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Autore: troublefollows    28/09/2012    7 recensioni
Una Bella ossessionata dalla meteorologia trova per caso il diario del fidanzato Edward, il che la trascina in un viaggio nei ricordi. Al tempo, Edward era un ragazzo in fuga, che sperava di trovare uno scopo nella vita, mentre Bella non vedeva l'ora di avere l'occasione di scappare, certa di sapere quello che voleva. Ma nessuno di loro si aspettava quello che sarebbe accaduto.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Capitolo 7 – Ti presento i miei

“L’hai trovato il telecomando?” grida Edward dall’altra stanza, facendomi sobbalzare e chiudere il diario di scatto. Lo nascondo sotto il suo cuscino.

“Sto ancora cercando!”

“Hai bisogno d’aiuto?”

“No! Ce l’ho. Voglio dire, lo troverò. Va tutto bene. Me la caverò.” No che non va tutto bene. C’è mancato poco he mi beccasse.

Rimango in silenzio per un minuto e poi scivolo giù dal letto ed esco in punta di piedi dalla stanza. Sbircio Edward sul divano, assorto nella lettura. Vengo attraversata da un’ondata di sollievo. Non sembra aver intenzione di venirmi a controllare. Torno in camera da letto e tiro fuori il diario. Mi sto avvicinando alle parti migliori, me lo sento. Adesso siamo insieme e ci baciamo. Da qui in poi può solo migliorare. Anche se mi beccasse a leggere, ne sarebbe valsa la pena.

Sfoglio le pagine, alla ricerca del punto che dico io.

11/24/10

Beh, c’è mancato poco che mi facessi lasciare da Bella prima ancora di avere l’occasione di chiederle di uscire. Oggi sono venuti i miei genitori per il Ringraziamento. Mio padre è stato orribile. Io sono stato orribile. Ho veramente rovinato tutto. Ho realizzato oggi che se non metterò presto fine al mio insaziabile bisogno di far incazzare mio padre, finirò per mandare tutto a puttane. Bella oggi me lo ha detto forte e chiaro. Se non fosse stato per lei, non avrei mai capito che per dimostrare di meritare di essere trattato come un adulto devo prima di tutto cominciare a comportarmi come tale. È così brillante. E carina. E non riesco a smettere di pensare a come deve essere bella nuda. È normale che un ragazzo voglia vedere la propria ragazza nuda, no?

Mi copro la bocca per soffocare una risata. Era proprio un ragazzino. Peccato che quello del Ringraziamento non fu un weekend votato alla nudità. Proprio no. Edward al tempo tendeva a perdere la testa quando si trattava di far arrabbiare suo padre. In quel periodo ancora non sapevo quanto fosse complicato il loro rapporto. Edward stava cercando di dimostrare di meritare di poter prendere le proprie decisioni e di fare i propri errori. Suo padre invece non voleva che lui commettesse errori. Voleva che suo figlio fosse grandioso. Col senno di poi, non era un crimine volere una cosa del genere. Era solo che non capiva che Edward avrebbe potuto volere diventare grandioso in un sacco di cose, non in una sola. La prima volta che ho incontrato suo padre, comunque (che tra parentesi oggi come oggi stravede per me), è stata interessante a dire poco...

“Dovrei rientrare,” disse Edward per la ventesima volta. Continuava a dirlo ma non smetteva mai di baciarmi quanto bastava per poter uscire una volta per tutte dalla macchina. Era così che trascorrevamo tutte le giornate dopo scuola ora che eravamo amici di baci. Era così che ci definivo perché non ero ancora sicura che fossimo ragazzo/ragazza. Non mi aveva chiesto di diventare la sua ragazza. Mi aveva chiesto se poteva baciarmi, cosa alla quale io rispondevo sempre affermativamente. Perciò, finché non mi avesse chiesto di essere la sua ragazza, lo avrei definito il mio amico di baci.

Edward era un magnifico amico di baci.

La sua lingua aveva un che di magico. Mi faceva letteralmente venire voglia di strapparmi i vestiti di dosso. E ogni volta che usava i denti per stringermi sempre delicatamente il labbro inferiore, erano i suoi di vestiti che volevo strappare via. Baciare Edward era al pari delle gocce di pioggia sulle rose e i musetti dei gattini. Era la mia cosa preferita al mondo.

“Grazie del passaggio,” mi disse tra i baci.

“Prego.” Mi aggrappai al suo collo con un po’ più di decisione, preoccupata che si stesse davvero avvicinando il momento di salutarci.

Mi prese il volto tra le grandi e forti mani mentre mi baciava con un po’ più di foga, più ardentemente. Mi accarezzò le guance con i pollici e mi fece venire voglia di saltargli in grembo e di leccarlo tutto.

“Devo proprio andare,” disse tristemente mentre mi faceva scivolare le labbra sulla mandibola e sotto l’orecchio. Con una mano mi accarezzò l’incavo del collo.

“Così si dice.”

Gli afferrai un lembo della T-shirt e lo tirai verso di me. Non se ne stava andando. Non volevo ancora che se ne andasse. Baciarlo era un milione di volte più eccitante di qualsiasi altra cosa mi stesse aspettando a casa. Adoravo il suo profumo, qualcosa che potevo godermi solo se eravamo a stavamo molto vicini. Da quando avevamo cominciato ad essere amici di baci, Edward aveva iniziato a mettersi tipo un profumo da uomo. Non si trattava di acqua di colonia, perché non aveva lo stesso profumo del mio papà. Era più probabilmente un qualche tipo di deodorante o di spary per il corpo. Mi piaceva, e lui se ne spruzzava sempre un po’ finita educazione fisica, che avevamo all’ultima ora. Mi piaceva che la mia auto avesse ancora il suo profumo mentre guidavo verso casa dopo averlo lasciato a casa sua.

“Ti posso chiamare dopo?” mi chiese, staccando per un attimo le labbra dal mio corpo. Aprii gli occhi per scoprire i suoi verdi a distanza ravvicinata. Nessuno mi guardava come mi guardava lui. Volevo che mi guardasse tutti i giorni perché sotto il suo sguardo non mi sentivo mai fuori luogo. Mi guardava come se fossi qualcosa di raro e prezioso.

Gli strizzai la faccia tra le mani e gli schioccai un altro bacio a stampo sulle labbra. “Certo.”

Un colpetto al finestrino dell’auto ci fece sobbalzare entrambi e facendomi venire un colpo. La signora Cullen aveva l’aria dispiaciuta mentre io cercavo di riprendere a respirare normalmente. Edward si girò verso il sedile posteriore e prese il suo zainetto.

“Ti chiamo io.”

“Okay.”

Si sporse verso di me e mi diede un ultimo bacio veloce. Non mi basteranno mai.

Aprì la portiera e la signora Cullen si piegò verso il sedile quando lui uscì. “Mi dispiace, Bella. Ho solo pensato di dover avvertire Edward che i suoi genitori potrebbero arrivare da un minuto all’altro.” Si rivolse a lui. “Lo sai che puoi benissimo invitare Bella a entrare invece di starvene chiusi qui tutti i giorni dopo scuola. Non mordo mica.”

Il suo ultimo commento mi distrasse momentaneamente dalla prima cosa che aveva detto. Mi morsicai il labbro inferiore e abbassai lo sguardo verso lo sterzo. Aveva notato i nostri lunghi arrivederci sul vialetto. Imbarazzante.

“I miei genitori stanno venendo qui?” A lui la prima parte non era sfuggita. Edward si era rifiutato di tornare a Chicago per il Ringraziamento. Aveva detto loro che ormai era maggiorenne e che poteva decidere da solo dove trascorrere le vacanze. I suoi genitori ci erano rimasti molto male e avevano deciso che non gli avrebbero permesso di darsi alla macchia. Sarebbero venuti loro se non fosse venuto lui. Nei momenti in cui non ci stavamo baciando, mi aveva detto che non vedeva esattamente l’ora di rivedere i suoi nel weekend. Beh, almeno non suo padre. I suoi genitori erano ancora arrabbiati per via del litigio con Tyler e per la sospensione che si era beccato prima di Halloween. L’unica cosa buona, ai suoi occhi, era che sarebbe venuta anche sua sorella e lui non vedeva l’ora di rivederla.

“Hanno chiamato quando sono atterrati a Seattle. Arriveranno qui da un minuto all’altro,” disse la signora Cullen.

Edward si infilò di nuovo in macchina. “Rimani?”

Non mi aspettavo che mi chiedesse una cosa del genere. Restare e conoscere i suoi genitori? Oggi? Adesso? Un mucchio di inutili aneddoti sulla meteorologia mi riempirono il cervello e così premetti le labbra tra loro, nella speranza di impedire alle stupidaggini di uscirmi dalla bocca.

“Mia sorella non vede l’ora di conoscerti. Rosalie tornerà a casa tra poco. Per favore, rimani?” Mi voleva morta. Se pensava che la presenza di Rosalie fosse una sorta di incentivo per me a rimanere, si sbagliava di grosso.

Non ebbi l’opportunità di rispondergli perché una berlina nera parcheggiò dietro di me. Edward si guardò alle spalle e la sua espressione si irrigidì. I suoi genitori erano arrivati.

“Lo sapevi che i tornado possono scatenarsi a qualsiasi ora del giorno, ma è più probabile che si verifichino tra le tre e le nove del pomeriggio?”

Quella mia ridicola affermazione lo fece sorridere ed emettere una bassa risatina. “Andiamo.” Mi baciò una guancia e mise le lunghe gambe fuori dall’auto. “A questo punto mia sorella non ti permetterà più di andartene.”

Incapace di immaginarmi di potermi sentire più nervosa di così, spensi il motore e afferrai la maniglia, spingendo la portiera per uscire. Il rumore di portiere sbattute alle mie spalle mi fece sobbalzare. Le statistiche dell’uragano Katrina cominciarono a mulinarmi nella testa; 108 miliardi di dollari di anni, 1836 morti, il cavallone era alto almeno 20 piedi, e si è abbattuto su circa 90,000 miglia quadrate.

“Edward!” Una bella brunetta col il più bel taglio di capelli anni Venti che avessi mai visto si gettò dritta tra le braccia del mio amico di baci.

“Ehi, Al.” Il suo sorriso era largo e sincero. Quella doveva essere sua sorella. Sua madre non era molto distante e quando Edward lasciò andare sua sorella, sua madre prese velocemente il suo posto.

Chiusi la portiera e notai il padre di Edward guardarmi da dove si trovava in piedi vicino all’auto a noleggio. Mi squadrò dall’alto in basso e poi fece il giro dell’auto per unirsi alla piccola riunione familiare. Quando si mosse, notai che dietro di lui si trovava una giovane donna molto carina. Aveva lunghi capelli biondi che mi ricordavano il colore del grano. Mi sorrise e poi fece il giro dell’auto passando da dietro, avvicinandosi esitante a Edward.

“Katie? Che cosa...”

“Sorpresa,” replicò lei con un sorriso, aprendo le braccia in attesa che lui la stringesse. Edward si voltò per un attimo verso di me. Mi rivolse un’occhiata di scuse ma poi si diresse verso di lei e la abbracciò.

“Dai, entriamo,” disse la mamma di Rosalie, facendo cenno a tutti di entrare in casa.

Avrei voluto saltare di nuovo in macchina e guidare dritta a casa. Sfortunatamente, il papà di Edward mi aveva bloccata all’ingresso. I Cullen di Chicago avevano portato a Edward una sorpresa. Una sorpresa bella e bionda. Un’amica di abbracci. Ti prego Dio, fa’ che sia solo di abbracci.

“Bella?” Edward mi scoccò un’occhiata piena di aspettativa.

Spostai i piedi, strisciandoli dietro agli altri mentre pensavo agli uragani nella vana speranza che mi aiutasse a calmare i nervi. La parola uragano viene da Hurican, il malvagio dio caraibico. Hurican era comunque ispirato dal dio Maya Hurakan, che aveva distrutto gli esseri umani con grande tempeste e flutti. Il papà di Edward mi ricordava decisamente Hurican.

“Sposto la macchina, così la tua amica può tornare a casa,” si offrì il signor Cullen, apparendo ben felice di potersi liberare di me.

“No,” sbottò Edward. “Bella rimane. Puoi anche spostare la macchina, ma Bella resta con noi.” Mi tese una mano.

“Ah, questa sarebbe Bella.” Non disse il mio nome come se fosse una bella cosa. Lo immaginai cercare di evocare nuvoloni neri e vento feroce, qualcosa, qualsiasi cosa pur di riuscire a liberarsi di me.

“Bella? Oh, deve assolutamente restare,” spuntò fuori Alice. Smise di camminare e aspettò che io e Edward la raggiungessimo. “Avevo paura che ti tenesse nascosta per tutto il weekend.”

Edward mi strinse un po’ più forte. “Ci ho pensato, fidati.”

Entrammo tutti in casa e la famiglia di Edward chiacchierò con la zia di Edward su come era andato il viaggio. Edward mi presentò come si deve a tutti. Il padre di Edward portò dentro i bagagli e tutti i nuovi ospiti si divisero per disfare i bagagli al loro posto. Edward prese da parte Alice, tenendola indietro con noi in cucina mentre il resto di loro saliva di sopra.

Abbassò la voce quanto poté. “Che diavolo ci fa Kate qui? E tu che diavolo hai fatto ai tuoi capelli?”

Alice sorrise sorniona. “Tagliati di netto, li ho donati in beneficenza. Papà li detesta e una donna col cancro potrà avere una meravigliosa parrucca fatta di capelli veri. Due piccioni con una fava.”

Edward non poté fare a meno di sorridere. “Carino. Io sono quasi riuscito a convincere Carlisle a steccarmi la mano, ma Esme non gliel’ha permesso visto che aveva già detto a papà che non me l’ero rotta.”

“Oh mio Dio, avrei ucciso pur di vedere la sua faccia quando gli hai detto di essertela rotta. Ma davvero hai dato un pugno a qualcuno?”

L’orgoglio sul volto di Edward mi fece venire voglia di ridere forte. Lui annuì e mi strizzò la mano. “Dai, che diavolo ci fa Kate qui?”

Alice alzò gli occhi al cielo. “È il loro grande piano per farvi tornare insieme. Si stanno illudendo credendo di poterti persuadere a tornare a Chicago con loro.”

“Mi prendi in giro?”

Alice fece spallucce.

“Ehi,” disse Kate dalla soglia della porta. “Non bisbigliate senza di me.”

“Non possono crederci che ti abbiano costretta a venire fin qui,” disse Edward, accogliendola nel nostro piccolo circolo della fiducia. Circolo di cui apparentemente facevo parte anch’io, ma nel quale mi sentivo incredibilmente a disagio.

“Non importa. Tanto il Ringraziamento dai miei nonni di solito è di una noia mortale.”

“Ti giuro, se faranno qualcosa, io...”

Lei sorrise e gli diede una pacca sul braccio. “Ho detto non importa. Mi sei mancato. Non sono stata obbligata a venire se è questo che credi.”

Mi sentivo confusa e fuori posto. E il mio disagio non fece altro che crescere quando in cucina entrò Rosalie. “Sembra proprio che il gruppo sia di nuovo riunito.” Abbracciò Alice per salutarla e sembrava sapere chi era Kate. “Sei sicuro che sia una buona idea aver invitato Bella qui con tuo padre sul piede di guerra?”

Cominciavo a chiedermi la stessa cosa.

“Sta combattendo una battaglia persa. Ora ho solo voglia di farlo incazzare,” disse Edward, sogghignando. Mi sollevò il mento con un dito e mi costrinse a guardarlo. “Tu reggimi il gioco, non prenderti male, qualsiasi cosa dirò.”

Annuii ma mi preoccupava cosa diavolo volesse dire.

“Hai un piano?” chiese Alice.

“Diciamo di sì. Stavo pensando a cosa ci vorrebbe per fargli davvero perdere la bussola. Ora che ho capito che è ancora fissato con me e Katie, so esattamente cosa devo fare.”

“Oh, si prospetta una cosa interessante,” replicò Rosalie. Spalancò il frigorifero e tirò fuori una bottiglia d’acqua. Chiuse lo sportello e si sedette su uno degli sgabelli intorno all’isola della cucina.

“Complimenti per l’educazione.” Edward scosse la testa. “A volte, penso che tu e io siamo stati scambiati alla nascita. Dovresti essere tu quella costretta a tornare a Chicago con i miei. Qualcun altro vuole qualcosa da bere? Bella?”

Scossi la testa mentre lui mi lasciava la mano per andare a prendere qualcosa da bere per la sua amica di abbracci, Kate. Ora che non mi stava più toccando mi sentivo come se stessi per affogare. Non avevo ancora aperto bocca, spaventata a morte dall’eventualità di ammorbare tutti con un dettagliato resoconto delle previsioni del tempo se lo avessi fatto.

Gli adulti tornarono giù dal piano di sopra e i Cullen di Chicago si affrettarono di informare Edward dei recenti successi di Kate da quando lui si era trasferito a Forks. Kate era una violoncellista e aveva vinto il primo premio alle Audizioni Giovanili della Fondazione Crain-Maling all’Orchestra Sinfonica di Chicago. Avrebbe eseguito presto un assolo col violoncello durante il prossimo concerto della OSC. Edward sembrava sinceramente felice per lei.

“Devi assolutamente tornare a casa per quella sera, non pensi, tesoro?” chiese la mamma di Edward.

“Non lo so, mamma.”

“Ma certo che tornerà a casa. La sua ragazza si esibirà con l’Orchestra Sinfonica di Chicago. Non può certo perdersela,” si intromise suo padre.

“È una mia amica, papà, non la mia ragazza.” Edward irrigidì la mandibola ed ebbi l’impressione di poter letteralmente percepire il calore della sua rabbia. “È Bella la mia ragazza. In effetti, abbiamo un piccolo annuncio da fare.”

Ero la sua ragazza? No, no, no. Eravamo amici di baci. Solo amici di baci. Non avevamo mai parlato di essere ragazzo e ragazza.

“Un annuncio?” lo sfidò suo padre.

“Sì, un annuncio. Io e Bella ci sposiamo. Appena preso il diploma, ci sposeremo e ci trasferiremo insieme a New York.”

Rosalie sputò acqua dappertutto e cominciò a tossire tutto ciò che le doveva essere rimasto nei polmoni. Io rimasi paralizzata dal terrore mentre il signore e la signora Cullen sembravano in procinto di avere un attacco di cuore.

“Tu non farai niente del genere, signorino!” gridò suo padre. La sua faccia aveva assunto sette diverse sfumature di rosso. Ero sicura che stesse per svenire.

“Sono un adulto. Non puoi dirmi cosa fare e cosa non fare.”

“Non sei un adulto! Da quando hai compiuto diciotto anni non hai fatto altro che comportarti da ragazzino!”

“Questa ragazza la conosci a malapena,” disse sua madre, con aria devastata.

“Beh, quando arriverà il bambino, abbiamo pensato che sarà meglio essere sposati,” disse Edward con la faccia di una serietà incredibile.

“Bambino?” strillarono i suoi genitori all’unisono.

Sua madre si appoggiò la mano sulla fronte come le donne facevano nei vecchi film prima di svenire. “Esme! Come hai potuto permettere che accadesse?”

Penso che la madre di Rosalie abbia cercato di difendersi ma era troppo occupata ad aiutare sua figlia che stava ancora soffocando per via dell’acqua di prima. Alice si era coperta la bocca con una mano, ammirando lo sfacelo con occhi brillanti. Kate invece aveva l’aria mortificata quanto me.

“Perciò avresti deciso di punto in bianco di mandare all’aria tutta la tua vita? È così?” gridò suo padre.

La stanza cominciò a vorticare. Non ero mai stata tanto oltraggiata o umiliata in vita mia. Ero sicura di essere sul punto di vomitare o di dare a Edward un pugno in faccia, perciò decisi invece di andarmene. Corsi come il vento. Edward mi afferrò per una mano non appena misi piedi fuori dal portico, frenando così la mia fuga.

“Bella,” cominciò.

“No!” Cercai invano di liberarmi della sua stretta. “Toglimi le mani di dosso.”

“Ti prego, mi dispiace. Te lo avevo detto di non prenderti male.”

Mi stava prendendo in giro. “Di non prendermi male? È questo l’avvertimento che mi dai prima di gettarmi sulla traiettoria di un tornado F5? Ho capito che non ti piace tuo padre, ma pensavo di piacerti io. Quello che hai appena fatto mi ha fatto sentire come una completa idiota.”

Ebbe pure il coraggio di fare la faccia ferita. “Non era quello che intendevo. Te lo giuro, volevo solo far prendere male mio padre.”

“Oh, so bene che è questo che volevi fare. Ma sai cosa, però? Penso che tuo padre abbia ragione. Tu vuoi che loro ti trattino come un adulto, ma tutto ciò che fai è comportarti come un bambino insolente e capriccioso! Se pensi che sia questo il modo di ottenere il rispetto di qualcuno, ti stai solo illudendo. Io non ne voglio sapere niente.”

Mi lasciò andare, e io raggiunsi la mia auto. Edward rimase piantato dove lo avevo lasciato e appena dietro di lui, in piedi sulla soglia, c’era suo padre. Entrambi gli Edward rimasero a guardarmi fare marcia indietro. Non era così che avrei voluto che fosse il mio primo incontro con i genitori di Edward. Neanche lontanamente.

Emmett mi stava aspettando fuori quando tornai a casa. Aveva stampato in faccia il suo sorriso migliore. Rosalie doveva averlo chiamato il secondo stesso che ero uscita dalla sua maledetta casa.

“Bells, il tuo ragazzo è matto da legare.”

“Non è il mio ragazzo.” Gli passo accanto come una furia ed entro in casa, ma lui mi segue dentro.

“Davvero vuoi rompere con lui per questo?” chiese, con la faccia non più tanto allegra.

“Non c’è bisogno di rompere con uno con cui tanto per cominciare non sei nemmeno ancora uscita.”

“Oh andiamo! Se tu ed Edward non siete una coppia, allora che diavolo siete? Siete cotti l’uno per l’altra da ancora prima che iniziasse la scuola.” Mi seguì su per le scale e lungo il corridoio.

“Lasciami in pace.” Cercai di chiudere la porta di camera mia, ma lui me lo impedì e riuscì comunque a entrare.

“Bella, siamo una famiglia. Parla con me.”

“Esci da camera mia.”

“Rose dice che non abbiamo idea di quanto sia stata folle l’esistenza di Edward fino a oggi. Dice che suo padre non gli ha mai permesso di essere un bambino normale. Ha pianificato tutta l’esistenza di Edward praticamente da quando lui aveva cinque anni.”

“Non ne voglio parlare con te.”

Si sedette alla sedia della mia scrivania. “Rose ha detto che è saltato su un aereo ed è volato qui il giorno stesso in cui ha compiuto diciotto anni perché sapeva che suo padre non poteva fermarlo. I genitori di lei non sapevano nemmeno che stesse arrivando finché non li ha chiamati dall’aeroporto. Non sanno per certo da quanto tempo stesse pianificando la fuga, ma Rose dice che probabilmente è più di un anno. Rose ha detto che suo padre e il padre di Edward non si sono parlati per più di un mese dopo che loro hanno accettato di tenerlo con loro. E lo hanno lasciato rimanere solo perché Edward li aveva minacciati di scappare via sul serio, tipo di scomparire nel nulla, senza dire a nessuno dove sarebbe andato. Rose ha detto che non ha nemmeno bisogno di finire la scuola. Avrebbe potuto sostenere direttamente l’esame di maturità o quel che è e andarsene direttamente al collega, ma ha voluto a tutti costi sperimentare la vita del liceo o roba del genere. Io credo che sia pazzo a voler sprecare un anno al liceo quando adesso potrebbe essere nel campus di qualche college a festeggiare duro, ma Rose ha detto...”

“Emmett! Non mi interessa cosa ha detto Rose! Puoi per favore smettere di parlare di Edward?” Per quanto fossero interessanti quelle informazioni, non avevo intenzione di rimanere seduta lì a spettegolare sul mio amico di baci/forse ragazzo, con il quale al momento ero incazzata a morte.

Emmett si sporse in avanti e appoggiò i gomiti alle ginocchia. “Tutto ciò che dico è che dovresti dare a quel ragazzo un po’ di tregua. Non tutti sono così fortunati da avere genitori meravigliosi come te e Rose. Diavolo, mio padre mi ha abbandonato prima ancora che nascessi e mia madre non mi ha nemmeno chiesto di tornare a casa per il Ringraziamento.”

Mi lasciai cadere sul letto e mi misi a fissare il soffitto. Non sarebbe riuscito a farmi sentire addolorata per lui e anche per Edward. “Tuo padre ha veramente fatto schifo nel reparto paternità, ma io so che questo non è mai riuscito a buttarti giù. Tua mamma è meravigliosa e ti farà tornare a casa per Natale nel giro di un mese. È questa l’unica ragione per cui non ti ha detto di tornare per il Ringraziamento e lo sai bene.”

Lui rise. “E va bene, non mi è andata poi così male. Ma non posso dire lo stesso per Edward. I tuoi genitori sono dei fighi assurdi eppure tu non vedi l’ora di trasferirti dall’altra parte del paese. Edward ha detto che sarebbe scomparso nel nulla se i genitori di Rose non lo avessero preso con sé. È questo che sto dicendo.”

Scomparire? Non riuscivo nemmeno a immaginarlo. Mi si stringeva il cuore al pensiero di Edward che scompariva. Mi rialzai sui gomiti e fissai mio cugino dalla mia posizione. “A cosa devo tutto questo? Sei tipo innamorato di Edward?”

Mi abbagliò con uno dei suoi famosi sorrisi che gli facevano venire le fossette. “Ehi, un ragazzo non può volere che sua cugina sia felice? Più Rose mi diceva di lui, e più sapevo che tu e lui sareste andati perfettamente d’accordo. Voi due siete i nerd più fighi che conosco.”

“Esci da camera mia.”

“Che cosa?”

“Esci. Subito.”

Ridacchiò ma si alzò. “Lo sei, Bella. Sei una pollastrella nerd niente male. Hai un cuore d’oro. Non ti fai mettere i piedi in testa da nessuno. Non sei una che segue la massa come tutte le altre pecorelle senza cervello che girano a scuola. Sei super in gamba. Rose dice che tu sei l’unica a cui ha mai pensato di permettere di avvicinarsi a suo cugino. La conosci la mia ragazza, a lei non piace mai nessuno, quindi questo è tutto dire.”

I suoi complimenti mi presero alla sprovvista. “Perciò tu sei dalla mia parte, è questo che stai dicendo?”

“Sarò dalla tua parte per tutta la vita se tu ‘mi controllerai’ il tema di Inglese che dobbiamo fare per lunedì,” mi disse, facendo le virgolette in aria con le dita nel dire “controllerai”.

“Non ti farò il tema di inglese.”

“Allora sarò Team Edward.”

“Ah beh, buona fortuna!” gli gridai dietro mentre lasciava la stanza. L’uragano Edward avrebbe finito per uccidermi, poco ma sicuro. Avrei voluto rimanere arrabbiata con lui per sempre, ma dentro di me sapevo che la mia rabbia stava già svanendo. Il pensiero di non avere più Edward lì a Forks era inimmaginabile. Volevo che mi dicesse lui cosa gli era successo di tanto orribile, da che cosa stava scappando. Non appena tirai fuori il cellulare per mandargli un messaggio, qualcuno suonò il campanello.

“Bella! È per te!” gridò Emmett dal piano di sotto.

Mi presi un secondo per guardarmi allo specchio. Non che mi importasse com’ero conciata mentre lui supplicava perdono, ma non volevo nemmeno che avesse un ripensamento sulla sua attrazione nei miei confronti.

Mentre scendevo le scale, li sentii parlare.

“Come posso controllare qualcosa che non hai ancora nemmeno scritto?”

Esattamente,” disse Emmett come se Edward avesse la più pallida idea di quello che stava dicendo.

“Guarda che nemmeno lui farà il compito di Inglese per te, Em. Arrenditi,” dissi, fermandomi sull’ultimo gradino e osando scoccare un’occhiata al mio amico di baci. L’espressione di Edward aveva un’aria persino più pentita di quando lo avevo lasciato a casa sua.

“No, mi ha chiesto solo di controllarglielo... ahhh, adesso ho capito.” Edward diede a Emmett una piccola spallata. “Amico, non farò i compiti al posto tuo.”

“D’accordo! Ho chiuso con tutt’e due! Proprio così. D’ora in poi cavatevela da soli.” Emmett se ne andò in cucina a procacciarsi lo spuntino del pomeriggio. Ero addirittura sorpresa che fosse riuscito a resistere tanto a lungo senza mettere qualcosa sotto i denti.

“Di cosa stava parlando?” chiese Edward, infilandosi le mani in tasca.

“Niente. Il solito Em che si comporta da Em.” Saltai giù dall’ultimo gradino e cercai di resistere all’impulso di buttarmi tra le sue braccia. Aveva l’aria così triste e il mio corpo provava l’istinto naturale di andarlo a consolare. “Che ci fai qui?”

Ora come ora mi odio. Ma tipo odio odio vero.”

Non voglio che tu ti odi.”

È per questo che tu sei magnifica e io faccio schifo. Mi dispiace un sacco, Bella. Non penso che tu abbia idea di quanto mi dispiace.”

Mi avvicinai di un passo perché non potevo farne a meno e perché la sua auto commiserazione mi faceva venire voglia di baciarlo fino a farlo smettere. “Beh, sono ancora arrabbiata, ma non ti odio, perciò tu non odiare te stesso. È inutile.”

Vuoi sapere una cosa buffa?” Anche lui fece un passo verso di me. “Mio padre ha sentito quello che mi hai detto. Quando siamo rientrati in casa, mi ha detto che a quanto pare ti trova simpatica.” Spalancai la bocca. Cos’era quella, una battuta, giusto? “All’inizio ho pensato che stesse cercando di applicare tipo la psicologia inversa. Sai no, credevo che pensasse che se avesse detto che gli piacevi allora a me non saresti piaciuta più, perché non mi sarei mai fatto piacere qualcuno che piace anche lui e roba così. Ma poi ho realizzato che lui aveva visto che avevo visto io. La più brillante e bella ragazza del mondo intero. Una ragazza decisamente troppo forte per stare con un idiota come me.”

Io allungai le braccia e afferrai un lembo del suo giaccone. Lo lasciai stringermi tra le braccia perché avevo bisogno di stringerlo forte quanto lui aveva bisogno di stringere me. “Non sei un idiota.” Lui rise e io mi corressi. “Okay, sei un idiota, ma non è vero che non mi meriti. Accetto le tue scuse.”

Edward mi strinse un po’ più forte. “Davvero?”

Davvero.” Non scomparire.

A questo punto dovreste proprio baciarvi,” disse Emmett con la bocca piena di un boccone di sandwich e il telefono schiacciato tra l’orecchio e la spalla. Mi scostai da Edward quanto bastava per rivolgerli uno sguardo scazzato. Lui si ritirò rapidamente in cucina, dicendo a Rosalie con voce abbastanza alta perché anche noi potessimo sentire, “Sì, tesoro, hanno fatto decisamente la pace. È tutto a posto.”

Edward ridacchiava silenziosamente dietro di me.

Non incoraggiarlo,” dissi, voltandomi di nuovo verso di lui.

Allora tra noi va tutto bene?”

Sì, va tutto bene.”

Il sorriso di Edward mi fece tintinnare tutto il corpo. “Posso baciarti?”

Aveva cominciato a chinarsi prima ancora che rispondessi perché sapeva che avrei detto di sì. Eravamo tornati a essere amici di baci, ma avevo la sensazione che ci fosse un’ultima cosa che dovessimo mettere in chiaro. Misi un dito sulle sue labbra.

Una cosa prima.”

Qualunque cosa.” Si raddrizzò e mi prese le mani.

Oggi hai detto ai tuoi genitori che sono la tua ragazza. Poi ovviamente hai anche detto che sono la tua fidanzata e che sono incinta del tuo figlio illegittimo, il che mi fa pensare di non dover prendere sul serio tutto ciò che dici,” biascicai.

Edward mi mise un dito sulle labbra. “Vorrei che tu fossi la mia ragazza, se è questo che vuoi anche tu.”

Non ero sicura di come mi sentissi a quella risposta. “Beh, non voglio diventare la tua razza perché vuoi che lo diventi solo perché voglio diventarlo io. Voglio che tu voglia che diventi la tua ragazza perché mi vuoi come ragazza, non importa cosa voglia io.”

Sono confuso,” ammise Edward. “Sarebbe un sì o un no?”

Vuoi che io diventi la tua ragazza, indipendentemente da quello che voglio io?”

Mi guardò incerto. Pesò attentamente alla propria risposta e poi mi occhieggiò per controllare la mia reazione. “Sì?” Venne fuori più come una domanda che come una risposta.

Edward,” dissi in tono esasperato.

Che c’è? Cavolo, Bella, non ho capito cosa mi stai chiedendo. Se voglio che diventi la mia ragazza? Sì. Voglio che tu voglia essere la mia ragazza? Sì. Preferirei che tu volessi essere la mia ragazza mentre io voglio che tu sia la mia ragazza? Sì. Voglio che diventi mia. Ho risposto giusto ora o no?”

Per mettere fine all’imbarazzo di entrambi, gli gettai le braccia al collo e lo baciai con tutto l’ardore che avevo. Le etichette sono stupide. Amici che si baciano, ragazzi e ragazze, fidanzati, quello che è. Tutto ciò che sapevo è che ero sua.

Ero tutta sua.



Scusate l’assenza! È stata un’estate molto piena di impegni :(

   
 
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