Nickname: Giacopinzia17
Titolo: Ambizioni,
desideri e rimpianti.
Coppia: Rosalie/Bellatrix
più personaggio obbligatorio: Renesmee.
Raiting: giallo
Avvertimenti: crossover, What if?
Genere: comico,
introspettivo.
Eventuali
Nda: Questa storia partecipa al
contest “Quando Harry Potter e Twilight diventano
più o meno la stessa cosa”
indetto da Beth96.
Bene, ecco la mia
long, che non è poi così
long °-°.. però comunque per scriverne una
bella lunga avrei necessitato di
molto, molto più tempo :')
spero che non
dispiaccia, comunque.
L’ambientazione non coincide con entrambe le saghe: per
Rosalie tutto questo
succede dopo Breaking Dawn, mentre orientativamente ho fatto
sì che per
Bellatrix succedesse circa nel Principe Mezzosangue.
Ho deciso di scrivere il prologo e l’epilogo in terza
persona, mentre i
capitoli 1, 2 e 3 saranno dal punto di vista di Rosalie.
Spero sia gradita, la mia idea ^^
Enjoy it!
xx
Prologo.
Mai si sarebbero
aspettati una cosa del genere, tutti loro. Due
mondi che non si erano mai tenuti in contatto, persone diverse ma con
una cosa
in comune: il dover
mantenere un segreto
più grande di loro. Niente era nei loro piani, ovviamente:
le cose non vanno
mai come si spera o come si programma.
L’unica cosa che gli restava da fare, ormai, era
semplicemente accettare la
cosa e rimediare a quel disastro che avevano combinato i Mangiamorte,
coinvolgendo
una specie completamente diversa di vampiri. Avevano causato
l’intreccio di due
mondi che altro non potevano fare, se non scintille a non finire.
Due donne indipendenti, ribelli e forti, da due mondi che ormai non
erano più
separati, se non da quella sottile linea di confine che si limitavano a
chiamare, superficialmente, odio e disprezzo. Nonostante
ciò, dovettero
comunque collaborare per ristabilire quell’equilibrio che
temevano seriamente,
più che mai prima d’allora, si fosse perso per
sempre.
Il per sempre, poi, per i vampiri era davvero tanto, troppo tempo, e
non
potevano di certo accettare un affronto del genere.
La chioma bionda di Rosalie si
poteva riconoscere ovunque; l'unica ragione per la quale nessuno si
accorse di
lei, fu che passava per i boschi alla velocità della luce,
lontana da occhi e
orecchie indiscrete.
Suo fratello Edward era distrutto,
così come sua cognata Bella: ormai il disprezzo provato per
le scelte della
giovane era sepolto nel cimitero dell’essere umano di
quest’ultima. Inoltre,
con la nascita della bella Nessie, era come se le avesse perdonato
tutto.
‘Acqua passata’, quindi.
Ed era proprio dopo il rapimento di
Renesmee che aveva totalmente perso il controllo di se stessa, da una
parte,
mentre dall’altra era perfettamente lucida; sapeva alla
perfezione cosa doveva
fare e ne aveva tutte le intenzioni.
Non aveva avvertito nessuno,
nemmeno il suo amato Emmett: semplicemente si era messa in viaggio, con
la
scusa di voler stare da sola, dicendolo con i suoi soliti modi bruschi.
Aveva
approfittato del fatto che aveva bisogno di sangue animale per
avventurarsi nei
boschi, perciò la famiglia Cullen l’aveva lasciata
andare; inoltre, erano
piuttosto impegnati ad aiutare Edward e Bella a trovare una soluzione,
una
maniera per riprendersi la figlia.
I maghi avevano colpito proprio
dove non dovevano colpire, e Rose era parecchio incazzata.
Le
sarebbe bastato arrivare in fretta all’aeroporto e prenotare
un volo per
l’Inghilterra, dopo di che avrebbe cercato uno dei
Mangiamorte e l’avrebbe, in
qualche modo, obbligato a collaborare. Non le interessava minimamente
il
‘come’, semplicemente doveva averne uno dalla sua
parte che l’aiutasse ad
infiltrarsi e riprendersi la bambina.
All’aeroporto
non ebbe particolari problemi, l’unico inconveniente che le
si parò dinanzi fu
quello di dover attendere un paio d’ore prima di partire.
Sbuffando, si sedette
e attese quelle due ore, che sembravano non passare mai. Più
passavano
lentamente, più la bionda si inviperiva, e più
voglia aveva di staccare il
collo ad ogni singolo mago oscuro che avesse collaborato, o sapesse
solamente
della piccola Nessie.
Proprio
non riusciva a capacitarsi di quello che avevano fatto, anche
perché non
avevano ragioni per fare una cosa del genere; almeno secondo
ciò che sapeva. In
quel momento, però, l’unico pensiero che occupava
la sua mente era il viso
della bambina che, sorridente, le poggiava teneramente le mani sul
volto e le
mostrava il sogno che aveva fatto mentre dormiva. Di solito, sognava
sempre
un’immensa distesa verde, un prato pieno di fiori e con due
alberi in
lontananza, di fronte a lei un castello maestoso, una bandiera con uno
stemma,
contenente un serpente e contornato di verde e nero. La bimba correva
verso il
castello, attratta da esso, e la bandiera spiccava magicamente il volo:
aspettava che la bambina ci salisse sopra, poi partiva a
velocità moderata, e
riportava la bambina sul prato; solo allora riprendeva a giocare con i
fiori e
a guardare gli uccelli che svolazzavano di qua e di la.
Non
credeva, la bella bionda, che quel sogno potesse avere un qualche
significato
nascosto, per cui non ci diede peso la prima volta che glielo
mostrò; iniziò ad
avere un qualche dubbio quando la bambina prese a mostrarglielo
più volte col
susseguirsi dei giorni. Non lo reputava, comunque, un sogno premonitore.
Dall’altoparlante,
la voce di una donna, che pareva abbastanza giovane, avvertiva i
passeggeri del
volo per Londra di apprestarsi ad imbarcarsi; così Rose,
senza batter ciglio,
con la sua solita grazia che faceva scendere dal piedistallo anche la
persona
più sicura del mondo, si apprestò a entrare
nell’aereo.
Le
ore di volo furono noiose, più che stressanti; Rose sentiva
l’ansia aumentare
di secondo in secondo, ma sapeva di doversi dare una calmata,
altrimenti la
situazione sarebbe precipitata, sfuggendole di mano, e non poteva
proprio
permettere che accadesse una cosa del genere. Sospirò
sollevata, quando, di
notte inoltrata, l’aereo atterrò a Londra.
Scappò senza farsi notare da
nessuno, usando un’uscita diversa dell’aeroporto e
correndo velocemente;
nessuno parve notarla, tutti erano stanchi e scocciati. Invece a lei
piaceva la
notte, ed anche Londra, giacché era una città
prevalentemente piovosa e
raramente i londinesi potevano godersi il sole splendente in un cielo
azzurro
senza la minima traccia di nuvoloni plumbei.
Pensandoci
un po’ su, Rosalie si rese conto che non aveva la men che
minima idea di dove
si trovasse la piccola, né sapeva da dove cominciare.
Non
poté far altro che sfruttare le sue conoscenze del mondo dei
Maghi: fortuna sua
che era il 1° settembre! Fu un caso, probabilmente, ma lei non
poté far altro
che godere della sua sfacciata fortuna ed avviarsi piuttosto lentamente
verso
la stazione di King’s Cross. Avrebbe dovuto aspettare le
undici del mattino,
per quanto ne sapeva.
Arrivata
in stazione, si soffermò a guardare un orologio, sotto lo
sguardo stupefatto
dei pochi passanti delle quattro circa del mattino. Avrebbe dovuto
aspettare
parecchie ore, prima di poter salire su quel treno che
l’avrebbe condotta nel
mondo magico, più precisamente nella scuola di Hogwarts.
Lì,
era piuttosto certa, avrebbe trovato qualcuno che l’avrebbe
indirizzata sulla
strada dei Mangiamorte: un passo o due più vicina a Renesmee.
L’unica
cosa che le restava da fare, era semplicemente rimanere appoggiata
vicino al
muro tra i binari nove e dieci. Si appoggiò a quello del
binario nove, una
gamba alzata e il piede appoggiato vicino a quei mattoni, la testa
leggermente
china e gli occhi chiusi.