La
luce in camera era accesa e attraverso la tenda
vedevo un ombra muoversi per la stanza. Dalle tendine bianche della
cucina,
mezze aperte, vedevo la signora Brandon affaccendarsi in cucina e i
colori
vivaci di un programma in tv. Sospirai e aprii l’ombrello,
aveva ripreso a
piovere. Non avendo nulla da fare ero andata a farmi una passeggiata,
per
cercare di schiarirmi le idee. Anche se avevo ben poco a cui pensare,
la
situazione sarebbe stata chiara pure a un cieco. Dovevo trovare un
lavoro e
subito. Guardai di nuovo la camera e la luce stavolta era spenta.
Doveva essere
una delle figlie del signor Brendon ad abitare la mia vecchia camera.
Nei miei
ricordi mi vedevo ancora bambina, con il naso schiacciato contro il
vetro ad
aspettare l’arrivo di mio padre. Avevo sempre avuto un debole
per lui, era il
mio preferito sebbene amassi mia madre sopra ogni cosa. Mi capiva,
nonostante
il suo apparente carattere burbero. Sapevo che ci sarebbe sempre stato,
in
qualche modo lo davo per scontato. Troppo.
Ripresi a camminare e tornai a casa di Jordan. Fortuna che
c’era stato lui ad
aiutarmi, anche se la cosa m’imbarazzava molto. Quella
mattina ero disperata ma
ora, a mente lucida, mi sentivo in qualche modo a disagio con lui.
Anche se era
gay ci conoscevamo poco e io ero sempre stata timida con il genere
maschile.
Per questo non avevo mai avuto un ragazzo. Sebbene gli ammiratori non
mi
fossero mancati fino a qualche anno prima, io m’intimidivo
persino a ricambiare
un solo sguardo. Mia madre ci rideva su e Rosalie si ostinava a
ripetermi che
dovevo darci un taglio con questo atteggiamento da
verginella, come lo
chiamava lei, ma cosa potevo farci? L’unico vero uomo della
mia vita era sempre
stato mio padre, lui era il mio idolo e sapevo che un qualsiasi ragazzo
poteva
aspettare. Inutile dire che a diciotto anni ero un caso particolare,
dato che
non avevo mai dato neppure un bacio, ma a me non importava. Le mie
giornate
erano sempre piene d’impegni, andavo sempre in piscina
perché l’acqua era il
mio ambiente naturale e poi mi facevo qualche giro in moto, anche se
mio padre
non voleva. Lo studio e la mia famiglia riempivano il resto delle mie
giornate.
Ora però mi ritrovavo completamente sola, con una sorella
che si era scordata
della mia esistenza. Com’era possibile? D’accordo
che i battibecchi non
mancavano, ma eravamo pur sempre sorelle no? Tra l’altro i
primi mesi dalla sua
partenza mi mandava dei soldi e mi telefonava di tanto in tanto, ma ora
era
letteralmente sparita. Irritata, chiusi l’ombrello con un
colpo secco ed entrai
in casa con le chiavi che Jordan mi aveva dato. Probabilmente
appartenevano al
suo ex. Non avevo nessun genere di pregiudizio quindi non mi faceva ne
caldo ne
freddo sapere che Jordan era omosessuale.
<< Bella? Sei tu? >>
<< Sì, Jordan >>
Il malumore mi passò di colpo, sentendo la sua voce.
<< Che stai preparando? >> domandai,
entrando in cucina.
<< Una cosa speciale per te! >>
Sorrisi e gli andai vicino.
<< E’ andata bene a lavoro? >>
Sapevo quanto fosse odiosa la megera e lo sguardo di Jordan me ne diede
conferma.
<< Oggi però abbiamo avuto la nostra piccola
vendetta, Bella. >>
<< Perché? >>
<< Beh, stamattina è venuto un signore a
riportare la torta che aveva comprato
un paio di giorni fa, c’eri tu ricordi? >>
Sì era il tizio che c’era in negozio, la sera
prima che quella disgraziata mi
buttasse fuori.
<< Sì. >>
<< Bene, ha detto di aver passato un intera giornata in
ospedale per
colpa di quella torta. >>
<< Ben gli sta. >> dissi sedendomi su una
sedia.
<< Appunto! Ha detto che la vuole denunciare.
>>
<< Chi? Il tizio della torta? >>
<< Esatto. >> disse con un sorriso
entusiasta, mettendomi davanti
un piatto di pasta fumante.
<< Finalmente ha avuto ciò che merita. Jordan
che roba è questa? Ha un
aspetto invitante. >>
<< E’ pasta alla carbonara. Sai, il mio ex
aveva origini italiane e mi ha
insegnato qualche ricetta. >>
Mangiammo quel piatto squisito e riordinammo la cucina. Una volta
seduti sul divano
del piccolo salotto, Jordan mi prese le mani tra le sue.
<< Bella, ricordi quel lavoro a cui ti avevo accennato?
Quello all’Hotel?
>>
<< Certo >>
<< Bene, è tuo. Cominci domattina alle nove.
>>
<< Oddio Jordan, è fantastico! Grazie!
>> dissi abbracciandolo di
slancio.
<< Di nulla tesoro, sarà molto stancante
però. Dovrai lavorare cinque ore
di mattina e cinque di pomeriggio. Il sabato però solo mezza
giornata. >>
Mi allontanai da lui e gli strinsi il braccio in modo affettuoso.
<< Non so come ringraziarti. >>
Della fatica non m’importava nulla, mi serviva un lavoro e
lui era riuscito a
trovarmelo.
<< Bella, vedrai che andrà tutto bene.
>>
Mi vennero le lacrime agli occhi così lo abbracciai di nuovo.
<< Sei un angelo davvero, non so come avrei fatto senza
di te. >>
Birba interruppe quel momento, balzando sulle mie ginocchia. Si
stiracchiò per
bene e poi cominciò a strofinarsi su di me, facendo le fusa.
<< Ehi ciao! >>
<< L’ho fatta mangiare quando sono arrivato, le
ho comprato delle scatolette
al supermercato. >>
<< Ti ripagherò di tutte queste spese, Jordan.
>>
Lui si alzò, sbadigliando e mi diede una piccola spinta.
<< Smettila di dire queste cose, Bella! Piuttosto va a
dormire. Domani
non lavoro di mattina così ti faccio vedere
dov’è l’Hotel. >>
Eh sì, pensai guardandolo allontanarsi, avevo trovato
proprio un angelo.
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La
fatica c’era e tanta anche. Scoprii che tutte le
donne che facevano questo tipo di lavoro avevano un vero e proprio
metodo per
pulire bene e in fretta. Rispettare i tempi era basilare, ma questo non
voleva
dire trascurare il proprio operato. La teoria mi sembrava molto
più semplice ma
in realtà impiegai un po’ per capire il ritmo.
Vedevo ragazze sfrecciare da una
camera all’altra, o almeno così mi sembrava in
confronto alla mia lentezza.
Fortuna che Alex si era dimostrato paziente con me e mi trattava con
gentilezza. Dalle parole di Jordan mi era sembrato un tipo con un
carattere
forte e prepotente, invece non era affatto così. Era una
ragazzo molto dolce,
anche se si notava che sapeva il fatto suo. Quando Jordan mi aveva
accompagnato
avevo notato i numerosi sguardi tra i due e la cosa mi faceva
sorridere.
Nonostante tutto si vedeva che ero innamorati. Dovevo fare due
chiacchiere con
Jordan, perché mi sembrava che fosse lui l’
orgoglioso della situazione. Dopo
ciò che aveva fatto per me, mi sembrava il minimo dargli una
mano. Sapevo di
dovermi fare i fatti miei, ma ero convinta che la loro relazione era
ancora
salvabile e c’era qualcosa che mi spingeva a volermene
occupare personalmente. Pensavo
a questo mentre chiudevo la stanza appena riordinata e mi avviavo nel
corridoio.
<< Isabella? >>
<< Alex! >>
Mi venne incontro, schiacciandomi l’occhio.
<< Come và oggi? Il tuo turno è
quasi finito >>
Detti un occhiata all’orologio e notai che mancava un ora
precisa alla fine del
mio giorno di lavoro.
<< Già, ho ancora qualcosa da fare
>>
Lui mi sorrise e mi dette una leggera pacca sulle spalle.
<< Sei una ragazza in gamba >>
<< Fortunata piuttosto, per aver incontrato te e Jordan.
>>
A quelle parole il suo sorriso svanì e io sospirai,
guardando i suoi
incredibili occhi azzurri. Era davvero un bel ragazzo, così
come Jordan.
<< Perché stasera non vieni da noi?
>>
Alex sgranò gli occhi e fece un passo indietro.
<< Non credo sia il caso. Jordan ha fatto molta fatica a
rivolgersi a me
per il tuo lavoro, figuriamoci se dovesse trovarmi a casa quando torna.
>>
Sorrisi lentamente e lui capì il mio intento.
<< Oh no, Isabella, non credo che funzionerà.
>>
<< Tu lo ami ancora, vero? >>
<< Questo l’hai già capito, mi
sembra >> disse sconsolato.
<< Fidati di me. >> proruppi entusiasta.
Beh, era meglio non dirgli però che ero una totale frana
nelle relazioni, tanto
che non ne avevo mai avuta una, ma avrei fatto del mio meglio. Avevo
già
qualche idea.
<< Dai, ti aspetto stasera >> insistetti
nel vedere la sua
espressione dubbiosa.
<< Alex ti sto invitando io. Jordan al massimo se la
prenderà con me.
>>
<< Ecco, appunto. Non voglio darti problemi Isa.
>>
<< Tranquillo, tanto se non vieni tu, verrò io
a prenderti >>
Stavolta sorrise apertamente.
<< E dimmi, come farà una piccoletta come te a
impormi cosa devo fare?
>>
Risi e gli detti una leggera spinta.
<< Non fare storie, vedrai che mi ringrazierai.
>>
Almeno così speravo.
<< D’accordo, ci vediamo alle sette?
>>
<< E mezza >> conclusi con un sorriso.
Prendemmo direzioni diverse e dopo essere passata a darmi una
rinfrescata in
bagno, raggiunsi la camera di cui dovevo ancora occuparmi.
L’aprii e mi
ritrovai davanti una bella signora, molto elegante china su una valigia
rossa
sul letto. Alzò lo sguardo e incrociai due occhi verdi
divertiti.
<< Chiedo scusa. Ho sbagliato camera. >>
Stavo per girarmi e andarmene quando la sua voce mi raggiunse.
<< Non fa nulla, ho preso questa camera al volo, quindi
penso che tu non
sia stata ancora avvertita >>
<< No, infatti. Tolgo il disturbo. >>
<< Aspetta >>
Mi raggiunse e mi guardò con occhio critico. Era una
situazione singolare, non
capivo cosa volesse quella donna da me, ma sembrava studiarmi sempre
con
maggior attenzione.
<< Mi sembri conoscente. Ci siamo mai viste prima?
>>
<< No signora, non credo. >>
Mi sorrise e si portò indietro una ciocca di capelli dietro
l’orecchio,
rivelandomi uno splendente orecchino, che aveva tutta l’aria
di essere un
diamante, dal modo in cui luccicava. Era senza dubbio molto ricca, a
giudicare
dai suoi abiti eleganti. Indossava un completo bianco, molto fine,
composto da
una gonna al ginocchio, una camicetta rossa e una giacca bianca dal
taglio
perfetto.
<< Scusami, devo esserti sembrata molto indiscreta.
>>
<< Non si preoccupi. Adesso torno a lavoro.
>>
Le sorrisi timidamente e uscii dalla camera. Quella donna era riuscita
a
mettermi quasi a disagio, senza un reale motivo. Mi resi conto che
quella
doveva essere la mia ultima stanza, quindi andai a cambiarmi per andare
a casa
a preparare la cena. Salutai Alex con un occhiolino, intimandogli di
non fare
tardi.
Trovai Jordan addormentato sul divano, insieme a Birba. Sorrisi e mi
diressi
subito in cucina. Preparai un paio di piatti italiani che Alex mi aveva
insegnato a cucinare e poi mi feci una doccia veloce. Al mio ritorno
trovai
Jordan che curiosava tra le pentole.
<< Stai buono, tra poco mangiamo. >>
Colto in flagrante gli cadde di mano il coperchio del tegame, facendo
ridere me
e spaventare Birba che stava vicino a lui.
<< Cavolo Bella, sei silenziosa come un gatto.
>>
Sorrisi mentre apparecchiavo il tavolo. Vidi gli occhi di Jordan
saettare sul
terzo piatto che avevo appena poggiato.
<< Oggi Birba mangia con noi al tavolo? >>
<< Oh no! Anche se scommetto che le piacerebbe. Abbiamo
un ospite.
>>
<< Ah. Va bene. Chi è? >>
In quel momento suonò il campanello e mandai proprio lui ad
aprire. Sapevo che
Alex non avrebbe approvato, infatti lo vidi arrivare con un espressione
che la
diceva luna.
<< Non credo sia stata una buona idea >> mi
sussurrò all’orecchio.
Jordan stranamente non disse nulla, ma con lo sguardo basso si sedette
a
tavola.
Avevo ragione.
<< Alex è stato così gentile con me
in questi primi due mesi di lavoro,
così l’ho invitato. >>
Jordan borbottò qualcosa e cominciò a mangiare il
pane che prima riduceva quasi
in briciole.
<< Sai che non dovevi, tesoro >>
Mi disse eloquente Alex, ma io lo spinsi seduto, proprio di fronte al
suo ex
ragazzo.
<< Molto bene. E’ tutto pronto. >>
Durante la cena, Jordan sembrò sciogliersi a poco a poco e
rise anche ad una
battuta di Alex.
<< Complimenti Isa, vedo che impari in fretta
>>
<< Già, la cucina italiana l’adoro!
>>
<< Sì, anch’io >> si
aggiunse Jordan.
Seguì qualche attimo di silenzio, così mi alzai.
<< Oh no, so cosa stai facendo. Ora con la scusa di
sparecchiare ci lasci
qui come due scemi. >>
Jordan mi guardò con rimprovero, mentre Alex rideva sotto i
baffi.
<< Ti sbaglio caro. Stavo giusto per andarmi a distendere
un po’ sul
divano. >>
Afferrai Birba che si stava leccando il muso e la strinsi a me, sotto
gli occhi
esterrefatti di Jordan.
<< Se non ti spiace io ho cucinato e domattina devo
alzarmi prestissimo,
quindi tu e Alex fatemi il favore di sparecchiare, lavare i piatti e
mettere
tutto a posto. >>
Con un sorriso furbo mi voltai e feci esattamente quello che mi ero
prefissata.
Mi accomodai sul divano e accesi la televisione, mentre in cucina si
avvertivano i rumori delle stoviglie. Solo dopo qualche minuto e il
continuo
aprire e chiudere del rubinetto dell’acqua sentii le loro
voci. Sorrisi
soddisfatta e cullata dal tepore di quella nuova serenità mi
addormentai.
*****************************************************
<<
Hai fatto proprio un bel lavoro, Isa. >>
<< Lo so! >>
<< Guarda che la mia frase era ironica. >>
<< Ahah, Alex guarda che è grazie a me se
stasera hai un appuntamento con
Jordan. >>
<< E’ vero >>
Mi abbracciò e mi lasciò andare quando la
signora, che il giorno prima mi aveva
messo a disagio, si presentò alla reception.
<< Oh, scusatemi! Desideravo sapere se mio marito ha
chiamato in mia
assenza. >>
<< Sì, un paio di volte. D’altronde
con una donna così bella, bisogna pur
tenerla d’occhio. >>
Lei proruppe in una risata genuina.
<< Sono passati quei tempi. >>
<< E’ sempre una donna bellissima
>> dissi senza pensare.
<< Grazie, sei molto bella anche tu…
>>
<< Isabella >>
<< Che nome splendido! >>
Arrossii leggermente e scusandomi con entrambi, mi avviai in corridoio
per il
mio solito giro.
<< Isabella, puoi scusarmi un momento? >>
Mi voltai e vidi che lei mi aveva seguito.
<< Perdona la mia maleducazione, non mi sono neppure
presentata. Il mio
nome è Esme Masen. >> disse allungandomi la
mano.
<< Piacere di conoscerla, signora Masen. >>
<< Oh, sono solita dire il mio nome da nubile, cosa che
da molto fastidio
a mio marito a distanza di anni. >>
<< D’accordo, allora piacere di conoscerla
signora… >>
<< Cullen. >>
Il sorriso mi sparì lentamente dal volto. Quel cognome era
lo stesso del
fidanzato di mia sorella. Che coincidenza.
<< Qualcosa non và? >>
<< No, solo il suo cognome mi sembra familiare.
>>
<< Beh, come ti dicevo ieri anche tu mi sembri familiare.
Posso sapere il
tuo cognome? >>
<< Certo. E’ Swan. Isabella Swan.
>>
I suoi occhi si accesero di sorpresa.
<< Non sarai mica la sorella di Rosalie. >>
Risentire quel nome, mi causò un vuoto allo stomaco.
<< Questo significa che lei è la madre di
Edward, giusto? >>
Solo in quel momento riconobbi gli stessi occhi verdi del ragazzo della
foto.
<< Esatto, Isabella. Non sai come sono felice di averti
incontrata!
>>
Mi prese entrambe le mani tra le sue, ma inaspettatamente io mi tirai
indietro
e m’irrigidii.
<< Già. Mi scusi signora Cullen, ma io ho
molto da lavorare oggi.
>>
<< No, per favore, ci possiamo vedere quando finisci il
turno? >>
<< Credo sia impossibile. Ho degli impegni, dopo.
>>
<< Isabella, non ti ruberò molto tempo. Non
sai da quanto tempo ti sto
cercando. >>
Quelle parole mi spaventarono. Perché mai la suocera di mia
sorella mi stava
cercando? Era successo qualcosa a Rosalie?
<< Mia sorella sta bene? >>
<< Penso di sì. >>
<< Che vuol dire “pensa” ?
>> disse, facendomi agitare.
<< Non spaventarti. Dico così
perché Rosalie è sparita da quasi un anno.
>>
<< Sparita? >> ripetei in preda
all’agitazione. Forse era questo il
motivo per cui non si faceva più sentire? Le era successo
qualcosa? Peccato che
erano tre anni che non sapevo più nulla di lei e non uno
solo. Presa dalla mia
rabbia nei suoi confronti non avevo pensato al fatto che potesse
esserle
accaduto qualcosa.
<< Ha lasciato mio figlio a pochi mesi dalle nozze,
dicendo che quella
vita non faceva per lei. L’ultima volta che l’ho
vista aveva due valigie al
seguito, da allora non so più nulla. >>
<< Ah. E’ partita allora >> dissi
con un sospiro. Forse non era
successo nulla, era semplicemente andata in un altro posto.
Perché allora non
mi aveva detto nulla? Poteva anche venire a trovarmi.
<< Non so cosa dire. Non la vedo, ne la sento da tre
anni. >>
<< Dici sul serio? >> chiese sgomenta.
<< Sì >> dissi incolore.
<< Tutto questo non ha senso >>
<< Senta, io… >>
Lei mi sorprese, ignorandomi e tornando alla reception.
Parlò con Alex e poco
dopo lui mi fece cenno di raggiungerlo.
<< Cosa succede? >> chiesi quasi irritata.
<< Colpa mia. Gli ho chiesto di darti qualche ora di
permesso. >>
<< No, io voglio lavorare. >>
<< Ti prego, Isabella. >>
Qualcosa mi convinse in quegli occhi cristallini, così mi
andai a cambiare e
uscimmo dall’Hotel.
<< Isabella io e te abbiamo bisogno di parlare.
>> mi disse con
tono che non ammetteva repliche.
*******************************
Ebbene,
cosa vorrà Esme da Isabella? Fatevi un paio di
conti. Rosalie è sparita da quasi un anno dalla vita dei
Cullen, da quella
della sorella molto prima. Capirete tutto nel capitolo successivo. Ah!
Siamo
vicini a Edward, lui si che combinerà disastri nella sua
vita!
Allora,
ditemi se la storia è leggibile così,
sennò
rimedio subito! Soprattutto fatemi sapere cosa ne pensate J
Ringrazio Light Efp per il suo fantastico banner!
A
presto!