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Autore: LiquidScience    02/10/2012    1 recensioni
[Spin-off della serie A-Team]
Ed ecco, quando tutto sembra andare sempre in peggio, che fa la sua ricomparsa l'A-Team, dopo molti anni di inattività. Ma i membri che lo compongono non sono gli stessi, ma i loro figli, riuniti insieme da uno scherzo del Destino.
La storia inizia con il racconto di Mike Murdock, intervistato da una giornalista.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dieci anni fa i figli di un commando specializzato operante in Vietnam rifondarono un leggendario gruppo sciolto da tempo. Usando un vecchio negozio come quartier generale, vivono a Los Angeles, lavorando in incognito. Sono tuttora in azione, se avete un problema che nessuno può risolvere, e se riuscite a trovarli, forse potrete ingaggiare il nuovo A-Team!
 
Nel retrobottega del negozio di antiquariato, Hun si accese un sigaro, compiendo i gesti come se fossero un antico rituale. Dall’altra parte, attorno un tavolo, sedevano Face in modo molto composto e Spike letteralmente stravaccato sulla poltrona da café.
“Oggi” disse Hun con un sorriso stampato nella faccia “Arriverà mia sorella Hannah da Miami”
“Wow. Sono contento per te” rispose Face, poco interessato alla faccenda, come se fosse una perdita di tempo.
“Arriva al dunque” puntualizzò Spike, un po’ irritato. Odiava la suspance.
“Siccome lei è qui per lavoro…” continuò, tirando volontariamente per le lunghe.
“si...?” lo incalzò Face, stufo di perdere altro tempo.
“Ci ha chiesto gentilmente di fare da Baby-sitter a Tommy”
James raggelò, rimanendo con la bocca aperta in una smorfia di terrore. Al contrario, Spike era ritto sulla schiena, con un sorriso entusiasta dipinto sulla faccia.
“Oh Santo Cielo! Quanti anni avrà? Quattro? Cinque? O peggio, è un… bebé?” Chiese Face, terrorizzato.
“Undici” rispose Hun, facendo una nuvoletta di fumo.
Beh, almeno aveva catturato l’attenzione di Face.
“E dato che Maddie questa mattina ha un esame, andrai te, James, a prendere Mike”
Anche se prima Face si era un po’ tranquillizzato, era tornato come prima, esterrefatto e con una smorfia appiccicata nel viso.
Hun abbozzò un sorrisetto. Adorava stuzzicarli, seppur in piccole parti.
“Oh, andiamo, Hun! Perché proprio io?” rispose James, seccato.
“Perché tu, con le tue abilità da truffatore, tireresti fuori il matto in un battibaleno e senza destare sospetti” spiegò Smith, agitando il sigaro in mano e facendo piovere qualche granello di cenere.
“Perché non ci vai tu, invece?”
“Perché? Perché, caro ragazzo, io sono il capo e io do gli ordini. Intesi?” ordinò Hun, improvvisamente serio e seccato. Face si lasciò scappare un lamento.
“Cosa ci fai ancora qui?”
“Vado”
James uscì, mentre Spike sghignazzava allegramente, divertito.
 
***
 
“Il signor Murdock è nella stanza A19, da questa parte” disse una dottoressa del reparto psichiatria. James, travestito come un medico, la seguì  a ruota, mordendosi un labbro per resistere alla tentazione di invitarla fuori a cena.  Camminarono per un po’ nei lunghi corridoi di colore bianco spento, nell’aria aleggiava il classico odore di aria viziata condita con odori di medicinali degli ospedali. Si fermarono davanti a una pesante porta in ferro con un’unica grata all’altezza degli occhi.
“Il signor Murdock oggi è insolitamente tranquillo. Non ha toccato la sua consolle nemmeno una volta”
Spiegò la dottoressa. James guardò attraverso la griglia. Mike se ne stava sopra il letto, buonino buonino, con la camicia di forza, intento a risolvere un puzzle afferrando le tessere con le dita dei piedi.
“E’ mai fuggito?” chiese Face.
“Veramente, dottor Mallard, Mike è un paziente molto difficile da trattenere. Scappa con una certa frequenza”
“E questa incrementa le possibilità che sia stato nella zona di test batteriologici. L’improvvisa tranquillità è uno dei sintomi del batterio XK-348. In men che non si dica lo ritroverete a terra stecchito”
La dottoressa sgranò gli occhi, preoccupata.
“Cosa dovremo fare?”
“Dovrò portarlo in isolamento in un reparto speciale, in Nevada. Hanno già curato altri infetti, per esempio scienziati che lavoravano a un esperimento andato male. Attenzione, però: non deve accorgersi di nulla, altrimenti potrebbe peggiorare e recare danni irreversibili al sistema nervoso”
Il medico non se lo fece ripetere due volte.
“Signor Murdock, ci sono visite per lei!” disse il medico, ancora più spaventata e preoccupata.
Nessuna risposta.
James si avvicinò alla grata per vedere dov’era il matto e perché non aveva risposto.
La stanza era vuota, cosa che fece insospettire Face. Cosa stava tramando Mike?
“Sono occupato!” Esclamò il matto comparendo di botto dall’altra parte della porta. James trasalì e indietreggiò di un passo. Mike ritornò al suo posto, camminando in circolo sul materasso per poi sedersi.
“Signor Murdock, deve fare un visita esterna”
“No!” rispose seccato Mike.
“Se fa il bravo le togliamo la camicia di forza!”
In quel momento Mike saltò giù dal letto e si avvicinò alla porta.
“A quando la visita?”
 
***
 
I quattro stavano aspettando l’arrivo di Hannah in aeroporto. Mike e Spike non avevano mai conosciuto la sorella di Hun e scrutavano tutti quelli che uscivano dalla porta, cercando qualcuno che le assomigliasse.
“Mi devi ancora spiegare quel fatto di prima” disse James, rompendo la concentrazione di Mike e catturando l’attenzione degli altri.
“Il puzzle? Ah! Beh, vedi… non conosco i videogiochi che usate qui, nel futuro, quindi ho fatto un passatempo che esisteva anche nella mia epoca, per sicurezza” spiegò il matto, arricchendo il suo discorsetto gesticolando nervosamente. Forse era agitato, oppure voleva solo sgranchirsi le braccia.
“Ah… Ah…” rispose l’altro, guardandolo di traverso. Spike e Hun ritornarono a osservare la porta.
“Sai, assomigli tantissimo a un amico che avevo nel passato! Si chiamava James Peck, lo conosci?”
Face lo squadrò, incredulo. Stava parlando sul serio?
“Oh, che domande faccio?” disse ad un certo punto Mike, appoggiando una mano sulla fronte.
Forse si era finalmente reso conto di delirare.
“Sarai suo figlio, no?”
James raggelò. Mike era più ‘andato’ del solito.
“Zitto, scemo! Smettila di dire scemenze!” abbaiò Spike, irritato.
“A quanto pare lo Spike del futuro ha lo stesso caratteraccio di quello del passato”
Se non fosse stato per il rapido intervento di Hun, Baracus avrebbe certamente fatto un occhio nero al matto, come minimo.
“Calma, Spike, calmati. Che esempio darai a mio nipote di undici anni che sta uscendo in questo momento insieme a sua madre?”
Hannah e Tommy stavano uscendo in quel momento, trascinando un paio di valigie trolley, la donna quella più grande e il bambino quella più piccola.
Spike si calmò e lasciò perdere il matto. Spike aveva un debole per i bambini e Hun lo sapeva benissimo.
Tommy chiese qualcosa alla madre, dopodiché le diede la sua valigia e si mise a correre verso i quattro.
“Zio Hun!” gridò gioioso, saltando tra le braccia dello zio.
“Ehi, campione! Accidenti, come sei diventato grande!”  disse Hun.
“Ciao, fratellino!” disse Hannah “Loro dovrebbero essere la squadra di cui mi parli sempre”
“Esatto, Ti presento Spike Baracus, Mike Murdock e James Peck. Nella squadra ci sarebbe anche Maddie Murdock, ma aveva degli impegni e non è venuta”
“Oh, peccato… avrei voluto conoscerla”
I sei conversarono animatamente per un po’, poi Hannah dovette salutarli altrimenti avrebbe fatto tardi alla riunione.
“È mezzogiorno ormai” disse Spike “Perché non venite tutti a casa mia? Cucinerò degli ottimi Hamburger!”
Tommy esultò e gli altri tre accettarono volentieri la proposta di Baracus.
Subito dopo, si allontanarono dall’aereoporto.
 
***
 
 
 
 
Hun e il nipotino sedevano tranquilli sul tavolo da picnic posto in mezzo al giardino, mentre Spike era intento a trafficare su un BBQ e Mike camminava in giro freneticamente osservando tutto in modo insolito e borbottando tra sé e sé.
“Oh, che meraviglia!” esclamò ad un certo punto, chinandosi a raccogliere qualcosa. Si avvicinò a Spike con le mani a coppetta, osservato da Hun e Tom con sguardi interrogativi.
“Guarda, Spike! Una mantide verde! Non pensavo esistessero anche qui, nel futuro!” disse schiudendo le mani. Baracus guardò storto il piccolo insetto, indietreggiando circospetto.
“Tirami via quell’insetto di torno, prima che ti morda!”
“Oh, la piccolina non oserebbe mai  azzannare uno molto più grande di lei, figuriamoci un ragazzone come te!”
“Mike, fa come dice. Le serve il suo habitat” intervenne Hun, evitando che la situazione peggiorasse.
“Hai ragione, Hun” rispose il matto liberando la mantide tra le fronde di un vecchio melo.
“Cos’ ha?” chiese Tommy, riferito all’inusuale comportamento di Mike.
“È matto” rispose lo zio.
“Oh, poveretto”
 
***
 
James stava facendo dondolare un piede nella nervosa attesa alla biglietteria dello zoo. Hun aveva pensato a tutto per quel giorno.
Non era la coda che lo faceva innervosire (anche perché c’erano solamente due persone prima di lui), ma il fatto che per quei biglietti doveva pagare. Ebbene sì, pagare.
Pagare. Quella parola gli risuonava nella mente come uno spillo.
Dopo un periodo di attesa che sembrava interminabile, finalmente arrivò il suo turno. Si aggiustò la cravatta, un po’ a disagio.
“James Alvin Peck!” esclamò una voce alle sue spalle e Face tasalì.
C’era soltanto una persona nei paraggi che conosceva il suo nome per intero.
“Templeton… Papà…” disse, mordendosi le labbra, poi si girò.
“Cosa ci fai qui?” chiese , guardando il padre dritto negli occhi.
“Potrei farti la stessa domanda”
Sia Templeton che James erano vestiti in modo elegante e si assomigliavano notevolmente, anche un miope avrebbe visto che i due erano parenti.
“Senti, sono qui per conto di Hun, sto eseguendo un suo ordine per cui sei pregato di non immischiarti”
“Hun? Hun Smith?”
Al cenno affermativo del figlio, a Sberla riaffiorarono tutti i ricordi dei bei momenti passati con la squadra. Hannibal, Murdock, P.E., gli inseguimenti e le fughe… bei momenti, quelli.
Templeton sorrise, sfoderando il suo micidiale sorriso a 32 denti. Faceva ancora un certo effetto, nonostante Sberla non fosse più così giovane.
“Eh, già. Già. A prop…” 
Non fece in tempo a finire la frase che fu interrotto dal figlio.
“Te la riporto domani la Corvette, lucida come nuova”
“Ah, beh, sono due giorni che dici la stessa cosa”
Face stava per rifilargli una scusa, ma nemmeno quella meglio congegnata avrebbe mai funzionato contro di lui e la frase gli morì in gola. Non poté far altro che rinnovare la sua promessa e sperare che lo lasciasse in pace, almeno per quel giorno.
 
***
Tommy uscì dal garage di Spike con in mano una vecchia scatola di scacchi. Guardò prima Spike e poi suo zio, ma sembravano tutti e due indaffarati, uno al BBQ e l’altro intento a scrivere e scarabocchiare su un blocco note. Poi lo sguardo ricadde su Mike, che non stava facendo nulla. Avrebbe messo alla prova il matto, l’idea gli piaceva.
“Mike!” disse, avvicinandosi.
“Si?”
“Vuoi giocare con me?” chiese mostrando la scatola che aveva in mano. Il matto accettò volentieri e, una volta che tutti i pezzi furono disposti, iniziarono la partita.
Mike rimase a bocca aperta: nel giro di poche mosse Tommy aveva già fatto scacco matto.
“Non vale! Voglio la rivincita” esclamò il matto, un po’ seccato.
Fecero altre tre partite, tutte andata a favore di Tom.
“Hun, tuo nipote è un genio!”
 
***
 
Verso pomeriggio andarono tutti allo zoo dove James aveva comprato i biglietti. Si fermarono davanti al recinto dell’elefante e Spike propose a Tommy di lanciare all’animale qualche nocciolina, prese da un dispenser dedicato. Anche Mike, trovando la cosa interessante, si unì ai due “lanciatori” mentre James stava a distanza di sicurezza e Hun guardava la scena sorridendo.
Il matto prese la prima nocciolina, spaccò il guscio e prese in mano le due metà. La prima la lanciò all’elefante mentre la seconda se la mangiò.
“Non si mangia quella roba, scemo!” lo rimproverò Spike.
“Oh, andiamo, Spike! Sono ricchi di elementi nutrienti, fanno bene”
“Talmente bene che li hanno messi come cibo per elefanti”
I due continuarono a bisticciare animatamente per un po’, mentre Tommy assisteva divertito alla scena.
Anche Hun stava guardando Mike e Spike con sorriso lievemente accennato, quando qualcos’altro catturò la sua attenzione.
“James…” disse, facendo cenno a Face di raggiungerlo. Gli indicò il capanno del custode, dove c’era il proprietario dello zoo che discuteva con altre due persone ma, a differenza di Mike e Spike, non stavano sicuramente litigando per delle noccioline.
“Hun, non credo che dovremmo immischiarci nei loro affari… “ disse.
“Ah, come non detto” si corresse quando vide l’espressione di Smith. Quando faceva quella faccia, voleva dire che aveva fiutato una missione e non si sarebbe tirato indietro facilmente.
“Hey Tommy!” disse girandosi verso il nipote “Ti va di venire in missione con noi?”
Gli occhi del bambino luccicavano. Sembrava che non stesse aspettando altro.
 
***
 
Il proprietario dello zoo si sedette su una delle panchine, disperato. Era già la seconda volta che venivano per ricordargli del ritardo sulle tasse o sulle rate dei debiti. Gli affari andavano benissimo finché non ci furono dei piccoli incidenti, uno ogni giorno: Una gabbia incomprensibilmente lasciata aperta, i cestini rovesciati e tutta l’immondizia sparsa a terra, attrezzi rotti o mancanti, gabbie ridotte male… E così si ritrovò senza dipendenti, ricoperto di debiti e con una clientele via a via sempre meno numerosa. Non sapeva più che cosa fare.
“A quanto pare siamo nel posto giusto al momento giusto” disse una voce maschile davanti a lui. Il proprietario alzò la testa e vide quattro uomini con un bambino in piedi davanti a lui.
“Cos…?” chiese, corrugando la fronte.
“Io sono Hun Smith, e questo è l’A-Team”disse in tono solenne l’uomo con una maglia color panna e i pantaloni scuri, lo stesso che aveva parlato prima.
Il Jeremy Donald, il proprietario dello zoo, fu sollevato da quella novità. Illustrò in breve i problemi che aveva, dando particolare peso ai piccoli incidenti giornalieri.
“Interessante. Un lavoro per noi, giusto ragazzi?” disse Hun, guardando gli altri che annuirono in risposta “Bene, signor Donald, ha appena ingaggiato l’A-Team”
 
***
 
Appena confermato il nuovo incarico, i membri del nuovo A-Team si misero immediatamente al lavoro.
Spike si occupava di riparare i recinti, James della biglietteria, il proprietario degli animali, Mike della raccolta rifiuti mentre Hun e Tommy facevano un giro di controllo, per verificare cosa aveva bisogno di essere sistemato o migliorato.
Così il bambino aveva l’occasione di fare un giretto.
“Ahm” si lamentò Mike, raccogliendo una lattina con un bastone “Perché devo farlo proprio io, Face?”
“Qualcuno lo deve pur fare” rispose l’altro mettendosi a posto i capelli con un piccolo pettine e specchiandosi sul vetro della biglietteria.
“Non potrebbe farlo il ragazzone?” disse indicando con la bacchetta Spike, che stava saldando un pezzo della recinzione dei suricati.
“Tu sai saldare?”
“Uhm…”
“Allora finisci quello che devi fare”
“Voi del futuro siete gente strana!” disse Mike raccogliendo altre cartacce “siete troppo seri, bambini sono dei geni, siete altamente irritabili e affidate incarichi umilianti ai viaggiatori del pass…”
“Mike” lo interruppe James.
“Sì?”
“Sta’ zitto”
Mike non rispose e continuò il suo lavoretto. Prese con la stecca un sacchetto delle patatine, lo alzò all’altezza degli occhi e lo osservò come se fosse la prima volta che ne vedeva uno.
 
***
 
Quella notte, Spike stava facendo il turno di guardia quando sentì un rumore nel magazzino. Prese immediatamente il walkie-talkie e avvisò gli altri, mentre si avviava dentro l’edificio.
L’interno era quasi completamente buio. Spike stava per accendere la luce, ma si fermò. Avrebbe allertato il fuggitivo, facendolo scappare. A luci spente poteva coglierlo di sorpresa, anche se la visibilità era ridotta.
Dall’altra parte dell’edificio la porta aperta fu oscurata parzialmente da una figura nera, che fece un segnale con la torcia. Era Mike, in posizione.
Spike avanzò cautamente, scrutando tra tutti gli oggetti, in particolare nei punti più bui.
Un lieve movimento sulla destra catturò la sua attenzione. Cercò di vedere cosa fosse, ma il buio nascondeva ogni cosa. Fece qualche passo in quella direzione e qualcosa si mosse, facendo cadere una pila di oggetti. Una piccola figura nera si mosse di scatto dalla parte buia, correndo verso la porta aperta rovesciando tutto quello che incontrava.
“Bloccalo, Mike!” gridò Spike. Una delle poche volte che chiamava Mike per nome.
Subito l’altro entrò e cercò di prendere il fuggitivo, ma questi era molto agile e sfuggì alla presa. I due cercarono di prenderlo più volte, ma il fuggiasco era molto agile e si divincolava violentemente.
Spike sarebbe riuscito tranquillamente a prenderlo, se non fosse per il suo svantaggio. Mike ci aveva provato diverse volte, ma o lo afferrava nel momento sbagliato o questi girava l’angolo repentinamente. Sembrava conoscesse bene il luogo.
“Spike” disse il matto, fermandosi.
“Che c’è?”
“Capolinea”
Il loro inseguimento era terminato di fronte al muro della recinzione esterna dello zoo.
 
***
 
Il giorno dopo Hun stava organizzando tutti per la giornata, in particolare per catturare l’intruso misterioso.
“Come fai a essere sicuro che ritornerà?” chiese Maddie, unitasi al gruppo quella mattina.
“Perché nella fuga ha dimenticato i suoi… attrezzi” rispose Hun.
Tutti gli altri quattro erano riuniti in fila uno di fianco all’altro, mentre Hun camminava avanti e indietro davanti a loro.
“Allora” disse “Tutti eseguiranno gli incarichi ordinari a loro assegnati fino all’ora di chiusura, poi prepareremo le trappole e i turni di guardia”
Diede particolare tono alla parola ‘trappole’, come se fosse una cosa che gli piaceva particolarmente.
“E mi raccomando, che non succeda come ieri sera. Mai più. Intesi?”
L’ultima frase la disse con un tono molto serio, quasi di rimprovero. Tutti annuirono, tranne Mike che rispose con un ‘Signorsì signore!’, e occuparono le rispettive posizioni, come il giorno prima. Maddie dava una mano a tutti, a seconda se ce ne fosse stato bisogno. In particolare suo fratello a pulire i pavimenti.
La giornata trascorse tranquilla, tutti erano completamente assorti nel loro incarico. Fu quando scese la sera che cominciò il vero lavoro.
Come dal piano, solo una persona doveva essere nei paraggi del magazzino per non scoraggiare l’intruso. Gli altri rimanevano nascosti lì vicino, in contatto radio. Verso le undici di sera James vide un’ombra entrare dal portellone del magazzino, avvisò gli altri ed entrò. Ci fu un piccolo rumore in lontananza, ma dopo il ticchettio delle sue scarpe era l’unico, regolare, come un pendolo carico di tensione e snervante attesa. Lo faceva apposta, per far cadere l’intruso nella trappola. Così fu: quando James gli passò vicino una figura nera fece cadere qualcosa nel tentativo di nascondersi. James cercò di prenderlo, ma questi fuggì verso la porta aperta, dalla parte opposta, apparentemente libera. Apparentemente.
Non appena varcò l’ingresso una rete si chiuse attorno di lui, sollevandolo a tre piedi da terra. La luce esterna del magazzino si accese, illuminando tutto quasi a giorno. cinque figure si fecero avanti: Mike, Maddie, Hun, Spike e Jeremy Donald. James aveva voluto rimaner a casa di Smith per dare un’occhiata a Tommy.
“Vediamo chi è il nostro teppistello” disse Hun, sorridendo da dietro una nuvoletta di fumo di sigaro.
“Cos… Danny?” esclamò il proprietario dello zoo.
“Papà… perdonami” rispose il ragazzetto ingabbiato dentro la rete.
“Perché lo hai fatto?” chiese il padre.
“Eri sempre via, speravo che senza lo zoo avresti avuto più tempo da passare con me… “ si giustificò il figlio, rassegnato e un po’ pentito di quello che aveva fatto.
“Ah beh…” commentò Maddie a bassa voce.
Spike mollò la corda, librando il ragazzetto, che abbracciò in lacrime il padre.
“Ti prometto che d’ora in poi staremo sempre insieme”
“A scuola no, però, eh!” disse Danny scherzosamente ed entrambi risero.
Anche l’A-Team non poté far a meno di sorridere davanti a quella tenera scenetta, Spike compreso.
 
***
 
“Grazie, arrivederci!” disse James sorridendo a due clienti in uscita. Era la loro ultima giornata al servizio di Jeremy Donald. I clienti erano aumentati esponenzialmente negli ultimi giorni, lo zoo sembrava tornato ai regimi di prima. Anzi, ancora più di prima.
Una volta giunto l’orario di chiusura si riunirono tutti all’ufficio dello staff per brindare insieme. C’erano l’A-Team, i nuovi dipendenti, il proprietario e suo figlio. Jeremy stappò una bottiglia di vino e la distribuì a tutti, tranne al figlio e a Mike che chiesero del succo di frutta e a Spike e a Tommy che invece bevvero un bicchierone di latte fresco.
“Brindiamo insieme al nuovo futuro dello zoo!” annunciò il proprietario.
“Sì! Al futuro del futuro del presente!” aggiunse Mike, facendo ridere tutti i presenti.
 
  
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