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Autore: Jay W    28/09/2012    3 recensioni
Ciao a tutti!^^
Questa è una storia nata dalla mia improvvisa passione per Iron Man (o dovrei dire Tony Stark?) e una lunga chiacchierata con mio padre sulla condizione di vita delle donne libiche, paese in cui ha lavorato per diverso tempo da giovane.
Premetto che non sono araba, non so molto della cultura araba e non ne capisco niente di arabo, ma qualche espressione in questa splendida lingua non volevo perdere l'occasione di mettercela, a partire dal titolo stesso, il cui significato vi verrà svelato più in là nella storia... Sempre che decidiate di continuare a leggere!XD
Enjoy^^
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Nella camera di Tony sembrava essere appena passato un uragano: non c'era un'anta d'armadio, un angolo, una cesta, un cassetto, una mensola che non fosse stata frugata e manomessa.
 
Nulla però sembrava essere stato trafugato.
 
Ma, per l'appunto, "sembrava": poggiata sul letto c'era una delle scatole che custodiva la sua invidiabile collezione d'orologi.
 
Tony la prese con cura, per rimetterla al proprio posto, domandandosi il perché di quel blitz nella propria stanza, di sicuro avvenuto per mano della ragazzina.
Ma nell'istante esatto in cui sollevò la scatola... Si pietrificó.
Rabbrividí, nel sentirla inizialmente molto più leggera del solito, dunque la aprì, sgranando gli occhi di fronte alla realizzazione di ciò che aveva temuto pochi istanti prima: la scatola era vuota.
 
Istintivamente la lasciò cadere a terra, avventandosi sul cassetto che conteneva le altre quattro. Le aprì una ad una: vuote.
Tutte inesorabilmente e tristemente vuote.
 
-Rammentandole che si è rifiutato di attivare un allarme sulla manomissione altrui dei preziosi di casa, fatta eccezione esclusiva per lei- cominciò Jarvis senza essere interpellato -Esistono, nei filmati dell'ultima ora, le cause della sparizione degli orologi, signore!-
 
A quelle parole, Tony si precipitò allo schermo della parete.
 
Le immagini scorrevano veloci ed inequivocabili: come aveva immaginato, la ragazzina aveva frugato in ogni cassetto con fare mirato e meticoloso, come una ladra.
Impossessatasi di tutti gli orologi, era infine sgattaiolata via, lasciando il caos che Tony aveva trovato, dietro di sé.
 
Aveva rubato i suoi orologi... Perché?
La sua ragazzina era davvero capace di rubare, come una piccola malvivente? Quel discorsetto sul prendere le cose altrui senza permesso, -così Tony si era costretto a pensarla, non potendo credere che l'intenzione di Sahar fosse stata proprio quella di rubare- era da fare, e subito!
 
Con un profondo sospiro l'uomo si allontanò dallo schermo, dirigendosi quindi tranquillo alla stanza della piccola.
 
Bussò: nessuna risposta.
 
Aprì la porta, senza attendere ulteriormente... E la trovò seduta sul tappeto, l'aria imbronciata e offesa e tutte le intenzioni di ignorare completamente la presenza di Tony.
 
-Piccola, dove sono i miei orologi?- le domandó senza preamboli.
Jarvis, prontamente, tradusse per lei la domanda e la piccola, a braccia conserte, per tutta risposta volse il capo dalla parte opposta.
 
Tony sospirò profondamente e, armatosi di tutta la pazienza che possedeva, continuò pacato -Mi scuso se, in qualche modo che non conosco, ti ho offeso. Ma ci terrei davvero moltissimo a riavere i miei orologi. Se ne vuoi uno, possiamo uscire insieme e potrai scegliere quello che vorrai, ti comprerò l'orologio più bello che...-
 
Tony non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase e Jarvis di tradurre, che la ragazzina scattó in piedi, fissandolo oltremodo irritata per ciò che aveva appena detto.
 
Un istante dopo svanì dietro il letto... Salvo poi ricomparire subito dopo, trascinando ai piedi dell'uomo uno scendiletto.
 
Su di esso i suoi orologi... Completamente distrutti!
 
Fra di loro anche l'arma del delitto: un martello, preso di nascosto dal suo laboratorio.
 
Afferratolo fra le mani, tremante d'ira, Tony dovette fare uno sforzo sovrumano per reprimere la voglia di vendicare i propri orologi e usarlo su di lei, rea di averli fatti a pezzi e che, senza ombra alcuna di pentimento, se ne tornò, offesa e composta, a sedere sul tappeto.
 
Tony si lisció più e più volte il pizzetto, carezzandosi il mento quasi con nervosa violenza nel tentativo di reprimere l'ira.
 
Si sforzò, allora, di pensare che un buon padre non si sarebbe adirato o che comunque avrebbe superato in fretta il momento di rabbia.
Un buon padre si sarebbe seduto accanto a lei, cercando di comprendere fino in fondo il perché di quel gesto.
Perché un buon genitore non punisce, ma cerca di dare ascolto al grido di aiuto e all'evidente ricerca di attenzioni di suo figlio, senza perdere mai il controllo, con dolcezza ma fermezza.
 
Così Tony, pur non sentendosi, in quel frangente, nemmeno minimamente in vena di fare il buon padre, posó il martello, si costrinse a sorridere e si sedette sul tappeto, accanto a lei, pronto ad intraprendere "La via del dialogo": dal manuale "Essere genitori oggi", capitolo II, paragrafo 21, che Tony stava divorando in tempi record.
 
Di certo nessuno mai avrebbe potuto mettere in discussione il fatto che, in fin dei conti, si stesse impegnando o che, almeno, ci stesse provando sul serio.
 
Tu, piccola...- represse la parola che in automatico stava per seguire, mordendosi la lingua -...Piccola!- ribadí tra i denti forzando un sorriso, prima di continuare con ostentata tranquillità e goliardia, quasi fosse sul punto di prendere a ridere per tutta la faccenda di lí a poco -Perché hai distrutto piú di ottantasette milioni e mezzo di dollari...???-
 
Fermò Jarvis nel bel mezzo della traduzione, per riformularle la domanda in modo meno astratto.
 
-Perché hai distrutto i miei...- ma qualcosa che spuntava da sotto il letto della piccola, attirò la sua attenzione costringendolo ad ammutolirsi: si chinò, si infilò sotto il letto... E ne estrasse altri meccanismi, quadranti, lancette: quelli dell''orologio della cucina, di quello a parete del suo studio e di altri che aveva dimenticato perfino di possedere.
Da cosa nasceva quell'ossessione distruttiva verso i suoi orologi?
Un orologio era stato il suo prezzo, è vero, ma adesso cosa...?
 Rabbrividí quando temette di aver capito.
 
Allorché riformuló la domanda per la terza volta, stavolta calmo ma profondamente turbato.
 
-Piccola, perché hai distrutto tutti gli orologi di casa...?- bisbiglió in un fil di voce, tirando fuori altri rottami, mentre li fissava uno ad uno, incredulo della meticolosità con cui la ragazzina aveva aperto gli orologi, li aveva smembrati e successivamente rotto, spaccato, sbriciolato, ammaccato e deformato ogni componente in modo che nessuno di essi potesse essere riparato.
 
Quando Jarvis terminò di tradurle la fatale domanda, la ragazzina scattó nuovamente in piedi, i pugni stretti, le labbra tirate, il volto paonazzo e gli occhi gonfi di lacrime.
Ma resistette poco nel mutismo in cui si era severamente costretta e, naturalmente nella sua lingua, come un fiume in piena, cominciò ad urlare contro Tony quelli che, già solo al tono, avevano tutta l'aria di essere disperate proteste e irritati rimproveri.
 
Sahar battè con rabbia i suoi piccoli pugni chiusi contro il petto di Tony che, invano, cercava di fermarla e calmarla, incassando virilmente ogni colpo come se sapesse, dal profondo del proprio cuore, di meritarselo uno per uno.
Quando ebbe sfogato la propria rabbia, senza che potesse comunque comprenderne appieno le ragioni, la piccola si abbandonò alle lacrime, poggiando la fronte al reattore, fino a quel momento nemmeno sfiorato dai pugni di lei, stringendogli tanto disperatamente la maglia nell'aggrapparsi a lui, che fu sul punto di strappargliela.
 
Ma quando Tony fece per stringerla, la ragazzina si divincoló e lo respinse, riprendendo più forte di prima il suo fiume di violento rimprovero, fra i singhiozzi.
 
Si rannicchió infine sul letto, a piangere convulsamente.
 
Tony rimase lí impalato: credeva d'aver portato a casa una bambina... E si ritrovava ad assistere a quella che sembrava a tutti gli effetti una crisi adolescenziale.
E le crisi adolescenziali non sono facili da gestire nemmeno nella propria lingua.
 
Ma Tony aveva frainteso tutto...
 
-Jarvis, una breve sintesi dei punti salienti di ciò che ha detto...?- domandó in un sussurro, a braccia conserte, scuotendo il capo.
 
Pochi attimi dopo, l'uomo si ritrovò a pentirsi di aver domandato quella traduzione.
 
-La signorina Sarah si esprime spesso con forti inflessioni di un dialetto poco conosciuto, signore!- cominció il computer -Ma da quel che ho captato, rimprovera aspramente le sue intenzioni di prendere altre cinquantaquattro mogli!-
 
-Cinquanta... Cinquantaquattro mogli???-
 
-Proprio così, signore!-
 
Cinquantaquattro mogli? Una per ogni orologio...Dunque era questo ciò che pensava Sahar? Che lui scambiasse orologi in cambio di mogli? Assurdo! Eppure...
 
Jarvis continuò -Non è tutto, signore: la rimprovera anche di aver chiesto in sposa a suo padre, in sua presenza, senza aver atteso nemmeno un mese e senza aver ancora consumato il matrimonio,  la "donnaccia dai capelli rossi": domando scusa, signore, per non aver saputo darle una traduzione più chiara e precisa di quest'ultima espressione!-
 
Ma a Tony, purtoppo, era tutto molto chiaro, e più Jarvis continuava, più il suo turbamento cresceva.
 
-Continua...- gli ordinò in un fil di voce.
 
-Le ricorda che non le dedica abbastanza attenzioni, che il fatto che lei, signore, sia un angelo delle stelle, e anche in questo punto mi auguro che la traduzione sia esatta, non le da diritto di spezzarle il cuore e...-
 
Jarvis non finí nemmeno la frase che Tony lo fermó, pallido: non aveva la forza di sentire altro ed uscì dalla stanza in preda ai rimorsi.
 
-Merda!!!- esclamó.
 
 
 
 

Grazie, voce narrante: da questo momento in poi posso anche continuare da me...

 
  
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