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Autore: Melabanana_    02/10/2012    2 recensioni
Hera Tadashi è un ragazzo apparentemente indifferente a tutto, che si lascia passare accanto gli eventi senza preoccuparsene molto.
Afuro Terumi è un idol emergente, ma già molto famoso, che nasconde il suo vero carattere.
Questa fic parla di come il loro incontro abbia modificato le loro vite, e di come la loro storia sia venuta ad intrecciarsi con quella dei loro amici.
Coppie: HerAfu, DemeKiri, ArteApo, vari ed eventuali.
{dedicata a ninjagirl, che mi ha fatto scoprire e amare queste pairings.}
~Roby
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Perché in ogni momento, il rosso e il viola sanno sempre trovarsi.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Afuro Terumi/Byron Love, Altri, Hera Tadashi, Jonas Demetrius/Demete Yutaka
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ciao :)
Finalmente torno ad aggiornare ^^
Questo capitolo è interamente HerAfu, e ci sarà un sacco di fluff per la vostra gioia <3
Il titolo del capitolo si riferisce ad Hera, ovviamente. 
Baci, 
Roby



Capitolo 11.

Afuro fissò il ragazzo di fronte a lui come un disperso nel deserto fissa il miraggio di un oasi.
Hera non disse altro, ma continuò ad accarezzargli la testa.
-Che ci fai qui?!- esclamò Afuro scioccato, scostandosi da Hera troppo velocemente, infatti sbatté la testa nel tavolo. Hera sospirò e lo trascinò fuori dal suo nascondiglio.
- Hitomiko mi ha chiesto di aiutarti- spiegò. Non aggiunse che in realtà era lui stesso a voler vedere se stava bene. Troppo imbarazzante.
Afuro sbatté le palpebre e i suoi occhi si velarono.
-Sto creando guai a tutti- pigolò. La sua voce fu coperta dal rumore delle persone che bussavano alla porta.
Afuro si rannicchiò di nuovo su se stesso, rifiutandosi di sentirli.
-Perché non mi lasciano in pace?- mugolò, arrabbiato.
Hera rimase a fissarlo: sembrava così fragile, quasi sull’orlo della crisi nervosa.
Non piangeva, ma forse aveva voglia di farlo.
Si tratteneva per non apparire debole. Sorrideva per non apparire debole.
Sorrideva, ma in realtà…
-Se non se ne vanno loro, ce ne andiamo noi.-
Afuro alzò lo sguardo incredulo.
-Spogliati.- ordinò Hera. Afuro avvampò.
-C-c-c-cosa ti prende?!-
-Non è il momento d’imbarazzarsi, spogliati.-
Afuro obbedì e si tolse la maglietta e i pantaloncini. Hera li prese e li mise ad arte su una scopa per lavare a terra, che mise vicino al tavolo, in una posizione tale che avrebbe potuto benissimo sembrare un essere umano, se vista dalla finestra.
-Questo li ingannerà per un po’- disse Hera, poi si sfilò la felpa e la gettò addosso ad Afuro.
–Mettila- ordinò.
Afuro obbedì: la felpa era molto larga per lui perciò gli arrivava fino alle ginocchia. Chiuse la zip e si tirò il cappuccio in testa.
Hera lo prese per mano e lo guidò attraverso il passaggio che lui aveva usato per entrare.
Sbucati nel giardino, Hera lo prese in braccio per fargli scavalcare il cancello di cinta, poi scavalcò lui e sempre tenendolo stretto per la mano lo costrinse a correre con lui.

xxx

-Ma questa è casa tua…- sussurrò Afuro quando Hera lo fece infilare in una casa e chiuse la porta.
L’altro annuì e scrollò le spalle.
-Scusa, per il momento è l’unico posto sicuro che ho trovato- disse.
Che poi non era sicuro per niente.
Dopotutto, anche lui era apparso sulla rivista, ci avrebbero messo poco a fare il collegamento…
Hera scosse il capo, avrebbe pensato ad una soluzione migliore più tardi: ora la priorità era tranquillizzare Afuro.
-Ti va della cioccolata?- chiese.
Afuro non rispose. Hera immaginò che fosse ancora sotto shock, perciò gli mise una mano sulla spalla e disse:- Va tutto bene. Ora ci sono io con te.-
-...perché? -
La voce di Afuro era talmente bassa che Hera credette di averla immaginata.
Si voltò verso di lui, perplesso. 
Afuro alzò di scatto il volto.
-Perché sei venuto?!- gridò.
Il cuore di Hera sussultò dinanzi a quello sguardo spezzato, duro, che strideva acutamente con l’immagine della beata dea della bellezza di cui Aphrodi portava il nome.
-Io non ti capisco proprio! Perché fai sempre tutto all’opposto?! Devi avere qualcosa che non funziona!- esclamò Afuro guardandolo torvo. Stringeva i pugni, tremante.
-Quanto tutti dicevano che ero carino, tu restavi indifferente… ora che tutti mi odiano, tu invece sei gentile! Perché ti comporti in questo modo?! Perché sei così gentile?! Non devi esserlo… i-io non merito questa gentilezza…- La sua voce s’inasprì e nei suoi occhi brillò una scintilla di quella malizia che caratterizzava il suo vero carattere.
Piegò le labbra in una smorfia. –Non capisci che ti sto usando? Non capisci che è tutto finto? Io nella mia vita non ho fatto altro che mentire… anche mio padre deve odiarmi… io stesso mi odio profondamente... E tu...!- 
-Lo so- lo interruppe Hera, semplicemente.
Afuro lo guardò incredulo, spiazzato.
Tentò di abbassare lo sguardo, ma Hera gli afferrò il volto fra le mani e lo costrinse a guardarlo negli occhi.
Come immaginava, stava piangendo: nell’ultima frase, la sua voce si era incrinata.
Non riuscì a dire nient’altro. Come esprimere, d’altronde, quello che provava?
Avrebbe voluto dirglielo, il perché.
Perché quando si divertiva con loro, il suo sorriso era sincero.
Perché ormai aveva capito com’era fatto.
Perché Afuro sorrideva sempre, ma alla fine quello ferito era sempre lui.

Voleva dirgli tutte queste cose, ma gli mancò il coraggio.
-Sono venuto per starti vicino- disse imbarazzato.  –Così anche quando tutti ti odieranno, te compreso, io potrò fare la cosa opposta, come sempre…-
E poi lo abbracciò. Afuro si sciolse in lacrime contro la sua spalla.
-Mi dispiace- pigolò. –Mi dispiace tanto!-
Rimasero così, abbracciati nel salotto di casa Tadashi, finché Afuro ne ebbe bisogno.
No, la verità è che entrambi ne avevano bisogno.
Hera si chiese come aveva fatto a non rendersi conto di quanto Afuro fosse diventato importante per lui: forse perché, come la lava scioglie lentamente la pietra, anche quel processo era stato graduale. E adesso, aveva bisogno di quel calore…
Quando si staccarono, Afuro aveva smesso di tremare.
Si asciugò le lacrime rimaste con il dorso della manica e accennò un sorriso debole, ma sincero.
-Grazie- disse. Hera annuì, quindi si rese conto dell’abbigliamento del ragazzo.
-Ah, scusa, i miei vestiti ti saranno un po’ larghi ma ti prendo dei pantaloni- disse.
-No, va bene così- Afuro scosse il capo.
Si sedette al tavolino e cominciò a guardarsi intorno, con un ché di nostalgico.
-La tua casa è semplice, ma calda…- commentò, poi si voltò verso di lui. -Perché abiti da solo?-
Hera esitò. –I miei genitori si sono separati quando ero piccolo. Non ho mai più visto mio padre. Mia madre in seguito si è risposata e visto che ormai ero già abbastanza grande ho deciso di venire a vivere da solo- spiegò senza perdersi nei dettagli.
Afuro rimase a lungo a fissarlo negli occhi.
-Io e te ci somigliamo- osservò, senza malizia. Hera scosse il capo, non aveva voglia di indagare oltre quel commento.
Afuro si girò e i suoi occhi caddero su uno specchio appeso alla parete. Cacciò un urlo.
Hera sobbalzò. -Che succede?- chiese, sconvolto.
-I miei capelli sono un vero disastro!- si lamentò Afuro.
Hera fu tentato per un attimo di colpirlo con un soprammobile.
-In questo frangente drammatico, tu pensi ai capelli?!-
-E’ sempre il momento di pensare ai capelli!- sbottò Afuro. Si alzò e fuggì di corsa in bagno.
Hera sospirò, appoggiandosi allo stipite della porta.
–Che importanza vuoi che abbia?- commentò, non capiva davvero perché mantenere la propria immagine anche in quella situazione.
Afuro non rispose subito.
- Hera, sai perché mi chiamano Aphrodi?- chiese all’improvviso, e non gli lasciò tempo di rispondere perché lo fece lui stesso:- E’ perché sono il massimo della bellezza, capisci?-
Sorrise e gli fece l’occhiolino.
–E questo che c’entra?- Hera sospirò. –Ascolta... per te è davvero così importante la bellezza?-
Lo sguardo di Afuro s’incupì e le sue labbra si schiusero.
-Certo… è la mia unica ragione di vita.- 
Hera ebbe l’impressione di non aver compreso a pieno quelle parole.
Forse Afuro non se n’era accorto, ma il suo sorriso aveva acquistato una sfumatura di tristezza.
Ed era bellissimo.



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