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Autore: Nihal_Ainwen    05/10/2012    0 recensioni
"-Dico solo che ho bisogno che qualcun altro conosca la mia...”Storia”, se così si può definire.- gli spiegò tracciando disegni astratti nella sabbia.
-Fammi capire, vorresti parlarmi di te?- domandò Finnick incredulo."
Non so voi, ma io sono sempre stata curiosa di sapere cosa intendesse dire la cara Johanna Mason con "No one left I love". Ebbene, ho provato a farmi una mia personale teoria.
Spero che vi piaccia.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Haymitch Abernathy, Johanna Mason, Katniss Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il mare, calmo fino a poco fa, cominciava ad agitarsi formando sempre più onde. Niente di preoccupante: da piatto come una tavola, ora sembra più un prato con i fili d’erba mossi dal vento. Il riflesso della luna ondeggiava e si disgregava in strisce argentee. La bianca spuma vaporosa era in netto contrasto con il blu scuro dell’acqua.
-Bene... Ora siamo arrivati ad un argomento bello delicato.- disse Johanna sospirando.
-Mi stai dicendo che quello di cui mi hai parlato fin’ora non lo era?- chiese Finnick alzando un sopracciglio con aria perplessa.
-Forse ma... Beh, qui si parla anche di te. Più o meno... – gli spiegò la ragazza alzando gli occhi verso il cielo trapuntato di stelle.
-Ah, ma allora mi interessa!- esclamò lui sorridendo.
-Come vuoi tu, per me non fa alcuna differenza.-
 
 
Il fruscio dei rami scossi dal vento, aveva da sempre il potere di tranquillizzarla. Le piaceva ascoltare quel suono tipico del suo distretto, sentire quel profumo di resina e lavanda. Non viveva più nella casa che era stata della sua famiglia, sul confine est del bosco. Ora abitava nel villaggio dei Vincitori, riservato a chi, come lei, era sopravvissuto agli Hunger Games. Non erano certo in molti a vivere in quelle case lussuosissime e con tutti i comfort possibili nel suo distretto. Ma almeno non stavano messi come nel dodici, in cui era rimasto un solo vincitore ancora in vita. Non che a Johanna importasse molto del vicinato, ovvio. Solo uno contava qualcosa per lei: Blight, quello che fu il suo mentore durante i suoi Hunger Games.
In quel momento era seduta sotto il portico di casa sua, guardando il tramonto attraverso le chiome dei pini che circondavano la villa. L’allertò un rumore di rametti spezzati proveniente dalla schiera di tronchi. Sorrise quasi senza rendersene conto. Afferrò una pigna, caduta lì vicino, con finta noncuranza e cominciò a rigirarsela tra le mani. Quando fu convinta che il suo visitatore non sospettasse nulla delle sue intenzioni, la lanciò verso gli alberi con un movimento veloce del braccio. Dal bosco provenne una sonora imprecazione e subito dopo una risata soffocata. Dalla massa di pini, sbucò un ragazzo, intento nell’operazione di togliersi di dosso aghi e foglie. Era alto e robusto con un bel fisico modellato dall’esercizio con l’ascia. Aveva un bel viso, incorniciato da folti capelli color castano scuro che gli sfioravano appena la linea della mascella. I suo occhi dorati trasmettevano alla giovane un senso di sicurezza e pace, mentre il suo sorriso un’allegria unica. Si chiamava Kyle ed aveva solo un anno più di lei.
-Fai più rumore tu di uno orso Grizzly indemoniato.- lo canzonò Johanna alzandosi in piedi.
-E tu sei più fuori di un balcone.- le rispose lui a tono, dirigendosi verso di lei.
Appena lui si fu avvicinato a sufficienza, la ragazza si tuffò tra le sue braccia gettandogli le braccia al collo.
-Vedo che ti fa piacere la mia visita in fondo.- le sussurrò lui all’orecchio.
Lei si lasciò ricadere a terra con un tonfo leggero e lo guardo dal basso verso l’alto con aria di sfida.
-Lascia che ti mostri quanto.- mormorò scoprendo i denti in quello che doveva sembrare un ringhio.
Poi si alzò sulle punte dei piedi e gli stampò un tenero bacio sulle labbra. Subito dopo, si voltò ed entrò nell’abitazione, lasciandosi la porta aperta alle spalle. Il ragazzo la seguì a ruota, premurandosi di chiudere l’uscio.
Erano passati quattro anni da quando aveva vinto gli Hunger Games. Aveva conosciuto Kyle due anni fa. Precisamente nel bosco doveva andava a martoriare gli alberi, pur di sfogare in qualche modo la sua rabbia repressa. Anche lui usava lo stesso sistema e da lì avevano cominciato a conoscersi, fino a che non erano diventati amici. Solo dopo un anno di chiacchierate, si erano resi conto di essere qualcosa di più che semplici amici.
Johanna si era accomodata sul divano del salone, proprio davanti al camino che però era ancora spento. Prima di raggiungerla, il ragazzo accese il fuoco, consapevole che da li a pochi minuti si sarebbe fatto buio. Ovviamente sarebbe stato più semplice accendere la luce, ma la ragazza preferiva il crepitare delle fiamme e quel lieve tepore che da esse proveniva.
-E’ domani.- disse Kyle sedendosi affianco a Johanna.
-Vorrei dirti che è la tua ultima Mietitura e che non toccherà a te, sai quanto vorrei farlo. Ma è stupido ed inutile.- gli rispose lei guardandolo dritto negli occhi e tirando le gambe sul divano.
-Lo so come la pensi.- mormorò lui abbassando lo sguardo, non riuscendo a reggere quello di lei.
-Kyle, posso dirti una cosa però.-  cominciò la vincitrice alzandogli il viso con un tocco leggero della mano. –Che se uscirà il tuo nome, ti farò da mentore e farò di tutti per farti uscire vivo dall’Arena.- continuò con sguardo deciso. –Qualsiasi cosa, lo giuro.- concluse baciandolo dolcemente.
 
La mattina dopo, accade proprio ciò che Johanna temeva: Kyle divenne il tributo maschio del Distretto 7.
E lei mantenne la sua promessa. Chiese a Blight di potersi occupare del tributo maschio quell’anno. Lui non ebbe nulla da ridire e la ragazza lo ringraziò con lo sguardo. Lui sapeva che lei nutriva un sentimento particolare per quel giovane: era diventato le sue radici, ciò che le teneva in piedi e le permetteva di non crollare.
Alla sfilata dei carri fece una bella figura, anche se vestito da albero, sorridendo a tutti e salutando a destra e a manca. Durante la sezione di allenamento, seguì il consiglio del suo mentore: non mostrare quanto in realtà fosse bravo con l’ascia. La usò solo una volta durante i quattro giorni, tutto il resto del tempo lo impiegò ad imparare e migliorare le tecniche di sopravvivenza. Alla fine, gli strateghi gli diedero un soddisfacente nove che fece salire le aspettative nei suoi confronti. Johanna avrebbe preferito un otto: più si ha un punteggio alto, più è semplice essere presi di mira dai Favoriti. In effetti, il punteggio ideale per non farsi notare sarebbe sette, o al massimo otto. In questo modo, i Favoriti non l’avrebbero visto come un rivale a tutti gli effetti, ma nemmeno come un agnellino mandato al macello. Kyle invece sembrava quasi euforico, e ciò non fece altro che far salire l’ansia alla ragazza. Alle interviste fece veramente furore, se lo immaginava in fondo. Scherzò con Ceaser, parlò del suo distretto, di come era rimasto orfano e svelò che era motivato a tornare a casa per via di una ragazza. Prima di salutarlo, il maestro di cerimonie di Capitol City, gli augurò buon fortuna con la sua “fanciulla”. A quel punto a Johanna scappò una risata tra il compiaciuto e l’isterico.
 
Ormai era arrivato il momento di entrare nell’Arena, il vero inizio dei Giochi.
Johanna riuscì ad entrare di nascosto nella camera di lancio di Kyle, dove gli ripetè per l’ultima volta di non andare verso la Cornucopia ma di afferrare lo zaino più vicino a lui e scappare. Alla fine il ragazzo la mise a tacere con un bacio da togliere il respiro. La ragazza assaporò con quel momento con tutta sé stessa: il suo profumo della sua pelle, i suo capelli arruffati, il battito del suo cuore, il colore delle sue iridi e il sapore delle sue labbra. C’era una possibilità su ventiquattro che si sarebbero rivisti. Quando si separarono, mancavo solo dieci secondi al lancio, per cui il tributo si affrettò ad entrare nel tubo. La mentore poggiò una mano sul vetro freddo, appannandolo col suo respiro.
-Farò di tutto per vincere, te lo prometto.- disse lui attraverso la lastra che li separava.
-Ti manderò più aiuto possibile.- lo rassicurò lei, cominciando a sentire le lacrime pizzicarle gli occhi.
-Ti amo Johanna Mason.- le mormorò prima di cominciare a salire verso l’altro.
-Ti amo anch’io Kyle Jones.- sussurrò lei guardandolo sparire e iniziando a piangere.
Mantennero entrambi le loro promesse. Ma non bastò. Quell’edizione avrebbe avuto un altro vincitore.
 
 
L’unico rumore era quello delle onde che s’infrangevano sulla spiaggia. L’acqua tiepida raggiunse i due ragazzi seduti sul bagnasciuga che però non si mossero.
-Quindi si chiamava Kyle.- mormorò Finnick puntando lo sguardo verso il mare punteggiato dal riflesso delle stelle.
-Già. Te lo ricordi?- gli chiese la ragazza con una punta di malcelato rancore nella voce.
-Me li ricordo tutti. Quelli che ho ucciso io almeno.- rispose lui, mentre gli tornavano in mente quegli interminabili giorni nell’Arena.
-E’ morto il dodicesimo giorno. O sarebbe meglio dire che l’hai ucciso, il dodicesimo giorno.- puntualizzò Johanna.
-Io non volevo…- cominciò il ragazzo con voce incerta.
-Tu non volevi?! Ma fammi il piacere!- esclamò lei interrompendolo a metà frase. –Io ti ho odiato e forse una parte di me ti odia ancora, non è giustificandoti che cambierai le cose.- gli continuò lei, sentendo la prima lacrima scorrerle sul viso.
-Lo sapevo che sicuramente qualcuno avrebbe sofferto per la sua morte, ma non potevo morire. Non avevo scelta: la sua vita o la mia. E tu lo sai bene.- cercò di spiegarle lui addolcendo il tono della voce.
-Basta! Non ti voglio ascoltare.- gli urlò cercando di non singhiozzare. Odiava piangere.
-Johanna, ti prego. Voglio solo chiederti di perdonarmi. Ti prego.- la supplicò Finnick con gli occhi lucidi di lacrime trattenute.
-Mi dispiace. Non ero venuta qui per discutere con te.- sussurrò lei cercando di sorridergli.
E non c’era cosa più vera. La ragazza non aveva nessun’intenzione di farlo soffrire, anche perché questo faceva star male anche lei. Anche se forse una parte di lei lo odiava ancora, l’altra parte provava esattamente il sentimento opposto. Per questo gli dava fastidio saperlo ogni notte con una donna diversa, per questo che saperlo innamorata di Annie Cresta la uccideva.
Lui l’abbracciò di slancio, senza pensarci. Johanna sentì il suo respiro irregolare sulla pelle sensibile del collo, il suo profumo di mare e sabbia, la consistenza dei muscoli del suo petto nudo, il battito del suo cuore leggermente accelerato. E non poté che bearsene fino a che lui non si staccò lentamente da lei.
-Mi ha perdonato quindi?- le domandò lui guardandola dritta negli occhi verdi.
-Sì Finnick Odair, ti ho perdonato.- le rispose lei lanciandogli l’ennesimo pugno di sabbia e scoppiando a ridere.
-E che diamine! E’ già la terza volta!- si lamentò lui, per poi essere contagiato dalla risata della ragazza.
 
   
 
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