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Autore: alegargano1    30/09/2012    3 recensioni
salve allora questa oltre a essere la seconda storia che scrivo in assoluto, è anche la mia prima storia originale ci tengo in modo particolare quindi, vi chiedo di dirmi cosa ne pensate anche solo per dire che è orribile e che solo un pazzo potrebbe leggerla.
Ora passiamo alla storia vi propongo un avventura che ha dello straordinario, fra: esseri malvagi, destini non voluti, combattimenti epici, creature straordinarie e bizzarre, teneri amori , e amicizie inscindibili io vi propongo questo strano strano racconto
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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CAPITOLO 5

TITOLO DI CAVALIERE

Era trascorsa una settimana da quando Albert era arrivato in quello strano mondo ed era stato rinchiuso in quella cella.

Ormai la sua pazienza era giunta al limite, l’unica cosa che rendeva quell’esperienza più sopportabile, erano le costanti e puntuali visite di Irene, con cui in quella settimana era riuscito ad instaurare un bel rapporto di amicizia.

Ogni giorno all’ora dei pasti, la ragazza gli portava notizie sui suoi tentativi per farlo liberare, e poi passavano il tempo chiacchierando allegramente, Albert aspettava con impazienza anche quel giorno la visita di Irene ma quando la porta della cella si aprì, la libertà divenne l’ultimo dei suoi pensieri.

Edward era nervoso, il giorno prima aveva sorpreso Irene a uscire di soppiatto dalle cucine, e dopo un breve interrogatorio ai domestici aveva ottenuto informazioni che lo avevano infastidito non poco.

Irene aveva disubbidito al suo preciso ordine di fornire al prigioniero solo pane e acqua per sfamarsi, e come se ciò non bastasse non mostrava nessun rispetto per la sua autorità, stava cercando un modo per liberare il suddetto prigioniero senza dover chiedere il suo consenso.

Non poteva permetterlo, tutti nel regno dovevano riconoscere la sua autorità e Irene non faceva eccezione, per questo ora aveva deciso di eliminare il motivo per cui la sua cara sorellina si stava prodigando tanto.

Edward era di fronte ad Albert e lo scrutava con fare minaccioso, poi gli si rivolse dicendo “La tua permanenza in questa cella sta per finire” a quelle parole Albert fece un grande sorriso e preso dall’euforia si rivolse al nulla e disse “Si Irene sei grandiosa lo sapevo che ce l’avresti fatta” poi si rivolse al suo interlocutore dicendo “Allora per quando e prevista la mia scarcerazione?” Edward fece un sorriso strafottente e disse “Per domani a mezzogiorno quando saranno terminati i preparativi per la tua esecuzione”.

Albert era sconvolto, dopo quelle parole era rimasto immobile, senza riuscire a fare nemmeno un fiato, mentre Edward se n’era già andato richiudendo la cella, senza nemmeno aspettare una razione del prigioniero.

Irene era diretta nelle segrete per far visita ad Albert, ma ad attenderla d’avanti alla porta dei sotterranei, c’era Edward con un espressione che non preannunciava nulla di buono.

La ragazza conosceva bene quello sguardo, Edward era arrabbiato e non serviva certo un genio per capire il perché, l’aveva scoperta e ora non gliel’avrebbe fatta passare liscia.

Il moro si avvicinò a Irene e gli piantò in faccia uno sguardo glaciale dicendo “Sei sollevata dall’incarico che ti avevo affidato, non è più necessario che porti dei pasti al prigioniero”.

Irene era sorpresa, non si aspettava nulla del genere, credeva che avrebbe urlato, che l’avrebbe punita o peggio, invece aveva avuto una reazione del tutto inaspettata, così gli si rivolse dicendo “Perché questa decisione adesso?”, Edward assottigliò lo sguardo infastidito, ma si limitò a rispondere dicendo “Ho deciso di farlo giustiziare, quindi non ha senso continuare a sprecare del cibo inutilmente”.

Irene non riusciva a credere a ciò che aveva sentito, suo fratello aveva emesso una sentenza di morte verso un innocente, no era sbagliato un ingiustizia fin troppo grave, non poteva permetterlo e non l’avrebbe permesso.

Lo sguardo di Irene divenne la pura espressione della fermezza, nei suoi occhi si poteva leggere chiaramente la determinazione di quel momento, e con fare deciso si rivolse a Edward dicendo “Non farai niente del genere”, questi parve sorpreso, nessuno aveva mai osato rivolgersi a lui a quel modo e ora sua sorella minore lo affrontava in quella maniera, era interdetto ma non poteva mostrare il suo turbamento, così decise di risponderle dicendo “E come pensi di impedirmelo esattamente?”.

Irene ebbe un istante di cedimento, ma ritrovò subito la sua determinazione e disse “Libera subito Albert” a quelle parole Edward rimase allibito, per poi fare una smorfia disgustata e dire “Ti sei ridotta a chiamare un prigioniero per nome” Irene non fece una piega e rispose “Non è un prigioniero, è mio amico, in questa settimana ho avuto modo di conoscerlo è una brava persona non merita la morte e io non ti permetterò di …”.

Improvvisamente la voce gli morì in gola, lo sguardo di Edward era agghiacciante e ancora più agghiaccianti furono le sue parole “Spero tu stia scherzando?, non so se l’hai notato, ma il tuo cosi detto amico è un esse umano, UN INUTILE DISGUSTOSO ESSERE UMANO, un estraneo non solo delle nostre terre, ma del nostro intero mondo e tu sei arrivata a considerarlo un amico no peggio un tuo pari”.

Irene rimase in silenzio per diverso tempo, senza sapere cosa dire, ma poi come animata da un nuovo vigore, si rivolse a Edward con una calma disarmante e gli disse “Cosa vuoi che me ne importi?” a quelle parole Edward fece per ribattere, ma non ne ebbe il tempo, poiché Irene riprese dicendo “Cosa importa se è un essere umano o se non appartiene al nostro mondo?, non si può giudicare un individuo per ciò che hanno fatto altri o per fatti avvenuti ormai più di ventimila anni fa”.

Edward era esterrefatto, Irene non gli aveva mai parlato così, si ritrovò ammutolito ad ascoltare il discorso della ragazza che prosegui con queste parole  “Ma non ti rendi conto?, sei talmente ossessionato dai regolamenti e dalla tua smania di dimostrare la tua autorità nell’applicarli, che ormai non ti importa più di nient’altro, hai trasformato questo castello in una prigione per te stesso e per me, soprattutto per me, hai reciso qualsiasi contatto col mondo esterno e tu stesso non esci dal palazzo se non per lavoro, sei completamente impazzito”.

Le sue parole vennero interrotte da un sonoro schiaffo, che Edward le aveva tirato in pieno volto con tale violenza da farla cadere in terra.

Edward la guardava con uno sguardo freddo, quelle parole lo avevano infastidito, perché fin troppo veritiere, e come a voler zittire la sua coscienza che in quel momento gli stava martellando il cervello, si rivolse a Irene dicendo “TACI, non osare contraddirmi, so di essere nel giusto, non cambierò la mia decisione”, a seguito di queste prole, la afferrò per un braccio sollevandola di mala grazia e nonostante le sue proteste la trascinò fino alla sua camera dove la rinchiuse sprangando la porta, poi chiamò due guardie e gli si rivolse dicendo “Sorvegliate questa stanza, fate in modo che mia sorella non ne esca, se dovesse riuscire ad uscirne, prima del tramonto di domani, sarete voi a pagarne le conseguenze” e con queste parole se ne andò.

Irene rimasta sola nella sua stanza, era profondamente turbata dal comportamento del fratello, mai prima di allora era arrivato ad essere violento con lei, ormai aveva del tutto perso la ragione e arrivati a quel punto Irene non poteva più rimanere li, se ne sarebbe andata quella sera stessa.    

Quella sera Irene era pronta per attuare il suo piano di evasione, quando fu certa che il castello fosse immerso nel più assoluto silenzio e che tutti fossero profondamente addormentati, decise di agire.

Fu un istante, Irene alzo una mano e formulò quello che doveva essere un incantesimo, dicendo “Rahxshir” e dalla suamano si sprigionò un ondata di fiamme di un colore azzurro tenue, che raggiunse e incenerì la porta in un battito di ciglia senza produrre alcun rumore udibile.

Irene si stava dirigendo verso le segrete tentando di fare il meno rumore possibile, doveva liberare Albert e allontanarsi il più possibile da quel castello prima che Edward o chiunque altro notasse la sua fuga.

Albert era abbattuto, sarebbe stato giustiziato l’indomani e avrebbe passato le sue ultime ore in quella cella, e come se ciò non bastasse non aveva nemmeno avuto la possibilità di rivedere Irene un ultima volta, quella ragazza cosi bella che con la sua bontà e vivacità l’aveva incantato nel giro di un istante.

Gli veniva da ridere a fare certi pensieri in una situazione del genere, anziché preoccuparsi della sua imminente dipartita, si preoccupava di come dire addio a una ragazza con cui aveva parlato si e no una ventina di volte, ma il corso dei suoi pensieri venne interrotto dal cigolio della porta della cella che gli si spalancò di fronte.

Il piano di Irene stava procedendo a meraviglia, ora avrebbe solo dovuto liberare Albert e andarsene il più in fretta possibile da li, prese la chiave appesa sulla porta della cella e una volta aperta la porta, si rivolse ad Albert e con un sorriso che fece incantare il povero prigioniero, e disse “Ti avevo detto che ti avrei fatto uscire di qui in qualche modo”e cosi dicendo apri le manette, e gli disse “Bene adesso vieni con me ce ne andremo di qui”.

Albert non se lo fece ripetere due volte, si alzo in piedi e prese a seguire Irene per i sotterranei, finché non giunsero dinnanzi a una porta molto spessa.

Una volta li Irene si rivolse ad Albert, chiedendogli di stare indietro, per poi eseguire lo stesso incantesimo che aveva usato per incenerire la porta della sua stanza.

A quella vista Albert rimase di stucco, quella era vera magia, con tanto di incantesimo, era una visione stupefacente, quelle fiamme azzurre erano meravigliose, sembrava che la notte avesse colorato il fuoco facendolo diventare parte di se.

Albert rimase immobile finché le fiamme non ebbero del tutto divorato la porta, che fino ad allora aveva nascosto una lunga scalinata, si riscosse solo al richiamo di Irene, che nel mentre lo aveva preceduto.
Percorsa la scalinata, i due si trovarono d’avanti all’ingresso di quella che Irene riconobbe come una delle più grandi sale del castello.

L’oscurità della notte avvolgeva ogni cosa in quella stanza, senza lasciar trapelare alcuna luce rendendo pressoché impossibile orientarsi, ma Irene sapeva come ovviare al problema, generò una fiammella che avrebbe dovuto fungere da torcia, dissipando così il buio di quel luogo, rivelando qualcosa che lasciò Albert meravigliato.

La sala in cui si trovavano era paragonabile a una mostra di armature, ve ne erano almeno un centinaio, una più incredibile dell’altra, ognuna decorata e lavorata perche fosse differente dalle altre, ma una in particolare aveva attirato l’attenzione di Albert.

Un armatura posta al centro della sala affinché la dominasse, rinchiusa in una piramide di vetro come fosse una reliquia, era fatta di un metallo completamente bianco, decorata con bordature in oro e al centro del pettorale vi era un volto di leone ruggente in argento.

Albert si avvicinò per poterla vedere meglio, seguito da Irene che vedendolo interessato gli disse “Bella vero? è appartenuta a un grande guerriero, che la lasciò in dono a un mio antenato circa cento cinquant’anni fa come pegno della sua riconoscenza e il mio avo in segno di rispetto verso il guerriero la fece incantare, affinché nessuno potesse appropriarsene”, con queste parole indicò una scritta incisa sul piedistallo di marmo nero su cui era posta l’armatura e aggiunse “Quelle sono le quattro rune del coraggio e indicano che solo un guerriero altrettanto valoroso può indossarla”.

Albert era rimasto incantato dal discorso della ragazza, e si era soffermato a fissarla dicendo fra se e se “Già … bellissima”, ma mentre contemplava l’immagine di Irene, la sua attenzione venne attirata da un particolare del suo viso, un ombra scura sotto l’occhio sinistro, venne colto da un dubbio improvviso e mosso dal puro istinto attirò a se la ragazza per poi accarezzarle delicatamente la guancia e soffermarsi su quel punto.

Irene resto allibita, il gesto di Albert l’aveva colta alla sprovvista, il modo in cui le aveva sfiorato la guancia così gentilmente e delicatamente l’aveva disarmata, per questo quando lo sentì soffermarsi sul punto dove Edward l’aveva colpita si fece sfuggire una leggera smorfia di fastidio segno che seppur in minima parte doveva farle male.

Albert allontanò la mano dal volto di Irene, aveva visto giusto, qualcuno aveva osato colpirla e aveva il presentimento di sapere chi fosse il colpevole, a quel pensiero Albert si sentì ribollire il sangue, ma voleva esserne sicuro, così rivolgendosi a Irene chiese, “Di la verità!, è stato tuo fratello a farti questo?”.

Quella domanda l’aveva spiazzata, ma non poteva immaginare, che rispondervi avrebbe portato a scatenare le conseguenze che seguirono.

Titubante Irene spiegò quello che era successo, per poi assistere a una reazione, che non si sarebbe mai aspettata di vedere.

Albert si era inginocchiato come un cavaliere e con un tono che faceva trasparire pura determinazione le disse “Ti chiedo di poter rimanere qui, in modo che io possa conquistare la tua e la mia libertà, senza dover fuggire”.

Stava mentendo, anche se avrebbe sfruttato l’occasione per fare anche quello, ma in realtà Albert aveva intenzione di massacrare Edward, voleva fargliela pagare, nessuno doveva permettersi di far del male ai suoi cari, fosse persino un dio nessuno doveva osare fare una cosa simile.

La ragazza era rimasta colpita dalla richiesta di Albert, aveva detto di essere disposto a combattere perché lei potesse ottenere la sua libertà, fece un sorriso, quella era la prova che aveva ragione, quel ragazzo aveva un animo buono, non meritava di morire in catene, per un attimo fu tentata di accettare, ma si riscosse subito, rendendosi conto che esaudire quella richiesta equivaleva a condannarlo a morte certa.

Irene piantò le sue iridi indaco in quelle color del bosco di Albert, rivolgendogli uno sguardo gentile e dicendo “Ti ringrazio, so che sei in buona fede e so che l’dea di scappare ti infastidisce, ma fidati se ti dico che questa potrebbe essere la tua unica occasione per uscire vivo da questo castello”.

Il ragazzo era impressionato, quella ragazza aveva un totale controllo su di lui e non lo sapeva, così annui deciso a seguirla e disse “Va bene allora, farò come vuoi andiamo”.

Uscirono dalla stanza trovandosi di fronte un lungo corridoio, che secondo le indicazioni di Irene avrebbe dovuto condurli al giardino interno e da li fuori dal castello, ma non sempre i piani vanno come si era sperato.

Quando furono nel giardino, ad attenderli c’era un guarnigione di quaranta soldati guidata da Edward che aveva dipinto in volto un ghigno di scerno.

Il giovane sovrano si rivolse ai due fuggitivi e disse “Pensavate davvero che fossi così ingenuo, avevo già considerato questa eventualità, e ho provveduto affinché nell’eventualità che riusciste ad arrivare fin qui sareste stati fermati”. Dopo questo sproloquio, schiocco le dita e un gruppo di soldati agi all’istante per immobilizzare i due ragazzi.

Quando furono entrambi inoffensivi, Edward si avvicino loro e con un sorrisetto beffardo si rivolse a entrambi dicendo “Per quanti sforzi possiate fare non riuscirete  mai a spuntarla con me, mettetevelo bene in testa”.

Quelle parole, dette con quel tono così arrogante, avevano infastidito Albert, che sopraffatto dalla rabbi reagì d’impulso dicendo “Hei razza di spocchioso pallone gonfiato, secondo me sei solo capace di dar fiato alla bocca, che ne dici di dimostrare quanto vali con i fatti, battiti con me e vediamo se sei davvero tanto superiore o se come penso che sia non sei altro che un bambino viziato troppo cresciuto”.

Le guardie lasciarono all’istante la presa sul ragazzo, sapendo che di li a pochi secondi sarebbe stato ridotto in cenere, ma quello che accadde dopo li lasciò esterrefatti.

Edward si era avvicinato ad Albert intenzionato a disintegrarlo in quel preciso istante ma poi venne colpito da un illuminazione e si ritrovò con questi pensieri – Se accettassi la sua sfida, potrei sfruttare la cosa per trasformarlo in un esempio per tutti, nessuno oserebbe più sfidarmi e al contempo mi sbarazzerei di lui – e rivolgendosi ad Albert disse “Va bene accetto! Ci sfideremo domani all’ alba nella piazza del castello, ora va a prepararti hai poco tempo, dato che ne sei sprovvisto ti concedo di usare le armi e le armature presenti nel castello” stava per andarsene ma venne nuovamente richiamato da Albert che disse “Se vincerò dovrai restituirmi la mia libertà, potrò lasciare questo castello e Irene potrà venire con me”.

Edward era allibito, non si aspettava niente del genere, guardò Albert per un istante, come se non riuscisse a credere a ciò che aveva sentito, e vide nei suoi occhi la stessa determinazione che poche ore prima aveva visto in quelli di Irene, ma scaccio subito quel pensiero, ritenendo che fosse inutile stare a preoccuparsi per un eventualità che non si sarebbe mai verificata, era impensabile che quel ragazzo riuscisse a batterlo, così decise di accettare e rispose dicendo “Va bene, se vincerai sarai libero di lasciare il castello e se lo vorrà mia sorella potrà seguirti” e con queste parole richiamò le guardie, per poi sparire con esse all’interno del castello.

Albert continuava a fissare con astio la porta dietro cui Edward era sparito, pensando allo scontro imminente e a come prepararsi per affrontarlo al meglio, ma il flusso dei suoi pensieri venne interrotto da Irene, che attirò la sua attenzione afferrandolo per un braccio e cominciando a trascinarlo verso una seconda porta posta sul lato opposto del giardino e quando gli furono d’avanti gli disse “Ti prego va via finché sei in tempo, non preoccuparti per me e pensa solo ad andare il più lontano possibile da qui”.

L’interessato fece un sorriso per poi rivolgersi alla rossa e dire “Non ci penso nemmeno, non sono il tipo che si rimangia quello che dice, non darò a tuo fratello la soddisfazione di dire che ho avuto paura di battermi e in più non  ho nessuna intenzione di lasciarti qui”.

Irene era piacevolmente colpita, si ritrovò a sorridere entusiasta pensando che anche lei avrebbe fatto così, Albert aveva ragione, arrendersi senza nemmeno provare era adir poco una stupidaggine, così si rivolse al ragazzo e disse “Quando ti scontrerai con Edward, farò il tifo per te, quindi vedi di vincere, o te la vedrai con me intesi?”.

Albert scoppio a ridere, quella ragazza era sorprendente, quello era indubbiamente l’incoraggiamento più assurdo che gli avessero mai fatto, e fra le risate rispose “Contaci non permetterò a quel pallone gonfiato di averla vinta”.

Irene lo afferrò nuovamente per un braccio e lo trascinò fino alla sala delle armature dicendogli “Prendi quella che ti piace di più, sarà tua e potrai usarla per combatter contro Edward” e con queste parole fece entrare Albert nella stanza, rimanendo ad attenderlo sulla porta.

Albert non aveva il minimo dubbio su quale scegliere, l’armatura nella piramide di vetro, avrebbe fatto un figurone con quella indosso.

Si avvicinò deciso e aprì la piramide di vetro che la conteneva, depositando i pezzi di quella armatura a terra, per poi indossarli uno per uno.

Quando fu pronto si mostrò a Irene, che rimase sbalordita, in primo luogo perche vedere che l’armatura non l’aveva respinto era stupefacente e poi perché in quelle vesti Albert era perfetto, il metallo bianco di cui era composta l’armatura faceva risaltare le caratteristiche del suo viso, dandogli un senso di risolutezza e valore ancora maggiore di quanto già non ne esprimesse, le bordature d’oro sembravano aumentare la stazza del ragazzo e solo in quel momento Irene si rese conto di quanto Albert fosse effettivamente imponente, in ultimo il leone d’argento al centro del pettorale, faceva bella mostra di se dando l’impressione alla ragazza di trovarsi di fronte a un vero cavaliere.

Edward aspettava pazientemente al centro della piazza, aveva indossato la sua armatura migliore, un gioiello di manifattura nanica composta di un metallo dalle sfumature bluastre le cui parti erano legate da giunture cosi perfette da sembrare congiunte fra loro e sui due spallacci erano stati incisi due fulmini uno nero sulla spalla sinistra e uno bianco su quella destra.

E fra le mani stringeva una lunga lancia di metallo dalla punta ondulata e sottile che ricordava vagamente una saetta.

Nella piazza, c’era una tensione quasi palpabile nell’attesa di quello scontro, non perche i presenti si aspettassero un grande combattimento, era impensabile che qualcuno riuscisse a competere con il loro re, la gente li riunita voleva solo assistere a un massacro a senso unico e godersi lo spettacolo, e nell’attesa discutevano su tutti i possibili esiti dello scontro, ma quando lo sfidante fece il suo ingresso, nella piazza calò il più totale silenzio.

Edward non riusciva a credere ai suoi occhi, quell’umano aveva indosso l’armatura del ruggito d’argento, non poteva accettarlo, lui aveva passato tutta la vita nel tentativo di raggiungere i requisiti adatti a indossarla e ora quell’essere l’aveva conquistata in una notte, bene allora avrebbe frantumato l’armatura e usato i suoi frammenti per fare a brandelli il suo utilizzatore.

Il nobile alzo un dito contro Albert e disse “Lixshier” e subito da esso si sprigiono una piccola bolla elettrica che si scagliò su Albert come un proiettile.

Miracolosamente il ragazzo riuscì a deviare il colpo senza sforzo, per poi estrarre una daga e lanciarsi a testa bassa verso il suo avversario.

Questi non si fece cogliere impreparato, schivò il colpo per poi usare la sua lancia come una mazza, e colpire Albert alla base del collo.

Edward sorrideva beffardo guardando il suo avversario e cosi gli si rivolse con tono di sufficienza dicendo “Allora tutta qui la tua forza, patetico o visto più spirito combattivo in un agnellino, è vero che non hai alcuna possibilità di sopravvivere a questo scontro ma almeno fai in modo che valga la pena per me di aver accettato”.

A seguito di quelle parole, dovette scansarsi per evitare un fendente della daga di Albert, che si era avvicinato approfittando di quello sproloquio per attaccare, ma non fu abbastanza veloce e Albert riuscì comunque a ferirlo al volto e poi esordi dicendo “Questo era per togliermi lo sfizio di levarti dalla faccia quel maledetto sorrisino”.

In quel momento tutti rimasero atterriti, mai nessuno era riuscito a ferire il re in un duello, lo stesso Edward era stupefatto e sfiorandosi la parte lesa sentì la mano macchiarsi di sangue per poi osservare quello stesso sangue seccarsi sulla sue dita e infine stringere il  pugno fremendo di rabbia.

Preso da un impeto di collera, Edward creò una nuova bolla elettrica, ma stavolta usando tutta la mano, scagliando quella che era paragonabile in tutto e per tutto a una palla di cannone contro il povero Albert facendolo schiantare contro il muro alle sue spalle.

Albert era stato stordito dalla potenza del colpo appena ricevuto, e il fatto di essere rimasto incastrato nella parete contro cui era stato scagliato, non migliorava certo le cose.

Edward guardava il suo avversario certo di esservi superiore, era convinto di vincere senza il minimo sforzo, ma voleva divertirsi ancora un po prima di finirlo, così prese ad avvicinarsi lentamente, roteando la sua lancia con una mano sola, e questa cominciava a emettere uno strano suono stridente.

Il ragazzo si stava sforzando nel tentativo di liberarsi, mentre guardava il suo avversario farsi sempre più vicino, e in quel momento il suo sguardo si posò sulla lancia del nemico, che si stava illuminando di una strana luce bluastra che si faceva sempre più intensa.

Ormai il suono emesso dalla lancia era assordante e la luce che emanava accecante, quella che prima era un arma, ora si era trasformata in un fulmine e quando Edward fu soddisfatto del risultato, la sollevo come un giavellotto per poi scagliarla con tutta la sua forza verso Albert.

Irene stava assistendo a quello scontro col fiato sospeso, sperando che Albert riuscisse a uscirne vivo, aveva sperato in una sua rivalsa quando l’aveva visto ferire Edward, ma più andava avanti più il combattimento sembrava volgere a favore di quest’ultimo, e ora vedendo suo fratello intenzionato ad eliminare Albert non riuscì a fare a meno di distogliere lo sguardo.

Ma quando riaprì gli occhi si trovò di fronte una scena sbalorditiva, Albert si era liberato e aveva afferrato il fulmine che si era nuovamente trasformato tornando alla sua forma originale.

Quando Albert ebbe fra le mani la lancia di Edward, la afferrò saldamente e ripartì all’attacco, ma anche stavolta Edward riuscì a fermare l’offensiva del suo avversario, afferrando la punta della sua lancia con una mano.

Edward se la rideva di gusto e rivolgendosi al contendente di fronte a lui disse “Bene così va già meglio, ma ancora non basta impegnati di più”.

In risposta a quella provocazione, Albert cerco di affondare un colpo nel fianco del nemico con la sua daga, ma anche quell’offensiva venne bloccata.

Ormai Edward era certo di aver vinto, stava per respingere Albert per contrattaccare e abbatterlo, ma il neo cavaliere lascio andare la daga per poi sferrare un violentissimo pugno sulla guancia ferita del sovrano che cadde al suolo con un tonfo sordo e vedendo il suo avversario al suolo Albert gli rivolse un occhiata furente e disse “Questo invece e a nome di Irene, dimmi come ci si sente a essere colpiti in faccia”.

Irene era rimasta meravigliata da quell’azione, Albert era davvero eccezionale, non solo stava affrontando uno dei combattenti più feroci mai nati fra i paladini draconici, un guerriero che da solo ne aveva abbattuti un centinaio e stava riuscendo ad avere la meglio, ma stava affrontando quella prova così difficile anche per lei, per renderla libera, stava dimostrando di tenere davvero a lei e questo per Irene significava tanto, Albert era davvero un grande amico.
  
Albert si rivolse al suo avversario dicendo “Avanti alzati, non ho intenzione di colpire un avversario a terra e so che questo non basta per metterti KO, quindi alzati e combatti”.

Edward era furibondo, il suo volto grondava sangue a fiotti dalla ferita che per il colpo ricevuto era diventata ancora più larga e profonda, il suo sguardo era diventato un agghiacciante maschera di furia, Albert si sentì gelare a quella vista, era evidente che ora Edward ci sarebbe andato pesante, infatti il giovane sovrano aveva allargato le braccia quanto più gli fosse possibile, per poi richiamare un nuovo incantesimo e dire “Liraxhurier”.

A quelle parole, nel cielo si addensarono le più nere nubi di tempesta portando con loro il fragore dei tuoni più violenti e la luce dei lampi più accecanti.

Quando il cielo fu coperto dal nero di quella tempesta, un enorme fulmine si abbatté su Edward, che lo afferrò e lo sollevò come fosse Zeus in persona, per poi mangiarselo e il fulmine lo avvolse pervadendolo della sua pura energia.

Quando l’incantesimo fu concluso, Edward si rivolse ad Albert mostrando uno sguardo intriso della luce del fulmine e disse “Ora scoprirai perche il mio nome di battaglia è grande fulmine blu”.

In quel momento il giovane re scomparve, per poi ricomparire alle spalle del neo cavaliere e sferragli un calcio fra le scapole, scaraventandolo a più di cinque metri da lui e prima che il poveretto potesse toccare terra, il sovrano lo colpì allo stomaco con una ginocchiata facendolo volare a quattro metri di altezza e quindi scagliare una saetta per colpirlo direttamente in mezzo al torace e poi assistere alla sua rovinosa caduta.

Albert cominciava a credere di non farcela, il dolore gli rendeva impossibile qualsiasi movimento, era accaduto tutto così in fretta che non aveva avuto modo di reagire e ora non poteva fare altro che guardare Edward mentre gongolava.

Edward si stava avvicinando sempre di più al suo avversario, gongolando per quella ennesima vittoria, da aggiungere a quelle già innumerevoli che aveva collezionato, stringendo fra le mani quella dannata lancia che si era nuovamente trasformata in un fulmine, era deciso a concludere lo scontro affondandola nel petto del suo nemico inerme.

Ma quando fu abbastanza vicino da vibrare il colpo, accadde qualcosa di sbalorditivo, la testa di leone d’argento scolpita sull’armatura si animò, ed emise un ruggito dalla potenza inaudita.

Edward faticava a contrastare quell’incredibile potenza, la lancia tornò ancora una volta alla sua forma originale, per poi essere strappata dalle mani del re e allora la sua punta andò in pezzi.

Allora il sovrano tento di farsi scudo a mani nude, ma gli avambracci della sua armatura seguirono la stessa sorte della punta della lancia riducendosi in frantumi e infine lui stesso venne sbalzato a una ventina di metri di altezza facendolo schiantare contro una delle torri più alte del castello.

Irene sorrise entusiasta vedendo il fratello schiantarsi contro la torre, finalmente qualcuno gli stava dando una bella lezione di umiltà, ma ciò che la colpì maggiormente, fu vedere sprigionarsi il potere di quell’armatura, “ruggito d’argento” il nome che gli avevano dato era più che adatto.

Ormai Edward era vicino alla sconfitta e l’artefice di quell’impresa era Albert, quello che all’inizio appariva agli occhi del popolo come uno scontro a senso unico, destinato a concludersi in un massacro per quello straniero, ora era visto come una battaglia ad armi pari fra due degni guerrieri e più questa proseguiva, più la gente iniziava a vedere possibile una vittoria da parte di Albert.

Nell’istante in cui Edward si schiantò contro la torre un boato di grida di esultanza e applausi si alzo dalla folla acclamando il giovane guerriero che aveva compiuto l’impossibile e al di sopra delle altre voci si levò quella di Irene, che incitando la folla prese ad acclamare il neo cavaliere dicendo “Albert sei stato grande, avanti continua così massacralo, fai abbassare la cresta a quel pallone gonfiato”.


Edward era sconvolto, era inconcepibile che qualcuno ridotto in quello stato, un comune essere umano per giunta fosse riuscito a liberare un potere simile, stava perdendo la ragione, qualunque cosa facesse, quell’insetto la faceva meglio, più forte lui colpiva, più Albert rispondeva, e il popolo si stava schierando contro di lui a cominciare da Irene che ormai incitava quell’inutile prigioniero gridando a squarcia gola.

Era furente, tanto che i fulmini che lambivano il suo corpo cominciarono a vorticare sempre più velocemente e per fare in modo di sedare la rivolta imminente urlo talmente forte da far tremare quel cielo gonfio di nubi, dicendo “Io non sarò mai sconfitto da un volgare essere umano e ora ve ne darò la prova, se lui a usato il potere del ruggito d’argento, io scatenerò l’ira delle fauci della tempesta”.

E con quelle parole si staccò dal muro, cominciando a fluttuare a mezz’aria sospinto dalla potenza dei fulmini che lo avvolgevano e prese a salire ancora più in alto fino a fermarsi.


Il re guardò in basso puntando lo sguardo sul suo nemico, per poi cominciare a recitare una strana cantilena dicendo “In nome del potere del fulmine, io chiedo al cielo di mostrare la sua inarrestabile furia, mostrati bestia della tempesta, spalanca le fauci della punizione, affinché il mio nemico scompaia da questo mondo” dopo di che pronunciò un incantesimo dicendo “Lariehaxiraser” e con quelle parole le nubi sopra la sua testa presero a vorticare, risplendendo della luce accecante di migliaia di lampi, per poi dare forma alle fauci di un enorme serpente, che minaccioso si avvicinava al suolo per divorare Albert in un solo boccone.

Tutti i presenti erano pietrificati dalla pura, conoscevano bene la potenza di quell’incantesimo, ed erano consapevoli che con la sua furia quel mostro avrebbe distrutto ogni cosa nel raggio di almeno ottocento metri.

Albert era stremato, era riuscito a malapena ad alzarsi in piedi e ora si trovava di fronte a qualcosa di immane, aveva davvero paura di non farcela e più le fauci della bestia si avvicinavano più la sua paura aumentava e osservando quell’orribile essere un pensiero gli attraversò la mente – E’ la fine, come posso fermare quell’affare? Sono sfinito non riesco a muovermi come vorrei e di certo non sono nelle condizioni di incassarlo”.

Era finita, nessuno avrebbe mai potuto resistere a quell’incredibile potere. Certo di questo, Edward era ormai certo della sua imminente vittoria e un espressione di trionfo gli si dipinse in volto, ma dovette ricredersi quando una moltitudine incalcolabile di lingue di fuoco tinte del blu della notte più profonda lo investirono con una potenza inaudita, facendogli perdere la concentrazione e dissolvendo il suo incantesimo.

Irene era sconvolta, appena aveva visto le nubi prendere la forma del serpente aveva capito quali erano le intenzioni di Edward, doveva essere impazzito, in quel modo avrebbe distrutto ogni cosa e condannato a morte centinaia di persone solo per ottenere una vittoria.

Non poteva permettere che accadesse una cosa del genere, doveva fermarlo, doveva impedirgli di compiere una simile atrocità, e con quei pensieri si mosse istintivamente, scatenando il suo incantesimo più potente contro Edward.

Il giovane signore riaprì a fatica gli occhi, quel colpo l’aveva colto alla sprovvista, non si aspettava un intervento da parte di Irene, rivolse un occhiata furente a quest’ultima, per poi accertarsi dei danni riportati.

La sua armatura si era praticamente dissolta e sul suo corpo erano impressi i segni lasciati dal fuoco fatuo, si muoveva a fatica, incassare quel colpo non era stato affatto facile, scese al suolo e punto uno sguardo deformato dalla furia verso Irene dicendo “Come osi fare questo a me?, A ME che condivido il tuo stesso sangue”.

La ragazza era furente, aveva sopportato anche troppo e quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, ricambio lo sguardo del fratello dicendo “Oso eccome, sono stufa di te e delle tue manie da megalomane, stavi per sterminare la nostra gente solo per la tua stupida ossessione per il potere, bhe lascia che te lo dica, questo non è degno di un re”.

Edward era stupefatto, non credeva possibile che la sua sorellina fosse in grado di reagire in quel modo, invece l’aveva zittito, fece per ribattere ma non ebbe nemmeno il tempo per formulare un pensiero che Irene parlo di nuovo forse con più foga di prima e disse “Sta zitto non voglio ascoltare nessuna delle tue sciocchezze, per quanto mi riguarda ne ho ascoltate anche troppe, quindi adesso io e Albert ce ne andiamo da qui e se ti sentirò pronunciare anche solo una parola in proposito, giuro che farò in modo di farti bruciare vivo per un mese CHIARO”.

Albert era rimasto in disparte a guardare la scena, cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere, era rimasto ammirato dal comportamento della ragazza e in quel momento l’unico pensiero coerente che il suo cervello gli consentì di formulare fu – Quella ragazza è davvero fantastica, mi sono sempre piaciute quelle con un bel caratterino – .

Il neo cavaliere si avvicinò ai due fratelli e rivolgendosi a Irene disse “Penso che così possa bastare” poi si rivolse al sovrano di fronte a lui e disse “Aggiungere altro sarebbe superfluo, ma vorrei comunque dire che mi fai pena, hai completamente dimenticato cosa siano la liberta e la vita tanto che sei diventato prigioniero di te stesso e della tua rabbia, non so cosa possa averti spinto a tanto ma dimenticalo fattene una ragione e vai avanti, solo così potrai essere un buon re”.

Il fulmine blu rivolse a Irene uno sguardo indecifrabile per poi dire “Tu non andrai da nessuna parte … senza almeno un cavaliere al seguito”
Irene si acciglio e rispose “Non ho bisogno di una balia, so cavarmela da sola e in più ci sarà anche Albert con me”.

Il re le rivolse un occhiata eloquente e disse “Lo so, infatti non ho intenzione di sprecare uno dei miei soldati per metterlo al vostro seguito”

La ragazza era confusa, non capiva dove il fratello volesse andare a parare, finche non lo vide raccogliere la daga di Albert rimasta conficcata al suolo e poi tornare da lei per porgergliela, dicendo “L’ho detto non ti darò nessuno dei miei cavalieri”.

Irene aveva finalmente capito cosa intendesse fare Edward e afferro di scatto la daga per poi rivolgersi ad Albert con fare solenne e dire “In ginocchio per favore”.

Albert capì subito le intenzioni della ragazza, ed esegui subito la sua richiesta, questa gli si avvicino e disse “Con l’autorità di cui sono investita, di fronte a Dio e di fronte al popolo io ti nomino cavaliere” mentre diceva così muoveva delicatamente la daga a sfiorare appena il collo di Albert, quando ebbe finito lo guardo sorridente e disse “Ora in piedi sir Albert”.

Il cavaliere si alzò immediatamente, con in volto un sorriso a metà fra il trionfante e il risoluto, ma questa mutò subito quando Irene gli porse la mano dicendo “E’ tradizione che chi riceve la nomina di cavaliere offra a chi la investito del titolo un pegno di fedeltà”.

Albert sapeva perfettamente a cosa si stesse riferendo Irene e il suo sorriso si fece ancora più largo, si inchinò leggermente e disse “Io sir Albert giuro di esserti eternamente fedele e di seguirti e obbedirti finche mi vorrai al tuo fianco” e con queste parole esegui un bacia mano per suggellare l’accordo e concludere  la cerimonia di investitura.

Quando l’investitura fu conclusa, Edward che era rimasto in disparte a osservare la scena si rivolse alla servitù dicendo “Portate qui l’equipaggiamento per il viaggio, delle tende da campo, delle provviste e una scorta d’acqua”.

Quando i preparativi furono terminati e i due giovani si furono caricati in spalla l’equipaggiamento il sovrano si rivolse ad Albert parlando in modo che solo lui potesse sentire e disse “Se succede qualcosa a Irene, non avrai nemmeno il tempo di pentirtene, chiaro?”

Albert annui titubante ma colto dal dubbio rispose “Da cosa deriva questo improvviso cambio di opinione”.

Il nobile lo guardò con un ghigno e disse “Per due valide ragioni, la prima e che tu avresti vinto comunque, di la verità avevi trovato il modo di rendere inoffensive anche le fauci della tempesta” vedendo la sorpresa negli occhi del ragazzo aggiunse “Ti ho visto mentre conficcavi la spada a terra il fulmine sarebbe stato risucchiato nel sottosuolo, bella trovata te lo concedo sei in gamba."

"Per quanto riguarda il secondo motivo bhe da quando sei arrivato Irene sembra rinata e tornata ad essere la persona straordinaria che era un tempo, io ho fatto quel che o fatto fin ora per tenerla al sicuro, per far si che non le accadesse mai niente, per regalarle un mondo perfetto, ma a quanto pare ho sbagliato tutto, tanto che sono arrivato a credere di saper meglio di lei cosa fosse meglio per lei, invece tu in una sola settimana sei riuscito a renderla nuovamente felice ti ringrazio. Quando ricevetti l'autorità di governare su queste terre, ricevetti insieme all'onore anche la grande responsabilità di proteggere il mio regno e per fre questo ho istituito regolamenti su regolamenti e leggi fra le più rigide, credendo che il controllo mi avrebbe dato la certezza di stare svolgendo al meglio il mio dovere, invece ho solo trasformato il mio regno in una prigione e i suoi abitanti in prigionieri, quindi anche Irene e io stesso, ma tu ai rotto quella prigione e per questo che ti affido mia sorella abbine cura".

Albert era stupefatto, non si aspettava niente del genere ma annui deciso e mentre usciva dalle porte del castello preceduto a breve distanza da Irene disse “Conta su di me ti prometto che sarà al sicuro”.

Edward non disse nulla limitandosi ad annuire e mentre li guardava allontanarsi e un pensiero gli sorse spontaneo – Sono convinto che quei due ne combineranno delle belle mhf bhe a rivederci sir Albert - .            

 
  
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