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Autore: lady hawke    28/09/2012    6 recensioni
Fred Weasley è coraggiosamente caduto a Hogwarts ma, contrariamente a quanto ci è stato narrato da JKR, quella scuola ha deciso di non lasciarla mai più, diventando un fantasma. Ora, temporaneamente separato dal fratello, avrà bisogno di un nuovo alleato per architettare i suoi scherzi. Pix sarà un congiurato degno del compito?
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fred Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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 Note: Ok, questa storia è assurda. Nel senso, dopo anni passati a leggere mirabolanti storie assurde di Fred redivivo o Fred fantasma, ho pensato di scriverne una io. Certo, una storia simile comporta una serie di problemi, nel cercare di rendere tutto comico E credibile allo stesso tempo è stato un po’ un dramma, ma spero di avercela fatta. Un ringraziamento speciale alle muse che mi sostengono, a Rowena che l’ha letta in anteprima, a Hogwarts e alle sue scale e a Pix, che è un amore di creatura!





Leone Speziato




La morte di Fred aveva rappresentato uno choc per tutto il clan Weasley. Inspiegabilmente, c’era sempre stato qualcosa, in lui, che lo faceva sembrare un po’ invincibile, capace di sopravvivere, assieme all’inseparabile George, più o meno a tutto. La battaglia di Hogwarts aveva dimostrato il contrario; Fred era morto con il sorriso sulle labbra, lasciando George solo e nella più nera disperazione. Eppure, le sorprese non erano finite.
In vita, Fred era stato coraggioso, sfrontato, senza paura: tutte cose che facevano supporre che sarebbe andato oltre, e che avrebbe affrontato la morte come aveva affrontato tutto nella vita, ovvero con inguaribile ottimismo. Per certi versi, così era stato: non aveva fatto in tempo a provare paura o dolore, la fine era giunta così rapidamente che il suo unico problema era stato scegliere se andarsene o rimanere. E in quel momento Fred sorprese chiunque, in primo luogo se stesso, scegliendo di restare e di diventare un fantasma.
Era una decisione che presentava diversi vantaggi: sarebbe rimasto accanto alla sua famiglia, anche se in maniera molto meno corporea e più simile a quella dello spirito che stava nella soffitta della Tana, e gli avrebbe continuato a vivere infinite avventure. Questo però l’avrebbe condannato ad assistere alla morte di tutte le persone che gli erano state care; alla fine sarebbe rimasto solo, per sempre. Ciononostante, l’aveva fatto. Perché?
Fred aveva un piano. Si era manifestato alla Tana pochi giorni dopo il suo funerale, scatenando scompiglio: in seguito, la cosa sarebbe stata definita da ogni membro della famiglia surreale. Molly aveva gridato, quando l’aveva visto, poi aveva pianto e infine era riuscita a fare quello che ogni buona madre sa fare meglio: l’aveva sgridato per la sua totale mancanza di riguardi nei confronti di tutti quanti. Ginny e Harry si erano pietrificati, indecisi sul tipo di reazione da avere in un frangente simile. Ron, trattenuto a stento da Hermione, aveva cominciato a insultarlo, per poi rimettersi a piangere come sua madre. Percy aveva cominciato a scusarsi senza posa, mentre Arthur aveva guardato l’orologio di famiglia: aveva sospirato vedendo che la lancetta di Fred era puntata su “Casa”. Bill e Charlie avevano sorriso tra le lacrime: un fratello ritrovato è tale a prescindere da come decida di ripresentarsi. Quanto a George…
George era una questione complicata, Fred l’aveva saputo fin dall’inizio. Non l’avevano preoccupato le reazioni degli altri componenti della sua famiglia: sapeva che avrebbero accettato, sapeva che avrebbero gioito, nonostante tutto. Ma con il gemello il legame era stato così stretto e indissolubile… George avrebbe potuto rifiutarlo, e Fred ne aveva paura. Doveva spiegarsi, doveva fargli capire. Visto che la sua condizione di fantasma gli consentiva di evitarsi abbracci spezza-ossa, fu facile per lui chiedere di rimanere solo con il fratello. Se lo ricordavano entrambi, quel momento: si erano volatilizzati tutti alla velocità della luce, lasciando i due gemelli, il morto e il vivo, in cucina.
- Perché? – aveva sussurrato George, devastato. Era l’unico a non aver abbozzato nemmeno un sorriso, l’unico a sentire la presenza spettrale del fratello come una tortura aggiunta a tortura.
- Non volevo che rimanessimo separati. Non ce la facevo. – disse Fred, serio, prima di aggiungere: - Il pensiero che Muriel mi avrebbe raggiunto prima di te mi avrebbe ucciso.
George si passò una mano sulla faccia. – Verbo sbagliato. – disse. Erano stati giorni tremendi, dei quali a malapena aveva un ricordo, eppure, nonostante tutto, nonostante sapesse che era tutto profondamente sbagliato, sentire ancora la sua voce era bello. – Non sarebbe stata un’attesa eterna.
- Sarebbe stata lunga comunque.
- E che accadrà… quando sarà il momento? – chiese George, trovando finalmente il coraggio di osservare il corpo lattiginoso del fratello.
- Spero proprio tu voglia fermarti con me. – ammise Fred, sorridendo.
- E’ questo il tuo piano?
- L’unico che sono riuscito a mettere a punto, non mi hanno lasciato molto tempo per pensarci.
George rimase in silenzio per un po’, chiedendosi se l’altro fosse definitivamente impazzito con la morte o cosa. Poi comprese. Per certi versi, era il gesto più autenticamente sentimentale che aveva mai visto. Fred sapeva che non ce l’avrebbero fatta, rimanendo separati, e aveva ragione. Sentì le lacrime formarsi dentro ai suoi occhi, ma almeno non erano dovute al dolore. Le ricacciò indietro, e pose un’altra domanda: - E mentre mi aspetti, che pensi di fare?
- Sondare il terreno. – rispose Fred con aria malandrina.
Fu così che Fred Weasley iniziò a infestare Hogwarts.


Farsi accettare a Hogwarts non fu difficile: Fred era considerato un eroe di guerra, e inoltre la scuola si era sempre dimostrata eccezionalmente disponibile nell’ospitare fantasmi senza casa.
- E’ sicuro di voler rimanere qui, signor Weasley? – chiese Minerva McGranitt, preside ad interim di Hogwarts. Era seduta alla scrivania che era stata di Silente, ora sveglio, nel suo ritratto accanto ai suoi predecessori. La strega aveva l’aria stanca, ma nonostante tutto, riusciva ancora a guardare Fred come un suo studente, quasi identico a quand’era vivo.
- Non c’è altro posto al mondo in cui vorrei essere. – lo spettro sorrise, e si volse a guardare verso il suo ex preside. – Lei è d’accordo, professor Silente?
- Spero tu riesca ad andare d’accordo con Pix. – furono le uniche parole del ritratto. – Vedrai che andrà tutto bene, Minerva.
La strega annuì, con aria grave: le peggiori sciagure della vita spesso iniziavano con un “andrà tutto bene”.
- Oh, un altro. – fu tutto quello che disse Pix, quando Fred si presentò a lui in uno dei corridoi del secondo piano. – Non ti metterai a piangere uggiolando nei bagni, spero. – Fred vide il poltergeist studiarlo attentamente, come se pensasse al da farsi.
- Uno che ha fatto esplodere fuochi d’artificio per la scuola può mettersi a piangere in un bagno? – Mirtilla Malcontenta evidentemente non raccoglieva troppi fan nemmeno tra gli spiriti come lei.
- Ah, mai fidarsi dei vivi che diventano morti. Cambiano sempre. – sentenziò Pix, prima di avvicinarsi ad un quadro raffigurante delle finora felici ed innocenti pecorelle e farle fuggire emettendo versi cavernosi.
- Promette bene. – disse Fred tra sé e sé.
L’estate passò tranquilla: c’erano gli insegnanti, tutti presi a ripristinare la scuola per poter riaprire le porte il primo settembre, e c’erano gli Elfi delle cucine. Mirtilla, il Barone Sanguinario e la Dama Grigia vivevano un po’ per i fatti loro, ma il Frate Grasso e Nick-quasi-senza-testa erano di ottima compagnia. Nei momenti di noia, in fondo, si poteva sempre andare con Pix a spaventare Mrs. Purr. Il fantasma pensava alla Tana, di tanto in tanto, ma sapeva che non era posto per lui. Vivere con loro sarebbe stato imbarazzante; e a tutti, in fondo, faceva piacere sapere che Fred era lì, da qualche parte, come se fosse in vacanza. Lontano, ma a portata di Polvere Volante.
Ma con l’arrivo dell’autunno giunsero gli studenti, e la scuola tornò finalmente a tornare quel posto meraviglioso in cui Fred aveva passato gli anni più belli della sua vita. Fece un cenno di saluto ad Hermione, vedendola passare; lei gli rispose con fare incerto, quasi non sapesse esattamente come comportarsi. Vide poi Ginny, accompagnata da Luna; entrarono nella Sala Grande affiancate. La sorella lo fissò con lieve sgomento sulle prime, poco abituata ad una visione del genere, poi gli sorrise e gli si avvicino.
- Come va a casa? – chiese il fantasma.
- George sta bene, tutto considerato. – rispose la ragazza. – Mamma pensa a lui tutto il giorno, Ron gli sta dando una mano con il negozio e Percy cerca di rendersi utile in tutti i modi. Intendo proprio tutti.
- Non lo invidio. – Fred aveva pensato di andare ad infestare il suo negozio, ma pensava che per il gemello sarebbe stata troppo dura sopportare la sua vista. Con gli anni, forse, avrebbe potuto passarci di tanto in tanto. Percy servizievole, poi, era un notevole incentivo a non avvicinarsi a Diagon Alley nemmeno per sbaglio.
- E’ uno dei vantaggi dei fantasmi. – disse Luna, inserendosi nel discorso.
- Quale? – domandò Fred.
- Andarsene quando tira aria cattiva, come i gatti. – spiegò – Vado al mio tavolo, prima che qualcuno decida di lasciarmi senza posto. – girò i tacchi e se ne andò con passo svelto verso il tavolo di Corvonero.
- Vai anche tu. – disse Fred alla sorella. – Io ora ho dei novellini da spaventare.
Si comportò bene, durante lo Smistamento: volteggiava avanti e indietro per il tavolo di Grifondoro, affiancandosi a Nick. Osservava le facce terrorizzate dei bambini che via via mettevano in testa il Cappello Parlante: forse anche lui, molti anni prima, era impallidito a tal punto. Certo, i resoconti falsi di Bill e Charlie non avevano aiutato. Quando tutti i nuovi studenti furono seduti ai tavoli delle Case in cui erano stati Smistati, Fred seguì il fantasma di Grifondoro mentre si presentava e spiegava, di nuovo, la sua triste storia. Forse era finalmente giunto il momento di colorirla un pochino.
Raggiunse il fantasma nell’esatto momento in cui spostava di lato la testa per mostrare la maldestra decapitazione, e mimò in modo abbastanza comico un boia armato di ascia.
- Così l’ha colpito, sicuro! – esclamò. Alcuni ragazzi risero; tra questi c’era Ginny. – C’ero anche io. Ero il suo maggiordomo, sapete? Per poco non hanno tagliato la testa pure a me!
Nick si era voltato e lo fissava con una certa sorpresa, ma rimase in silenzio.
- E come ti sei salvato? – chiese uno dei ragazzi.
- Oh be’… non mi sono propriamente salvato. – Fred attraversò il ragazzo, che si irrigidì come se gli avessero gettato addosso una secchiata d’acqua gelida. – Ma la testa è ancora tutta attaccata. Il boia era un po’ ubriaco, sapete? Per questo ha tagliato male la testa del nostro Nick, e dopo che l’ha fatto… - Fred mimò una caduta. – Giù dal patibolo, oh sì, come un sasso!
- E con te che hanno fatto, invece? – chiese un altro. Fred vide che la sorella lo guardava con un accenno di preoccupazione, come se temesse che potesse mettersi a raccontare qualcosa di molto simile alla verità.
- Oh… con me. Be’, divertente storia. Si sono dimenticati di me dopo avermi riportato in cella. Troppi giorni senza cosciotto d’agnello! – disse.
- La giusta punizione per chi mi serviva sempre un arrosto freddo. – disse a quel punto Nick-quasi-senza-testa, dimostrando di stare al gioco.
- Ma non era sempre freddo, orsù!
- Mi hai portato un tacchino con una gamba sola, una volta, spacciandolo per un raro esemplare mutilato. Ed era anche mezzo bruciacchiato. – insistette Nick, che aveva preso un certo gusto in quella messinscena: sempre meglio quello che parlare, di nuovo, della sua decapitazione.
- Per le bruciature è sempre stata colpa degli Elfi. – si giustificò Fred.
- I miei Elfi non bruciano mai niente! – s’intromise una giovane Grifondoro appena smistata, con aria fiera.
- Ma ovvio, sono un modello nuovo di zecca! – poi, facendo una capriola, Fred il fantasma svolazzò verso il tavolo di Tassorosso, per conferire con il Frate.
 

Per il resto della serata Fred si comportò bene; aveva davanti a sé nove lunghi mesi, non voleva bruciare le tappe e seminare il panico troppo alla svelta. Per qualche giorno si limitò ad osservare gli studenti e a vedere come se la cavavano; c’erano diversi volti a lui noti, a scuola. Altri studenti che, come la sorella, erano tornati a recuperare l’anno. Draco Malfoy, tra tutti, spiccava per il pallore. Se lo ricordava, Ron ne parlava sempre malissimo, e non a torto: la guerra gli aveva tolto gran parte della sua baldanza, così come a molti Serpeverde. Così, nonostante le parole di Minerva McGranitt pronunciate la prima sera in Sala Grande sulla concordia e la fratellanza delle case, Fred trovava divertente prendersela con tutti gli stronzetti che incontrava.
Una mattina puntò Pansy Parkinson: tutti sapevano che aveva proposto di consegnare Harry Potter a Voldemort, e considerato l’andare della guerra era abbastanza ovvio quanto fosse poco amata a scuola. Fred si sentiva magnanimo e pronto a non andarci giù pesante, ma qualcosa doveva pur essere fatto. Aspettò un cambio d’ora tra la lezione di Incantesimi e quella di Trasfigurazione, pedinandola fin dentro i bagni: Pansy era tranquilla, e chiacchierava con un paio di compagne. La ragazza aveva dovuto selezionare attentamente le sue frequentazioni nell’ultimo periodo, ma sembrava aver conservato, seppur in minima parte, una parvenza di vita sociale. L’erba cattiva non muore mai, si ritrovò a pensare Fred, mentre gli tornava alla mente uno dei mille proverbi che sua madre gli aveva ripetuto fino alla nausea. Le giovani parlavano tra loro con fare concitato e nessuno fece caso a lui mentre si infilava in uno dei rubinetti. Era una cosa che non aveva mai provato a fare prima ma, del resto, c’era una prima volta per tutto, soprattutto per gli incorporei. Pansy, continuando a chiacchierare, si avvicinò al lavandino incriminato per specchiarsi: si sistemò un po’ la frangia con le dita, e poi aprì l’acqua per sciacquarsi le mani.
Fu così che, assieme all’acqua fredda, Fred Weasley uscì dal rubinetto come una scia lattiginosa, ululando come un pazzo.
- Non si disturbano i sonni di un eroe di guerra, o cose indicibili si abbatteranno su di te! – gridò con voce cavernosa. Pansy, che non aveva mai amato nemmeno gli scherzi di Pix, si mise ad urlare, e non di meno fecero le sue compagne. L’adorabile terzetto schizzò fuori dal bagno correndo e osservarle fu un vero spasso, poiché cercarono di uscire tutte e tre contemporaneamente dalla porta, troppo stretta per farne passare anche solo due. Si spintonarono per qualche secondo, prima di correre per il corridoio.
- E’ quasi troppo facile. – sospirò Fred, ridendo di gusto.
 

Lo scherzo del rubinetto divenne presto un classico. Era molto divertente soprattutto perché tutti gli studenti cercavano in continuazione incantesimi o stratagemmi per non essere fregati, ma nessuno riusciva a bloccare le incursioni di Fred, nemmeno Mirtilla.
- Ma non ce l’hai un altro posto da infestare? – strillò lei un giorno. – Questo è un bagno guasto, ed è il mio!
- Eppure alcune studentesse ci mettono sempre piede. Non è meglio che imparino che i luoghi infestati siano da evitare? È per il loro bene! – suggerì Fred. In effetti, Hermione passava di lì, di tanto in tanto, soprattutto quando voleva leggere in santa pace quello che le scrivevano Ron ed Harry: detestava i pettegolezzi della sala comune. Così facendo, però, divenne anche lei una delle inevitabili vittime del Rubinetto Maledetto; come se non fosse già abbastanza, Fred decise di provare su di lei l’effetto fontana. Una sera, poco prima di cena, la strega si ritrovò fradicia da capo a piedi. La sua colpa? Non aveva aperto il rubinetto dentro al quale si era nascosto il fu Weasley, e lui aveva dovuto utilizzare un nuovo stratagemma.
- Fred! Accidenti! Devo scendere in Sala Grande tra poco. – si lagnò la ragazza, infilando le mani nelle tasche per vedere se la lettera che non aveva ancora fatto in tempo a leggere si era rovinata.
- Suvvia, uno scherzetto innocente! – Fred era comparso alle sue spalle, Hermione si ritrovò ad osservare il suo riflesso allo specchio con aria scocciata. – I tuoi capelli ne hanno tratto di sicuro giovamento.
- Fred, la mia lettera. Era nella mia tasca! – la ragazza si voltò, minacciosa.
- E’ appoggiata là. – con un cenno della testa, lo spettro indicò l’ultimo lavandino della fila, lontano da loro. La lettera era appoggiata sul bordo, intatta ed asciutta. La ragazza ne fu sollevata. – Non si dica che non sono un gentiluomo. Non ti farei mai perdere un messaggio di Ronnino piccolino.
- Non è suo. – con il viso paonazzo, Hermione andò a prendere la lettera. Tentò di rimetterla istintivamente in tasca, ma poi si trattenne: meglio asciugarsi la divisa, prima.
- Ricordami che non era roba sua quando mi chiamerai “cognato”. La sua grafia la so ancora riconoscere! – esclamò, prima di sparire in uno dei water, in un’esplosione di schizzi.
- E’ insopportabile. – sentenziò Mirtilla, comparendo improvvisamente accanto alla giovane strega.
- Lo dici a me? – sospirò Hermione, prendendo la bacchetta per rendersi nuovamente presentabile.


Alcune vittime permalose non rimanevano certo impressionate da lui, ma la maggior parte degli studenti si ritrovò presto ad amare Fred Weasley, il disturbatore della quiete pubblica.
Durante la pausa natalizia, per la gioia di Gazza, Fred tornò a casa, per passare qualche giorno con la sua famiglia; il problema maggiore per sua madre Molly, una volta accettato il nuovo aspetto del figlio, fu il rendersi conto di non potergli regalargli alcun maglione o di non poterlo supplicare affinché si servisse per la terza volta con il pudding. Ciononostante, lo spettro trovò la sua vacanza estremamente rilassante, e tornò a scuola più pronto che mai. Certo, senza George era difficile architettare piani assolutamente geniali, ma dalla sua sapeva di poter contare sul valido aiuto di Pix.
- Hanno mai cercato di cacciarti da qui? – chiese un giorno Fred allo spirito.
- L’ultima volta che ci hanno provato hanno evacuato la scuola. – ammise Pix, assumendo un’aria fiera e orgogliosa. – Da allora mi hanno permesso di fare molte più cose.
- Ad esempio?
- Questo! – Pix fece uscire una Caccabomba dalle sue tasche e la tirò in direzione di un gruppo di Grifondoro del primo anno. – Un olezzo smisurato è per il mago un dono grato! – Urlò, ghignando soddisfatto. I piccoli maghi corsero via urlando, terrorizzati dall’idea di essere colpiti di nuovo.
- Mi è venuta un’idea divertente. Ti va di giocare insieme? – propose Fred, guardando lo spirito negli occhi. Svolazzavano entrambi a due metri a terra, attorno a loro molti dei ritratti li osservavano con aria molto, molto preoccupata.
- Solo se ti prendi la colpa tu.
- Sono morto, che possono farmi? – rispose Fred, ridendo.
L’idea che aveva avuto il fantasma era di una semplicità quasi imbarazzante; in tanti anni di esplorazioni aveva capito che le scale di Hogwarts amavano cambiare, ma lo facevano quasi sempre allo stesso modo. Lo scalone del secondo piano che portava alle aule, per esempio, aveva da sempre il vizio di abbandonare la gran parte dei più sprovveduti studenti in un’ala vuota buia dalla quale non era sempre facile uscire. Quale piacevole combinazione, per due provetti burloni!
L’ora di punta, su quel passaggio, era sempre il martedì tra le dieci e le undici, ora in cui molti ragazzi uscivano dalle serre di Erbologia per salire a frequentare Incantesimi, Trasfigurazione e Storia della Magia. Certo, quello non era l’unico passaggio percorso da tutti quanti, ma a questo si poteva tranquillamente porre rimedio.
Lunedì notte, Pix si premurò di sgraffignare dalla serra numero tre tutti i Funghi Saltellanti che riuscì a trovare per poterli spargere sui percorsi alternativi. Fu un’operazione non semplice e molto lunga, ma il tappeto grigiastro che andò pian piano a coprire i corridoi riempì entrambi i congiurati di gioia. Fu una sorpresa non da poco, per Gazza, già provato dalla guerra e da anni di studenti indisciplinati, trovare un mare i funghi che zampettavano qua e là per la scuola, infilandosi dappertutto.
- Pix! – tuonò, urlando mentre saltellava a sua volta, cercano pezzi di pavimento intorno. – Abbi il coraggio di mostrarti, vigliacca creatura. So che è opera tua!
- Mia? – domandò Pix, parandosi improvvisamente davanti a lui. – Son certo di no! – ghignò, scomparendo di nuovo.
Nel frattempo, silenziosamente, Fred osservava dall’alto del soffitto quello che stava succedendo. Ridacchiò di gusto, vedendo il vecchio Magonò transennare corridoi e passaggi, felice e soddisfatto: - Vecchio Gazza, sei sempre una garanzia! – bisbigliò tra sé e sé.
- Muoviti, stanno arrivando sulle scale! – fu il suo socio a destarlo dal momento di beatitudine che stava vivendo, e che lo fece svolazzare rapido come un bolide fin verso lo scalone: gran parte degli studenti stava salendo la rampa, quando questo decise di muoversi e andarsi ad appoggiarsi sull’ingresso dell’ala deserta.
- Odio queste scale! Non portano mai nella direzione giusta! – sentì lagnarsi una ragazzina, mentre sfrecciava verso un angolo buio. Là, nascosta tra una coppia di cani ritratti e un’armatura per un nano, si trovava una vecchia testa di leone impagliata, arrivata lì chissà come e chissà quando. Era piena di polvere e spelacchiata, il che, secondo Fred, aiutava a renderla inquietante quanto le fauci spalancate e i denti affilati. Lo spettro la sfilò dal muro e se la mise in testa come un elmo: era pronto per entrare in scena.
Gli studenti, bloccati a quel piano, iniziarono a marciare contro voglia per quel corridoio buio e polveroso: quello non era un passaggio rassicurante, ma non lo era nemmeno essere sgridati per essere arrivati tardi a lezione. Fare gli schizzinosi non era da maghi.
Fu circa a metà del percorso che Fred si parò davanti a loro emettendo ruggiti uno più forte dell’altro, mentre Pix, esaltato dalle grida degli studenti, fece partire un paio di fuochi d’artificio marca Weasley che Fred aveva portato a scuola dopo Natale. Dragoni verdi e mostri rossi illuminarono a giorno quella piccola parte di castello, mettendo in mostra alcuni dei ritratti più raccapriccianti e meno riusciti della storia.
Due ragazze si accucciarono in un angolo piangendo, mentre la gran parte cominciò ad urlare, correndo in una qualunque direzione, pur di togliersi di lì; operazione non semplice, visto che Pix si era premurato di rubare dalla cucina tutte le spezie che aveva trovato, lanciandole sugli sventurati. Presto quasi tutti si trovarono con gli occhi lucidi e rossi.
Inutile dire che nessuno arrivò puntuale a lezione, e che Gazza e gli Elfi Domestici passarono anche l’intera giornata di mercoledì a ripristinare scale, acchiappare funghi e pulire. Madama Chips, invece, distribuì colliri alla camomilla come mai le era capitato di fare. Per Pix e Fred, nuove menti criminali alleate, fu un vero successo, e se la risero della grossa, finchè la McGranitt non li convocò in ufficio.
- Sospettavo che sarebbe andata a finire così, signor Weasley. – esordì la strega. Spettro e spirito, per rispetto, volteggiavano ad altezza uomo, così da non costringere la preside a stare a naso in su.
- Tutto ciò è osceno, a dir poco osceno.
- Sta zitto, Dippet, la signora sta parlando! – Pix aveva un vero talento nello zittire presidi defunti, questo era certo. Silente, dal suo angolo, rise.
- Pix è uno spirito le cui doti ci sono ben note, e sono molti anni che scegliamo di tollerarci a vicenda, non è così? – la preside puntò il suo sguardo severo sull’interessato, che fece un inchino.
- Servirvi è un onore, madama. – disse ridacchiando.
- Ciò detto, non tollero che chicchessia pensi bene di aizzarlo, perché mi creda, signor Weasley, non ce n’è bisogno! – sia Minerva che Fred provarono un potente dejavu, con quel discorso. Erano state infinite le volte che la referente di Grifondoro aveva ripreso, sgridato e punito i due gemelli Weasley. Quello che era strano, ed entrambi lo sapevano, era dover avere a che fare solo con uno di loro.
- Da solo mi annoiavo… - tentò di giustificarsi Fred.
- Lo immagino, signor Weasley, lo immagino. – Minerva sembrò addolcirsi, e per un po’ al fantasma sembrò quasi materna. – Ma Hogwarts non è il suo parco di divertimenti personale, deve rendersene conto. – proseguì. – Ad ogni modo, la sua famiglia è stata avvisata.
- Cosa? – Fred era sconvolto a quelle parole. Era un maledetto fantasma, che pensavano di fare, punirlo forse?
Ma in quel momento un gufo bussò alla finestra, e senza degnarlo di risposta, Minerva si premurò di aprire l’imposta con la magia, di modo che il pennuto potesse svolazzare ed atterrare sulla scrivania in una nuvola di piume. Il gufo portava alla zampa un messaggio rosso.
- Ohi ohi. – ridacchiò Pix, sempre immobile, accanto allo spettro. 
Minerva McGranitt fece appena in tempo a slegare la lettera dalla zampa dell’animale, che questa esplose, facendo fuggire il gufo e facendo fare una capriola a Pix.
- FRED WEASLEY! – tuonò la tremenda voce di Molly, sua madre. – COM’E’ E’ POSSIBILE CHE IO ANCORA RICEVA LETTERE SUL TUO CONTO DA HOGWARTS, COME SE NON FOSSE ABBASTANZA QUELLO CHE ABBIAMO PASSATO TUTTI QUANTI! MI E’ PRESO UN COLPO QUANDO E’ ARRIVATA LA LETTERA, CREDEVO FOSSE ACCADUTO QUALCOSA A GINNY. NON CI PROVARE MAI PIU’.
Fu un messaggio breve, ma urlato con tale forza che fu difficile per Minerva mantenere un’aria seria e distaccata: quando il messaggio si accartocciò su se stesso implodendo, fu un sollievo per tutti i presenti. Pix fece una battuta sulle doti canore del clan Weasley e sparì, lasciando la preside e il fantasma da soli.
- Immagino che non voglia ripetere l’esperienza. – riprese Minerva, glaciale.
- Merlino, no!
- Nemmeno io, ne stia certo.
Ma a quel punto, un altro gufo entrò dalla finestra ancora aperta, planando sulla scrivania della preside, di nuovo, portava un messaggio rosso con sé.
- Chi altro ha avvisato? – pigolò Fred, preoccupato. Minerva non fece in tempo a rispondere, perché un nuovo grido si levò dalla lettera che la strega aveva per le mani.
- SEI UN GRANDE, FRED! – urlò la voce di George, mentre la lettera svaniva in una poltiglia fumante. Preside e spettro rimasero immobili, cercando di evitare di guardarsi in faccia: entrambi sapevano che se l’avessero fatto avrebbero riso, ed entrambi sapevano che sarebbe stato inopportuno.
- E’ tutto, preside McGranitt? – chiese Fred, dopo un po’.
- Per ora sì, signor Weasley. – rispose la donna con un sospirò, mentre il fantasma spariva, sollevato per essere sfuggito alle ire materne e con il cuore gonfio di gioia per un gemello che aveva ritrovato la voglia di scherzare. Sarebbero tornati insieme presto ed inseparabili.
- Te l’avevo detto, quando sei preside il divertimento non manca mai. – le disse Albus dal suo ritratto, mentre Dippet commentava su quanto fosse inaudito tutto quello a cui aveva assistito.
- Ti prego, Albus, ti prego. – disse la donna.
- Non mi dirai che non ti veniva da ridere. – insistette Silente. – Quando avevi mai visto un fantasma ricevere Strillettere?
E a quel punto Minerva rise, non badando all’aria orripilata di Phineas.
 
 
 

  
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