Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Piccolo Fiore del Deserto    04/10/2012    2 recensioni
Fiamme divoravano il corpo di una donna legata a un palo sulla cima di un palchetto. [...]
“Strega, assassina, figlia e moglie del demonio…” tanti epiteti le venivano scagliati, mentre sagome scure puntavano croci verso di lei intonando litanie atte a scacciare il male e a purificare, insieme al fuoco, la sua anima corrotta. Il corpo bruciava, urla strazianti uscivano dalle sue labbra, mentre deperiva come un semplice ciocco di legno. Faceva male, colpiva nel profondo, e non aveva fine. Una morte lenta, tormentosa, inquietante.
Altre figure scure s’intromisero tra i popolani, ma non avevano volti: maschere nascondevano i loro tratti, assumendo il grottesco ghigno di un lupo. Lupi, troppi lupi intorno a sé.
Tra quell’oscurità e il fumo che le saliva sino agli occhi appannandole la vista affaticata dal dolore, scorse un’altra sagoma: era un vero lupo dal manto come neve e profondi occhi cristallini che la fissavano intensamente. La donna lo scrutò per alcuni istanti e il dolore sembrò attenuarsi.
Ma chi era quella donna?
Con mio profondo sgomento repressi a stento un urlo: quella donna ero io.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
IV

Regali




    Le settimane seguenti mi concentrai soprattutto sul mio lavoro e riuscii ad allontanare da me la paura provata di fronte a quello strano sguardo.

Completai in breve tempo l’ampio abito di broccato e raso rosso destinato a Louise-Marie, adornandolo di pizzi e merletti come di suo gradimento e poi mi dedicai a quello bianco.
Lavorare per me non s’era mai presentato come un peso, perché avevo avuto la fortuna di fare quello che più mi piaceva: tagliare, creare forme, assemblare con l’ausilio di fili di ogni colore, scegliere le stoffe più adatte era come un gioco, un mondo speciale dove potevo sprofondare al colmo della gioia.
Certo, nel corso del tempo ero diventata molto conosciuta e apprezzata a Sivelle, quindi il carico di lavoro era notevolmente aumentato, tuttavia non mi scoraggiavo mai, neanche quando dall’eccessiva stanchezza crollavo sul letto ancora vestita.
Dopo aver segnato i punti con un gessetto bianco sulle parti in cui dovevo tagliare la stoffa, presi le forbici e, tenendola tesa, iniziai a farle scorrere senza sbavature.
Mi sentii osservata ma, sollevando lo sguardo, scorsi gli occhi grandi e accesi di curiosità di Julie, una bambina che lavorava nella loggia e che sognava di seguire un giorno la mia stessa strada.
Le sorrisi e lei sembrò assolutamente concentrata sui miei gesti ormai precisi e sicuri.
« Come siete brava mademoiselle Desirée, non fate errore alcuno! » disse cercando di assimilare, forse, la mia tecnica.
« E’ tutta questione di pratica, pétite Julie. Quando ho iniziato facevo tantissimi errori. »
« Davvero? » chiese, spalancando gli occhi dallo stupore.
« Sì. Bisogna cercare di imparare sempre dai propri errori, così che non se ne commettano altri. Questo può essere un discorso generale, ma lo possiamo applicare anche a questo lavoro. L’importante, poi, è non scoraggiarsi mai. »
La piccola mi guardò un po’ turbata, come se non riuscisse a comprendere appieno le mie parole.
« Credete che diventerò mai come voi? »
« Se ci metterai impegno e passione, potrai divenire anche più brava di me! » esclamai per incoraggiarla.
Julie arrossì e poi scosse il capo castano con enfasi.
« Oh no. Voi siete troppo brava, non potrei mai essere migliore! »
Mi fece ridere osservare con quanta innocenza e tenerezza parlava. Mi ricordava un po’ me, ai miei inizi in quella città.
« Lo vedremo ma pétite. Ora osserva con attenzione e quando sarà il tuo momento inizierai a provare. »
Julie annuì, ma il rossore sul suo faccino non scemò.
Io proseguii a imbastire l’abito sotto lo sguardo attento della bambina che non mi provocava, ovviamente, alcun timore.


*


Louise-Marie inviò una delle carrozze di corte per invitarmi a Palazzo, il giorno prima del grande evento.
Ero un po’ nervosa al pensiero che l’indomani mi sarei trovata al centro dell’attenzione, ma lei si era così prodigata nel realizzare al meglio quell’evento per me speciale che non volevo offenderla. I due vestiti, da lei richiesti, erano completi e li lasciai nelle mani di un paggio, chiusi con cura all’interno di scatole bianche.
Portai con me un ulteriore vestito, il migliore tra il mio guardaroba, che avrei potuto indossare per il mio fidanzamento ufficiale.
Così, dopo aver salutato Madame e le mie colleghe, salii in carrozza e mi lasciai condurre verso il Palazzo.
Quest’ultimo era un antico castello, in seguito modificato secondo la moda del tempo, per volere del precedente Conte di Sivelle.
Era completamente in pietra grigia perfettamente levigata, con due torrioni angolari ai due lati. Una fila di finestre rettangolari scorreva sulla parte alta del muro; e un immenso giardino circondata l’intero edificio, vero vanto dell’attuale Conte. Esso era infatti colmo di ogni genere di fiori e alberi, un luogo di ristoro e svago per le dame e i messeri che vivevano tra quelle mura.
Mi ero recata diverse volte a corte, ma in ogni occasione mi sentivo in preda all’ansia. Non ero abituata a quella vita, a quello sfarzo, anche se non potevo negare di non aver fantasticato su come mi sarei trovata nel ruolo di dama.
Quando finalmente raggiungemmo l’ingresso, il paggio aprì lo sportellino della carrozza, e mi tese la mano per aiutarmi a scendere e, non feci in tempo a guardarmi intorno, che subito il suono della sua voce mi raggiunse.
« Ma chére! Finalmente sei arrivata! »
Rivolsi il mio sguardo a Louise-Marie che mi si avvicinò con grazia, avvolta in un lussuoso abito verde, il cui bustino era adornato da tanti nastri e merletti gialli, tutti intrecciati tra loro.
« Il tempo che occorre dalla mia casa a Palazzo, con l’ausilio della carrozza. » risposi, con un leggero sorriso.
« Esattamente. Spero che George abbia condotto bene il mezzo, senza farlo sobbalzare troppo lungo il sentiero. »
Indirizzò uno sguardo indagatore verso il cocchiere, ma subito risposi al fine di chetarla.
« Non ci sono stati problemi di sorta; è stato un piacevole viaggio. »
Con la coda dell’occhio osservai il sorriso pieno di gratitudine di George, che rapidamente ricambiai e poi continuai a rivolgermi a Lou. « Anche se non c’era motivo di… »
Non riuscii a completare che la vidi aprire di scatto il ventaglio piumato, che reggeva nella mano destra, e iniziarlo a muoverlo con rapidità.
« Non iniziare a dire che non dovevo. Non è opportuno per una dama andare in giro a piedi con delle scatole pesanti da trasportare e poi ci avresti messo troppo tempo e si sa, le ore volano via come minuti, i minuti come secondi, e non possiamo permetterci di perdere tempo prezioso. Suvvia, tu » rivolgendosi al paggio con poca grazia « porta le scatole di Mademoiselle Chervalie nelle mie stanze, e tu, ma chére, vieni con me. »
Quando Lou dava ordini in quel modo era impossibile ribattere; pareva proprio essere lei la vera padrona del Palazzo, ma era “solo” una delle dame favorite dal Conte e dalla sua consorte.
« Ma chére ti vedo più irrequieta di me… » proferii mentre ci accingevamo ad oltrepassare l’ingresso, dirette alle sue stanze.
« Oh, lo sono! Vedi, il fidanzamento è solo domani e qui sembrano tutti dormire sugli allori; è importante che tutto sia perfetto e non abbiamo più molto tempo. Non devono esserci errori. » Arricciò le labbra, chiudendo poi di scatto il ventaglio, facendomi sobbalzare un poco per quel gesto rapido, deciso, ma soprattutto inatteso.
« Ma sono certa che avrai ormai preparato tutto al meglio delle tue possibilità. »
Lou si fermò e mi osservò con uno sguardo penetrante.
« Non bisogna mai accontentarsi, bensì tentare di avere e fare sempre di più. »
Mi limitai ad annuire come se avessi perso le parole di fronte a tanta decisione e, per un po’, continuammo a rimanere in silenzio, durante il nostro tragitto lungo uno dei corridoi costellato da una serie di ritratti della famiglia nobiliare che, per generazioni, aveva trovato lì la sua dimora.
Mi sorpresi nel non notare troppi paggi in giro, ma immaginai che Louise-Marie li avesse tutti impegnati in qualche modo. Mi ritrovai a ridere tra me, ma lei sembrò essere così concentrata nei suoi pensieri da non farci troppo caso o, se lo fece, non lo diede a vedere.
« Dormirai in una delle stanze degli ospiti, ma chére. Ho dato già tutte le disposizioni a riguardo. Stai tranquilla, non sarà molto distante dalla mia e per ogni desiderio o problema ci sarà una domestica al tuo servizio. »
« Sei fin troppo buona, te ne ringrazio. »
« Ma ora andiamo nelle mie stanze, così da poter osservare con più attenzione e senza disturbo alcuno le tue, sono sicura, meravigliose creazioni e parlare tra noi degli ultimi accorgimenti per domani. »
« Va bene, ma chére. Sono al tuo servizio. »
Le mie parole suscitarono una risata da parte della dama.
« Oh, non essere sciocca. Non sei un paggio qualunque, sei la mia più cara e fedele amica in questo ambiente di intrighi e invidie. »
Per un attimo avvertii una sorta di dispiacere in lei, una solitudine mascherata dall’ennesimo sorriso solare che, presto, le affiorò sulle labbra.
Prima che potessi analizzare troppo la sensazione, lei si bloccò.
« Eccoci arrivate. Entra pure. »
Con un gesto della mano mi invitò a precederla e subito dopo fece altrettanto, chiudendo la porta alle sue spalle.
Come al solito mi ritrovai a sospirare, incantata da quel suo piccolo mondo che suscitava sogni e paure in me: non ero abituata a quel lusso, ma ne rimanevo sempre abbagliata.
Su un lato della stanza era posizionato un letto a baldacchino, circondato da tende di velluto rosso sulle quali si dipanavano motivi floreali color dorato; stesso discorso si presentava sulle coperte. Nel lato opposto, accanto a una piccola finestra che dava sul giardino, era posto uno scrittoio con tutto l’occorrente per le lettere – fogli, piuma d’oca, ceralacca, calamaio – e alcuni libri, tutto in perfetto ordine.
Un cassettone – che sapevo essere colmo di vestiti – giaceva a terra, sul fondo del letto. Qualche altro mobilio – piccoli tavolini, alcuni oggetti particolari – completava il tutto, insieme a candele di diversi colori che erano pronte a illuminare il luogo non appena le ombre sarebbero calate all’esterno.
C’era un unico tappeto di damasco, di piccole dimensioni, al lato destro del letto; e un tavolino tondo, proprio al centro della stanza, su cui erano disposte due tazzine, una teiera fumante e un piccolo vassoio di deliziosi pasticcini.
« È sempre splendida… » mormorai estasiata.
« Non mi lascio mancare nulla, non è vero? » mi chiese mentre faceva qualche passo verso il tavolino « È questo quello che ho ottenuto grazie al mio impegno e alle mie qualità ed è per questo che poc’anzi tentavo di farti capire che non bisogna mai accontentarsi quando possiamo ottenere di meglio. »
« Oh, capisco. » mi limitai a rispondere, non del tutto convinta del discorso.
« Posso offrirti qualcosa, Desy? Avanti siediti pure senza complimenti. Gustiamo questo tè alla menta, ancora caldo, e questi adorabili dolcetti prima di pensare ad altro. »
Non me lo feci ripetere due volte e andai a sedermi su una delle due sedie e lei fece altrettanto.


Era piacevole conversare amabilmente con Louise-Marie; potevamo discorrere di tutto, perché c’era una fiducia reciproca.
Tuttavia era lei a tenere più a lungo i discorsi, perché poteva spaziare su un maggior numero di argomenti, su tutto ciò che accadeva a corte, sulle mode – che spesso mi risultavano utili per creare nuovi modelli – e su argomenti più piccanti che mi portavano ad arrossire violentemente.
Lei rideva divertita ogni volta di fronte al mio imbarazzo, ma amavo anche la sua sicurezza e la sua perenne solarità. Ero solita paragonarla al Sole, splendente e accecante, ed io ero la Luna, più modesta nella sua luce.
« Bien, direi che ora possiamo avere il piacere di osservare con attenzione le tue deliziose creazioni! » esclamò, e batté le mani eccitata all’idea. Si alzò, dunque, e andò ad aprire la prima scatola posata con cura su un tavolino.
Già prima di estrarlo, notai il suo sguardo farsi luminoso, mentre sfiorava la stoffa rossa. Con cura, poi, lo tirò fuori e lo visualizzò con maggiore perizia. Se lo appoggiò sul corpo e iniziò a volteggiare un poco nella stanza, come al ritmo di una danza, prima di fermarsi dinanzi allo specchio per ammirarsi con gioia.
« Delizioso. Anzi, di più! È incantevole, chérie, una vera e propria opera d’arte, ancor più bello di come lo immaginassi. » sospirò e, dopo qualche istante, aggiunse – più a se stessa che a me - « Domani sarò uno splendore… »
Io la guardai sorridendo di fronte a tanta gioia. Ero ben felice di averla accontentata di nuovo, e non mi importava della sua vanità che altri avrebbero forse criticato come eccessiva.
Dopo qualche istante, tuttavia, si voltò di nuovo verso di me e aggiunse: « Ma ovviamente meno di te! Domani sarà il tuo giorno di splendore; sarai raggiante e tutti ti apprezzeranno e ammireranno, vedrai. »
Mi sorrise, ma io abbassai lo sguardo, scuotendo il capo.
« Oh, non so se riuscirò davvero a reggere il confronto con la tua bellezza e grazia. »
« Mi aduli troppo e non ne comprendo il motivo. È vero sono dotata di una grazia e una bellezza superiore a molte altre dame che dimorano qui, ma tu non sei da meno. Spiegami il motivo per cui non riesci a comprendere di avere delle qualità che altre possono solo sognare. Non hai ancora appreso l’arte di compiacerti di te e delle tue doti naturali? La modestia è un’ottima cosa, ma occorre anche avere sicurezza di sé per affrontare al meglio le insidie che il cammino può presentarci. »
L’ascoltai con attenzione e mi trovai a concordare, ma non era facile per me trasformare quelle parole in fatti.
Tornai ad abbassare il capo, osservando il modo in cui le mani si agitavano nervose sulla veste azzurrina che indossavo. Ero veramente insoddisfatta di me, mi vergognavo, ma ero incapace di reagire veramente.
Louise-Marie, intanto, distese l’abito sul suo letto e lo rimirò ancora, come a volerlo analizzare sin nel più piccolo dettaglio. Accortasi del mio continuo silenzio, mi si avvicinò e pose l’indice della mano destra sotto il mio mento, nel tentativo di spingermi a sollevare il viso e lo sguardo verso di lei.
« Dolce Desy, non devi essere triste. Sono cose che ti dico per il tuo bene e che prima o poi apprenderai, ma ora non ti crucciare né fantasticare troppo e mostrami il tuo bel sorriso. »
Nonostante il mio umore fosse calato a un simile discorso, lei riuscì a farmi di nuovo rasserenare e farmi sorridere fino a che non ne fu ampiamente soddisfatta.
« Perdonami, sono una sciocca. Tu fai così tanto per me ed io permetto al mio umore di prendersi gioco di me. Smetto di essere triste, promesso, e mi impegnerò a migliorare me stessa. » anuii con vigore, prima di spostare lo sguardo verso l’altra scatola. « Ma ora perché non osservi anche l’altro vestito che mi hai ordinato? »
« Ah, già! Quasi mi dimenticavo! »
Tornò dinanzi alla seconda scatola e ne estrasse con grazia l’abito bianco, ma questa volta non eseguì i medesimi gesti. Lo scrutò con sguardo serio, analizzandolo nei minimi particolari e, prima che potessi chiedere se era di suo gradimento, iniziò a commentare:
« Raso e broccato bianco, bustino ben rigido, ricco di nastrini e pizzi in modesta quantità… forse ne avrei messi di più ma… »
Si voltò verso di me e aggiunse « … è decisamente perfetto per te. »
Spalancai gli occhi dallo stupore e poi, incerta, mi portai la mano destra al petto, indicandomi.
« Per me? »
« Mais oui! Hai sentito benissimo, mon amie. Non te l’ho detto subito altrimenti avresti obiettato o realizzato un abito eccessivamente semplice e poi perché non sarebbe più stato un regalo. »
Non riuscii a crederci e forse sembrai come un ebete ai suoi occhi.
« Un regalo… per me. »
Sentii gli occhi farsi umidi e appannarsi a causa delle lacrime imminenti.
« Oh, suvvia! Non devi piangere ora. Domani è il tuo evento speciale e devi essere perfetta. Non vorrai mica indossare quell’abitino lì, così scialbo e poco elegante? Questo è il mio regalo per te, ed è sicuramente ciò che meriti. »
Poteva essere insolito un regalo che si era creato con le proprie mani, ma quella sorpresa mi riscaldò il cuore e la parte razionale fu sopraffatta da quella emotiva. Mi buttai tra le sue braccia – rischiando anche di sgualcire l’abito che ancora teneva tra le mani – e non smisi di ringraziarla per diversi minuti che seguirono, mentre le lacrime mi rigavano il viso dall’immensa gioia.


*

Il giorno del mio fidanzamento ufficiale giunse fin troppo presto.
La notte precedente mi ritirai nella stanza che mi era stata riservata subito dopo la cena, nonostante non avessi la minima traccia di sonno. Cercai di calmarmi, ma ero colta da una serie di forti emozioni che non mi permettevano di addormentarmi con la dovuta tranquillità.
Mi rigirai più volte nel letto, confortevole senza dubbio, ma non ne ero abituata e anche questo contribuì a non farmi piombare in quel sonno ristoratore se non dopo alcune ore.
Quando i primi raggi di luce segnavano l’inizio di una nuova giornata, una delle domestiche di Palazzo mi venne a svegliare e ad aiutarmi nella mia preparazione.
Anche a questo non ero abituata minimamente; ero, infatti, solita vestirmi e lavarmi da sola, e cercai di rifiutare il suo aiuto, ma notando l’offesa nel suo sguardo accigliato, annuii controvoglia e la lasciai occuparsi di me.
Non appena ebbi indossato l’abito, mi rimirai per qualche minuto allo specchio: il bustino e la sottogonna, che si poteva intravedere facilmente, erano di broccato con disegni floreali dorati; il raso, invece, l’avevo usato per l’ampia gonna sovrastante e divisa in due al centro e per le maniche a sbuffo. Poco pizzo adornava il contorno del bustino, a delineare il seno.
Josephine, la domestica, m’invitò sedermi in modo da completare il tutto con un’ottima acconciatura. La invitai a non esagerare, poiché desideravo qualcosa di semplice.
I miei boccoli ribelli furono tirati all’indietro. Mi mordicchiai le labbra nel tentativo di non emettere gemiti, ma ben presto mi accorsi della cura e della particolare abilità che aveva. Raccolse due grandi ciocche in un’unica piccola treccia, mentre il resto dei capelli fu lasciato ricadere morbido lungo la schiena. Non ero ancora una donna sposata, e non dovevo dunque portarli legati del tutto. La fronte fu lasciata ben scoperta e, non appena ebbe completato questa prima fase, prese una retina velata e con perle e l’applicò con cura sul mio capo.
« Mia signora, cosa ne pensate? » domandò con tutto il rispetto, nonostante non fossi una nobile.
Mi osservai con attenzione, muovendo un poco la testa per vedere meglio, e sorrisi entusiasta. Quella che scorgevo, sembrava una vera e propria dama, e non la semplice sarta della loggia. Era splendido cosa potessero fare delle acconciature e dei vestiti raffinati.
« Perfetto. È assolutamente perfetto così. Vi ringrazio, avete un’abilità particolare. »
Le sorrisi, ma lei si limitò a chinare il capo. In quel momento sentii bussare alla porta, e mi voltai, invitando a entrare.
Con mia sorpresa Madame Le Marchand fece il suo ingresso nella stanza, tutta agghindata con il suo abito migliore, di un velluto violaceo, e capelli ben raccolti sul capo. Con curiosità, notai anche un ciondolo e orecchini abbinati. Era insolito vederla così.
« Oh, Desirée, bambina mia. » si lasciò sfuggire, completamente emozionata, proprio come me, ma poi notò la presenza di Josephine e borbottò qualcosa di non ben decifrabile, come nel vano tentativo di apparire non più così dolce.
« Madame… che gradita sorpresa. Pensavo di trovarvi dopo, in mezzo a tutti gli altri… ma sono felice di potervi vedere prima. »
Stavo per alzarmi, quando lei con un gesto della mano m’invitò a rimanere seduta dov’ero e, prima di rivolgermi parola, invitò l’altra a lasciarci sole e la domestica obbedì avendo già svolto il suo lavoro.
« Mia cara, se sono venuta qui è perché vorrei farvi ora il mio dono. No, non potevo aspettare, perché è qualcosa che potrà completare il tutto. »
« Cosa volete dire? » domandai, curiosa e allo stesso tempo titubante.
« Ve lo mostro subito, anche perché non sono brava come la vostra amica a parole. »
Si avvicinò di un passo ancora a me e mi tese una scatolina blu.
« Apritela. Apparteneva a vostra madre. »
Non riuscii a proferire parola. Lì dentro c’era qualcosa che apparteneva a mia madre e che ora mi veniva fatto in dono. Mia madre. Il solo pensiero che non poteva essere lì, in un momento importante per me, mi faceva affiorare le lacrime agli occhi.
« No, Desirée non piangete, altrimenti dovremo sentire la vostra amica strillare perché avrete gli occhi rossi e non sarete più perfetta. »
Il modo in cui lo disse, mi fece ridere, e cercai di cacciare indietro le lacrime, concentrandomi unicamente sulla scatolina.
L’aprii un poco esitante e notai uno splendido collier: era un ciondolo bianco simile a madreperla e la stessa forma a goccia si ripeteva negli orecchini. Era talmente splendido e di un valore ancora più elevato di un semplice prezzo, che mi sentii il cuore battere all’impazzata nel petto.
« È… è stupendo. Assolutamente stupendo. »
« Concordo. Era uno dei gioielli più preziosi, se non il più prezioso, di vostra madre. Un dono, sudato, di vostro padre e credo che ora debba appartenere a voi. »
Annuii, sfiorando appena il ciondolo non di grandi dimensioni, ma non per questo meno bello, anzi… amavo particolarmente i gioielli di grandezza minore, meno vistosi.
« Avanti, ora vi aiuto ad indossarlo. Non vorremo far tardi, no? »
« No, Lou non ne sarebbe poi così felice. Non credo che il ritardo sia annoverato tra le cose che rendono perfetto un tale evento. »
Risi divertita, e sentii la risata gracchiante di Madame, colei che per me, nonostante la freddezza apparente che aveva spesso, era come una madre.
Una volta che ebbi indossato il collier, ero davvero pronta.
L’evento poteva iniziare.
















________________________________________________________________________________________________________
Spero che non vi sembrerà tutto troppo affrettato, ma non mi andava di concentrarmi troppo su tutta la relazione tra Flaviano e Desirée, perché non è solo su questo che si concentra la storia. Ma ci sarà parecchio su di loro! :)
Pian piano stanno comparendo tutti i personaggi, ma ci sarà ancora molto da dire!!!

Grazie a chi legge e a chi lascia un segno del proprio passaggio :)

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Piccolo Fiore del Deserto