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Autore: GibsonGirl51    02/10/2012    3 recensioni
Agosto duemila. Una donna piuttosto anziana è in una stanza d’ospedale, dormiente. Accanto a lei una bambina che le accarezza la mano, io. Questa è la storia più difficile da scrivere, perché vissuta sulla pelle. Come ho visto il cancro in questi sedici anni, come ci ho convissuto indirettamente. Questo è per te Umi, mi manchi.
Genere: Fluff, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Saaalve. Oggi capitolo un po' cortino, ma spero sia apprezzato. È un episodio abbastanza  carino, e giuro, non ci saranno pianti nè nulla del genere.
Per i prossimi giorni non potrò postare, sarò leggermente presa dai giorni di scuola, ma spero nessuno mi uccida per questo. D:
Buona lettura. ^-^



Dodici anni dopo.


E così, ora siamo quasi a dodici anni dopo. Beh, sono cambiate tante cose in questi anni, Umi è stata in ospedale, ha dovuto fare diversi interventi. Nonno ha cambiato macchina, il camper era davvero improponibile dopo i quarant’anni di viaggi su e giù dall’ Abruzzo. Trovammo un camioncino per fortuna, e lui lo chiamò Bonsai. Io dall’altra parte ero cresciuta, avevo avuto le mie cotte. E degli amici che non abitavano di fronte a me, bensì diverse amicizie a distanza, di cui una avrebbe avuto l’anniversario dei quattro anni, proprio in quell’anno. La mia migliore amica, brasiliana, era ritornata nel suo paese, lasciandomi sola. Grazie al cielo strinsi amicizia con una ragazza che conoscevo da sempre, Gemma. In quell'anno, tra le altre cose, cominciai anche a fumare, ma rimase segreto solo per qualche mese.

 

Ma torniamo agli argomenti seri.
 
 
Aprile duemilaundici

Stavo facendo la quarta media, sì abbiamo quattro anni di medie in Svizzera e quattro di superiori, e a storia si parlava di seconda guerra mondiale, più in specifico di Berlino, così pensai bene di chiedere alla mia professoressa, un tesoro mi manca ancora oggi, se aveva voglia di sentire parlare qualcuno che la guerra a Berlino l’ha vissuta sulla pelle. Lei accettò e in un giorno prestabilito Umi venne a scuola con il nonno. Certo, fa strano pensare ad una ragazzina che porta la propria nonna a scuola, per di più una nonna cieca, ma per me era un’occasione stupenda. Ero fiera di lei. E poi avrebbe potuto sentire la voce della mia piccola cotta, un certo Nicholas. Organizzammo bene come gestire quel mercoledì. Umi non parlava perfettamente l’italiano, a volte la dovevo correggere, ma a settantanove anni diventa difficile pure parlare.
 
Un mercoledì, non mi ricordo esattamente la data, mio nonno prese il suo furgoncino e posteggiò nel cortile della scuola. Li andai a prendere a ricreazione, guidando nonna come solo gli accompagnatori dei ciechi sanno fare. Lei d’altro campo cercava di capire com’era fatta la scuola, e con i suo 20% di visibilità da un’occhio mi disse tranquillamente ‘’Hai ragione, questa scuola somiglia proprio ad un bunker.’’ E scoppiai a ridere. La facemmo entrare in classe, la facemmo accomodare alla cattedra e lei iniziò a parlare un po’ titubante, non tranquilla come al solito. Nicholas le pose alcune domande, come il resto della classe, e non fu necessario così spesso il mio intervento per aiutarla a formulare le frasi. Dopo di lei parlò il direttore, suo padre era partigiano dalle parti di Mantova a quanto pare, e mio nonno, acuto parlatore, si inserì diverse volte nei racconti, con il consenso del rettore, rendendo la cosa ancora più interessante.
Finite le due ore tornai a casa, quel giorno pioveva e non avevo l’ombrello, e ringraziai il cielo che nonno avesse posteggiato non troppo lontano.
In viaggio la Umi mi chiese ‘’Chi era Nicholas?’’  E io le risposi ‘’Prima fila centrale’’ Lei si voltò con un ghigno sotto le labbra e mi disse ‘’Non l’ho visto’’ e scoppiò a ridere, contagiando pure me.
 
Beh, questo è un altro aneddoto di nonna, la parte drammatica arriverà tra non molto. Spero che vi abbia fatto sorridere questo capitolo, ci ho messo il cuore. :)
   
 
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