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Autore: Persephone Lupin    27/09/2012    0 recensioni
Quando Severus Snape torna a casa dopo una missione per il suo Signore, diventa testimone di un segreto che sconvolgerà il suo mondo. AU
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Severus Piton, Voldemort
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Lo so, lo so… avevo detto che avrei cercato di pubblicare questo capitolo il prima possibile. Ho fallito miseramente… è passato un mese -.-
Spero possiate scusarmi e che il capitolo sia di vostro gradimento.

 


 

Capitolo 3. Occhi penetranti e domande altrettanto

(Piercing eyes and piercing questions)




 

Il percorso verso l’ufficio del preside sembrava durare ore. Il solo mettere un piede davanti all'altro era uno sforzo terribile. Allo stesso tempo, Severus, ancora, non era davvero preparato a ritrovarsi in piedi di fronte al gargoyle di pietra che sorvegliava l'ingresso al regno di Dumbledore. Cosa diavolo avrebbe dovuto dire al preside? Avrebbe ascoltato? Non c’era modo di tornare indietro ormai.
 

«Biscotti al ginger.»
 

Il gargoyle prese vita, balzò di lato, e il muro alle sue spalle si divise in due rivelando una scala a chiocciola che si arrampicava senza problemi verso l'alto, come una scala mobile.
 

«Seguimi». La professoressa McGonagall fece un passo sulla scala che saliva. Il solo guardare quel movimento a spirale fece tornare le vertigini a Severus. Chiuse gli occhi e seguì la professoressa con cautela. Si sentiva male, ma non sarebbe stato il caso di vomitare in faccia a Dumbledore o svenire davanti alla porta.
 

Infine, raggiunsero di nuovo una base stabile.
 

«Aspetta qui e non fare scherzi». La McGonagall bussò alla porta di quercia con il battente d’ottone a forma di grifone mentre teneva d’occhio Severus. Il ragazzo sembra malato. Ha sicuramente la febbre, se non qualcosa di peggio. La porta si aprì silenziosamente. Con un cipiglio preoccupato sul suo volto, Minerva entrò nell'ufficio del suo superiore e sussurrò qualche parola di avvertimento alle orecchie di Albus. Il volto del Preside era grave quando questi invitò Severus ad entrare.
 

«Puoi lasciarci soli ora, Minerva. E grazie.»
 

«Sei sicuro, Albus?»
 

«Credo di poter far fronte a un giovane senza bacchetta, non ti pare?» Un sorriso giocò intorno agli angoli della sua bocca, ma non raggiunse gli occhi. Una sola occhiata a Severus, nel suo mantello bagnato e sporco di sangue, lo aveva convinto che quella non sarebbe stata una piacevole discussione davanti a un té coi biscotti. Il giovane era nervoso e spaventato. E Albus percepiva un forte sentore di colpa e disperazione misti a disgusto.
 

«Prego, accomodati, signor Snape.» Ma il giovane parve non aver afferrato quelle parole. Alzò lentamente gli occhi verso lo sguardo indagatore del vecchio mago e sussurrò:«Sono venuto a costituirmi.»
 

«CostituirtiDumbledore sostenne lo sguardo come se stesse osservando in profondità l'anima del suo ex studente, leggendo i suoi pensieri e sentimenti, svelando tutti i segreti oscuri, mettendo a nudol a sua intera vita. Rabbrividendo, Severus distolse lo sguardo.
 

«Di quali crimini sei colpevole?» Dumbledore chiese con voce neutra.
 

«Sono un Mangiamorte.»
 

E da lì cominciò un interrogatorio doloroso. Sembrò durare per ore. Severus aveva finalmente accettato la sedia che Dumbledore aveva evocato al suo fianco. Si sentiva stordito e doveva concentrarsi duramente per seguire la rapida successione di domande. Ma lui avrebbe risposto nel modo più sincero possibile. Dare più informazioni possibili su Voldemort e i suoi Mangiamorte. Fornire ai suoi nemici un vantaggio decisivo, cosicché un giorno avrebbero potuto sconfiggere il mostro. Essendo un membro della cerchia interna, sapeva molte cose, tutto quello che uno poteva sapere considerando che Voldemort non si fidava di nessuno tranne se stesso.
 

Dopo essersi unito ai Mangiamorte, Severus aveva percorso una rapida salita verso la cerchia più interna dell'organizzazione, nonostante la sua giovane età. Nessuno dei suoi compagni di classe aveva ottenuto tanto, nemmeno Lucius Malfoy. Il merito veniva prima del nome e della ricchezza tra i Mangiamorte, e il Signore Oscuro era stata la prima persona, in tutta la sua vita, a riconoscere la mente brillante di Severus, il suo talento e la sete di conoscenza, così come la sua volontà di non essere più soggetto ad altri, ma di essere quello al potere. Ma ora aveva Severus scoperto che tutto ciò era stato solo un’illusione, come tutta la sua vita era stata una menzogna. Non era altro che uno strumento volontario di terrore. Aveva torturato ed ucciso. Probabilmente non con il piacere sadico che molti dei suoi complici mostravano durante un’incursione, ma con freddo calcolo. Aveva creduto nella causa, nel loro leader. Aveva dovuto ingoiare la dottrina della superiorità del sangue puro fin dalla prima infanzia. Aveva disprezzato Mezzosangue, Sanguesporco e Babbani con tutto il cuore. E ora tutto questo era andato in frantumi. Egli stesso era un Mezzosangue. Ed era un assassino.
 

Il volto di Dumbledore era segnato dalla rabbia repressa e dalla fatica. Quello che aveva sentito lo faceva stare male. Come poteva quel ragazzo, a malapena un uomo, semplicemente sedersi lì e confessare le atrocità più terribili in una voce calma e distaccata? Avrebbe potuto schiaffeggiarlo. E perché mai era venuto lì, da lui, in primo luogo? I Mangiamorte non venivano da te per aprirti il loro cuore – sempre che ne avessero uno - senza chiedere qualcosa indietro. Erano sempre informazioni in cambio del perdono, di una nuova identità, di una nuova vita negli Stati Uniti. Quanto odiava quella feccia che otteneva di andarsene via impunita. E, il più delle volte, le informazioni acquisite erano piuttosto insignificanti. Ma quel ragazzo era diverso. Egli non solo aveva dato informazioni dettagliate e profondamente importanti di come l'organizzazione del terrore operava, di come la mente di Voldemort lavorava, ma non aveva ancora menzionato alcuna richiesta, nemmeno una volta.
 

«In somma, signor Snape, perché mi hai detto tutto questo?»
 

«Ha ucciso la mia famiglia.»
 

«Credevo che tua madre fosse morta per problemi cardiaci molti anni fa. E tuo padre, di certo, è ancora vivo e vegeto?»
 

«No, è morto. Ma non erano i miei genitori, comunque.» Non era stato solo il giorno prima che aveva sentito la conversazione in salotto? Sembrava secoli fa. Lontano, molto lontano. Tutto sembrava essere sempre più lontano, remoto e offuscato. Anche il Preside che sedeva dietro la scrivania a solo un paio di metri di distanza. La voce di Dumbledore scorreva e rifluiva come onde su una qualche lontana costa rocciosa. Il debole ronzio nella parte posteriore della sua testa era diventato una cacofonia di suoni esasperante e lampi incandescenti di luce disturbano la sua vista. Stava scivolando...
 

«Severus?» Dumbledore si precipitò verso il suo ex allievo e lo afferrò mentre crollava a terra.
 

«Severus?» Il giovane mago tra le sue braccia non rispose. Era caldo al tatto e palesemente delirante. Con un sospiro, l’anziano professore trasformò magicamente la sedia in un divano e delicatamente lo adagiò sopra. Un Mangiamorte malato di cui preoccuparsi, quello era esattamente ciò di cui aveva bisogno oltre tutte le sue preoccupazioni e il suo lavoro. Poteva contattare il Ministero e consegnarlo, era un assassino, dopo tutto, e non meritava di meglio. Ma qualcosa trattenne Albus dal farlo, la vaga sensazione che ci fosse ancora speranza per il ragazzo, che non era del tutto malvagio. Che avrebbe potuto meritare una seconda opportunità. Un piano cominciò a prendere forma nella sua mente.
 

«Non c'è bisogno di affrettare una decisione.» Albus mormorò a se stesso. Il ragazzo non era in condizionidi fuggire o causare grossi problemi per i prossimi giorni. Meglio dormirci  su. C’erano ancora alcune domande senza risposta, comunque. Ma avrebbero dovuto aspettare. Gettò un po’ di Polvere nel camino.
 

«Poppy, puoi venire nel mio ufficio un momento?» chiese il Preside appena il volto di Madama Pomfrey apparve tra le fiamme.
 

«Come desideri, Albus.» E pochi minuti dopo, la Medimaga bussò alla porta dell'ufficio.
 

«Prego, entra. So che sei occupata con vari casi di influenza, ma temo di avere un lavoro urgente per te, Poppy.» Sorridendo in tono di scusa, indicò la forma scura sul divano.
 

«Cosa è successo, Albus?»
 

«É crollato durante un prolungato interrogatorio.» Un breve sguardo al paziente fu sufficiente a suscitare l'ira della Medimaga.
 

«Albus, come hai potuto interrogare il ragazzo? Anche un cieco si sarebbe accorto che ha una brutta febbre. E guarda i suoi vestiti, sono zuppi di pioggia e sangue! Avresti dovuto chiamarmi subito!» Dumbledore le lanciò un’occhiata colpevole.
 

«Mi dispiace, ma c’erano questioni importanti da discutere subito. Allora, che cos’ha che non va il ragazzo?»
 

Sempre con cipiglio indignato, Madama Pomfrey puntò la sua bacchetta verso Severus, muovendola lentamente su e giù per la lunghezza del suo corpo. Il viso pallido del ragazzo era coperto di sudore, tutto il suo corpo tremava per il freddo.
 

«Sembra polmonite con febbre alta e brividi», disse annunciando i risultati del suo esame medico. «E ha perso non poco sangue. La sua pressione sanguigna è troppo bassa, e ciò spiega il suo svenimento.»
 

«Quindi, è suo il sangue sul mantello? Ho pensato...»
 

«Hai pensato, Albus?»
 

«Ogni tanto penso, Poppy.» Albus ridacchiò. «Ma sono piuttosto contento di aver pensato sbagliato questa volta.»
 

Con un colpo di bacchetta, Madama Pomfrey rimosse il mantello di Severus insieme con gli indumenti più esterni. La manica sinistra della camicia era inzuppata di sangue.
 

«Albus! Guarda!» La Medimaga disse senza fiato quando vide i tagli profondi ed i graffi sul suo avambraccio. «Credi abbia voluto togliersi la vita?»
 

«Non lo so, Poppy. Ma potrebbe essere. Sembrava molto sbilanciato, ad essere onesti.» La preoccupazione sul volto di Madama Pomfrey si accentuò.
 

«Povero ragazzo… É meglio trasferirlo subito in infermeria, così che possa prendermi cura adeguatamente delle sue ferite e della febbre.»
 

«No, Poppy. Non possiamo. É un Mangiamorte.» Il volto di Madama Pomfrey si rabbuiò, i suoi occhi si spalancarono per l'orrore. «Nessuno deve sapere che è qui. Per la sua stessa sicurezza. Non ho ancora capito esattamente perché è venuto a Hogwarts e non so come comportarmi rispetto a tutto questo, ma deve essere tenuto segreto in ogni modo» disse Dumbledore con convinzione.
 

«É un ex studente, non è vero?» Chiese Madama Pomfrey a malincuore.
 

«Sì, Severus Snape, Serpeverde.»
 

Snape. Certo. Come aveva potuto non riconoscere il giovane mago? Le aveva fatto guadagnare qualche ciocca in più di capelli bianchi. Non avrebbe mai dimenticato i giorni e le notti che aveva trascorso al capezzale di un Serpeverde dodicenne mortalmente pallido con il nome di Severus Snape, temendo per la sua vita. Era successo subito dopo la festa di benvenuto. Uno degli ultimi studenti a lasciare la Sala Grande, un Serpeverde pelle e ossa, era improvvisamente crollato a terra, gemendo piano e stringendo il suo addome. L'appendicite acuta era stata la prima cosa che le fosse venuta in mente allora, o magari uno scherzo di cattivo gusto. Ma era qualcosa di peggio. Quando era arrivata al fianco del  ragazzo questi era già incosciente e con una insufficienza epatica acuta. Era una brutta situazione perché le potenti pozioni curative che doveva somministrargli, a loro volta, avrebbero avuto un effetto negativo sul suo fegato danneggiato. Quindi, aveva dovuto essere molto cauta con le cure. Ce l’aveva fatta alla fine, ma c’era mancato poco. E lui aveva ottenuto una lieve insufficienza cronica dell'organo.
 

La Medimaga aveva avuto i sospetti peggiori su cosa avesse causato la pericolosa ferita ed i molti lividi che ricoprivano il corpo del ragazzo, ma lui aveva ostinatamente insistito sul fatto che era caduto per le scale. I suoi genitori non si erano mai fatti vivi per venire a visitare il figlio gravemente malato, nemmeno una volta. Non avevano proprio risposto ai gufi urgenti di Hogwarts. Niente regali, niente biglietti di buona guarigione. Come se a loro non importasse affatto. E neppure ci furono amici che vennero a visitarlo o a portare Cioccorane e caramelle. La solitudine del ragazzo aveva tagliato a fondo il cuore compassionevole della Medimaga, e lei si era ripromessa di tenere un occhio comprensivo su di lui. Ma dopo che Severus era stato dimesso dall'ospedale, la strega si era presto dimenticata della sua promessa a causa degli impegni. E Severus non era più stato seriamente malato dopo quell'incidente.
 

«Albus» Madama Pomfrey ritornò al presente allontanandosi dai suoi pensieri. «Temo che questo sarà più complicato di quanto abbia previsto in un primo momento. Di solito, posso curare questi sintomi nel giro di due, tre giorni al massimo, ma in questo caso... non mi è possibile utilizzare una pozione curativa forte n alto dosaggio a causa del fegato debole del ragazzo.»
 

«Ma puoi curarlo, sì?» 
 

«Credo di sì, ma ci vorrà molto più tempo e cure.»
 

«Beh, Poppy, come posso aiutarti, allora?"




 
  
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