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Autore: SamanthaMcQueen    02/10/2012    13 recensioni
La mia prima storia Larry.
Spero vi piaccia. :)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13.

Why i must choose?

 
Quella mattina quando aprii gli occhi, sentii immediatamente un dolore allucinante alla schiena, e le mie povere gambe intorpidite. Ero totalmente rintonato, tanto che appena mi alzai andai a sbattere contro il tavolino del salotto, non essendo abituato ad avere qualcosa accanto al ‘letto’ la mattina.
Certo che potevo anche andarmene in camera a dormire, povero idiota deficiente che non ero altro. Però, ripensando al giorno prima, l’idea di dormire lì, nonostante i dolori dati da quegli stupidi cuscini duri come mattoni, era quasi piacevole. Anzi, senza dubbio lo era.
E poi dovevo dormire in boxer. In boxer, io? Dovevo andarmene a vivere da solo, così avrei potuto girarmene nudo per casa senza qualche urlo isterico o qualche momento shock da parte di certe teenager con problemi psicologici.
Con fatica mi alzai dal divano, e mi diressi nel bagno del piano di sotto, cercando di non urtare per sbaglio ancora qualche mobile/vaso/parete.
Come ogni mattina mi buttai sotto la doccia, sprofondando nella più totale beatitudine a contatto con le calde goccioline d’acqua. Tra una cosa e l’altra mi preparai piuttosto in fretta, avevo scelto una delle mie camicie preferite, mi metteva di buon umore indossarla, e un paio di pantaloni a vita bassa, anzi bassissima tenuti su a mala pena da una cintura in cuoio moooolto stretta.
Ero perfetto, pelle perfetta, abbigliamento perfetto, capelli perfetti. Mancava solo una cosa.. Gemma.
-Possibile che tu debba fare tardi pure la domenica mattina?- Gridai come un disperato dal piano inferiore.
-E’ proprio perché è domenica che gradirei dormire!-
Dopo qualche (okay, forse molte) urla da parte mia, riuscii finalmente a farla uscire di casa, e non in pigiama!
La caricai in macchina alla velocità della luce, prima che si potesse fiondare sul frigorifero, e partii in tutta fretta.
Avevo bisogno di distrarmi e divertirmi, e anche se sembrava la persona meno adatta, Gemma era chi più di tutti sapeva come farmi ridere. Beh, come tutti dopo… -Dannazione!- sibilai stringendo la presa sul volante.
-Tutto a posto?- Mi chiese Gemma, mentre si truccava, pettinava e finiva di vestirsi tutto contemporaneamente (ancora non so come).
-Presto sarà tutto a posto, vedrai.- le sorrisi e tornai a concentrarmi sulla guida.. e su nient’altro.
 
 
-Se non scendi da quella sottospecie di pony, penso che ti lascerò qua.-
Un ragazzo di 18 anni come me non poteva permettersi di portare una ragazza di 16 su una giostra per bambini, e starla a guardare mentre agitava braccia e gambe come una neonata di 5 anni pressappoco. Avevo una fottuta reputazione da difendere, e che diamine! C’era mezza scuola in quel Luna Park, possibile che a Gemma importasse poco e niente? Diamine, che razza di sorella..
-Arrivo, arrivo!- Urlò lei venendomi incontro, sbracciandosi come una matta come se non riuscissi a vederla.
-Perché sei così idiota?-
-E perché tu così snob?- Oltre alla frase palesemente poco cortese, mi arrivò anche un bel cazzotto come contorno.
-Ahio! E pure manesca, dimenticavo.-
Scoppiamo entrambi a ridere, continuando a girare in lungo e in largo in cerca di qualcosa da fare, qualche nuova giostra da provare. Senza nemmeno rendermene conto, stavo dimenticando ogni preoccupazione del giorno precedente, non sentivo più quel peso sullo stomaco che mi faceva sentire debole e impotente.
Gemma passò ad ogni bancherella a comprare hot dog caldi, zucchero filato, caramelle, mele caramellate, lecca lecca smisurati.. insomma, se non si beccava una carie ‘sta volta, non la beccava più. Io mi divertii a prenderla in giro, e poi, cosa ancora migliore, avendo i biglietti non dovevano pagare nulla, quindi ci fiondavano su ogni tipo di giostra ci trovavamo davanti.
 
Tutto cambiò non appena entrammo nella ‘casa’, se così si poteva definire, pareva più una baracca.. degli orrori. Beh, in effetti era proprio orrenda.
A differenza delle giostre precedenti (esclusa la ruota con i pony, eh.) era piuttosto noiosa. Ero sempre stato così fifone, eppure quei pupazzetti di gomma non facevano paura nemmeno ad un bambino. Gemma si divertiva a correre dietro ai pipistrelli di gelatina, saltando in continuazione per cercare di afferrarli, oppure si metteva dietro agli scheletri di plastica prima che si illuminassero facendo strani versi piuttosto imbecilli, ma che mi facevano morire dal ridere.
D’un tratto, sentii qualcosa di familiare. Era.. un profumo, e poco dopo vidi una testolina scura spuntare dal fondo della stanza. Non avevo idea di come avevo fatta a notarla, ma sicuramente c’era qualcuno, il macchinista, probabilmente..
Mi sembrò una figura familiare, talmente tanto che senza accorgermene mi trovai ad avvicinarmi, dimenticandomi totalmente da chi stavo lasciando in mezzo alla giostra.
Quel buco era fatto talmente male che si vedeva pure la cabina del macchinista, roba da matti.
Non appena vi fui talmente vicino da non poter essere accecato dai neon fosforescenti, riconobbi subito quella figura alta, robusta davanti a me, dietro al vetro.
-Liam!- urlai, alzando una mano in segno di saluto.
Lui ricambiò, invitandomi ad entrare in quello piccolo spazio. Quando aprii la porta, ancora prima di aprir bocca però, non potei far a meno di irrigidirmi, sentendo quella voce.
-Trovato! Stupido foglietto dei miei stivali..- da dietro una scrivania piena di piccoli comandi, sbucò la testa del moro, che si ammutolì improvvisamente nell’istante in cui mi vide.
Ecco che quella giornata era rovinata. Cosa potevo fare, o dire? Non lo sapevo proprio.. avevo paura, troppa paura.
Iniziavo a tremare quasi senza accorgermene, il mio corpo mi stava dicendo in tutti i modi di scappare via, non sarebbe riuscito a sostenere quella situazione ancora per molto.
-Ecco, io.. ci si vede un’altra volta, Liam.- strinsi i pugni e mi voltai, iniziando a correre verso quella che mi sembrava un’uscita piuttosto nascosta.
Mi fiondai nel piccolo bosco dietro la casa degli orrori, sapendo che nascondendomi lì, nessuno avrebbe potuto vedere le lacrime che lentamente iniziavano a rigare il mio viso, tormentandolo.
Prima che mi fu chiara del tutto la situazione, prima ancora di fermarmi però, una mano mi strattono forte, facendomi bloccare forzatamente di colpo, talmente tanto che sentii la camicetta che indossavo strapparsi per una manica. Ricacciai in qualche modo indietro le lacrime il più in fretta possibile prima di voltarmi a vedere chi fosse, anche se non avevo molti dubbi su chi potesse essere, non più.
-Mi dispiace, Zayn..- lo dissi così piano che quasi non lo sentii nemmeno io stesso.
Lui non rispose. Come sempre d’altronde, era troppo ‘’uomo’’ per dirmi quello che stesse pensando in quel momento. E dire che ne avevo un così disperato bisogno.. si limitò a stringermi in un abbraccio, un abbraccio che forse inizialmente fraintesi, ma poi, trovandomi fra le sue enormi spalle, le sue braccia calde, non potei fare a meno di ricambiare.
Era pur sempre il mio migliore amico.

 

Louis Tomlinson.
 
-Perché tra tutte le giostre, una così infantile? Guarda che ti lascio qua!-
Mi voltai e presi per andarmene tranquillo, lasciando Lottie su quella stupida giostra per bambini. Mi vergognava portarla su una ‘cosa’ simile, non aveva più sei anni, dannazione.
-Eddai, Lou! Non lasciarmi qua!-
-E’ un’ora che mi fai girare avanti e indietro sulle giostre più stupide, possiamo andare a casa adesso?-
Sapevo che non sarei dovuto venire, lo sapevo. Ma quale distrazione e distrazione, avevo solo bisogno di trovarmi qualcosa di davvero appagante per soddisfarmi. Non sapevo nemmeno come avevo fatto a farmi convincere da quel piccolo mostro, il modo in cui sapeva raggirarmi dava dell’incredibile.
-Solo qualche giostra ancora…Lou..- ed ecco quel suo faccino da cucciolo smarrito. Mostro.
-E va bene, ancora una, non di più. Sai che non sono il tipo che ama stare in mezzo alla gente..-
La presi sotto braccio, dandole un piccolo bacio sulla fronte, e mi feci guidare a modi cagnolino al prossimo traguardo.
-Eccola!- Lottie indicò una catapecchia accanto al bosco in fondo al luna park. Chissà perché l’avevano messa così lontano.. chissà.
Mentre stavamo entrando, mi accorsi di qualcosa, o meglio, qualcuno che stava correndo sul retro a velocità supersonica. Non mi ci volle molto a riconoscere quei ricci fin troppo familiari, ora.
Non appena mi accorsi di chi lo stava inseguendo, mi salì in groppo in gola. Mi si irrigidì la fronte, ed iniziai a tremare.
Cosa avrei dovuto fare? Il mio orgoglio mi impediva di inseguirli, la mia mente diceva che era stupido, cosa poteva importarmi? Ma c’era qualcosa, nel mio petto, che faceva male.
Perché faceva male, perché ora?
Vedere quel piccolo riccio dagli occhi smeraldi iniziava a darmi alla testa, era come una specie di droga, e non avrei voluto diventarne dipendente.
-Su, vai.- stava sbuffando sonoramente, la piccola. La guardai un attimo sbigottito. –Come scusami? Non è che lo sapevi?-
-Del terzo incomodo? Certo che no!-
Del terzo incomodo? Che tipa, un mostro, l’avevo detto.
Mi voltai ed iniziai a correre nella direzione dov’erano diretti, senza fermarmi, anche se non c’era alcun sentiero a guidarmi, avrei potuto perdermi in un attimo.
Per mia fortuna non erano poi così silenziosi, anzi. Sentii un forte brusio poco distante da dove mi trovavo, e seguii il rumore, fino a che non mi trovai obbligato a fermarmi, a causa del mio cuore. Aveva iniziato a palpitare, ed ero sicuro non fosse per la corsa. Mi portai una mano al petto, mentre guardavo la scena inerme, sperando non fosse quel che pensavo.
Ma io ero Louis Tomlinson, no? Così, mi decisi a parlare.
-Che succede qui?- il mio solito tono strafottente, mi era mancato.
I due si staccarono di scatto, iniziando ad arrossire sensibilmente. Probabilmente, non si erano accorti fossi io. Lo notai soprattutto dalla faccia imbufalita del moro, sicuramente gli avevo rovinato il momento.
Continuai a guardarlo con la mia solita, bellissima espressione da angelo vendicatore, come se fossi al di sopra di ogni cosa. Più si infastidiva, più era divertente.
Una voce, di scatto, interruppe quest’amaro silenzio. –Cosa ci fai tu qui, Louis? Ci stavi spiando forse?- l’espressione indagatoria del riccio mi fece sorridere.
-Stavo facendo una passeggiata per di qua e mi sono ritrovato davanti una scena d’amore.- risposi con la voce più convincente che riuscii.
-Non era una storia d’amore.- puntualizzò secco Harry.
-Ah no, e allora.. cosa stavate facendo?- la curiosità iniziava a tradirmi, dovevo essere indifferente a tutto ciò, ma era più forte di me, quando il moro si metteva di mezzo.. che fastidio.
-Non sono affari tuoi.- rispose secco Zayn.
Questa situazione.. non ne eravamo appena usciti ieri? Beh.. dei fenomeni siamo.
Tirai un respiro profondo, per poi parlare –Forse sono più miei di quanto non siano tuoi.-
Zayn si voltò a guardarmi allucinato, sembrava furioso. Fece per avanzare verso di me, ma questa volta invece che un cazzotto in piena faccia, vi trovai quella di Harry che bloccava la sua.
-Smettila, che vuoi fare?- chiese il ‘piccolo’ con una vocina piuttosto spaventata.
-No Harry, smettila tu.- Sbottò il moro. –perché non lo lasci perdere? Non ti vuole, o meglio non ti vuole davvero, ne mai lo farà. Non ha un cuore, ha solo un grande computer al suo posto che monitora tutte le sue emozioni.
Se…… se ci fossi io, vicino a te.. sarebbe diverso. Io ti conosco bene, tu mi conosci bene.. sai che non avremmo problemi, saremmo perfetti insieme, con me saresti al sicuro. Lui cosa potrebbe darti? Una scopata e ‘ciao, tanti saluti’? Devi capire chi tiene veramente a te, ti prego Harry..-
-Piantala di blaterare, la tua voce mi da fastidio- lo punzecchiai io senza nemmeno un filo d’ironia.
Lui mi guardò male, ma restò buono accanto al riccio, molto teso all’apparenza.
Restammo immobili per qualche minuti finchè non fu proprio lui a parlare per primo.
-Non so perché voi due siate tanto idioti.- e una lacrima, iniziò a rigargli il volto, e un battito perse il mio cuore in quell’istante.
-Harry…- sussurrai appena, cosciente del fatto che non mi stava ascoltando.
Senza preavviso, fu Zayn a parlare (di nuovo). –Devi scegliere.
Furono due parole secche, tristi, brutte.. parole che io non gli avrei mai fatto pronunciare.
-Come….?- Il viso di Harry era spento, piuttosto assente. Non riuscivo a vederlo così e nemmeno ne sapevo il perché.
-Stammi a sentire. Così non si può andare avanti, non possiamo ridurci in questo stato. Per cui.. devi scegliere. Ti darò tempo due settimane, massimo tre per poter capire cosa vuoi fare e dire ad ognuno di noi, così che non potremmo più interferire. Ci stai?- E con l’ultima domanda non stava guardando solo il riccio.
Io mi scambiai uno sguardo d’intesa con Zayn, avendo capito che ormai, per ora, tutto dipendeva da Harry. Anche se io, sinceramente, non sapevo più niente a questo punto.
Harry.. lo volevo davvero? E in quale senso? Non ero più sicuro del motivo per cui lo cercavo o gli parlavo, non capivo come potessi divertirmi e ridere tanto con una persona, essere…felice.
Il riccio si voltò, ed iniziò a camminare dalla parte in cui eravamo venuti, senza fiatare una parola.
Il futuro ora era incerto, cosa ne sarebbe stato di me? Cosa avrebbe deciso Harry? Ma soprattutto… cos’era questa sensazione fastidiosa che sentivo al petto?
Era tornato, il vecchio Lou stava tornando, ed avevo paura.
 

 

Zayn Malik
 
Cominciai  correre verso la casa degli orrori il più velocemente possibile.
Ma come avevo potuto chiedergli una cosa del genere? Non potevo davvero averlo fatto. Scegliere.. e poi scegliere cosa? Non.. non avrei dovuto.
Ero stanco, troppo stanco. La testa esplodeva, non ce la facevo più da anni, pensavo che dopo che Harry lo avesse scoperto sarei stato meglio, e invece… per colpa di quel Tomlinson, non è stato così.
Arrivato alla cabina della giostra, afferrai tutte le mie cose, le buttai nello zaino e presi Payne per la maglia, noncurante di come fosse preso davanti ai meccanismi.
-E.. la giostra?!- chiese lui spaventato.
Io lo ignorai. Avrei anche potuto rispondergli, ma erano altre le esigenze ora, non riuscivo a parlare, altrimenti avrei urlato.
Caricai tutto in macchina e misi in moto al massimo.
Arrivato a casa, con il mio solito modo di fare brusco e scostante liquidai mia madre e mia nonna, e corsi al piano di sopra con Liam alle spalle.
Quando entrammo, fu un attimo. Le luci spense, Liam contro la parete della porta, il fiato corto, i gemiti sommessi, ed io che mi gettavo con foga sulle sue labbra, lasciando che la passione mi mangiasse vivo, chiudendo gli occhi ed immaginandomi una persona che purtroppo, lì non c’era.
 
 
 




Buona sera. Spazio autrice più corto che posso perché sono esausta.
Inizio col dire che attualmente sono sotto dose di sonniferi, quindi non capisco bene cosa io abbia scritto alla fine di questo capitolo, e qualunque errore grammaticale, o dialoghi non messi in grassetto.. mi scuso. Le foto sono messe a cavolo e so pure brutte.
PPPPPPPoi, ho mille cose da chiedere scusa! Più o meno sono due mesi, quasi, e sono mortificata. Inizialmente dovevo studiare per gli esami di settembre, poi sono successe tante cose in cui dico solo che ero più tempo all’ospedale che a casa, e quando vi ero cercavo di tener aggiornata la pagina.
So.. scusatemi, davvero, spero che nessuno abbia smesso di seguirla, davvero.
Anyway, scusate ma scappo perché sto crollando e vedo doppio (no, non scherzo), e la cosa è inquietante!
Al prossimo capitolo, che scriverò in base a quanto è piaciuto questo. v.v
-Sam.
  
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