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Autore: Meredithfalls    01/10/2012    0 recensioni
Questa non è una storia qualsiasi, è la mia storia, ok? Volete sapere un po' cosa succede? Bhe, cominciate a leggere, è il modo migliore di iniziare, a quanto dicono. Lo so, lo so, sono una tipa scorbutica, mi dispiace, cercherò di essere più carina, ma voi cosa fareste al mio posto? Ho detto no all'uomo della mia vita, sono stata rapita,...insomma, ho una vita movimentata! E neanche la volevo! Comunque...se volete passare a leggere la mia storia rimane qui, non scappa, o almeno, non dovrebbe, a meno che non le puntino una pistola alla tempia e con tutto quello che mi sta succedendo non faticherei a crederci.
Genere: Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1 – E poi ditemi se non dovrei odiarlo


Vaffanculo. È questa la cosa che penserebbe qualsiasi uomo (nel senso di genere umano) quando qualcuno ti colpisce con un pugno dritto nello stomaco per colpa del tuo ex fidanzato/a, o almeno, questo è ciò che penso io. Mi stanno colpendo da ore, continuando a chiedermi sempre la stessa identica cosa.“Dov’è lui?” Ormai sono furiosa, insomma, se dopo due ore uno non capisce che“NON LO SO” è una risposta accettabile allora deve essere proprio bacato o profondamente stupido, in ogni caso una delle due possibilità. “Senti brutto scimmione dalla faccia più pelosa che io abbia mai visto, ti sto ripetendo da due ore che non so dove sia il mio fottutissimo ex fidanzato, fattene una ragione.” Avrei davvero voluto che le mie labbra pronunciassero tutta la frase per intero, senza pause, in realtà non è avvenuto, ho tossicchiato per metà del tempo. “Dimmi dov’è lui.” Che alito cattivo, per pranzo deve essersi mangiato un bel kebab, ripieno di aglio e cipolle, se potessi gli regalerei delle mentine. Esasperata sospiro, non c’è più nulla da fare, potrei mentire, ma poi lo scoprirebbero ed io morirei e non sono abbastanza depressa per pensare di suicidarmi. Mi colpisce ancora una volta pancia, soltanto che sbaglia mira e sento una costola incrinarsi verso un polmone. Mi accascio di nuovo sulla sedia delle torture, proprio come nei film, lasciando che tutti i muscoli si rilassino, quando in realtà dentro di te non vedi l’ora di contrarli per poter scappare di lì. Con gli occhi coperti dai capelli osservo l’uomo che mi tiene prigioniera, è alto, bianco, con un naso schiacciato e una peluria fitta praticamente su tutto il volto, dire che è brutto offenderebbe anche un lumacone. Con due dita sudice mi prende il mento tra le mani e alza il mio sguardo su di lui. “Voglio solo sapere dov’è, poi ti lascerò andare.” Scoppio a ridere e subito mi brucia la costola, nonostante il dolore continuo a sghignazzare, mai e poi ai mi farò rubare la mia ultima risata. “Sai, scommetto che abbiamo due concezioni molto diverse di libertà.” Lui fa una faccia strana, questo, da me, non se l’aspettava. Stringe il pugno, è pronto a colpirmi di nuovo e io mi preparo a svenire, probabilmente le prossime due ore le passerò in un buio ovattato, insomma farò festa, è sempre meglio di questa tortura, no? Non quanto vedermi ceneretola con una vaschetta di gelato al cioccolato tra le braccia, ma, insomma…bisogna accontentarsi di ciò che si ha. Un colpo alla porta che mi sta di fronte frena l’omaccione appena prima che mi colpisca, vedo il suo pugno fermarsi ad un soffio dalla mia fronte. Sospiro di sollievo proprio mentre il mio carissimo e amatissimo e fottutissimo ex fidanzato butta giù la porta, pronto a salvarmi dal male, come se fossi una bella principessa urlante in cima ad una torre. L’uomo alza gli occhi, ma è troppo tardi, un momento dopo una pallottola gli perfora il cuore, rendendo inoffensivo per sempre il suo alito maleodorante e schizzandomi di sangue una guancia. “Merry” Sembra un sospiro di sollievo il suo, io aspetto soltanto che mi liberi dalle corde, la posizione sta diventando scomoda, soprattutto con una costola incrinata. “Ti libero subito” Dice in un sussurro, probabilmente tra pochi istanti verremo assaliti da una banda urlante che vuole ucciderlo: cosa farei io? Ovviamente lascerei libero il passaggio, grazie tante bella gente ma per oggi ne ho avuto abbastanza di faccende criminali. Quando taglia le corde non posso fare a meno di massaggiarmi i polsi, poi mi alzo in piedi. Si, ehm…volevo dire che cado a terra strisciante. Ed accorre in mio aiuto, mi solleva e mi porta il suo viso di fronte al mio. “Ho cercato di fare il più in fretta possibile Merry.” Mi dice, in tono confortante. Sento dei passi provenire da fuori, Ed impugna meglio le pistole e si prepara a sparare, prima che cerchi di proteggermi dietro la sua schiena però devo fare una cosa. Sollevo la mia mano e proprio mentre qualcuno varca la soglia la mi mano aperta schiocca contro la guancia di Ed. Per un momento tutto rimane immobile, poi qualcuno scoppia a ridere di gusto, mi volto verso un uomo sulla trentina, con indosso un giubbotto antiproiettile e in mano due pistole, gli lancio un’occhiataccia e quello subito torna a tacere. “Prova ancora una volta a coinvolgermi in qualcosa di simile e giuro che verrò anche fino in Guatemala pur di castrarti con una motosega elettrica.” Oh si, io lo amo alla follia, ma quando mi si fanno girare le palle, mi si fanno girare le palle e adesso ne ho abbastanza. Continuo imperterrita a parlare, mentre i due uomini mi osservano (a qualcuno faccio questo effetto) “E ora voglio una pistola, un hamburger e poi un ospedale, molte grazie.” Ed mi sorride appena, quel mezzo sorriso che io ho sempre adorato e che, nonostante tutto, mi fa battere il cuore a mille anche ora. “Scusa Merry, ma devo farlo.” Non faccio in tempo a corrugare le mie delicatissime sopracciglia che mi ritrovo il calcio di una pistola conficcato nella nuca e un nero che invade sempre più la mia vista. Appena prima di svenire visualizzo un'unica, grandissima parola nella mia mente: vaffanculo.

“Merry…” Un sorriso mi aleggia sulle labbra, questa voce la conosco, mi rigiro nel letto e lo cerco con le dita, appena tento il movimento una costola comincia a bruciarmi, insieme a quello si aggiungono altri dolori: sulla nuca, la pancia,… Aggrotto le sopracciglia, perché ho così male…improvvisamente ricordo e il sorriso scompare dalle mie labbra. Apro gli occhi di scatto e salto addosso ad Ed, sbattendolo sul pavimento. “Bastardo! Ti avevo detto di non coinvolgermi nelle tue faccende! L’avevi promesso!” Ho le lacrime agli occhi, lo sento, lui mi prende i polsi e mi rigira, ora sono sotto di lui, completamente immobile e con la costola dolorante. “Non ho scelto volontariamente di coinvolgerti, quella gente mi vuole e ha preso te come ostaggio, cosa vuoi che ci faccia io?” Non ha tutti i torti, sappiamo tutti come funzionano queste cose. “Togliti.” Dico in tono freddo, lui sospira di sollievo e si toglie, sa che per questa volta ha vinto lui. Osservo la piccola stanza in cui siamo, è ariosa e piena di luce, ci troviamo in alto o in campagna, perché dalle finestre non vedo altro che cielo. Mi alzo in piedi a fatica, la costola  brucia dannatamente. Sono nuda dalla vita in su, una fasciatura ben fatta mi avvolge il costato per quanto possibile. Seduto in un angolo della stanza si trova il trentenne di ieri, che mi osserva attentamente. Ed è seduto sul letto, che tocca con la punta delle dita una pistola nera che porta in una fondina stretta alla sua vita. “Dove siamo?” Che domanda da film, vero? Ed sorride appena, non mi sembra felice di questa situazione. “In campagna, ma questo l’avevi già intuito, vero?” Annuisco, un cielo così plumbeo non si vede spesso in città. “Ditemi che qualcuno di voi due stamattina ha munto una mucca.” Vedo Ed sorridere e poi tornare subito serio. “Meglio, ho chiesto al contadino qui vicino di regalarmi un bicchierone di latte per la mia nonnina malata.” Sorrido, vado pazza per il latte, è l’unica cosa che berrei a tutte le ore, l’amico di Ed alza un sopracciglio. “Latte?” Chiede, con una voce profonda, annuisco. “Tu sarai caffeinomane, io lattomane, chiaro?” Lui annuisce e si rivolge ad Ed. “Gattina furiosa, eh?” mi guardo in giro alla ricerca di qualcosa da mettermi, non vorrei mai scandalizzare i vicini. Ed mi lancia un vestitino rosso fiammante, storco il naso ma non dico nulla. Lo indosso, mi stringe i seni in modo provocante e scuoto la testa. “Una tua maglietta andava più che bene.” Ed sorrise appena mandando il mio cuore in tilt. “Lo sai che adoro avere in giro per casa una donna sexy” Ti ha coinvolta in una brutta faccenda, ti ha coinvolta in una brutta faccenda, forse se me lo ripeto mille volte funzionerà. Mi avvio verso la porta e la spalanco, la casa è luminosa e in perfetto stile campagnolo, per un omento provo una stretta al cuore, quello era il tipo di casa che avrei voluto comprare insieme ad Ed. con un sospiro scendo le bianche scale e raggiungo la cucina, lì mi aspetta un bicchierone di latte che ingollo in pochi secondi, i due mi raggiungono subito e rimangono in piedi a fissarmi, appoggiato uno al banco della cucina e uno ad un muro al fianco di una finestra. “Allora, voglio sapere: dove sono esattamente; chi è quello lì; quando mi riporterete a casa e chi mi ha curata.” Sorridono entrambi e io mi appoggio alla sedia nonostante la costola bruciante. A rispondere è sorprendentemente l’amico di Ed, sempre che di un amico si tratti. “Quello lì è Jack, ex medico, cecchino scelto dell’esercito e ora assassino a pagamento, sono stato io a fasciarti e sappiamo entrambi che non ti sarà detto dove siamo così come sappiamo entrambi che non ti libereremo presto.” Gli sorrido appena, se non fosse un assassino potremo essere amici. Lo osservo più attentamente, Jack è alto, con la pelle abbronzata dal sole e dei capelli scurissimi che ricadono scompigliati sulla fronte, ha un fisico atletico e asciutto, a non troppo, potrebbe fare il modello per una qualsiasi casa di moda. Si scosta dalla finestra e viene a sedersi al mio fianco, non so perché ma c’è qualcosa nel suo modo di muoversi che mi spaventa, forse perché solo i felini si muovono in quel modo. Mi guarda fisso negli occhi, nero nel blu più profondo. “Ora dobbiamo sapere se hai qualcuno di caro cui vuoi salvare la pelle.” Mi innervosisce, mi osserva troppo attentamente. “Ve lo dirò in cambio mi direte dove sono esattamente.” Jack sorride fugacemente: testarda una volta, testarda per sempre. “Accettiamo.” Dice Ed e Jack non si scompone, li osservo in attesa. “Siamo in Oklahoma.” Per un momento aspetto altro poi annuisco, in fondo era ciò che volevo. “Mia sorella, suo marito e le loro bambine.” Nella stanza cala un silenzio gelido, come se di colpo tutto il calore fosse andato via dalla stanza, mi giro verso Ed e lui pronuncia le parole che mai avrei voluto sentire. “Ti abbiamo portata qui e poi siamo usciti a cercare tua sorella per portarla al sicuro…abbiamo trovato solo i corpi, tua sorella brandiva un coltello, ha cercato di proteggere la sua famiglia.” Per un istante la stanza rimane in silenzio e poi il mio mondo si sgretola, mia sorella era l’unica cosa al mondo cui tenessi davvero. Con uno scatto estraggo una delle pistole che Jack porta al fianco e la punto al cuore di Ed. “Bastardo!” Lui non indietreggia, non si muove e questo mi fa incazzare ancora di più. Intanto qualcosa di freddo mi picchietta delicatamente su una tempia, Jack è stato velocissimo a reagire. “Perché mia sorella!” Le lacrime mi offuscano la vista, è da tanto di quel temo che non piango… “Non ho mai avuto nessuno Marry, finché non sei arrivata tu. Stanno cercando di colpire me attraverso te.” E questo, nonostante sia una logica contorta e senza senso, lo posso capire. Il colpo risuona nella sala e la pallottola che ho liberato si conficca nella parete dietro ad Ed, abbastanza lontana dal suo corpo per non ferirlo, abbastanza vicina perché lui avesse avuto il dubbio di essere colpito. Una fredda rabbia mi invade e mi alzo in piedi, offrendo la pistola a Jack, che la prende senza dire una parola e la infila nuovamente nella sua fondina ascellare. “Voglio unirmi alla squadra.” Ed scuote la testa. “Non se ne parla.” Lo guardo fisso negli occhi, mostrandogli attraverso di essi tutta la rabbia e la vendetta che voglio consumare. “Io mi vendicherò Ed, con o senza il tuo aiuto.” Lui scuote la testa. “Li uccideremo prima che mi uccidano, ma non voglio una donnicciola a bordo paurosa della violenza come te.” E con questo mi colpisce il cuore già dolorante, perché sono le ultime parole che ho sentito da lui prima della nostra rottura. Sto per parlare quando Jack mi precede. “Sono io a capo di questa missione, nonostante tutto, quindi io dico che la metterò alla prova mentre tu sarai via a cercare le cose che ti ho chiesto.” Un brivido gelido mi corre lungo la schiena, ma lo trattengo, è la mia unica possibilità di vendicarmi. Ed sospira. “Ok.” Poi scuote la testa e se ne va senza salutare.

Jack sorride, beffardo, ci fissiamo negli occhi per pochi secondi. “Per essere una che disprezza la violenza sei maledettamente brava come tiratrice.” Assottiglio gli occhi, in quel momento, con la rabbia che ho dentro, potrei uccidere un coccodrillo a mani nude e lui si permette di dirmi qualcosa? “Una donna deve sempre sapersi difendere.” Sorride come se sapesse che la verità è un’altra. “Sei pronta allora ad essere messa alla prova?” Sorrido in modo gelido. “Certo.” Lui mi indica con un cenno del capo l’uscita sul retro che si trova in cucina, io mi avvio e appena uscita osservo per un momento la steppa che sembra estendersi all’infinito. A mia sorella sarebbe piaciuto tutto ciò. Jack continua a camminare, finché non si ferma in uno spiazzo circolare e io non lo raggiungo al centro di esso. “Vediamo come te la cavi nel corpo a corpo.” Il bruciante dolore che sento al petto mi ricorda che ho una costola incrinata, guardo Jack negli occhi, anche lui lo sa e non vede l’ora di sfruttare questa mia debolezza. Lui comincia a spogliarsi di tutte le sue armi, che sono moltissime, molte più di quelle che avrei pensato. Le accatasta con cura a bordo del cerchio in modo da poterle prendere in caso di attacco e si sfila la camicia dai pantaloni. Io mi tolgo il vestito con un movimento fluido e mi assicuro che la fasciatura sia ben messa. Lo osservo attentamente: è molto più veloce, forte e sano di me, se voglio vincere devo giocare di sorpresa. Mi fermo in piedi davanti a lui, come se stessi aspettando il tram, spostando il peso da un piede all’altro, lui sorride appena e poi, con un movimento fulmineo mi salta addosso, è veloce e preciso, la sua tecnica è perfetta. Mi abbasso con uno scatto ed evito che mi colpisca con il suo calcio volante, il movimento però mi provoca una fitta alla costola. Cerco di afferrargli il piede con l’altra mano. Jack è già scattato di lato e sta per colpirmi con un pugno al volto, mi alzo e blocco con la mano aperta il pugno, deviandolo di lato. Lui sorride e mi colpisce con l’altra mano il costato, togliendomi il respiro. È un lurido bastardo ed è quando formulo questo pensiero che mi rendo conto del fatto che non mi trovo più nel mio mondo rosa fatto solo di Cenerentola e cioccolato, con una buona dose di normale lavoro. Con il palmo aperto cerco di colpirlo, ma lui schiva il colpo. Sono già in piedi e cerco di colpirlo con un calcio rotante, lui mi afferra la gamba con una mano e sorride, divertito. “La principessa si è svegliata.” Piego il ginocchio e mi avvicino, con il pugno chiuso e cerco di colpirlo, lui istintivamente scatta indietro, trascinandomi con se, il mio obbiettivo però non era il suo viso. Il pugno si abbatte con non troppa forza sulla mano che mi tiene il piede. Lui mi libera dalla presa e io sono pronta ad attaccarlo di nuovo. Scatto in avanti ignorando la costola dolorante e lo colpisco al mento con un pugno, riesce però a bloccare il mio calcio rotante. Tanto meglio, perché così riesco a fare ciò che volevo fin dall’inizio. Allungo le dita nelle tasche dei suoi pantaloni ed estraggo il piccolo coltello che ci ha tenuto dentro. Un tipo come Jack non girerebbe mai senza un’arma a portata di mano, soprattutto quando ha una missione da portare a termine. Glielo punto alla pancia e per un momento mi sembra di aver vinto. Per un momento appunto. Poi mi ritrovo stretta al suo petto, con il coltello puntato al cuore e la netta sensazione di essere fuori allenamento. “Non male come inizio, direi.” Dice sorridendo, io cerco di non far vedere quanto mi faccia male la costola e annuisco, sono esausta.  “Ora passiamo al poligono di tiro.” Sorrido, in quello non vado affatto male, anche se di certo non sarò mai all’altezza di un ex cecchino scelto dell’esercito. Il poligono di tiro si trova in casa più precisamente in cantina. Indosso le cuffie e Jack mi passa una browing, unica arma tra quelle che ci sono in giro che si adatta alla mia mano. Mi metto in posizione, espiro e miro il manichino, il primo colpo si conficca nel suo cuore, il secondo al centro della sua testa. Jack annuisce, poi mi dice. “Ora proviamo con i bersagli in movimento.” Schiaccia un pulsante lungo la parete e la cantina si illumina, mostrando un complesso di carrelli e di figure in movimento. La mia mente cerca di farmi ricordare qualcosa, ma io scaccio il pensiero e mi concentro, espiro. Respiro. Sparo. Respiro. Sparo. Respiro. Sparo. Respiro. Quando le ruote delle sagome si fermano Jack non ridacchia più. Con il primo colpo ho ucciso tre uomini, con il secondo altri due e con il terzo la piccola figura in fondo alla stanza difficile da vedere e talmente veloce da sembrare un cane impazzito alla ricerca della sua salsiccia. Tre colpi precisi, tutti al cuore, per un momento mi viene in mente una frase che qualcuno aveva pronunciato al poligono di tiro, quando avevo diciotto anni. “La Morte si è vestita da donna e ha impugnato una browing” Sorrido appena, Jack mi guarda e annuisce. “Direi che a mira non sei affatto male.” Gli sorrido appena, la costola brucia e sento tutti i muscoli doloranti, ma sono felice, insomma, un ex cecchino scelto dell’esercito vi dice che la vostra mira non è male, non ne sareste felici anche voi? Poi il pensiero di mia sorella torna a perseguitarmi e il sorriso si volatilizza come ammoniaca lasciata all’aria. “Sai, nel nostro mondo la morte è all’ordine del giorno. Se ci rimarrai troppo a pensarci non andrai più avanti e, credimi, ci sono cose peggiori della morte.” Il suo sguardo diventa gelido, estrae una delle pistole che porta alla vita e me la punta alla testa, gli basterebbe una piccola pressione per uccidermi. “Se vuoi morire ora basta dirlo, una vita in più o in meno che tolgo a me non fa nessuna differenza, ma per te, quanto vale la vita?” Un brivido freddo mi corre lungo la schiena, nel suo sguardo leggo tutti gli omicidi che ha compiuto. “Ma la vera domanda è: la morte di tua sorella e della sua famiglia vale davvero quanto la tua vita?” Per un momento la sua freddezza si sgretola, è solo un secondo e nel suo sguardo leggo rancore e rabbia, ha perso qualcuno e si è posto quella stessa domanda almeno una volta nella sua vita. Chi era lui o lei? Perché mi interessa? Jack è un assassino senza scrupoli che se non fosse per Ed ti avrebbe lasciata morire in un lurido scantinato picchiata da un uomo che puzzava di kebab. Dal suo sguardo vedo che aspetta una risposta alle sue domande. “Scelgo la vita.” Sussurro, il come sempre non lo dico, non ce n’è bisogno. Lui annuisce e abbassa la pistola. “E allora Sali di sopra e vestiti, io intanto preparo il pranzo.” Sgrano un momento gli occhi, annuisco e salgo le scale. Raggiungo la camera in cui mi sono svegliata e apro il grande armadio posto contro la parete, all’interno trovo un paio di jeans e una delle mie magliette, li infilo grata e sorrido, finalmente qualcosa di comodo. Quando scendo jack si trova davanti ai fornelli ed Ed è appoggiato ad una parete, mi sfiora appena con lo sguardo e poi comincia a parlare con Jack, in russo. Trattengo un piccolo sorriso, per mia fortuna lui non sa che io, il russo, lo parlo correntemente. “Le informazioni erano sbagliate, il compensato era vuoto.” Mi siedo al grande tavolo mentre Jack rigira le uova nella padella. “Ce lo aspettavamo d’altronde, no?” Ed annuisce, poi prende posto dall’altre parte del tavolo, il più lontano possibile da me. Jack afferra i piatti e comincia a distribuire le uova, poi dice. “E ora abbiamo una donna dalla nostra.” Questo mi rende un poco fiera, ok, molto fiera, molto più di quanto vorrei ammettere. La risposta di Ed mi smonta completamente. “Non è abbastanza addestrata.” Jack alza un sopracciglio. “La sto allenando io fratello, non sono uno qualunque, lasciamela per una settimana e sarà perfetta.” Un brivido involontario mi corre lungo la schiena e mi viene la pelle d’oca: una settimana di allenamento intensivo con Jack? Ed mi passa un piatto facendolo scivolare lungo il tavolo, i due intanto continuano a conversare in russo. “Sei sicuro di farcela? È debole…” Trattengo qualsiasi emozione dentro di me, ma sono molto arrabbiata, crede davvero che io sia una donnicciola che non si sa difendere? Jack fa spallucce, sedendosi alla mia destra e cominciando a divorare le sue uova. “Ce la farà, oppure morirà tentandoci.” La freddezza con cui lo disse mi fece correre un altro brivido lungo la pelle. Ed annuì. “Potreste anche parlare inglese, sapete?” Dissi, loro si lanciarono uno sguardo divertito e annuirono, tornando a parlare inglese. “Non conosci il russo?” Mi chiese Jack, sgranai un poco gli occhi, fingendo sorpresa. “Era russo? Non avrei mai immaginato che potesse suonare in modo così musicale!” Poi continuai a mangiare le mie uova come se nulla fosse, avevo molto materiale su cui riflettere. “Oggi ci trasferiamo, io e te andremo verso l’Europa, mentre Ed ci raggiungerà là dopo aver ripescato alcune informazioni.” Europa, un continente intero, per quanto tempo ancora mi avrebbero tenuta all’oscuro della nostra posizione? Probabilmente tanto. Jack mi lanciò due pastiglie tonde e rosa, queste ammiccarono nella ma direzione, io sperai solo che fossero antidolorifici. Le ingoiai con un sorso d’acqua, Jack mi sorrise. “Ti dovresti fidare meno degli uomini cattivi.” Cercai di sgranare gli occhi, ma le pastiglie avevano un effetto istantaneo e crollai a terra, completamente catturata dal buio dei sonniferi. Delle mani mi afferrano e mi stringono al loro petto. “Mi hai sempre raccontato che era una donna debole, priva di carattere, a tratti sciocca, che avevi dovuto corteggiarla solo perché ti era stato ordinato di proteggerla, eppure è l’unica persona o cosa da cui tu fugga Ed e questo non si chiama odio, questo si chiama amore.” E poi mi addormentai completamente, una scintilla di qualcosa di caldo e rassicurante però si era acceso dentro di me.


Note Dell'Autrice:

Ed ecco a voi il primo vero e proprio capitolo, speo che qualcuno lo legga e lo commenti, mi sono impegnata tanto e spero di non averi deluso. Vi prego di farmi sapere cosa ne pensate, ne ho davvero bisogno.

  
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