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Autore: Aoimoku_kitsune    04/10/2012    1 recensioni
Amarti e desiderarti, e non poterti avere, questa è la mia punizione del volerti bene.
***
Esiste una scuola, la Shibusen, nella città di Konoha situata nella Valle della Fine, a Tokyo, che addestra giovani ragazzi e ragazze di tutto il mondo alla lotta contro i nemici dell'umanità. I ragazzi sono i Shokunin, il cui obiettivo è racimolare anime malvagie, da far mangiare ai loro compagni di squadra ovvero coloro che possiedono il potere di trasformarsi in Buki. Armi potenti.
Sasuke entrerà in questo mondo, ma non saprà usare la sua arma, e non riuscirà a risvegliare la sua anima. Perchè? E poi, quale sarà il vero segreto della spada appartenuta a Madara Uchiha, ora tra le sue mani?!
Genere: Azione, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Sasuke Uchiha, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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Amico

Un vento si alzò all’improvviso, caldo e frizzante, elettrico fino alle ossa e Sasuke si sentì perso dentro a tutto quel potere.
Sfavillante, furono le luci che lo avvolsero tutto d’un tratto, voltando come in una danza frenetica, intorno al suo corpo ritto.
La spada tra le mani, ancora nel fodero bruciava, si illuminava e pulsava potere, ma Sasuke non riusciva a sfilare la lama.
Tutto divenne nero.
Il suo corpo tremò.
Si guardò intorno con occhi aperti, sorpresi.
Era in un campo di battaglia, devastato dalla lotta che si era svolta sopra a quella terra che ora sembrava piangere sangue.
Sasuke si voltò, guardandosi in giro e poi notò, lontano, una scia bianca salire verso il cielo squarciato e sentì sulla propria pelle la pioggia fredda.
Poi due braccia lo tirarono indietro.
Sentì propria qualcosa avvolgersi intorno alla sua vita e tirarlo lontano da quel posto, e l’ultima cosa che vide, sparire lenta nella foschia, fu un uomo, in mezzo a tutto quello, cadere
Tutto divenne nero.
Il suo corpo tremò.
-Sasuke…
Qualcuno lo chiamava.
-Sasuke…
Era una voce doppiata.
-Sasuke…
Aprì gli occhi e li richiuse subito dopo.
-Spegni la luce.
Sibilò.
Itachi tirò le tende dell’infermeria, facendo calare le tenebre nella stanca asettica e poi si riavvicinò al fratello.
-Come ti senti?
Domandò.
-Confuso.
Mormorò, tirandosi in piedi.
Frequentava la Shibusen da tre mesi ormai e lui era l’unico ancora che non riusciva a richiamare il potere del suo buki.
Gli era quasi costata la vita una volta, quando degli spiriti del dolore avevano attaccato lui e la sua squadra, mentre si stavano allenando fuori dalla barriera che circondava la scuola.
C’aveva messo l’anima per riuscirci ma erano stati vani i suoi sforzi.
-… richiamare lo spirito di Tsunagary richiede più potere di quanto si immagini…
Itachi fissò la spada, con una tale profondità e curiosità che Sasuke si sentì strano.
Tsunagary era difficile da gestire, come arma. Senza la lama che veniva sfilata dal fodero, era inutile in un combattimento e senza l’anima che si risvegliava, era proprio inutile portarsela dietro.
-Chiederò a nostro padre di farti fare una katana simile, così quando riuscirai a richiamare lo spirito, saprai maneggiarla.
Il maggiore si alzò, si avvicinò all’arma, e poi allungò le dita per toccarla.
Da quando era stata sottratta dal tempio, Itachi non aveva mai avuto l’occasione di guardarla, o toccarla. Ma quando le sue dita furono ad un millimetro di distanza, qualcosa nella sua mente gli disse di non toccarla.
-… Kuro…
Mormorò il moro, mandando uno sguardo allo shuriken gigante dietro alla schiena.
Se fossi in te non lo toccherei… puzza di demone e morte.
Itachi ritirò le dita e poi si voltò verso il fratello con aria preoccupata.
-Vado.
Sasuke annuì, fissandolo stranito.
Perché si era comportato in quel modo?

Lo shuriken si illuminò e con un soffio di vento, l’arma si tramutò in un ragazzo poco più basso del padrone.
I capelli argento come il ferro, lunghi e legati in una traccia si mossero nell’aria, andando ad appoggiarsi sulla schiena del ragazzo.
Occhi grigi, chiari come uno specchio, fissarono Itachi.
-Quella spada è famosa per le vite che ha troncato… è normale che puzzi di morte.
Cominciò, incrociandosi le braccia dietro al capo, camminando a fianco del ragazzo.
-Non capisco come tuo fratello, così debole, riesca solo a tenerla tra le mani… dovrebbe appartenere a te.
Itachi lo fulminò con lo sguardo, assottigliando le palpebre e le iridi si tramutarono, diventando scarlatte.
-Taci.
Sibilò, infastidito e Kuro mosse le mani davanti al viso.
-Sorry… sorry… quanto sei acido, baby.
Itachi ringhiò al suo indirizzo e il ragazzo si ritrovò a ridacchiare.

Sasuke fissava con ostinatezza l’arma appoggiata all’angolo della sua camera da letto.
La mezzanotte era passata ma lui non riusciva a prendere sonno.
Dentro di lui, qualcosa nello stomaco si muoveva, bruciando e dandogli fastidio.
Si rigirò tra le coperte, trovandosi a sudare per il caldo.
Strinse gli occhi, provando a dormire, e ci riuscì solo mezz’ora dopo.
Tra le ombre, che si muovevano danzanti ai raggi della luna, si formò una figura, che fissò la spada e poi il ragazzo dormiente.
Si avvicinò come aria, non emettendo nessun rumore e fissò con i suoi occhi malinconici il volto del giovane.
La tua arte oculare e il tuo chakra, sono gli stessi di Madara Uchiha.
Sasuke sobbalzò nel sonno, alzandosi a sedere con la fronte imperlata di sudore.
Con il cuore a mille, cercò di calmare il respiro e poi si accucciò su se stesso.
Prese un grosso respiro, e poi appoggiò la fronte alle mani aperte, strizzando gli occhi.
-Che diamine mi sta succedendo…
Mormorò, assonnato e spossato.
La spada cadde, e lui tremò dalla paura, fissando l’arma al suolo.
Sbuffò alzandosi dal letto, la prese tra le mani e poi l’appoggiò sulla scrivania, ritornando a letto.

Urlò, scagliando l’arma lontano e si prese i capelli tra le mani.
-Perché diavolo non ci riesco…
Sbottò.
Dentro di lui, giorno dopo giorno, stava crescendo un senso di inutilità, che lo stava corrodendo.
Provava, ci provava col cuore, ma non riusciva a dominare l’arma.
Gli occhi si tinsero di rosso, bruciarono e si fissarono sulla katana stesa al suolo.
Odio.
Odiava quell’arma, odiava la scuola e stava odiando seriamente la strada che il padre gli aveva imposto.
Un anno…
Un fottuto anno, e se non sarebbe stato capace di comandare il potere della spada, il padre lo avrebbe ritirato dalla scuola, e per lui ci sarebbe stato solo il disonore e non poteva permetterlo.
A costo di spezzarsi le ossa, di bruciare vivo, doveva imporsi, doveva dominare quella spada.
-Ehi… amico… ti stai allenando.
Si voltò, facendo trasalire Kiba che indietreggiò, con gli occhi spalancati.
Sasuke si portò una mano agli occhi, strofinandoli e cercò di calmarsi.
-Stai bene?
-Sono solo stanco.
Rispose flebile, voltandosi e raccogliendo la spada.
Kiba avanzò, mordendo un labbro e si portò una mano a grattare il capo.
-So che non riesci a richiamare il tuo buki…
Sasuke ringhiò, stringendo la presa contro l’arma.
-So quello che stai pa…
-Taci! Tu non sai un bel niente.
Urlò al ragazzo.
Kiba deglutì, ma non si arrese.
Aveva parlato poche volte con il moro, ma in parte era come se lo capisse.
Anche la sua famiglia si aspettava grandi cose da lui, essendo l’unico erede maschio.
-Anche mio padre si aspetta grandi cose. L’ho deluso, una multitudine di volte, ma non me ne son curato eccessivamente, e sai il perché?
Sasuke ora lo stava guardando, apatico, ma Kiba ci leggeva dell’interesse nei suoi occhi.
-Perché ogni volta che facevo qualche passo in avanti, lui voleva sempre di più. Ho capito che per quanto potessi farcela, non sarebbe mai stato contento. Alla fine c’ho rinunciato. Ora sono contento delle piccole vittorie che faccio. Quindi, sì, so come ti senti…
Abbassò lo sguardo, il moro e poi annuì.
E Kiba capì che quello era il suo ringraziamento per averlo tirato su di morale.
-Andiamo a mangiare un po’ di carne secca?
Propose, contento.
Sasuke lo fissò schifato.
-Come fai a mangiare quella roba…
-Bhe? A te piacciono i pomodori quasi da tutte le parti…
Obiettò il castano, facendogli una linguaccia.
Sasuke ghignò, scuotendo il capo e poi fece gesto di seguirlo e Kiba, contento, scodinzolò dietro di lui.















   
 
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