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Autore: kirlia    03/10/2012    4 recensioni
Nessuno si è mai chiesto come Franziska affrontò la morte di Manfred von Karma? 
E se avesse bisogno dell'aiuto di qualcuno per riprendersi dal dolore della perdita di un padre, anche se non è mai stato presente per lei? E se quel qualcuno fosse proprio herr Miles Edgeworth?
Dal capitolo 18: 
Sapevo che la presenza della nipotina avrebbe cambiato molte cose nella mia vita. Anzi, in effetti, stava già succedendo: mi sentivo meglio, quando ero con lei, non avvertivo il peso opprimente delle mie responsabilità e del mio cognome. Mi sentivo semplicemente me stessa. 
Spesso succedeva anche quando ero in presenza di lui, ma non volevo ammettere che mi tranquillizzasse. Lui mi destabilizzava.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franziska von Karma, Miles Edgeworth
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Perfect for Me'
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Capitolo Quattro - Undisclosed Desires

“I know you’ve suffered,
But I don’t want you to hide,
It’s cold and loveless,
I won’t let you be denied

Soothing,
I’ll make you feel pure,
Trust me,
You can be sure

I want to reconcile the violence in your heart
I want to recognize your beauty is not just a mask,
I want to exorcise the demons from your past,
I want to satisfy the undisclosed desires in your heart”

Undisclosed desires.


{Miles Edgeworth}

Era chiaramente sconvolta dalla morte di suo padre.
Inutile che lo negasse, in un modo o nell’altro era legata a lui e stava soffrendo per la sua perdita. Non negavo perfino io che ero stato vittima della sua sete di perfezione, di aver rabbrividito a vedere quella scena: la morte del mio peggior nemico.
Vendetta era stata compiuta, così mi ero detto, ma sentivo, anzi ero certo, di non essere venuto ad assistere solo per togliermi questo peso dal cuore. Non volevo ammetterlo, non lo avrei mai accettato, ma sapevo che in realtà ero venuto per lei.
Franziska.
Lei che avevo immaginato sola, in quella sala, ad assistere a quell’atrocità. Lei che sapevo avrebbe sofferto troppo e che non avrebbe avuto una spalla su cui piangere.
E mi ero reso conto che sarebbe stato compito mio essere lì per lei, essere pronto a offrirle un abbraccio e un conforto e portarla via da quell’orrore prima che ne rimanesse stravolta. Ecco perché ero venuto a vedere la morte del mio maestro, la vera ragione era lei.
Sospirai leggermente mentre preparavo la cena di quella sera e pensai a quella ragazza così fragile ma al contempo così forte che in quel momento era nella camera accanto, nel bagno, a cercare di rilassarsi. Speravo che la mia presenza non la infastidisse troppo, e speravo si riprendesse presto da quest’ulteriore trauma che aveva subito.
Mi sfuggii un sorriso quando ripensai a come aveva cercato di imporsi su suo padre durante la nostra ultima visita in prigione. Ci aveva provato, era stata talmente coraggiosa persino da deriderlo. E io non avevo non potuto guardarla stupito dal suo atteggiamento e allo stesso tempo, in effetti, molto orgoglioso di lei. In quel momento, stava rinnegando ciò che era stata per tutta la vita, ciò che la portava ad essere il più simile a lui possibile. Aveva per un attimo rinnegato il credo dei von Karma, anzi gliel’aveva persino sbattuto in faccia, facendogli notare in quale modo scorretto quel mostro l’avesse perseguito.
Sentii un leggero gemito, seguito da un singhiozzo, subito interrotti prontamente. Forse stava piangendo ricordando le scene di quel pomeriggio.
Guardai gli abiti stesi lì, su una sedia della cucina, che ancora non si erano asciugati. Beh, forse avrei dovuto aspettare ancora un po’ prima di prenderli e lasciarglieli davanti la porta della camera da bagno. E poi non volevo disturbarla, non mentre piangeva o ripensava all’accaduto.
Anche la frusta era lì in cucina insieme a me, non volevo immaginare a cosa avrei potuto andare incontro consegnandogliela in quel momento. Era meglio che la tenessi io. E poi non si era nemmeno accorta di averla lasciata nella stanza della sedia elettrica… doveva essere davvero fuori di sé.
Scossi il capo cercando di liberarmi da quei pensieri, poi concentrai tutta la mia attenzione sulla cucina. Avevo in mente di fargli trovare una bella cenetta, speravo di addolcirla e rallegrarla un po’ almeno con questo. Speravo che potesse restare con me quella sera, in fondo nemmeno io me la sentivo di restare da solo…
All’improvviso sentii un tonfo, poi dei passi rapidi e infine una voce strozzata e spaventata che gridava.
«MILES!!!» Era Franziska! Che cosa stava combinando?!

Corsi dirigendomi subito verso il bagno, ma trovai la porta aperta e la stanza deserta, poi sentendo alcuni suoi urletti spaventati seguii la voce fino alla mia camera da letto.
La mia stanza… ma che ci faceva lei lì?
La scena che mi si parò davanti era di certo una delle più strane che avessi mai visto: la povera Frannie stava in piedi sul mio letto, ancora con i capelli bagnati, stringendosi addosso un piccolo asciugamano bianco e cercando di evitare in tutti i modi di essere avvicinata dal mio grosso labrador. Oh, dovevo immaginarlo che sarebbe finita così!
«Miles!! Dieses Ungeheuern wird versucht, mich zu essen! Hilfe! Rette mich! [Questo mostro sta cercando di mangiarmi! Aiuto! Salvami!]» disse tutto d’un fiato in tedesco, il che voleva dire che era talmente spaventata da non riuscire nemmeno a chiedere aiuto in inglese.
Saltellava in modo talmente buffo sul letto che non potei fare a meno di starla a guardare per alcuni secondi senza fare niente. Il mio cane, d’altro canto, sembrava trovarla divertente e cercava in tutti i modi di farla strillare fingendo di inseguirla. In realtà Pess era un angioletto, non avrebbe mai fatto del male a nessuno. 
«Miles!! Nimmt den Hund! [Porta via quel cane!]»
Sbuffai a ridere al suo ennesimo grido e lei mi guardò con un’espressione terribile. Se gli sguardi potessero uccidere in quel momento sarei stato fulminato sul colpo.
Riprendendomi improvvisamente grazie alla sua occhiataccia, presi il mio cane per il collare e lo feci stare giù. «Dai Pess, il divertimento è finito. Lascia stare Franziska, potrai giocare con lei più tardi, d’accordo?»
Il cucciolo sembrò ascoltarmi con attenzione e si mise seduto a fissarla con una scintilla divertita negli occhi. Scommisi che si stava divertendo davvero un mondo, nessuno aveva mai reagito così vedendolo prima d’ora, doveva essere una cosa nuova per lui.
Alzai lo sguardo per incontrare quello della mia sorellina, che adesso sembrava pietrificata: non riuscivo a capire la sua espressione, mentre mi guardava stringendo ancora più forte l’asciugamano attorno a sé. Mi mordicchiai il labbro inferiore mentre non potei fare a meno di fissarla.
In quel piccolo asciugamano sembrava così bella! I capelli ancora bagnati facevano risplendere il color cielo dei suoi occhi, per non parlare delle sue gambe così snelle, così sensual… Oh! Ma che mi prendeva?! Stavo davvero pensando quelle cose? Di Franziska?!
«Herr Miles Edgeworth! Smettila di fissarmi!» sbottò lei, che nel frattempo sembrava essere arrossita e cercava in tutti i modi di coprirsi e nascondersi ai miei occhi. A quanto pare doveva essersi accorta del mio sguardo tutt’altro che innocente. Accidenti a me, non era proprio il momento di trovarsi in una situazione del genere!
Scossi la testa, cercando di liberarmi di quei pensieri tutt’altro che giusti nei suoi confronti. Ero un po’ stupito dal mio comportamento: non mi era mai successo di soffermarmi a pensare a lei in quel senso, e credevo che non sarebbe mai successo. Insomma, lei era più o meno mia sorella, non si può guardare una sorella in quel modo!
Non ebbi il tempo di replicare per cercare di discolparmi, che Pess le abbaiò contro, giocoso, e lei fece un passo indietro con un urletto strozzato.
«Porta quel… quella cosa lontano da qui!» ordinò, senza darmi modo di rispondere. Portai il cane nello studio e lì lo chiusi a chiave, scusandomi con lui e facendo nota mentale di liberarlo appena possibile. A Pess non piaceva stare chiuso per tutta la notte in una sola stanza, tendeva a distruggerla.
 
Quando tornai alla camera da letto non la trovai più lì, e mi resi conto che probabilmente era andata in cerca dei suoi vestiti… infatti, tornato in cucina, la trovai vestita di tutto punto e con i capelli solo leggermente inumiditi.
La guardai con un mezzo sorriso, chiedendomi se la mia occhiata l’avesse messa davvero a disagio. Non volevo certo che si spaventasse e fuggisse via tornando nella sua fredda magione in Germania avvolta dalla neve.
Lei si voltò verso di me esibendo uno dei suoi migliori sguardi da perfetta von Karma e dicendomi «Non sapevo che avessi un Hund [cane], herr Miles Edgeworth.»
Oh bene, era tornata a chiamarmi per nome e cognome, questo non poteva essere un buon segno.
«A Pess piace solo giocare, Franziska. Non aveva alcuna intenzione di divorarti, te l’assicuro» sorrisi divertito. Non sapevo che avesse così paura dei cani, era stata una scena davvero divertente quella in camera da letto. Proprio per questo lei invece la odierà a morte, già lo sapevo.
Fece schioccare la frusta, facendomi arretrare di un passo per evitarla, poi carezzandola rispose «Se avessi avuto con me la mia fidata frusta, mi sarei subito liberata di quel tuo cane. Non credere che mi fossi davvero spaventata, herr Miles Edgeworth! Io non ho paura di niente!»
Okay, era irritata. Davvero arrabbiata. Avrei dovuto pensare a Pess in tempo per evitare questa tragedia… Ma ormai il danno era fatto, e mi dissi che era meglio cambiare strategia.
Mi avvicinai al bancone da cucina e sperai che fosse tentata dalla cena che stavo preparando.
«Sai, stavo cucinando per la prima volta un certo piatto… e mi sarebbe piaciuto avere un parere da un’esperta.»
Lei mi guardò alzando un sopracciglio, cercando probabilmente di capire qual era il mio scopo e perché avevo intrapreso questo discorso. «Si tratta di una torta tipica tedesca» aggiunsi subito dopo, e notai subito la sua reazione stupita e un po’ lusingata. Sapevo che l’avrei attirata con un dolce tipico del suo paese, la conoscevo bene e sapevo che era il suo punto debole.
«Mi stai chiedendo di restare per cena, Miles?» disse piano, rilasciando un po’ la presa sulla sua frusta, che adesso non sembrava più sul punto di colpire.
Le sue labbra si erano mosse in modo impercettibile formando un sorriso, e mi aveva chiamato solo per nome. A quanto pare ero riuscito a corromperla.

La serata fu tranquilla, mangiammo in un silenzio senza nessuna tensione, il suo unico commento scortese nei miei confronti fu «I miei domestici sanno preparare questa torta molto meglio di te, sciocco».
 Mi sentivo bene, in sua presenza, come se avere Frannie qui con me mi rendesse felice, come se con lei mi sentissi finalmente completo. Riuscivo a dimenticarmi del mio passato quando la vedevo, il che era davvero una contraddizione, considerato che lei è sempre stata parte del mio passato, e io del suo. Ma era davvero così.
Quella sera sembrava abbastanza convinta di poter restare anche dopo cena, era facile convincerla. Guardammo persino un film insieme, cosa che non facevamo da… No, mi correggo, cosa che non avevamo mai fatto. Da piccoli infatti, il signor von Karma non ci permetteva di guardare la televisione.
Si trattava di un film ricco di investigazione e con un caso da risolvere, quale programma migliore di questo per sfidarla a risolvere gli enigmi e trovare il colpevole? Peccato che Frannie non lo scoprì mai, visto che a circa metà del film, sentii la sua guancia sfiorarmi la spalla: si era addormentata.
Doveva essere sfinita, quanto aveva dovuto sopportare quel giorno? Le urla di dolore di suo padre riecheggiavano ancora nella sua mente sconvolta? Avrebbe dormito bene?
La presi in braccio, facendo attenzione a non svegliarla, o chissà che reazione avrebbe avuto. Non volevo che si spaventasse o si arrabbiasse fino a decidere di andare via quella notte stessa. Non mi ero ancora deciso a lasciarla andare. Io non volevo perderla.
Quella consapevolezza mi fece sorridere e rattristare allo stesso tempo, perché sapevo che lei se ne sarebbe presto andata, che mi piacesse o no. Mi avrebbe lasciato qui negli Stati Uniti e sarebbe tornata in Germania, ad aumentare il suo record di vittorie perfette. Oh, Frannie, se solo ti rendessi conto che la vittoria non è così importante…!
La portai in camera mia, non avevo altri letti a disposizione, e la poggiai delicatamente tra i cuscini. La mia sorellina sembrava così serena in quel momento, molto diversa da come l’avevo vista quel pomeriggio, nervosa e spaventata, e poi addirittura sconvolta e in lacrime durante l’esecuzione.
In un istante mi ripromisi che non l’avrei più vista soffrire in quel modo. Avrei fatto di tutto per renderla felice, mai più avrebbe avuto quell’espressione piena di dolore.
Era mio compito fare in modo che tutto ciò non accadesse mai più.

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Il mio angolo:
Premesso che mi sono divertita tantissimo a scrivere questo capitolo, specialmente una parte (indovinate? XD), volevo dirvi che il mio non è vero tedesco, anche perché ho dovuto usare Google traduttore e non ho una minima conoscenza di questa lingua, anche se la adoro *-*
Mmhh, okay non ho nient'altro da dire per oggi, spero in tante belle recensioni come solo voi siete capaci di scriverne!
Un bacione,
Kirlia <3

   
 
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