CATWALK
• Stage 2
La
luce del mattino
filtrò attraverso le persiane e le solleticò le
palpebre serrate,
destandola dal dormiveglia. Si accorse di essere ancora tutta
intorpidita nel momento in cui cercò di tirarsi a sedere,
poiché
incontrò l'ostinata resistenza di ogni fascia muscolare del
proprio
corpo: ebbe l'impressione che le facessero male persino le ossa,
tanto si sentiva stremata. Percepì il respiro regolare di
Heiji, che
dormiva beato al suo fianco, e immediatamente il ritmo dei suoi
battiti cardiaci subì un'impennata.
Anche se ciò che era
successo l'aveva costretta a letto, non si poteva dire che avesse
propriamente dedicato la notte appena trascorsa al sonno, dato che,
fra un brivido e l'altro, non era riuscita quasi a chiudere occhio.
Dormire
serenamente era
l'ultima cosa che avrebbe potuto fare, con la febbre a trentanove e
mezzo.
Kazuha
aveva ricordi
confusi delle ore precedenti e, mentre riprendeva lentamente possesso
delle facoltà mentali, provò a ricostruire gli
avvenimenti. La
discussione avuta con Heiji si era risolta con uno scontatissimo
nulla di fatto: inamovibile lui, inamovibile lei.
C'era stato un momento
in cui lui aveva perso le parole, ma la sua mente allenata a rompere
l'anima al prossimo ci aveva impiegato comunque troppo poco a
partorire una nuova brillante uscita.
- D'accordo – Aveva
berciato, bilioso – La prossima volta vengo al Nekomimi
in
compagnia del tuo paparino, vediamo che cosa ne pensa.
Fantastico, proprio ciò
che serviva a completare il quadro! Se quei due si fossero
coalizzati, avrebbe potuto tranquillamente dire addio all'estate. Le
si era già delineata la conclusione più
plausibile a cui avrebbe
portato quella malsana alleanza: suo padre che la sbatteva
direttamente ai domiciliari e sua madre che si disperava
inconsolabile, colpevolizzandosi per non essersi resa conto che la
loro adorata figlia si prostituiva sotto il loro
naso.
- Non oserai!
- Oserò, oserò. A
meno che tu non ti decida a darmi retta.
Kazuha si era limitata
ad esprimersi mediante un grugnito amareggiato, perché
un'improvvisa
pesantezza alle palpebre l'aveva portata a socchiudere gli occhi e a
rinviare la risposta. Le tempie le martellavano incessantemente e
aveva notato solo allora quanto il mal di testa che si trascinava
dietro da inizio serata stesse peggiorando. Va bene che Heiji, quando
ci si metteva, era un bel fardello da sopportare e disquisire con lui
le faceva spesso venire l'emicrania, ma stavolta era diverso.
Inizialmente lui aveva
creduto che quel mugugno equivalesse a una resa, poi aveva intuito
che qualcosa non andava. Le aveva proposto di entrare in casa, per
continuare la diatriba comodamente svaccati sul divano.
- L'idea mi alletta, ma
credo che me ne andrò subito a riposare – Aveva
declinato lei,
inducendo Heiji a preoccuparsi. Kazuha che si sottraeva a un
battibecco? Era più facile che il Giappone smettesse di
essere terra
sismica.
L'aveva accompagnata
dentro e aveva dovuto sorreggerla quando per poco non era inciampata
sul gradino dell'ingresso, a causa di un capogiro.
- Sei sicura di stare
bene? - Le aveva chiesto, scrutando il rossore sulle sue guance e
appoggiandole una mano sulla fronte, per scrupolo.
Non stava bene per niente. Scottava.
Di
colpo si era sentita
così debole che, per arrivare fino alla camera da letto,
l'aveva
dovuta sollevare e prendere in braccio. Kazuha aveva constatato che
sembravano sposini novelli, lei fra le sue braccia e lui che apriva
le porte a calci, e quello era stato uno dei suoi ultimi pensieri
raziocinanti.
Si era infilata sotto
le coperte ed era crollata per una ventina di minuti, sprofondando
esausta in un sonno piretico popolato da orribili incubi, che
l'avevano presto forzata ad un brusco risveglio. In seguito la
temperatura non aveva fatto che alzarsi, e la sua notte era stata
scandita dall'andirivieni della madre, che si era prodigata a
tamponarle la fronte con una pezzuola sempre fresca, ad asciugarle il
sudore e a portarle tè caldo e acqua in quantità,
coadiuvata da
qualche sporadica comparsa del padre che, per via del turno in
centrale, non aveva potuto essere molto presente.
D'altra parte,
l'assistenza della signora Tōyama
e di Heiji bastava e avanzava.
Ci aveva pensato lui ad
andare a comprare le medicine necessarie alla farmacia di turno e non
l'aveva lasciata un istante, quella notte. Il fatto che fosse
collassato dal sonno lì accanto a lei, vestito di tutto
punto, lo
testimoniava.
***
Kazuha
si toccò la
fronte: il tenace cerchio alla testa continuava ad opprimerla, ma in
compenso la temperatura era nettamente diminuita. Probabilmente
qualche linea di febbre persisteva ancora, ma l'antipiretico stava
sortendo il suo effetto. Si scoprì sudata e accaldata e, per
conquistarsi un po' di fresco, scostò con cautela il doppio
strato
di coperte in cui era avvolta, avendo cura di non svegliare Heiji.
Si soffermò a
osservare il suo volto addormentato, e le sembrò di vederlo
ancora
bambino. Aveva i capelli in disordine, i vestiti spiegazzati, la posa
sparpagliata di chi si è appena schiantato al suolo cadendo
dal
terzo piano e un'espressione da perfetto idiota.
E lei aveva sempre avuto un debole per gli idioti.
Al
pensiero le affiorò
un sorriso. Non ricordava di aver vissuto un solo giorno della sua
vita in cui non fosse stata innamorata di lui. Certo, da piccola non
poteva averne la medesima consapevolezza, ma l'autenticità e
la
purezza dei suoi sentimenti erano rimaste immutate. Heiji era senza
dubbio la persona più preziosa che aveva.
La sgradevole
sensazione dei vestiti appicicaticci addosso la distrasse dalle sue
riflessioni. Si tastò la schiena, la maglia del pigiama era
zuppa.
Aveva sudato le proverbiali sette camicie, in senso letterale. Decise
che era ora di mettere in fila due passi e di andare a
farsi un bagno.
Però...magari
altri cinque minuti avrebbe potuto concederseli. Era così
raro
averlo vicino totalmente indifeso e silenzioso.
Quello era un momento da salvaguardare.
Ed era anche un'occasione d'oro, si disse, stupendosi lei in primis dei suoi stessi pensieri.
Forse
era ancora mezza
febbricitante, perché non si era nemmeno sforzata di provare
a
razionalizzare e, in ogni caso, non era saggio fermarsi a ponderare i
pro e i contro: Heiji si sarebbe potuto svegliare da un momento
all'altro, le conveniva darsi una mossa.
Tempo di formulare
questa conclusione che già si era chinata su di lui,
seguendo un
impulso irresistibile, per tentare di concretizzare i propri
propositi e rubargli un leggero bacio a fior di labbra. Un contatto
fugace, questione di un attimo.
Non avrebbe esitato, non stavolta. Si sarebbe presa ciò che voleva. Ormai c'era quasi.
Colmò
gli ultimi due
centimetri che la separavano da lui e gli diede un bacetto veloce e
delicato che non ebbe neanche il tempo di assaporare, tanto temeva le
conseguenze. No, non poteva accontentarsi di così poco.
Heiji non
dava segni di voler riprendere conoscenza, quindi forse c'era modo di
poterci provare una seconda volta.
Ritenta, sarai più
fortunata, pensò per farsi coraggio.
Al
pari di un camaleonte, la faccia le si era ormai colorata della
stessa tonalità di rosso acceso del suo
pigiama. Il
cuore le batteva all'impazzata e non poteva assentire di trovarsi a
proprio agio in quella situazione, ma il corpo si muoveva al di
là
della
sua volontà: prima che potesse rendersene conto, si
avvicinò
nuovamente e appoggiò le labbra sulle sue, per quelli che le
parvero
interminabili minuti.
Si congratulò con sé
stessa per non aver gettato la spugna al primo tentativo, questo le
stava riuscendo decisamente meglio.
Rimpianse di non
poterci mettere più trasporto, a meno che non volesse
correre il
rischio di farsi scoprire.
Adorava ciò che stava
facendo.
Adorava sentirlo sotto
di sé.
Lo adorava e basta, e
avrebbe voluto ricoprirlo di baci.
Kazuha
sussultò e
ritornò bruscamente alla realtà quando un braccio le si
poggiò sulla schiena.
Ecco, lo sapeva,
l'aveva svegliato. O forse quel buffone era sempre stato sveglio e
aveva fatto il bell'addormentato apposta, chissà.
Quale
che fosse la versione giusta, era rimasta marmorizzata e non aveva
nemmeno cercato di spostarsi, mentre Heiji la guardava con occhi
assonnati, perplesso. Anche se lei aveva interrotto subito il bacio,
doveva essersene sicuramente
accorto.
- Beh, buongiorno –
Esclamò lui infine, con la voce roca del mattino –
Me lo sono
sognato o...?
- O cosa? - Trasalì
lei, tradendosi – Te lo sei senz'altro sognato!
- Ma se neanche sai a
che mi riferisco... - Obiettò lui, aggrottando la fronte
mentre
recuperava man mano la lucidità. - O magari lo sai? Dimmi,
di che
sto parlando?
Kazuha provò la
tentazione di mordersi la lingua. Si era fregata da sola come una
povera scema.
-
Ovvio che non lo so, ma qualunque cosa fosse non mi interessa
– Si
affrettò a ribattere, e fece per rotolare di lato e
sgusciare via.
Heiji, però, non le permise di muoversi e anzi
andò ad usare anche
l'ausilio dell'altro braccio per cingerle la vita.
Erano lì, l'una
sull'altro, occhi negli occhi, nel groviglio di lenzuola di un letto
sfatto. Faticava a distinguere dal sogno quella realtà, con
la piega
quasi surreale che stava assumendo.
- Pronto? Hai perso la
lingua? Ti ho fatto una domanda.
- E io ti ho già dato
una risposta.
- Che non mi ha
soddisfatto.
- Questi sono affari
tuoi.
- Non fare la testarda
come tuo solito – La rimbeccò lui, spazientito -
Non sei nella
posizione adatta per fare la sostenuta.
-
E come mai? A me sembra di essere sopra.
Non l'avesse mai detto.
Con un colpo di reni, Heiji invertì repentinamente le parti,
sovrastandola.
- Adesso non lo sei
più. Quindi ti conviene parlare.
-
Perché, altrimenti...? - Lo sfidò lei, facendo un
po' la splendida
per nascondere l'impaccio. Le pareva tutto fuorché in vena
di
scherzare, e si sentiva davvero messa in soggezione, senza calcolare
che la stava praticamente – oddio
-
abbracciando.
Il
suo stomaco fece una capriola e le sembrò che la febbre le
si
acutizzasse di nuovo.
- ...Altrimenti potrei
arrabbiarmi.
-
Questo lo dovrei dire io, ragazzo! - Irruppe all'improvviso la voce
severa del signor Tōyama,
di ritorno dalla centrale ed entrato in quel frangente nella stanza per
sincerarsi delle condizioni di salute della sua bambina.
La sequenza di eventi
che si avvicendò da lì in poi fu talmente rapida
che Kazuha ebbe a
malapena il tempo di registrarla. Heiji, dopo aver rischiato un
infarto miocardico triplo, fece un salto fino al soffitto e si
fiondò in piedi, balzando al cospetto di suo padre. -
Buongiorno, signore! Sua figlia sta meglio, perciò gliela
restituisco subito con tanti ossequi! - Dichiarò con un breve
inchino e a voce troppo alta, sgattaiolando via l'istante successivo,
svelto come una gazzella inseguita da un leone.
Ginshiro lo osservò
mentre si allontanava di corsa, sogghignando fra sé e
sé. L'effetto prodotto dal suo ingresso in scena lo aveva vagamente
divertito, benché ciò che avesse trovato non gli
fosse andato molto
a genio.
- Certo che pure tu,
papà, potevi anche bussare – Protestò
la figlia, a metà tra
l'imbarazzato e il deluso.
- A quanto pare ho
fatto bene a non farlo, invece – Brontolò lui, per
poi domandarle
in tono accusatorio: – Si può sapere che stavate
facendo, qui?
-
Ma cosa vuoi che stessimo facendo? Mi stava sentendo la temperatura,
ovviamente – Improvvisò Kazuha, al che il padre le
rivolse
un'occhiata traducibile all'incirca con ”Certo,
e io sono nato ieri.”
-
Meno male che tua madre è sempre rimasta nei paraggi,
stanotte –
Continuò allusivo, sedendosi sul letto e iniziando a
lisciare le
lenzuola con un cipiglio corrucciato. Kazuha roteò le
pupille al
cielo, intuendo la ramanzina in arrivo. - Comunque sia, se avete
deciso di frequentarvi, potreste anche mettercene al corrente. Io non
avrei nulla da dissentire in merito...Va da sé,
però, che non sarei
troppo contento se copulaste
in casa mia.
- Pa...papà!! -
Strepitò lei, rossa per la vergogna e sul punto di mettersi
a
prenderlo a cuscinate. Ci mancava lui a metterla a disagio, quel
giorno, e poi non c'era bisogno che si disturbasse a farle la
predica, tanto erano lontani anni luce dall'arrivare a quel livello.
- Ah ah dai, stavo
scherzando. Vado a fare colazione, vuoi qualcosa?
”Ah
ah”
un cavolo, pensò lei. - No, grazie. Gradirei essere lasciata
in pace,
adesso. Non mi sento ancora molto bene.
- Come desideri. - Ginshiro
si alzò e raggiunse la porta. Era già con un
piede oltre la soglia
quando si voltò, si portò l'indice e il medio
sotto gli occhi e,
mimando il gesto, la ammonì: - Sappi che siete marcati a
uomo,
quindi attenti a quello che fate.
...Cos'era, una minaccia? Kazuha lo esortò ad andarsene agitando la mano in un cenno insofferente, chiedendosi perché tutti gli uomini a cui era più legata dovessero essere territoriali come molossoidi da difesa.
Et
voilà, capitoletto corto e indolore, dai toni
ahimè più
melensi. Spero che non disgusti nessuno XD
Ma
'sti due beoti faranno mai dei progressi degni di questo nome? Ai
posteri l'ardua sentenza.
Intanto
grazie per aver letto :)