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Autore: weitwegvonhier    03/10/2012    2 recensioni
Continuava a sfoggiare quel sorrisino a mezze labbra che, per qualche strano, stupido, irragionevole motivo, mi faceva andare fuori di testa, guardandomi divertito, in attesa della mia prossima stupida, imbarazzante mossa.
- In un caldo giorno d'agosto del 1998 una normale ragazza si scontra con uno sconosciuto per strada e....
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: David Desrosiers, Nuovo personaggio, Pierre Bouvier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A.s Buonasera a tutti. Ho avuto una giornata un po'...come dire, particolare. Sono andata ad un'assemblea di scuola, oggi pomeriggio, per parlare dell'autogestione ed eravamo tipo in 6 o 7 e io e la mia amica non conoscevamo nessuno. Allora non vi dico l'imbarazzo che avevo. Loro parlavano di cose loro, ridevano...e io tipo lì a guardarli come una scema. Hahaha Per di più c'era anche il ragazzo che mi piaceva l'anno scorso, che mi guardava come a dire 'ma questa qui che c'è venuta a fare visto che non spiccica nemmeno parola?'. Vi giuro, è stato uno dei giorni più imbarazzanti della mia vita HAHAH Scusate lo sfogo, ma sono nervosissima e quando sono nervosa inizio a parlare e non la finisco più. Ma a voi non ve ne frega nienteeeee, oddio, scusate, scusate. Hahah Come state voi? Tutto apposto? :3
Io...sto provando ad andare un po' avanti con questa storia ma non so ancora che piega farle prendere...quindi, non so, fatemi sapere ok? :3
Ovviamente ringrazio TUTTI quelli che leggono e commentano, siete meravigliosi, grazie.

Scrivo per scappare dalla realtà e per dire a quelli come me che c’è una via di fuga, che la realtà non fa proprio schifo e che se scegli di restare scegli anche di combattere.
-Bittle Taste, blog su Tumblr

Montreal, January14th, 1999
10.03

Mi avviavo verso gli armadietti per la pausa, colazione di metà mattina.
Stavo morendo di fame, ma sembrava che quella piccola ranocchia dentro di me non la pensasse allo stesso modo, si era messa in testa di farmi dimagrire, a quanto pare, dato che appena prendevo qualsiasi cosa di commestibile tra le mani, dovevo scappare in bagno con l’agitazione di stomaco.
 
-Quella piccola ranochietta sarà la creatura più viziata del mondo.-
-Non pensarci neanche, Pierre. No aspetta, come l’hai chiamata?-
-Ranocchietta.-
-E…perché?-
-Beh, i bambini da piccoli piccoli, prima di nascere, hanno una forma che ricorda molto le rane.- Rise, e gli si illuminò il volto, mentre portava la mano alla mia pancia.
-La nostra ranocchia.- Mi suonava strano. Nostra più che ranocchia, ancora non potevo crederci.
 
Uscii dal bagno completamente sconvolta, quei momenti mi toglievano ogni forza, per di più continuavo a morire di fame e non avevo in corpo neanche la cena della sera prima. Prima o poi sarei svenuta.
Mi portai una mano alla pancia, immaginandomi il suo piccolo corpo ancora non formato, e immaginandomi che potesse ascoltarmi.
Vorresti smetterla, tesoro? Sai che se non mi fai mangiare finisce che ci portano in ospedale tutt’e due, e sai benissimo che a me non piacciono gli ospedali. Ho fame, ti prego, solo una barretta di cioccolato.
Ma l’idea continuava a non piacerle.
Ok, ok, non mangio. Promesso, non mangio niente, ma almeno fammi andare in classe.
Ovviamente ancora non si vedeva niente, e nessuno sospettava niente. Mi godevo gli ultimi tempi da ‘ragazza invisibile’ prima di passare a ‘ragazza incinta’.
-Hey là, mammina!-
Mi voltai di scatto.
-David, mi hai spaventata.-
-Chiedo scusa. Come va con…?-
-Non vuole farmi mangiare. Qualsiasi cosa cerchi di mettere sotto i denti, la simpaticona decide che non è il caso.-
-Tieni.-
-Cos’è?-
-Zucchero.-
-Tu credi che…?-
-Fidati.-
Aprii la bustina che mi aveva passato David e lasciai sciogliere lo zucchero sotto la lingua. Che bello, sostanze nutritive energetiche che passavano direttamente nel sangue, mi sentivo rinascere. E sembrava piacere anche a quella piccola cosetta dentro di me.
David mi portò la mano alla pancia. –La ranocchietta sta bene, mi sembra.-
-Sembra che lo zucchero le piaccia.-
Raggiungemmo insieme la classe di anatomia, per poi iniziare la noiosissima lezione sulle varie tipologie dei tessuti.

13.09

Ero in un grandissimo ritardo per la lezione di psicologia, dovevo incontrare Pierre in classe ma mi ero soffermata troppo in bagno e adesso stavo correndo lungo il corridoio deserto cercando di non ritardare ancora di più.
-Tu!-
No, no, no, non posso fermarmi. Non ho tempo di parlare con lei adesso.
-Non fare finta di non sentirmi, puttanella.-
Respirai profondamente, cercando di non cedere alle sue provocazioni, fermandomi e voltandomi. Tanto ormai ero in super ritardo.
-Che vuoi, Michelle?-
-Quello che mi spetta.-
-Perdonami, ma probabilmente io e te viaggiamo su onde diverse. Non capisco.-
-Pierre.-
Risi.
-Ancora con questa storia? Che c’è, l’acqua ossigenata inibisce le tue capacità intellettive? Mi sembrava di averti già detto e ribadito che io non ho niente a che fare con le decisioni di Pierre, che lui ha un cervello suo, per quanto evidentemente ti sia difficile crederlo, e che prende le sue decisioni da solo, ormai. E’ grande e vaccinato, se hai da chiarire qualche conto in sospeso con lui, non vedo come possa entrarci io e, se non ti dispiace, sono in ritardo, devo andare.-
Mi voltai di nuovo, facendo per ricominciare a correre, quando sentii semplicemente un –non così in fretta, sfigatella da quattro soldi.- per poi sentire due mani sulle mie spalle che mi spingevano in avanti.
Stavo cadendo giù per le scale e la mia unica, grande preoccupazione era il bambino.
Come potevo fare per cadere in modo tale da fargli il meno male possibile?
Non ero più io il problema, da quel giorno. Da quel giorno, dal giorno della lineetta rossa, dal giorno in cui ho saputo della sua esistenza, la vita non mi apparteneva più, era la sua adesso, ed io ne ero responsabile.
Maledetta Michelle, perché, perché sei così irreparabilmente stupida?
Durante la caduta mi portai le mani alla pancia, pregando, sperando di riuscire a proteggerlo, di non fargli del male.
Sbattei la testa contro lo scalino, e di lì in poi, c’è solo il buio.

18.01

Bip. Bip. Bip. Bip.
Non vedevo niente, ma sentivo questo ‘bip’ ripetitivo provenire da un qualche posto accanto a me. Perché era tutto buio, perché non vedevo niente? Dov’ero, che cos’era successo? Che cos’era quell’odore così…
-Apri gli occhi Maya, ti prego.-
Apri gli occhi? Oh, ecco perché non vedevo niente! Aspettate ma, cosa ci fa Pierre accanto al mio letto?
No, ma questo non è il mio letto, e questo non è neanche il mio pigiama. Io non porto camicie da notte.
E questi fili che mi escono dal braccio? Dove…?
-Maya! Maya, guardami. Come ti senti?-
Io volevo parlare, volevo dirgli che stavo bene, chiedergli cos’era successo, guardarlo, rassicurarlo…ma il mio corpo non rispondeva più.
Provai a stringergli la mano.
-Maya, riesci a parlare?-
Aprii la bocca, cercando di emettere qualche suono.
-Pierre.- Mi uscì soffocato e spezzato, ma fu il massimo che riuscii a dire.
 Tratteneva le lacrime lui, mi stringeva la mano tanto da farmi male, ma non potevo dirgli niente, non ne avevo la forza.
Continuavo a cercare di ricordare quello che fosse successo ma…nella mia mente c’era il vuoto.
Provai a chiudere gli occhi per concentrarmi e…
-Il bam…bambino!.- Riuscii a balbettare.
Pierre mi guardò e il suo sguardo mi trafisse il cuore da parte a parte.
Presi tutto il fiato che potevo e cercai dentro di me tutte le forze che non avevo. –Che cosa è successo al bambino?-
Mi stringeva la mano lui, continuando a guardarmi.
-Volevano aspettare che tu ti svegliassi per fare l’ecografia, ma non…- gli si spezzò la voce, e a me si spezzò il cuore. –…non sanno che cosa potrebbe aver causato al bambino questo trauma. E’ stata una brutta caduta.-
Mi sembrò di lasciar andare tutto il mio peso sul letto, come a cadere, ma in realtà non mi ero mai mossa da li.
Sentii dentro di me un vuoto, finchè il dottore non entrò in sala e, spalmandomi quella specie di gel sulla pancia, iniziò a guardare attentamente lo schermo.
Pierre non mi lasciò la mano neanche per un secondo, io pregavo soltanto che andasse tutto bene.
Era incredibile quanto, in pochissimi giorni, ero riuscita ad attaccarmi a questa piccola creatura che stava nascendo dentro di me.
Era una nuova vita, era l’inizio di qualcosa di nuovo, piccolo, innocente. Una nuova creatura che ancora non conosceva tutto il male del mondo, pura, incontaminata, mia, nostra.
Era il filo rosso che legava me a Pierre, era il filo che legava me a me stessa.
Era arrivata senza preavviso, aveva sconvolto le nostre vite e mi aveva fatta crescere incredibilmente.
Dovevo a questa piccola creatura tantissimo e adesso, al solo pensiero di non poterla vedere, di non poterla stringere, di non averla più…mi sentivo morire.
Guardai gli occhi di Pierre che mi dicevano andrà tutto bene, rassicurandomi, come sempre.
-Sentite questo suono?- ci chiese il dottore.
Annuimmo.
-E’ il battito del suo cuore.-
Con le poche forze che avevo cercai di sporgermi in avanti per vedere lo schermo e…oddio.
-A quanto pare sembra non aver subito danni e stare bene. Siete stati fortunati, sarebbe potuta andare molto peggio.-
Respirai come se non avessi assaporato ossigeno da anni e Pierre si catapultò letteralmente sopra di me, abbracciandomi.
-Possiamo…continuare a guardarlo per un pochino?- Chiese Pierre al medico che acconsentì e ci lasciò soli.
Pierre muoveva quel… aggeggio sulla mia pancia ed io ascoltavo il battito di quel piccolo cuore magico come la musica più bella del mondo.
Lui guardava me, e poi lo schermo.
-Guarda- mi disse indicandolo –è proprio una ranocchia.-
Io sorrisi, e lo guardai.
-Si, è proprio una ranocchia.-
Era andato tutto bene, e sentivo che il mio cuore sarebbe esploso da un momento all’altro.

18.45

Avevo costretto Pierre ad andare a casa a mangiare, studiare e dormire, con la promessa che sia io che ranocchietta saremmo state bene.
-Hey.- David si affacciò alla porta.
Cercai di alzarmi un pochino perché iniziavo a sentirmi il sedere quadrato e lo salutai.
-Non hai idea dello spavento che ci hai fatto prendere, pazza!-
Lo abbracciai, cercando di rassicurarlo sul fatto che stavo bene, non c’era bisogno di essere preoccupati.
-E’ stata Michelle, vero?-
-Io non…-
-Maya, non è il momento di essere la persona buona e gentile che sei, ok? Hai bisogno di tirare fuori gli artigli adesso, e dirmi la verità. Avresti potuto perdere il bambino.-
-Mi ha spinta- dissi, cercando di non piangere. –mi ha semplicemente spinta giù dalle scale.-
David mi abbracciò, e si offrì di restare a farmi compagnia.
Avevo costretto i miei genitori ad andare a dormire a casa, con la stessa promessa riciclata che avevo fatto a Pierre, di stare bene, e David rimase con me tutta la notte. Si addormentò su quella scomodissima poltrona, risvegliandosi probabilmente, con un bruttissimo mal di schiena e mal di collo, ma non mi lasciò sola un secondo. Quando Pierre, per motivi di causa maggiore, e soprattutto perché costretto sotto minaccia da me, si allontanava, David arrivava con le parole crociate o le ultime notizie dalla scuola o della sua band.
In quel momento, con una mano sulla pancia ed una sul cuore, mi resi conto di quanto la mia vita fosse cambiata e di quanto fortunata io dovessi sentirmi.

   
 
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