaccio. Doveva avere più o meno quattordici anni, quindi, aveva la mia stessa età, o quasi, dato che il mio compleanno è a settembre.
Dopo essermi ripresa dallo shock, sussurrai rabbiosa:-Non l'ho fatto apposta, quindi potresti anche essere più gentile, idiota!-
Mi fulminò con lo sguardo:-Non provocarmi, bambina, potresti non rivedere la luce del giorno...-
Con sarcasmo pesante, ribattei:-Oh, sto morendo di paura! Fatti sotto, nonnetto!-
Rimanemmo immobili a studiarci per non avvantaggiare l'avversario ma fummo interrotti da uno dei ragazzi che erano sugli scalini; si avvicinò e circondandomi con un braccio esclamò:-Ehi, ehi stiamo calmi! Senti, amico, non vorrai far del male a questa ragazzina...Se devi batterti, fallo con qualcuno che abbia la tua stessa forza!-
Il biondo lo fissò e disse:-Non sono tuo amico e comunque non ho tempo da perdere con questa marmocchia.-
Si girò e fece per andarsene:-Codardo!-strillai-hai paura di una ragazza? Sei solo un presuntuoso!-
Lui si volto' di scatto e sibilò:-Ci rivedremo, mocciosa e quando succederà non sarò così clemente.-E si allontanò.
Il ragazzo che mi aveva difeso teneva ancora il braccio sulle mie spalle, me lo scrollai di dosso e lo osservai: era di sicuro di origini siciliane, aveva la pelle abbronzata, capelli e occhi scuri, viso sottile. Anche lui mi stava guardando, lentamente si aprì in un sorriso amichevole e disse:-Sei sempre così scontrosa o è solo perché non hai dormito?-Per un attimo restai a guardarlo, poi scoppiai a ridere.
Lui rise con me e quando ci riprendemmo disse:-Mi chiamo Giovanni, ma per gli amici sono Gio-mi studiò da capo a piedi, arrossii imbarazzata.
Feci un sorriso sfacciato e dissi:-Mi chiamo Tea ma tu puoi chiamarmi Cleo.-
Alzò un sopracciglio:-Cleo?-
Alzai le spalle:-Tutti i miei amici ormai mi chiamano così, immagino che sia per via del mio naso.-
Sorrisi mestamente, lui mi guardò con intensità e poi sorrise:-Non mi sembra per niente storto, comunque, ti va di venire dentro la villa con i miei amici? Dai, che ci fumiamo una sigaretta e intanto parliamo un po'.-
Diedi un'occhiata al gruppetto ancora seduto sugli scalini e dissi:-No, grazie; senza offesa ma i tuoi amici non sono esattamente il genere di persone di cui mi fido.-
Feci un sorriso falso e mi girai ma lui mi afferrò per un braccio:-Aspetta, ti assicuro che tornerai a casa sana e salva,i miei amici non ti sfioreranno neppure se io glielo ordinerò.
-Lo guardai con aria interrogativa:-E perché mai dovrebbero fare quello che dici tu?-
Lui sorrise e rispose:-Sono il capo della banda, nel caso non lo avessi capito.-
Alzai le sopracciglia e chiesi, curiosa:-Che tipo di banda siete?-
Mi fissò negli occhi per un attimo, infine rispose, con un ghigno stampato in faccia:-Una normale banda trasgressiva, ci chiamano gli “Offenders”-
Sgranai gli occhi:-Voi siete gli Offenders?!-Avevo sentito parlare di quella banda, i suoi membri avevano quindici o sedici anni ed erano tutti dei ripetenti in prima superiore. Inoltre era considerata la banda più tosta e trasgressiva (da qui il nome offenders) di tutta la città, erano famosi per il loro disprezzo nei confronti di qualsiasi autorità e facevano sempre ciò che volevano, alcuni pensavano addirittura che avessero per “protettori” dei mafiosi dato che non finivano mai nei guai.
Lui mi studiò un attimo, poi disse, con indifferenza:-Sì, perché? Hai paura?-fece un sorrisetto;
arrossendo di vergogna dissi:-No! E poi di cosa dovrei aver paura? Di un gruppo di adolescenti che fanno gli idioti e restano seduti a fumare dalla mattina alla sera?-Rimase a bocca aperta ma si riprese velocemente; a quanto pareva nessuno aveva mai osato insultarli, ne fui fiera ma anche leggermente spaventata, loro erano in otto, se mi fossi battuta mi avrebbero sopraffatto, l'unica alternativa era scappare. Tornai a guardare Giovanni, che mi fissava con un espressione minacciosa e ammirata al tempo stesso, gli restituii lo sguardo con aria di sfida.
Lui fece un ghigno minaccioso e disse:-Questo non dovevi dirlo.-
E mi si avvicinò svelto, arretrai di alcuni passi:-Non provarci!-lo avvisai, già con i muscoli tesi pronti alla lotta ma Gio fece una cosa inaspettata: mi si parò di fronte e iniziò a farmi il solletico fino a farmi accasciare al suolo. Ridevo come una pazza e speravo che una volta stesa a terra mi avrebbe lasciato andare ma non fu così: si sedette a cavalcioni sopra di me e continuò a farmi il solletico. Ansimando nel tentativo di tenermi ferma, disse:-Allora, ti arrendi?-
Digrignai i denti e ribattei:-Mai!-E cominciai a lottare furiosamente per levarmelo di dosso; alla fine riuscii a scivolare di lato e a mettere con le spalle a terra lui, senza che avesse il tempo di capire cosa fosse successo. Gli salii sopra e gli misi le mani sulle spalle per tenerlo giù, feci un sorriso trionfante:-Ti arrendi?-dissi con tono di scherno.
-No!-disse lui.
-OK-replicai e gli misi le mani alla gola; se c'è una cosa che so fare bene è strangolare, il trucco sta nel stringere dietro vicino alla spina dorsale, ciò provoca dolore nell'avversario che smette di lottare, a quel punto si deve stringere sul davanti in modo da bloccare il respiro del nemico quel tanto che basta per farlo arrendere. Infatti ad un certo punto, ansimando, sibilò:-E va bene, mi arrendo!-Lo lasciai andare e ricadde all'indietro con il fiato corto. Sentii una presenza dietro di me, mi voltai di scatto, pronta a colpire, ma fui troppo lenta: quattro mani mi afferrarono le braccia e me le incrociarono dietro la schiena mentre altre due mani mi spingevano giù per le spalle; caddi in ginocchio e subito mi furono addosso provando a tenermi ferma mentre mi dibattevo cercando di allontanarli con tutte le mie forze. Ma erano troppi, mi immobilizzarono e uno di loro mi si parò davanti; era molto robusto, muscoloso ed era coperto di cicatrici, aveva i capelli corti e scuri e su una spalla era tatuato un teschio che sputava fiamme. Mi fece venire i brividi, lui sorrise minaccioso e disse :-Allora, capo, cosa ne facciamo di questa bella ragazzina?-
E mi si avvicinò, racimolai tutto il coraggio che mi rimaneva e dissi, in tono strafottente:-Non provare a toccarmi, schifoso pervertito-e gli sputai in faccia.
Lui rimase immobile, poi si pulì lo sputo con la maglietta e mi fissò, con gli occhi che mandavano lampi:-Adesso ti insegno io le buone maniere, brutta putt...-
Ma Gio rialzatosi in piedi gridò:-Fermo! Ora calmati, Napu! Statemi bene a sentire ragazzi, nessuno, ripeto nessuno deve toccare questa ragazza, chiaro? O ne risponderà a me.-La sua faccia era talmente seria e minacciosa che avrebbe convinto chiunque a lasciar perdere.
Napu aggrottò le sopracciglia e chiese:-Perché capo? Potevamo divertirci, sembra che abbia degli argomenti interessanti.-E lanciò un'occhiata al mio petto che si notava anche sotto la felpa ampia.
Gio lo fissò un attimo, poi disse:-Non qui, dobbiamo parlarne lontano da occhi indiscreti, andiamo dentro la villa e state attenti che lei non scappi.-I due ragazzi che mi tenevano per le braccia mi tirarono su e ad un cenno di Giovanni tutti entrarono dentro la villa disabitata. Percorremmo un corridoio buio, svoltammo a sinistra e iniziammo a scendere le scale dello scantinato. La porta si chiuse alle nostre spalle, qualcuno accese una lampadina appesa al soffitto, sentivo il mio cuore battere a mille: ero in trappola, lì nessuno mi avrebbe mai sentito se avessi gridato.
   
 
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