Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: Katrice Eymerich    29/09/2012    3 recensioni
Kitty è una studentessa universitaria di vent'anni che lavora come guardarobiera in un pub del West Village di New York per mantenersi. Uno dei clienti fissi del locale è un ragazzo molto affascinante ma estremamente sgradevole, Caspar. Lui è tutto ciò che lei disprezza: è cinico, superficiale, spocchioso e sempre circondato da ragazze sciocche e fatue quanto lui, interessate ai soldi e alla vita favolosa che lui sembra offrire loro. Eppure è tremendamente intrigante e la vita di Kitty dopo averlo incontrato non sarà più la stessa.
In questa storia i vampiri non sono liceali romantici e dagli occhi luminosi ma mostri assetati di sangue e potere. Chi è davvero Caspar? E perché la misteriosa Albida lo perseguita?
Dal prologo:
"Il primo raggio di sole lo raggiunse lentamente filtrando tra i merli in pietra della torre e pigre volute di fumo cominciarono ad innalzarsi dalle sue membra immobili.
Non aveva scampo. Guardò i suoi piedi e le sue gambe tramutarsi in polvere bianca e capì che tutto quello che sarebbe rimasto di lui in questo mondo sarebbe stata una fragile statua seduta finché il vento e il tempo non l'avessero dispersa."
Genere: Horror, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Era stata dura addormentarsi. Per tutta la notte aveva continuato a pensare a quelle orme nella neve e si era chiesta di chi potessero essere. Era sicura di non aver visto anima viva, eppure qualcuno c'era. Qualcuno che l'aveva seguita e che l'aveva spiata e quel pensiero le faceva accapponare la pelle. Ogni volta che stava per chiudere gli occhi vinta dalla stanchezza, si svegliava di soprassalto col cuore in gola convinta che qualcosa fosse nell'ombra in attesa che si addormentasse.
Alla fine era riuscita a dormire per qualche ora solo quando era ormai l'alba. Un gran rumore di padelle e pentole la svegliò, allungò pigramente la mano verso il cellulare e constatò che erano solamente le dieci. Si alzò con una voglia irrefrenabile di strangolare Cassie.
Quando Kitty si trascinò in cucina, la sua coinquilina era lì in culotte e caniottera rosa fluo striminzite che cercava di cuocere dei pancake troppo liquidi.
- Buongiorno!
Cinguettò allegra come se fosse socialmente accettabile svegliare la gente alle dieci di domenica mattina.
- Ciao... Si sforzò di dire Kitty, gli occhi le bruciavano orribilmente e riusciva a malapena ad aprirli, ciononostante notò che Cassie era truccata perfettamente.
- Stai uscendo?
- No, no...
Quando la vide sollevare un'ennesima mestolata di impasto bianchiccio la fermò.
- Ma quanto latte hai messo? Aggiungi della farina... no guarda lascia fare a me.
Cassie si lasciò spodestare dai fornelli e andò a sedersi su uno degli sgabelli sotto la finestra guardandola con gli occhietti scuri carichi di mascara.
- Quanto ci vorrà?
- Pochissimo, ora... hai molta fame?
- Non io...
Kitty si voltò a guardarla scioccata.
- Perché chi c'è?
Cassie fissava le sue enormi ciabatte zebrate disegnate da Snooki con aria colpevole.
- Un ragazzo...
- Un ragazzo!
Ripeté Kitty esterrefatta. Cassie era stata mollata da un certo Mike tre giorni prima, cosa che purtroppo le accadeva spesso, anche questa volta aveva spergiurato tra le lacrime che aveva chiuso con gli uomini e che non voleva saperne più e anche questa volta aveva incontrato un nuovo ragazzo dopo soli tre giorni dalla perdita del suo grande amore.
La cosa che seccava però Kitty era che questa nuova conquista se l'era portata a casa senza presentarla a lei e Georgie, un'assurda regola di convivenza che lei stessa aveva insistito che adottassero, pena la cacciata immediata dall'appartamento. Forse non era poi così assurda visto che una volta, prima che loro due andassero a vivere con lei, Cassandra aveva rimorchiato un tipo che mentre dormiva le aveva svaligiato casa.
- Ma non ce l'hai presentato!
- Ti prego non dirlo a Georgie!
Si era gettata in terra aggrappandosi disperatamente alla sua gamba.
- Lasciami!
Kitty non riuscì a trattenersi dal ridere. In fondo l'appartamento era suo, non è che l'avrebbero potuta cacciare ma certo preferiva evitare scenate e litigi tra le sue coinquiline se poteva.
- Mi devi un favore.
- Tutto quello che vuoi!
Cassie abbracciò le gambe di Kitty e poi balzò in piedi con un grande sorriso dipinto sul viso paffuto.
- Fallo uscire prima che Georgie si svegli.
- Gli porto i pancake e poi via, lo caccio!
- E' così carino da fargli i pancake?
- Mmm, è perfetto!
Il che voleva dire che era un bestione tatuato di due metri per due con catenazza dorata al collo. Dopodiché afferrò il piatto di pancake, la bottiglietta di sciroppo e ciabattò saltellando verso la sua stanza.

Kitty prese in mano il cellulare per l'ennesima volta poi lo posò di nuovo accanto a sé sul divanetto a righe del soggiorno continuando a sbuffare.
- Ti scongiuro mettiti a fare qualcosa, non posso vederti così!
Georgie sollevò la testa dal libretto di Noam Chomsky su Occupy e la fissò con espressione severa.
- Non puoi angosciarti per una stupidaggine e poi hai ragione tu, è lui che è egoista!
Kitty annuì automaticamente ma dentro di sé non faceva che pensare che aveva sbagliato tutto, che lui non l'avrebbe mai richiamata e che rischiava di mandare all'aria tutto solo uno sciocco litigio. Avrebbero dovuto parlarne con calma e avrebbero risolto facilmente, in fondo era una scaramuccia non c'era bisogno di mostrarsi troppo orgogliose.
Si alzò in piedi di scatto.
- Io vado!
- Oh no! Non puoi, deve essere lui a cercarti!
- Senti non riesco a stare con le mani in mano, preferisco risolvere subito!
Detto questo fuggì allo sguardo contrariato di Georgie e si infilò nella sua stanza per vestirsi. La neve era caduta fitta tutta la notte e si coprì bene, indossando calze di lana e un cardigan pesante che arrivava fin sotto il sedere. Non era un abbigliamento molto sexy ma sicuramente la teneva al caldo. Si avvolse più volte nella lunga sciarpa di lana nera e mentre stava ancora infilando una delle maniche del piumino grigio aveva già un piede oltre la soglia di casa.
- Fammi sapere come va, ok?
- Certo!
In quell'istante Cassie si affacciò dalla sua stanza, come se si fosse appena svegliata.
- Alla buon'ora, sono quasi le due!
Le fece notare Georgie sorridendo, Cassie lanciò uno sguardo furtivo a Kitty e sbadigliò esageratamente sgranchendosi la schiena.
- Ero molto stanca...
Kitty le fece un rapido occhiolino e chiuse la porta di casa dietro di sé.

Arrivata davanti al residence studentesco su Broome Street, Kitty non si sentiva più tanto sicura della sua decisione ma ormai era lì e tanto valeva andare fino in fondo. Poco prima della porta dell'appartamento che Rick divideva con altri tre ragazzi si fermò per ripassare a bassa voce il discorso che si era preparata.
- Ok, abbiamo litigato. Tu hai ragione di sentirti trascurato ma io non sto bene senza di te e vorrei che capissi che faccio tanti turni al locale perché ne ho bisogno non perché non mi importa niente di te. Di te mi importa tanto, tantissimo e...
Sobbalzò colta di sorpresa, due porte più indietro un ragazzo era uscito per buttare un sacco nello scarico dei rifiuti. Dal sorrisetto che aveva sul viso capì che doveva averla sentita. Tossì impacciata e si diresse alla porta di Rick.
Bussò e dopo un'attesa che le sembrò lunghissima Rick apparve sulla soglia, sembrava ancora mezzo addormentato. La guardò distrattamente una volta poi sembrò focalizzare ed esclamò sorpreso:
- Kitty! Che ci fai qui?
- Ok, abbiamo litigato. Tu hai ragione di sentir...
- Non fa niente, davvero!
- Cosa?
Lei lo guardò perplessa, e il suo discorso? Improvvisamente lui la abbracciò stretta, facendole quasi mancare il fiato. Lei ricambiò l'abbraccio sentendo un senso di calore diffondersi nel petto.
- Rick – bisbigliò – mi dispiace io...
- Anche a me, sono stato un idiota. Un idiota completo.
Inspirò a fondo il suo odore, le piaceva. Si staccarono e lei lo guardò con gli occhi lucidi.
- Ti va se entro?
Rick si passò la mano tra i capelli biondi e spettinati.
- Certo... certo! Però perché non facciamo così? Passo io da te tra una mezz'ora, il tempo di farmi una doccia. Puzzo veramente troppo e la mia stanza è uno schifo... Peter ha dormito da me! E beh...
- Oddio, non ancora!
- Esatto!
Kitty scoppiò a ridere, non c'era bisogno di altre spiegazioni. Peter era il migliore amico di Rick e l'alcol aveva su di lui un effetto estremamente diuretico. Soprattutto quando dormiva. L'ultima volta Rick aveva dovuto buttare le lenzuola sconsolato e c'era mancato poco che non desse fuoco al materasso.
- Ci vediamo dopo.
La ragazza lo salutò con un lungo bacio e si diresse col cuore leggero verso l'ascensore. Una volta fuori dall'edificio notò che il piccolo il forno dove compravano spesso i bagel era aperto, ne riempì un sacchetto e prese della crema di formaggio.
“Niente di meglio per un doposbornia” pensò sorridendo tra sé e sé.
Aveva percorso pochi passi del lungo corridoio sul piano in cui si trovava l'appartamento di Rick quando si fermò di colpo. Il suo ragazzo, quello che aveva appena salutato con un bacio, che le aveva appena detto che sarebbe passato a trovarla, stava stringendo un'altra. Stava baciando e abbracciando una ragazza che non era lei. Ed era bionda.
Ripresasi dallo choc iniziale Kitty riconobbe la ragazza: l'odiosa gattamorta Heather. Non c'era mai stato Peter, era lei che dormiva nel letto di Rick e sentì lo stomaco attorcigliarsi per la vergogna e l'umiliazione mentre ripensava a come aveva provato il suo discorso, a come era andata lì per fare pace e poi aveva comprato quegli stupidissimi bagel.
Nello stesso istante anche loro sembrarono finalmente accorgersi di lei e Rick prese a boccheggiare ottuso come un pesce preso all'amo.
- Kitty! Io... non è... non è...
- Non è cosa? Ma non dire stronzate!
Esplose lei, avvicinandosi a grandi passi furenti verso di lui. Heather ebbe la decenza di farsi da parte guardando a terra imbarazzata.
- Era qui vero? Tutto il tempo mentre parlavamo! E io come una cretina a comprarti... questi!
Kitty guardò la propria mano come se vedesse i bagel per la prima volta in vita sua e li scagliò con forza verso Rick che continuava a gesticolare alla rinfusa.
Il sacchetto gli rimbalzò sullo stomaco e la crema di formaggio esplose sul pavimento andando a insozzare le pareti e le scarpe di Heather.
- Ehi...- Protestò debolmente ma Kitty la fulminò con lo sguardo, un'altra parola e sarebbe stata capace di strapparle tutti quei capelli stopposi dal cranio.
- Non farti sentire mai più!
Si voltò e corse verso l'ascensore, tremando per la rabbia. Rick si lanciò dietro di lei cercando di afferrarla per un braccio ma lei si divincolò.
- Lasciami stare!
- Ti prego, lei non significa niente per me, sei tu la mia ragazza!
Alle loro spalle Heather esclamò indignata:
- Come non significo niente! Stanotte hai detto che ero la ragazza più sexy che avessi mai avuto!
Rick si bloccò imbarazzato tra due fuochi, non sapeva come comportarsi.
Kitty ne approfittò per infilarsi nell'ascensore, premette il tasto con violenza sperando con tutta sé stessa che le porte si chiudessero alla svelta. Quando l'ascensore la portò via da quella scena squallida gli occhi le si riempirono di lacrime bollenti e si strinse tra le braccia singhiozzando e incolpandosi per essere stata così stupida.

Le sue coinquiline avevano cercato di dissuaderla in ogni modo ma non c'era stato verso. Rimanere in casa a mangiare schifezze e guardare film horror per tirarsi su il morale la faceva sentire solo più abbattuta, non capiva come abbrutirsi avrebbe potuto farla sentire meglio. Per cui aveva chiamato Eric ed era andata a lavorare anche se era il suo giorno di riposo.
L'aria gelida spazzò via un po' del torpore che l'aveva avvolta da quando era uscita dall'appartamento di Rick. Si chiese se la tristezza che provava fosse più una questione di orgoglio ferito che il dolore per una reale perdita. Teneva davvero così tanto a lui? A pensarci bene no. In fondo non si era mai immaginata con Rick per la vita, quindi perché si sentiva così sconfitta? Non avevano nemmeno avuto il tempo di arrivare a essere qualcosa di più.
Entrò al Bar 66 sentendo ancora un peso sullo stomaco vuoto, si era innervosita talmente tanto che aveva rifiutato di mangiare per tutto il giorno. Trovò Eric che giocava a Castleville nel suo piccolo ufficio sul retro pigiando violentemente i tasti di un povero portatile, Penelope sedeva sulla sedia di fronte alla scrivania con la solita aria accigliata e perennemente insoddisfatta, la squadrò per un istante e poi ghignando con la bocca troppo truccata le disse:
- Mamma mia che faccia, ti è morto il gatto?
Kitty inspirò a fondo, penso di ribattere, poi sentì gli occhi pizzicare pericolosamente. “No, non davanti a lei” si ordinò ma una lacrima le sfuggì lo stesso tra le lunghe ciglia scure. Tirò su con il naso e si voltò dando loro le spalle. Eric alzò la grossa faccia quadrata dallo schermo del pc e le guardò con l'occhio buono, l'altro era semichiuso per via di un tumore al cervello che gli era stato asportato anni prima. Era stata un'operazione disperata ed Eric si vantava sempre di essere un sopravvissuto per miracolo e che nemmeno i dottori sapevano come avesse fatto a uscirne quasi illeso. Poi aggiungeva fiero che così la sua faccia si intonava meglio ai tatuaggi che aveva sulle braccia e gli dava un'aria più piratesca.
- Che succede?
- Mah, l'avrà piantata il ragazzetto... quante storie...
Penelope le lanciò un'occhiata schifata mentre si passava le mani smaltate di un rosso acceso tra i capelli ricci e ancor più rossi.
Kitty tirò su col naso e scosse la testa, come per dire che non c'era niente che non andasse e provò ad abbozzare un sorriso.
- Ti ha mollato per un'altra? Mica ne devi fare una tragedia!
Sembrava volerla consolare, invece Kitty sapeva benissimo che Penelope ci godeva a vederla ferita e mettere il dito nella piaga.
- E' così vero? Magari lo hai pure colto in flagrante quel bastardo. Dai raccontami tutto!
Kitty sospirò a disagio e si costrinse a risponderle:
- Sì, io e Rick ci siamo lasciati.
- Lo sapevo! Ne troverai altri vedrai, certo non come lui. Era proprio carino... forse pure troppo...
- Penelope!
Eric la interruppe allibito, si alzò in piedi e posò le grosse mani callose sulle spalle di Kitty.
- Sei sicura che non vuoi andare a casa? Tanto è domenica, ce la caviamo.
- Sì sono sicura, almeno mi distraggo.
- Allora vai a cambiarti dai, che tra poco apriamo.
La voltò gentilmente verso la porta dell'ufficio e Kitty sentì di essergli proprio affezionata.

La serata era tranquilla come Eric aveva preannunciato. I pochi clienti se ne stavano placidamente ai loro tavoli parlottando sopra la musica bassa degli altoparlanti, quella sera non era previsto alcun concerto.
C'era anche quell'idiota di Milord, stranamente sottotono: era in compagnia di una sola modella e aveva un'aria incredibilmente annoiata, al momento di darle i loro cappotti si erano scambiati solo qualche occhiata neutra e non le aveva detto nemmeno niente di sarcastico.
Oltretutto dei tavoli se ne occupava Penelope, che tra le cameriere era l'unica a trovarlo divertente e a ridere delle sue stupide battute, per cui quella sera se ne sarebbe stata più che in pace.
Era seduta sullo sgabello nel guardaroba da un po', con i grandi occhi azzurri persi nel vuoto quando Eric la chiamò dal bar, e le mise davanti un vassoio con sopra un cocktail variopinto e un basso bicchiere di scotch.
- Portali al tavolo all'angolo per cortesia.
- Ma... e Penelope?
Si guardò attorno accigliata, Eric si strinse nelle spalle.
- Credo sia andata al telefono, sai il bambino...
Il “bambino” aveva quasi quattordici anni ormai e Kitty avrebbe voluto farlo presente al suo datore di lavoro ma sapeva che comunque lui non avrebbe preso dei provvedimenti nei confronti di Penelope. Dietro quel faccione ispido e i tatuaggi da marinaio aveva il cuore tenero e per lui Penelope rimaneva sempre la ragazza madre che si era presentata da lui dieci anni prima bisognosa di lavorare.
Agguantò il vassoio e si diresse verso il tavolo dove Milord e la sua modella sembravano immersi in una accesa discussione.
- Sono stufa!
Esclamò la ragazza, Kitty la riconobbe. Era quella che sembrava uscita dal catalogo di Victoria's Secret: gambe chilometriche, pelle ambrata e occhi verdi. Una che era capace di far sprofondare l'autostima di chiunque in un baratro. Si interruppe quando la vide ma continuò a fulminare Milord con lo sguardo.
- Silvia, parliamone più tardi, va bene?
Si rivolse a Kitty ma il suo sorriso era privo di allegria.
- Che faccino da funerale Hello Kitty!
Lei non rispose e lui continuò, meno convinto.
- Se ti conci così non troverai mai marito, non ti sei nemmeno pettinata oggi?
Kitty fissò per un istante Milord, aveva gli occhi ancora rossi per le lacrime e scrollò solamente le spalle.
- Scusami, non volevo disturbarti.
Il suo tono di voce era diverso, gentile, una cosa così inusuale che Kitty rimase quasi scioccata. Li lasciò alla loro discussione e tornò al guardaroba, appollaiandosi sullo sgabello come un passero in una di quelle mattine di novembre.
Il display del suo cellulare lampeggiò, quando lo prese in mano vide che era Rick che la stava chiamando.
“Che faccia tosta!” era talmente sorpresa e arrabbiata che dovette frenarsi dallo scagliare il cellulare lontano da sé. Rifiutò la chiamata e scrisse un messaggio il più velocemente che poteva: “Non osare cercarmi più, è finita. Lasciami stare.” lo rilesse ancora una volta e poi premette decisa “invia”. Non aveva alcuna voglia di parlargli né di vederlo, non c'era niente che potessero riparare o risolvere. Se dopo soli quattro mesi era incapace di esserle fedele, figurarsi quanto avrebbe potuto essere affidabile in futuro e quanto le era legato adesso.
- Non ti importa niente di nessuno... sei un mostro!
Silvia era sbottata improvvisamente a voce alta alzandosi in piedi, nella sala si creò un silenzio innaturale.
- Silvia siediti, per favore.
Milord glielo chiese a denti stretti, infastidito. Lei sembrò sul punto di obbedirgli poi si allontanò di un passo dal tavolo.
- Sapevi chi ero e cosa cercavo...
- Sei solo un pervertito schifoso!
Silvia lo zittì con voce tremante, poi si voltò e si diresse come una furia verso Kitty che si sbrigò a tirar fuori il cappotto firmato della ragazza. La modella glielo strappò dalle mani e uscì dal locale sbattendo la porta.
Milord rimase seduto rigidamente al tavolo, sembrava sentire gli occhi di tutti su di lui mentre fissava immobile il cocktail abbandonato davanti a sé. Kitty sentì una certa empatia nei suoi confronti; non sapeva se Silvia fosse la sua fidanzata effettiva dato che lo aveva visto con decine, se non centinaia, di ragazze diverse durante quei mesi però ora le sembrava fragile esattamente come si sentiva lei per la fine di una storia.
Il resto degli avventori ricominciò a chiacchierare e presto si dimenticarono di lui e della scenata di Silvia, Kitty si avvicinò per portare via il cocktail della ragazza e lo approcciò con un sorriso timido:
- Tutto bene?
- Fatti gli affari tuoi.
Ribattè seccamente lui e con un sorso buttò giù quello che restava dello scotch che aveva tra le mani.

Alla fine della serata Eric insistette perché andasse via prima, non c'era bisogno che lo aiutasse a riordinare e i pochi clienti rimasti si stavano già affrettando al guardaroba per tornarsene a casa.
Kitty consegnò i soprabiti sforzandosi di sorridere alla clientela ma con l'ultimo della fila non riuscì a fingere.
- Ecco qua.
Gli disse brusca strappandogli il gettone di mano.
- Non sono di buon'umore.
- Nemmeno io.
Rispose lei sbrigativa, se c'era una cosa che la irritava erano le persone maleducate e lui lo era stato. Invece di soprannominarlo “Milord” lei e le altre cameriere avrebbero potuto benissimo chiamarlo “Lo stronzo”.
- Allora siamo compagni di sventura, eh?
Lo disse con un sorriso così amabile che Kitty non poté fare a meno di sorridere a sua volta.
- Eh già.
- Scusami ancora, davvero. Se vuoi possiamo fare un tratto di strada insieme.
Era la seconda volta che la stupiva comportandosi in maniera quasi decente quella sera. Forse non era del tutto imbecille.
- D'accordo.
Si avviarono per gli scalini cosparsi di sale che portavano al livello della strada. Lui le tenne perfino aperta la porta del bar, dire che era incredula era poco.
I marciapiedi erano sgombri e la neve ormai ghiacciata era accumulata ai bordi della strada, il freddo pungente della notte la fece rabbrividire e si avvolse un altro giro di sciarpa attorno al collo. Milord invece non sembrava provare alcun freddo, non portava la sciarpa e le sue guance pallide non erano minimamente arrossate.
Parcheggiata dal lato opposto della strada rispetto al Bar 66 Kitty notò un'enorme auto lussuosa color argento, pensò appartenesse a lui ma invece Milord non la degnò di uno sguardo.
- Dove abiti?
- In Perry Street, è a pochi isolati da qui.
- Sì la conosco, è una bella zona.
Non fecero tre passi che una voce femminile alle loro spalle chiamò:
- Caspar!
Milord si girò di scatto, allora era così che si chiamava pensò Kitty, Caspar.
Dal sedile posteriore dell'auto grigia era scesa una ragazza, indossava uno splendido cappotto color perla trapuntato di strass e altre pietre minuscole che lo facevano brillare come un gioiello; ma fu soprattutto il suo aspetto a colpire Kitty: aveva un viso perfettamente ovale che sembrava fatto di finissima porcellana e tra i tratti delicati e minuti del volto spiccavano due enormi occhi chiari e una bocca morbida e rosea. I suoi capelli erano di un biondo così chiaro e lucido da avere riflessi argentei, “Sembra un angelo” si ritrovò a pensare Kitty impressionata.
Accanto a lei, Caspar era così sorpreso che non aveva mosso un muscolo e fissava la ragazza angelica scesa dall'auto come se fosse un fantasma.
- Alcor...
Disse lei con voce rotta e gli occhi le traboccarono di lacrime.
- Cosa è successo?
Il suo tono era inespressivo, Kitty non sapeva dire se fosse preoccupato o indifferente.
- Non qui.
Replicò la ragazza e posò i grandi occhi su Kitty che non riuscì a reggere a lungo lo sguardo. Aveva la strana sensazione, quasi fisica, che quegli occhi la stessero perforando.
Caspar si allontanò da Kitty senza dire una parola, dimenticandosi completamente di lei; salì sull'auto insieme a quella strana ragazza e li vide sparire in pochi istanti, come se avessero una gran fretta di partire.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Katrice Eymerich