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Autore: Purple_Rose    03/10/2012    4 recensioni
Cosa succede quando si mettono insieme i personaggi di Inazuma Eleven, Inazuma Eleven Go e un gruppetto di OC in una città chiamata Inazuma?
Me lo chiedo anche io! Ed ecco una possibile risposta!
P.S. ho ricevuto tutti gli OC che mi servivano, grazie!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una giornata al Luna Park (parte 2)
 

 -Andiamo, non fare così...-
-Lasciami stare!-. Haruhi guardava Shirou con comprensione, senza tuttavia riuscire a nascondere una risatina che prepotente le saliva alle labbra. I due se ne stavano seduti su una panchina e, mentre una manteneva un viso allegro, l’altro nascondeva il suo chinandosi in avanti e puntando i gomiti sulle cosce:
-Non è niente di che!-
-Lo dici solo per farmi stare meglio! E non ci stai riuscendo!-. L’albino alzò un poco gli occhi, rivelando un viso rosso e uno sguardo a metà tra il disperato e l’arrabbiato:
-Ma dai, non è successo niente!-
-Ah sì? Quante volte ti è capitato di... di... di...-. Il suo viso si accese di tonalità:
-... di... di... di vedere un ragazzo svenire per la paura sul vagone delle montagne russe???-. La blu trattenne a stento una fragorosa risata, che si ridusse ad un mugugno. Davvero non riusciva a non riderci sopra:
-Eddai... non ti... preoccupare... su...-
-... guarda che lo so che ti viene da ridere-. Haruhi non riuscì più a trattenersi e scoppiò in una fragorosa risata, lasciando cadere la testa indietro fino a ridursi quasi in lacrime. Il ragazzo sospirò, sorseggiando lievemente la fresca lattina di tè che teneva in mano. Sorrise un poco; in fondo, vista da altri, poteva davvero essere una scena divertente.
Erano da poco scesi dalle vertiginose montagne russe del Luna Park, dove Shirou aveva chiaramente manifestato una certa fobia a quella giostra perdendo i sensi verso la fine del giro. E sapere che invece Haruhi era solita a provare tutte le attrazioni più rapide e all’apparenza terrificanti lo aveva fatto sprofondare nella vergogna. Se uniamo il fatto che non erano gli unici sul vagone, quindi la blu non era l’unica a riderci sopra, il risultato era che il povero Fubuki aveva solo voglia di seppellirsi sotto terra e non uscire mai più.
Oramai nessuno dei due si ricordava che l’obbiettivo iniziale era controllare Atsuya: bastava che fossero insieme e tutto attorno a loro si dissolveva come d’incanto, ora che sostavano tranquillamente su una delle panchine del parco di divertimenti.
Haruhi alzò lo sguardo. Il cielo era di un meraviglio e limpido blu che faceva da sfondo a dei lievi sbuffi di bianco e ad un sole luminoso, che non si risparmiava a irradiare tutto ciò che incontrava con i suoi caldi raggi. Sorrise, chiudendo gli occhi e godendosi il suo lieve tocco caloroso. Ora sì che si ragiona! Finalmente un bel sole come dico io! Il mio umore è a mille! Rivolse un allegro sguardo al compagno:
-Comunque, se avevi paura della velocità e dell’altezza, potevi dirmelo prima di salire...-. L’albino si grattò la guancia, imbarazzato. Mai avrebbe ammesso che erano proprio lei e i suoi occhi dorati e irresistibili ad averlo fatto cedere:
-Beh, al momento non ci ho pensato...-. Anche lui posò gli occhi su quella superficie celeste, più volte chiudendo gli occhi per sfuggire alla fastidiosa luminosità del sole, che quel giorno sembrava davvero inesauribile. Mai come in quel momento sperava che arrivasse pomeriggio e che il mattino si fondesse con la sera. Certo che oggi fa un caldo incredibile! Non è come ad Hokkaido... non è come a casa... Abbassò lo sguardo, facendosi malinconico:
-Non è vero-. La blu la guardò interrogativa, notando quello sguardo uggioso riflesso negli occhi grigi:
-Che cosa?-
-Non ho paura di andare veloce-. Un altro risolino uscì a tradimento dalla sua bocca. Gli posò una mano sulla spalla, facendosi comprensiva:
-Non devi far finta, non c’è niente di male ad aver paura!-. Con un gesto delicato Shirou si liberò di quel contatto, sospirando e fissando attentamente il cielo:
-... anche lo snowboard è uno sport in cui si va molto veloci-. Haruhi si fece interessata, avvicinandosi un poco al compagno:
-Fai snowboard?-
-Facevo. Chiaramente, qui a Inazuma non è possibile farlo-. La blu alzò il sopracciglio, perplessa. Le era capitato una volta di praticare quello sport, era dannatamente difficile e per di più la tavola viaggiava a velocità notevole, scivolando rapida sulla neve:
-Ma allora perché ti spaventano le montagne russe?-
-Perché... non sono innevate-. La ragazza rimase a bocca aperta. Poi, improvvisamente, scoppiò a ridere, lasciando l’altro stranito e lievemente imbarazzato:
-Non posso crederci! È tutto qui?-. Shirou sorrise, arrossendo un poco. Chiuse gli occhi, vedendosi passare davanti il manto bianco della sua terra natale. Gli parve addirittura di sentire il gelido clima che da sempre lo caratterizzava:
-Vedi, io e i miei fratelli abbiamo sempre vissuto in mezzo alla neve, è il nostro elemento naturale, l’unico luogo in cui ci sentiamo veramente a casa. Fin da quando ero piccolo i miei piedi sono sempre sprofondati in qualche cumulo bianco, era un’abitudine. Per questo quando sfreccio con la tavola non mi preoccupa la velocità con la quale sfreccio, è irrilevante. Avere tutto quel biancore attorno a me in qualche modo mi conforta, mi rassicura, mi fa sentire bene...-. Haruhi rimase ammirata. Mai avrebbe pensato che Shirou avesse un tale pensiero. Che tipo... interessante...:
-... ti manca Hokkaido?-
-Mentirei se dicessi di no...-. Scostò lo sguardo dalla volta celeste, incrociando quello dorato di Haruhi, che non gli staccava minimamente gli occhi di dosso:
-Però Inazuma mi piace, è un bella città! E poi la Raimon mi ha fatto conoscere tante persone speciali!... come te...-. L’albino arrossì completamente. Haruhi sorrise dolcemente:
-Quindi credi che io sia speciale?-
-Beh... certo-
-Grazie Shirou!-. Rapida la blu gli mise le mani attorno al collo, posando un lieve bacio sulla sua pallida guancia. Il Fubuki spalancò gli occhi per la sorpresa, mentre la mente gli si annebbiava improvvisamente e i pensieri si facevano confusi. Mi ha... dato... un bacio...:
-Coraggio! Voglio provare qualcos’altro! Niente Montagne Russe, promesso!-. Si sentì trascinare per mano e, senza accorgersene, si ritrovò a correre insieme ad Haruhi. Ancora intontito la guardò, addolcendo lo sguardo. È così... bella... e speciale... e allegra... e intelligente... e imprevedibile e... Haruhi... io... mi sono innamorato di te.
E mentre la blu iniziava a parlare allegramente com’era suo solito fare, l’albino chiudeva gli occhi, beandosi del calore che la sua mano riceveva da quella della ragazza.
 
-... Yukimura... ti prego... dimmi che sai dove stiamo andando!-
-E che ne so?-
-Ah, perfetto...-. In un insolito edificio due ragazzi parlavano animatamente tra di loro. Sui loro visi, tuttavia, vi erano dipinte due espressioni a metà tra l’infastidito e il confuso, chiaramente l’opposto dello spensierato. Ergo, quei due stavano girando a vuoto in una giostra molto comune a riguardo: la casa degli specchi.
Swan si guardava perennemente intorno, imboccando distrattamente una via e cercando di capire se quella era una via d’uscita o l’ennesimo vicolo cieco. Dopo qualche secondo, il suo naso dolorante le fece capire che la seconda ipotesi era quella giusta.
Il blu accorse all’istante:
-Tutto bene?-
-Mi sono persa in una stupida giostra piena di specchi e sono andata a sbattere contro uno specchio, quindi... no, non va bene-. Yukimura ridacchiò nervosamente, cercando a tutti i costi di nascondere un’espressione avvilita che più volte cercava di prendere posto sul suo viso. L’appuntamento che tanto aveva bramato si stava rivelando un fallimento, ormai era passato parecchio da quando erano entrati nella casa. Prese una grossa boccata d’aria, puntando uno sguardo deciso in avanti.
Troverò una via d’uscita! Il nostro appuntamento non può finire così!... da amici... sì...:
-Coraggio, adesso troviamo l’uscita e...-
-No, lascia stare, la trovo da sola!-. L’azzurra si riprese dal dolore, marciando imperterrita in avanti senza sapere effettivamente dove stava andando.
Riuscirò ad uscire da qui! Il nostro appuntamento non può finire così!... da amici... sì...:
-Aspettami, almeno!-
-No, senti, è meglio se ci dividiamo. Almeno abbiamo più possibilità di uscire da qui!-. Yukimura so grattò la testa, dubbioso. Non gli sembrava il massimo come idea:
-Guarda, non è che non mi fidi, ma se nessuno dei due esce ci ritroveremo ancora di più nei guai! E poi... Swan!-. Troppo tardi. L’azzurra aveva già imboccato un altro vicolo strapieno di specchi. Il ragazzo era rimasto solo, terribilmente solo. Oh no... okay! Devo stare calmo! Devo stare calmo! Ora... trovo l’uscita... e tutto si risolverà al meglio!
Prese a camminare, cercando di scampare all’illusione che gli specchi davano a lui. Più di una volta vide la sua immagine proprio davanti a lui, poi alla sua destra, poi alla fine del corridoio e poi... attaccata alla sua faccia, poiché vi era andato a sbattere. Sbuffò sonoramente, iniziando a correre:
-Maledizione! Tu vuoi invitare una ragazza ed ecco cosa ti succede! Non è possibile!-. Cercò in tutti i modi di evitare di ritrovarsi un nuovo bernoccolo in faccia, sorprendentemente riuscendoci. Intanto si malediceva di essere entrato lì dentro. Ma che cosa mi è saltato in mente? Una casa degli specchi? Quando mai ad un appuntamento si va in una casa degli specchi? Sono uno stupido!
Era così preso ad insultarsi da solo che non si accorse dell’ennesimo angolo dietro al quale svoltò. Peccato che non era l’unico...:
-AH!!!-. Lo scontro fu inevitabile e Yukimura, senza capirci niente, finì addosso ad una persona. Chiuse istintivamente gli occhi, percependo un corpo sotto di lui. Ma gli bastò scoprire appena le iridi per incrociarne due grigie:
-Swan...-. Infatti la ragazza era proprio sotto di lui. E come se non bastasse, era anche a pochi centimetri dal suo viso. Entrambi arrossirono all’istante, resosi conto della situazione assurda in cui si trovavano. I loro occhi si incrociarono e si ritrovarono gli uni immersi negli altri.
Ha degli occhi... così belli...
Che splendidi occhi...
Yukimura deglutì impercettibilmente, sentendo il respiro dell’azzurra contro il suo viso.
Quanto avrebbe voluto colmare quella distanza.
Quanto avrebbe voluto unire le loro labbra tra di loro.
Quanto avrebbe voluto baciarla.
Ma non poteva, anche se lo voleva. Eccome se lo voleva!:
-S... scusa...-
-Niente... figurati...-. Si alzò con calma, interrompendo quel legame che sentiva di aver creato. La Fubuki ancora non ci credeva di essere stata così vicina al suo principe azzurro. Sorrise di nascosto. Tutto sommato, quell’appuntamento non era un totale fallimento:
-Allora... nessuno uscita?-. Afferrò la mano offerta dal ragazzo per rialzarsi, ancora lievemente intontita:
-Ehm, no...-
-Pazienza, rimettiamoci a cercare. Meglio se stavolta rimaniamo uniti!-. L’azzurra prese possesso della mano del ragazzo, facendola sua e lasciandolo con un palmo di naso. Presero a camminare con le mani intrecciate tra loro, intenti a scambiarsi di nascosto sguardi innamorati.
Peccato che la strada che avevano scelto portava esattamente da dove avevano iniziato...
 
Sebbene l’atmosfera del Luna Park fosse delle più allegre, qualcun sembrava non bearsene...:
-... Atsuya... Atsuya, è da ore che cerchiamo tua sorella! L’abbiamo persa, tutto qua!-. Una coppietta di ragazzi si avventurava sperduta tra le giostre colorate che li circondavano:
-Non l’abbiamo persa! Sto seguendo le tracce!-. Uno dei due, quello dai capelli rossicci, teneva in mano una grossa lente di ingrandimento costantemente puntata verso il terreno, come per captarne ogni minimo spostamento. La bionda in parte non sembrava esserne contenta.
Da parecchio quei due giravano per il parco di divertimenti a vuoto, in cerca della “pulzella in pericolo”, che aveva preso posto come problema principale nella mente dell’albino, eppure di lei non vi era la minima traccia, come se si fosse volatilizzata.
Mizuka sbuffò sonoramente, fissando il Fubuki quasi fulminandolo. Mai avrebbe ammesso che aspettava il momento di rimanere un po’ sola con lui da tanto, ma ugualmente mai avrebbe cercato in tutti i modi di attirare la sua attenzione. Aveva pur sempre il suo orgoglio!
Continuarono a camminare per diverso tempo, sotto il sole che perennemente arrostiva le loro teste. Appena la bionda rallentò un momento per riprendere fiato, i suoi occhi azzurrini caddero su un’attrazione in particolare: il tiro a segno. Per la testa le passò un’idea che la fece sorridere un modo quasi diabolico. È il momento di abbassargli un po’ la cresta...:
-Atsuya! Ti va di fare una partita?-. Il Fubuki si voltò disinteressato, rinunciando a malincuore a continuare le ricerche. Appena notò l’oggetto dell’attenzione della ragazza rabbrividì. Non... non vorrà mica che faccia il tiro a segno! Ma io sono una schiappa in quello! Non ho per niente mira!:
-Ehm, io vorrei continuare a cercare mia sorella...-. Prese a ridacchiare nervosamente. Mizuka fece un gesto di noncuranza, mantenendo il sorriso:
-Ma dai! Sono certa che sia ancora qui! E sarà ancora qui quando finiremo di giocare! Coraggio!... mica hai paura, vero?-. L’albino si raddrizzò di colpo, gli occhi infuocati:
-Fubuki Atsuya non ha mai paura! MAI!!!-
-Bene, allora alle armi!-
-... va bene...-. Riluttante prese tra le mani la pistola di plastica che la titolare del gioco gli aveva offerto. Iniziò a puntarla, scoprendo che non riusciva a tenerla ferma:
-Che c’è? Hai le mani che tremano!-. Nelle mani della bionda, invece, l’arma sembrava davvero un reperto di guerra. Nascose con la palpebra una delle iridi celesti per prende la mira e, dopo un tonfo, uno dei barattoli ebbe ciò che si meritava. E così furono i successivi due, tre, quattro, cinque... fino ad arrivare a quindici.
Atsuya più volte tentò di sparare, ma ogni volta il colpo andava a vuoto. Sentiva addirittura che quei barattoli si burlavano di lui. Sto diventando un tantino paranoico... giusto un tantino...:
-Serve aiuto?-
-NO!!!... sì-
-Vieni, Ernesto Sparalesto, ti faccio vedere-. Mizuka lo raggiunse alle spalle, posando le sue mani su quelle tremanti dell’albino. Questo sobbalzò, arrossendo lievemente. Sentiva il respiro della ragazza sul suo collo, molto vicino. Troppo vicino:
-Devi tenere ferma la pistola, così prendi bene la mira!-. La bionda strinse la pistola e le mani del ragazzo, al quale la mente faceva brutti scherzi e gli impediva di pensare normalmente come di prestare attenzione. Il colpo netto che ne uscì lo fece rinvenire, tanto da accorgersi che uno di quegli antipatici barattoli era andato a far compagnia agli altri.
La titolare indicò i premi a Mizuka, che scelse un orsacchiotto dalla maglietta bianca e un ciondolo a forma di cuore. Entrambi, poi, si diressero verso una panchina:
-Beh? Non è stato divertente?-
-Uno spasso... peccato che io abbia una mira schifosa!-. La bionda ridacchiò:
-Non sei andato male! Hai salvato dei barattoli in via di estinzione!-
-Certo, come no... carino l’orsacchiotto, comunque-. L’albino accarezzò appena l’animale peloso, sentendo il pelo morbido sulle sue dita:
-Non sapevo cosa prendere, ma questo mi piace!-. Atsuya sorrise alla bionda. Stava insolitamente bene con lei, senza saperne il vero motivo:
-... ma... il ciondolo è al contrario!-. La bionda controllò e dovette dargli ragione: il ciondolo dell’orso era stato capovolto per chissà quale ragione. Bastò girarlo per rivelare una scritta: I Love You. Una frase semplice, ma che diede un insolito capogiro al Fubuki:
-Che hai? Va tutto bene?-
-Sì... sì, sto bene-
-Perfetto! Sta attento all’orsacchiotto, vado a prendere dello zucchero filato!-. Non appena vide Mizuka abbastanza lontana, Atsuya si soffermò con lo sguardo sulla scritta, il cuore palpitante. I Love You... significa ti amo... che sia questo ciò che provo per Mizuka? Io la amo? Ma la conosco da poco tempo! Non è possibile!... però... questo spiega come mai mi sento così strano insieme a lei. La trovo carina, simpatica, sportiva, persino litigare con lei mi fa stare bene! Che sia questo essere innamorati?... forse è così, dopo tutto. Un sorriso radioso proruppe dalle labbra del ragazzo, come se fosse stato baciato dalla più grande delle fortune. Io... innamorato... non suona male!:
-Ecco qua!-. Alzò lo sguardo per incrociarne uno azzurrino. Gli occhi della ragazza che aveva scoperto di amare e che portava con se due vaporosi stecchi di zucchero filato rosato:
-Com’è che sei così contento? È successo qualcosa?-
-... diciamo di sì...-
-In ogni caso dovevi dirmelo se non eri capace di tirare a segno! Sei un tantinello scarso!-. Atsuya arrossì di botto, chinando il capo e facendo scoppiare a ridere la bionda. Subito affogò la vergogna in quella nuvola rosata, nascondendo in essa un sorriso.
Farei di tutto per sentirti ridere così.
 
Mentre varie coppie si divertivano del colorato scenario del Luna Park, una ragazza vagava senza meta tra una giostra e l’altra, l’aria serena e sorridente. Una ragazza dai capelli mori, gli occhi grigio sfumato d’azzurro e un’insolita voglia a forma di fulmine sotto l’occhio destro: Alexia.
Chissà cosa starà facendo Mizuka assieme ad Atsuya... L’occhiata che mi ha lanciato si intendeva piuttosto bene! Si vede che sono fatti per stare assieme!
Ridacchiò appena, avvicinandosi ad un chiosco e acquistando una bibita fresca. La stappò con un gesto secco, lieta finalmente di sentire un po’ di freschezza in quella giornata assurdamente soleggiata e luminosa, che la portò a finirla immediatamente. Riprese poi a camminare, guardandosi in giro e senza smettere di sorridere. L’atmosfera di quel luogo era contagiosa!
Improvvisamente gli arrivò alle orecchie il pianto di una bambina, che la scosse notevolmente dal suo piacevole torpore. Individuò l’origine all’istante: una bimba probabilmente di sei anni, dal candido vestito rosato e dai capelli biondo dorato, raccolti in due graziose codine. Se ne stava vicino alla casa degli specchi, gli occhi luccicanti di lacrime continue e il corpo scosso da continui singhiozzi.
Alexia rimase a guardarla, immobile, quasi sconvolta. Per un momento, l’immagine di una bambina mora si sovrappose a quella della biondina, accanto alla quale si stagliava un autobus. Scosse violentemente la testa per liberarsi dell’immagine, avvicinandosi piano e sorridendo amichevolmente. Si abbassò all’altezza della bambina:
-Ciao-. Questa smise per un momento di piangere, concentrando la sua attenzione sulla persona che aveva davanti e rivelando due grandi occhioni color nocciola. Tirò su col naso per l’ennesima volta, asciugandosi lentamente le lacrime:
-Ciao...-
-Perché piangi?-
-Perché... perché non trovo la mia mamma!-. Due fiumi di acqua salata sgorgarono nuovamente dai due occhi, rigandole il viso e armonizzandosi con vari e nuovi singhiozzi. La mora addolcì lo sguardo, facendosi addirittura comprensiva:
-Ti va se ti aiuto a ritrovarla?-. Le due iridi nocciola presero a brillare. Un sorriso ingenuo e radioso prese forma sulle labbra della bimba:
-Davvero?-
-Certo!-. Alexia le porse un fazzoletto, rimanendo a guardarla mentre si asciugava le gocce che rimanevano sul suo candido visino:
-Come ti chiami?-
-... Reiko-
-Bene, Reiko, andiamo!-
-Sì!-. La bambina si afferrò alla mano dell’attaccante, stringendola forte e trascinandola con incredibile tenacia. Le due presero a camminare, mentre Reiko chiamava a gran voce la sua mamma. Una morsa al cuore prese Alexia alla sprovvista. Per un attimo, l’immagine di un autobus aranciato le passò davanti agli occhi, insieme al pianto di una bambina. Una bambina che si ostinava a chiamare i suoi genitori, dai quali non sentiva la minima risposta:
-Eccola là!-. Ma dovette riprendersi: Reika si era già lanciata verso una donna dall’aria enormemente preoccupata, avente gli stessi occhi e gli stessi capelli della bambina. Appena la vide, corse verso di lei, abbracciandola e piangendo per la felicità:
-Reiko! Tesoro! Ero così preoccupata per te!-
-Mamma! Ho avuto tanta paura!-. Alexia, da lontano, non poté fare a meno di sorridere a quella vista così dolce. Si allontanò, senza nemmeno aspettare un ringraziamento. È così bello quando madre e figlia di ritrovano!... vorrei... che allora... fosse stato diverso...
Una punta di amarezza le colorò lo sguardo, in tinta con il triste sorriso che le dipinse delicatamente il viso. Riprese a camminare senza meta, meno serenamente di prima, cercando di scacciare dalla mente il fastidioso rumore di porte d’autobus che si chiudono.
Perché... perché?
 
... ma che ci faccio qui?
Shìn vagava per il Luna Park, sul viso dipinta una strana espressione innervosita. Si era lasciata convincere dai suoi amici che andare al Luna Park sarebbe stata una buona idea per distrarsi dall’imminente semifinale, ma era sola... era dannatamente sola in quel momento.
Certo che in quanto ad orario... sono proprio delle schiappe! È da almeno un’ora che li aspetto! Ma che fine hanno fatto?Come per rispondere alla sua domanda, alle orecchie le arrivò la suoneria del suo cellulare. Ricevette la chiamata da un certo tulipano rosso...:
-Pronto? Nagumo?-
-Ehilà, campionessa! Scusa, ma non posso venire al Luna Park! Ho avvistato una ragazza molto carina, questo viene prima di tutto!-. La mora lasciò cadere la testa in avanti, rassegnata:
-Ho capito, ho capito, le donne prima di tutto! Sta solo attento a non finire nei guai!-
-Nei guai? E quando mai ci sarei finito?-
-Ricordi il compleanno di Alexia? Quando hai regalato ad una sua amica una rosa e l’hai mandata all’ospedale per allergia?-
-... afferrato. Divertitevi, tu, Midorikawa e Shindo, anche senza di me!-
-D’accordo!-. La chiamata si interruppe, mentre Shìn sospirava debolmente. Aveva ancora Midorikawa e Shindo, no? Bastava contare su di loro!
Ma come per smentirla arrivò una chiamata del pianista...:
-Scusa, Shìn, ma mi sono completamente dimenticato che oggi ho lezione di piano! Ti chiamo velocemente, perché devo andare! Sono già in spaventoso ritardo!-
-Ma...-
-Ciao!!!-. E così fu anche per Midorikawa:
-Ho da fare!-
-Che cosa?-
-Da fare!-.E lì si chiuse la telefonata, con stupore della centrocampista. MA CHE DIAMINE FACCIO QUI DA SOLA??? Completamente rassegnata all’idea di passare per un’emarginata sociale, Shìn si avviò verso la prima giostra che vide: una sfavillante e alta ruota panoramica. Scoprendo poi che il vagone era per sole due persone, e attorno a lei vi erano solo coppie innamorate, ridacchiò appena. Ah, capisco... è una giostra romantica... Per questo, quando arrivò il suo turno, le tremò la voce nel dire che era sola nel voler salire. Il titolare della giostra, evidentemente un burlone di quelli alquanto fastidiosi, prese un megafono:
-ATTENZIONE!!! ABBIAMO UNA BELLA MORA SINGLE!!! CHI NON HA UNA COMPAGNA APPROFITTI DELL’OCCASIONE!!!-. Shìn arrossì per l’imbarazzo, tentata di strozzare quel tizio. L’unico single della fila si avvicinò e la mora lo riconobbe all’istante. Capelli rasta, occhialini da aviatore, mantellina. Solo una persona in tutto il mondo andava in giro in quel modo:
-Kidou!-. Il ragazzo sorrise, ringraziando mentalmente il destino che gli fosse capitato almeno una persona che conosceva bene. Salirono entrambi, l’uno di fronte all’altro, mentre il meccanismo della giostra cigolava appena nel partire e li sollevava lentamente in alto.
Shìn si avvicinò al finestrino, sbirciando la fila dove si trovava prima e scoprendola molto più piccola. Sorrise, sentendo che man mano si alzava, man mano le sue preoccupazioni per la semifinale svanivano:
-Allora, Kidou, che ci fai qui? Pensavo che ti avrei ritrovato ad allenarti!-. Il ragazzo diede un occhio fuori:
-Infatti sarebbe stato così, ma ho pensato che in fondo una pausa non fosse qualcosa di così terribile!... piuttosto pensavo di trovarti insieme ai tuoi amici-. La mora ridacchiò nervosamente:
-Diciamo... diciamo che è una storia lunga...-. E senza che se ne accorgesse dalla bocca le uscì tutto. Si stupì nel notare il comportamento di quel ragazzo: era insolitamente calmo e rilassato, eppure sembrava riuscire a ridere e a mostrare sentimenti. Sembra un rebus da risolvere...:
-Sai... volevo sapere... com’è andata... la visita... con quel tipo...-. Shìn rimase di stucco:
-E tu come lo sai?-
-Beh, Alexia non la smetteva di parlarne... “Shìn esce con un biondino d’oltreoceano!” ha detto-. Questa me la paga...:
-Non siamo usciti insieme, dovevo solo mostrargli la scuola! Un giro per ambientarsi!-
-Ah, capisco... meno male...-. La mora alzò il sopracciglio, perplessa:
-Che vuoi dire?-
-... niente-. Improvvisamente l’occhialuto le parve insolitamente distante, come perso nel suo mondo. Prese a guardarlo intensamente, cercando di cogliere un minimo indizio sul motivo di un tale cambiamento.
Non che Kidou non si fosse accorto di quegli insoliti occhi puntati su di lui. Quel silenzio lo stava mettendo in ansia, quello sguardo lo metteva quasi a disagio... Mi sta guardando... mi sta guardando... mi sta guardando... MI STA GUARDANDO!!!:
-Ehm... e com’è... l’americano?-. Spento lo sguardo indagatore, il ragazzo poté rilassarsi un momento. Fuori, la ruota panoramica li faceva salire sempre più in alto, fino ad arrivare al massimo estremo della giostra.
La mente della centrocampista vagò indietro, incontrando il viso di Mark nei suoi ricordi. Il suo sguardo si addolcì e sul suo viso si dipinse un sorriso sognante:
-Che ti posso dire, è un bravo ragazzo! Conosce molto bene il giapponese, non abbiamo avuto problemi ad intenderci, questo mi fa pensare che sia una persona intelligente. Inoltre era cordiale, sembrava interessato alla scuola e a quello che stavo dicendo e...-
-Era... carino?-. La mora arrossì di botto. Sentire una domanda del genere da un ragazzo, no, da Kidou era insolito. Meditò a lungo una possibile risposta: meditò sugli occhi smeraldini dell’americano, suo suoi capelli color del grano maturo, sui suoi lineamenti perfetti, sul suo bel sorriso... Il suo petto prese improvvisamente a scaldarsi e il suo viso a intensificarsi di tonalità purpurea. Ancora quella calda sensazione, e tutte le volte a cui penso a Mark... che sia il destino? Forse sono davvero destinata a questo? Io... lui... mi piace?:
-... penso... credo... sì... sì, era davvero carino!-. Sul suo viso si dipinse un radioso sorriso, che stupì alquanto il ragazzo. Appena Shìn vide il vagone fermarsi si alzò di scatto:
-Grazie, Kidou, ora ho le idee più chiare!-
-Riguardo a cosa?-
-Parlare con te mi è servito a capire i miei sentimenti!-
-D... davvero?-
-Sì! Forse mi piace Mark! Devo scoprire qualcosa di più su di lui! Ciao!-. E rapida la ragazza si fiondò fuori, lasciando il controllore della giostra con un palmo di naso:
-Wow, che ragazza vispa... ehi, ragazzo, è ora di scendere!-
-... farei un altro giro da solo, se a lei va bene-
-Beh, okay, fai come vuoi!-. Nuovamente la giostra riprese a funzionare, portando Kidou sempre più in alto. Alzò lo sguardo, senza più notare la mora seduta davanti a lui. Strinse i pugni, serrando le palpebre cercando di frenare le lacrime.
Stupido... sono solo uno stupido... e sono innamorato di Shìn.
 
-Senti, di’ quello che ti pare, ma non mi sembra il caso di fare una scenata per questo!-
-Non ti sembra il caso? Quel ficcanaso a messo le mani sulle mie cose! Lo sai quanto ci tengo a quel portafogli!-
-Ma ti ha detto che ti è caduto, no? Non ti ci soffermare così tanto!-
-Giuro che se riprova a farlo...-
-Non lo farà, a me sembra un tipo a posto-
-Vorrei vedere te alle prese con un ladro!-
-Che testardo che sei... in ogni caso sono in prossimità di casa, a domani Lance-
-A domani, Goenji-. Il biondo chiuse la chiamata, sospirando. Come al solito Lance ingigantiva sempre ogni cosa, a cominciare da quel fantomatico furto che aveva visto lui e Tenma come protagonisti. Ovviamente l’albino si era lamentato con lui dell’accaduto, perché si sa: chi trova un amico, trova un tesoro... e qualcuno con cui lamentarsi fino allo sfinimento!
In mano sosteneva due sacchi di carta pieni di ingredienti freschi da mercato, che gli davano una certa fatica che tuttavia sopportava. Chiuse gli occhi, godendosi la brezza fresca della sera che faceva da padrona nei dintorni. Il cielo era ormai di quel maestoso blu scuro notturno che avvolgeva tutta la città, punteggiato da mille punti luminosi quali erano le stelle. La luna piena che si poteva ammirare era persino più luminosa del solito, come più pura e più bianca.
In lontananza avvistò casa sua, come sempre illuminata per la sera. Nel viale, davanti ad ogni cancello vi era una piccola luce che illuminava l’entrata. Grazie ad essa Goenji notò che, appoggiato al muretto accanto al cancello di casa sua, c’era un ragazzo. Un ragazzo alto e magro, con le mani dentro le tasche dall’aria strafottente. Gli occhi di un intenso arancio brillavano vividi come una fiamma, sposati alla perfezione con la pelle abbronzata sulla quale svettavano. I capelli rossi erano acconciati in una cresta, di cui parte pendevano davanti ad un occhio.
Il biondo si fermò, osservandolo attentamente. Aveva qualcosa di insolitamente familiare:
-Hai bisogno di qualcosa?-. Il ragazzo sorrise, staccandosi dal muretto e avvicinandosi a passo lento, le mani sempre nelle tasche:
-In effetti sì, sto cercando Shuuya Goenji, l’attaccante della Raimon-. Goenji sobbalzò appena:
-Sono io-
-Oh, lo so che sei tu, ti avevo riconosciuto-
-E allora perché me lo hai chiesto?-
-Volevo sapere se avresti mentito. Evidentemente sei una persona onesta, Shuuya-kun-. L’attaccante assottigliò lo sguardo. Quel tipo iniziava ad innervosirlo, ma continuava ad avere la strana impressione di averlo già incontrato:
-Lo sai che è da maleducati chiamare per nome una persona che non ti conosce?-
-Ma tu mi conosci bene, Shuuya-kun. Non ti ricordi? In effetti, è passato molto tempo... ma non credo che avrai dei problemi a riconoscere... l’Imperatore Drago-. Goenji spalancò gli occhi di colpo, rischiando di far cadere la spesa per la sorpresa. Una serie di ricordi si affollarono nella sua mente senza tregua, fino ad arrivare all’immagine di due bambini sorridenti con un pallone da calcio tra i piedi:
-... Drake...-. Il rosso sorrise compiaciuto, toccandogli appena la spalla:
-Lieto di rivederti, Fuocherello. Comunque non sono qui per una visita di cortesia...-. Si allontanò dall’attaccante, iniziando a camminare verso chissà dove:
-La prossima squadra che affronterete sarà la mia, di cui sono capitano e punta. Ti consiglio di mettere in guardia i tuoi amici, Shuuya-kun. Anche se dubito fortemente che riuscirete anche solo a segnarci un goal-. E rapido svanì nella notte, lasciando il biondo solo con i suoi pensieri.
La sua squadra... allora è così...
Con un gesto meccanico aprì il cancello, mentre un amaro sorriso faceva capolino sul suo volto.
non riusciremo mai a vincere.
 
Ohilà, gentaglia! Comment ça va?
Allora, devo chiedervi nuovamente scusa per averci messo tanto. Non è professionale né ammissibile ritardare tanto, lo so, ma tra l’inizio della scuola e la crisi esistenziale(scherzo XD) che ho avuto non mi sono venute idee geniali, ero in un punto fermo.
Ma sono tornata con un nuovo capitolo!
Qui si gira attorno al genere sentimentale: amore, tristezza, amicizia... quelle cose lì, va bene?
Lo so che avevo detto che Kidou non sarebbe stato innamorato di Shìn ma, sotto richiesta di Melissa, si è deciso per una triangolo Mark/Shìn/Kidou! Quindi sotto ai voti! Chi vincerà?
E per il finale vi ho intrigati? Spero di sì, perché da qui in poi ho tutto in mente!... ce l’avevo anche prima, ma adesso ce l’ho di più!
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito fino ad ora! Mai una mia fic aveva superato le sessanta recensioni! Grazie!
Alla prossima! Ciao!
Purple_Rose 

  
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