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Autore: Erik Lenoir    07/10/2012    0 recensioni
Il giovane Erik, secondogenito di una nobile casata, viene svegliato ogni notte da un sogno ricorrente riguardo un processo per stregoneria. Non conoscendo l'esatto significato di quel sogno ricorsivo decide di interrogare indovini di ogni tipo ma nessuno sa dirgli quello che di lì a poco scoprirà: il suo destino lo sta chiamando!
Messosi alla ricerca di una sacra armatura, Erik si ritroverà in mezzo a eventi che sconvolgono l'equilibrio stesso tra dei e uomini, laddove i primi cercano di tiranneggiare sui secondi. Quando un uomo si pone a difesa dell'umanità contro coloro che essa venera, dove sta il male e dove sta il bene?
Genere: Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La ragazza era lì, con i suoi capelli color ebano che le sfioravano le spalle nude, con il corpetto castagno che le metteva in risalto i seni dandole anche una certa libertà di movimento (per quanto strano a dirsi), non le stava stretto, al contrario sembrava allentato nei punti giusti. La parte inferiore del ventre veniva lasciata alla dolce vista degli uomini mentre quelli che sembravano pantaloni le coprivano solo le cosce. Era una sgualdrina! Nessuna ragazza o donna per bene si sarebbe vestita così all'interno del regno. Doveva essere una selvaggia, una delle tante che migrava dal sud in tempo di carestia o siccità. Capitava sempre che qualche villaggio decidesse di spostarsi più a nord in cerca del benestare, ma possibile che quella barbara si fosse spinta così a nord?

-Si dia inizio-

La voce era quella di suo padre. Lord Edward Black era sempre stato un uomo ligio al suo dovere. Proteggeva il suo territorio nel nord con estrema severità e giustizia. Era implacabile nel punire come generoso nel ricompensare. Tutti i lord del nord, per quanto potessero chiamarsi suoi pari, lo tenevano in altissima considerazione e molte volte lo avevano difeso quando il re non si era trovato d'accordo sul suo modo di agire. Benché avesse assistito a quaranta inverni, i suoi capelli si erano tinti del colore della neve e questo lo aveva reso, agli occhi di tutti, una sorta di signore dei ghiacci e del nord. In qualche modo governava anche più del suo re poiché gli uomini preferivano confidare nella sua saggezza piuttosto che in quella del loro sovrano. Inutile dire che questo a sua maestà non andava a genio. In ogni occasione sfidava pubblicamente lord Black a venirsi a prendere il trono visto che si comportava già come un re. Sfortunatamente, poiché non era uno stupido, non era mai caduto nella provocazione e aveva continuato imperterrito nel suo modo di governare. Lord Edward era succeduto a suo padre Sisifo venti anni prima, pochi giorni dopo il suo compleanno. Alcuni avevano malignato accusandolo di aver cospirato per raggiungere il potere e lui, in un misto tra saggezza e perfidia, non aveva mai smentito queste voci. Amava dire ai suoi figli che, nel momento esatto in cui la gente avrebbe smesso di temerlo e rispettarlo, tutta la pace che aveva dolorosamente costruito sarebbe venuta mano. In effetti era vero. Quando Edward era salito al potere le regioni del nord di Redat erano solo una grande accozzaglia di signorotti troppo imbarbariti dal loro contatto con le popolazioni oltre le montagne. Il nuovo Lord Black aveva portato nei suoi territori la modernità e le comodità del sud e, nel giro di dieci anni, tutti lo avevano imitato. Benché il freddo gelido ricordasse loro chi erano, oramai tutte le persone del nord si consideravano veramente parte del regno. Tuttavia il genio di Edward non si era ancora esaurito e così, nei suoi venti anni come lord di Passo Di Montagna, aveva incentivato l'attività mineraria sulle montagne e l'agricoltura nelle sue pianure e altrettanto avevano fatto gli altri signori. Per farla breve, nel giro di un ventennio il nord era diventato ricco, forse troppo, e altri uomini provenienti dal sud avevano deciso di tentare la fortuna in una terra che, benché dal clima rigido e apparentemente ostile, sapeva trasformarsi in una grande opportunità per chiunque sapesse spaccarsi la schiena di lavoro. Quando le popolazioni oltre le montagne avevano sentito parlare della sua fortuna avevano deciso di invaderlo, per saccheggiare le fortune del suo feudo. Un'altra volta ancora Edward aveva stupito tutti per la sua genialità in battaglia, con la quale aveva imposto una dura lezione a chi abitava più a nord di lui.

Questo era il genere di uomo che aveva appena parlato nella sala. La situazione era grave e non sarebbe migliorata. Erik sapeva come funzionavano quelle cose. Era il figlio minore di Edward e fratello di Alfonse. Come secondogenito era cresciuto con la serenità dovuta a chi sa di non dover diventare un lord e questo era stato grazie a suo padre. Era stato mandato, ancora in fasce, al sud. Sua madre, morta nel darlo alla luce, non avrebbe voluto che venisse allontanato da casa ma Edward aveva avuto una visione secondo cui, un giorno, Erik avrebbe fatto grandi cose. Per questo motivo la vita del suo figlio più giovane era stata segnata da qualcosa che non tutti potevano permettersi. Si trattava della rinomata, benché giovane, Accademia delle armi. La scuola, fondata quando Edward era ancora un bambino, vantava i migliori maestri del mondo in fatto di combattimento e garantiva la maestria in ogni arte che insegnasse a uccidere. Si diceva che fosse frequentata da individui di dubbio onore e quindi i lord rifiutavano di mandare i propri figli a studiare là, preferendo avere un maestro d'armi nel proprio castello. Edward però non era dello stesso avviso e così, se da un lato aveva tenuto stretto il proprio erede nel suo castello, dall'altro aveva dato a Erik questa possibilità. Il giovane era tornato a casa dopo diciotto anni di intenso addestramento e suo padre era stato contento di rivederlo, o meglio di conoscerlo visto che non avevano mai sviluppato un vero rapporto. Il giudizio di suo padre era stato semplice, eppure aveva fatto venire i brividi a non pochi leccapiedi.

-Ho lasciato che da quelle porte uscisse un infante e ora lascio che una spada vi rientri-

Molti penserebbero che un padre, dopo aver mandato il proprio figlio per diciotto anni a imparare l'arte del combattimento, sia ansioso di vedere i risultati raggiunti. Anche in questo caso Edward sorprese tutti. Da quel giorno, quando aveva varcato la soglia di casa, Erik non aveva mai più combattuto. Si allenava in segreto nelle sue stanze ma a nessuno era concesso di vederlo maneggiare una qualsiasi arma. L'unico risultato fu che Alfonse, irritato dall'attenzione suscitata dal fratello, cominciò a schernirlo pubblicamente. Lui aveva avuto un tipo di insegnamento differente. Fin dalla sua nascita era stato l'erede di lord Edward e come tale si era comportato. Aveva studiato quello che doveva studiare, combattuto quando doveva combattere e amato quando aveva dovuto amare. In una parola, non un pensiero libero si era visto passare dalla bocca di Alfonse nei suoi ventuno anni.

Così quel giorno i due stavano seduti alla destra e alla sinistra del padre. Si trovavano nella sala delle udienze, che solitamente era adibita a banchetti o altro ma che durante il giorno serviva per svolgere i normali doveri di un lord quale giudice e signore di quelle terre. Nella stanza c'erano solo guardie e qualche nobile minore in visita al grande Edward Black. Per loro sarebbe stato un vero spettacolo vedere quel piccolo processo che si stava per svolgere. Si tenevano ai lati della sala, vicino agli arazzi finemente decorati e alle guardie che potevano proteggerli. Tuttavia l'attenzione di Erik era già stata presa da altro. La prigioniera era stata condotta dalle guardie davanti a Edward per essere giudicata per il reato di stregoneria, cosa che sembrava oramai essere un fatto conclamato in città. Eppure, guardando i suoi occhi castani, il suo sguardo appariva quasi innocente, per quanto la definissero nel peggior modo possibile, Erik era completamente ipnotizzato. I suoi piedi nudi lo distraevano e le linee del suo corpo lo facevano impazzire. All'accademia giravano molte donne che, seppur più belle, non avevano quel viso e quindi Erik rimase folgorato nel guardarla, cosa che continuò a fare ancora e ancora per il resto del sogno.

 

Quando si destò dal sogno, Erik si accorse di essere sudato. Rievocò nella mente il ricordo di ciò che aveva visto nel suo sonno ma, per quanto si sforzasse, sentiva che mancava l'ultima parte. Sfortunatamente erano diverse notti che quel sogno si presentava al suo cospetto al calar del sole e scompariva sul far della mattina. Tutte le volte Erik si svegliava completamente madido di sudore senza ricordare l'ultima parte. Quella mattina però si era svegliato da solo, al contrario del solito quando era Alji, suo migliore amico e confidente dai tempi dell'accademia, a destarlo. Tuttavia non dovette guardare molto lontano perché, come sempre, lui era nel letto accanto al suo. Erik aveva insistito che avesse un letto nella sua stessa stanza, cosa che da molti venne interpretato come un tentativo di averlo più vicino la notte per fare cose innaturali. Nessuna interpretazione sarebbe stata più lontana dal vero. Erik e Alji condividevano la stessa stanza da sempre. Fin da quando potevano ricordare erano sempre stati insieme all'accademia. Stessa stanza e stessi letti. I due erano cresciuti come fratelli per quanto non potessero essere più diversi. Erik aveva capelli corvini, occhi azzurri come un fiume e la pelle di neve. Al contrario Alji era quello che veniva definito un figlio del sole. La sua pelle era nera come il carbone, la sua testa era priva di qualsiasi capello e i suoi occhi erano più vicini ad un cielo stellato che ad una notte buia. Benché Alji fosse più grande di lui di due inverni, sembrava non essergli mai importato. I due avevano condiviso molto insieme, tra cui, cosa di cui non si vergognavano minimamente, le donne.

Solitamente quando si destava per primo, Alji svegliava Erik che era in preda agli incubi, evitandogli di soffrire di più. Quel giorno invece stava attingendo dalla piccola libreria personale di Erik ed era intento nella lettura.

-Buongiorno principessa-

Il solito saluto di Alji. Da quando aveva iniziato ad avere gli incubi, il suo migliore amico continuava a prenderlo in giro. Durante le giornate non smetteva mai di tormentarlo “Ieri notte ti agitavi come una donna delicata” oppure “Ho sentito puttane mugolare meno di te” e altre provocazioni che è meglio non riportare. Erik saltò giù dal letto liberandosi delle vesti. -Hai intenzioni di sedurmi principessa? Vorrei informarti che ogni tentativo sarà vano, non hai i buchi al posto giusto e sei piatto come una spada appena temprata- Alji e le sue battute cominciarono a dare sui nervi ad Erik. Prima della colazione la sua capacità di sopportazione erano alquanto basse, cosa di cui Alji era pienamente informato. In tutta risposta Erik gli tirò i suoi vestiti sporchi come tante volte gli aveva tirato un cuscino. Avanzò nella stanza da bagno dove, stranamente, qualcuno aveva dato ordine di scaldare l'acqua. -Grazie- Mormorò ad Alji mentre stava per entrare in acqua, -Grazie di cosa?- La risposta arrivò fin troppo presto e, girandosi, Erik trovò il suo amico completamente nudo sulla porta. Dovette dipingersi una ben sorpresa espressione sul volto perché Alji lo imbeccò subito -Cos'è? Ti sei scordato come è fatto un uomo?- e senza aggiungere altro entrò nell'acqua calda. -No che non mi sono scordato, facevamo il bagno insieme all'accademia per esigenze di acqua ma adesso?- Alji alzò le spalle e lo invitò ad entrare in acqua. Il sudore e la stanchezza scivolarono sulla sua pelle restituendo Erik al mondo. -Sei stranamente silenzioso stamattina, non ti sei ancora lamentato che non ti ricordi l'ultima parte del sogno- Alji al contrario era sempre molto loquace, forse troppo per quello che era un plebeo, tuttavia l'accademia insegnava che gli uomini si riconoscono nel modo in cui uccidono e non se sono usciti da una donna nobile o contadina. -Mi comincio a domandare quale sia il senso del sogno. Siamo stati da indovini di ogni sorta eppure nessuno ha saputo darmi una risposta convincente. Credo di stare perdendo il senn- Non riuscì a completare la parola che una schizzata d'acqua lo riportò alla realtà. -Non dire assurdità Erik, ti conosco da quando usavi le tette come fonte di latte e non come svago, so bene che anche se perdessi le braccia, il senno e le gambe ti resterebbe ben più di un'arma con cui uccidere il tuo avversario- Erik per un attimo arrossì. Molte volte il linguaggio di Alji era licenzioso, troppo per stare in alta società. Eppure quell'uomo nero con il pizzetto era quanto di più vicino ad un fratello avesse avuto. Oltre ad essere cresciuti insieme per troppi anni e aver condiviso tutto, Alji era stato l'unico a seguirlo dopo che aveva lasciato l'accademia, promettendo di restargli al fianco per la vita. Essendo un orfano, questo non gli creava tanti problemi. Anzi ogni tanto Erik pensava lo avesse fatto per convenienza, poi lo guardava e scoppiava a ridere al solo pensiero. Chiunque avesse conosciuto Alji sapeva benissimo che l'unico modo per farlo realmente felice era una buona coppia di vino e una donna che fosse calda quanto lui. -Hei! A cosa stai pensando?- Proprio in quel momento la porta della loro stanza si aprì interrompendo Alji. Una servetta tutta ossa entrò nella stanza e li trovò nell'acqua insieme, arrossendo come un peperone maturo. -Io non...volevo...vi prego di scusarmi- Visibilmente imbarazzata si tenne a debita distanza fino a quando l'inopportuno Alji non notò che era una ragazza. -Questo castello mi piace sempre di più. All'accademia eri fortunato se ti mandavano un vecchio, qui addirittura fanciulle appena in età da marito.- Si voltò verso di lei -Avanti vieni qui- Erik ebbe paura che la poveretta scoppiasse dall'imbarazzo ma, da brava serva qual'era, si fece avanti. Tutti sapevano che il rossore era dovuto al fatto che fossero nella vasca insieme eppure Alji lo trovava divertente quasi quanto Erik non lo facesse. Gli lanciò un'occhiataccia quando dalle labbra nere uscì l'invito ad entrare in acqua con loro. La ragazzina guardò Erik con occhi supplicanti di pietà -Vostro padre vi manda a chiamare. Quest'oggi siete desiderato per un sacco di impegni e prima inizierete prima finiranno-. Una cosa che Erik non avrebbe mai sopportato della vita al castello erano le occasioni formali in cui era richiesto. Troppe volte doveva stare seduto mentre avrebbe voluto essere in piedi e questo lo portava ad avere mal di schiena, costringendolo nei momenti liberi ad esercitarsi per sciogliere i muscoli. Dopo aver congedato la ragazza, Erik uscì dall'acqua che si stava intiepidendo e andò a vestirsi. Contrariamente a quello che imponeva il suo rango, quel giorno voleva vestirsi come un accademico. Il fatto che l'abbigliamento fosse molto simile a quello di un mercenario taglia gole non rendeva felici gli ospiti di suo padre. Tuttavia quel giorno si sentiva più ribelle del solito e si sarebbe scusato per più tardi per il suo abbigliamento. Anche Alji si vestì come lui ed entrambi raggiunsero suo padre nella sala delle udienze. Alfonse era già lì, perfettamente vestito e agghindato come un erede dovrebbe essere. Il fratello maggiore non perse tempo con i convenevoli e, notando che Erik cercava la tavola della colazione con lo sguardo, incalzò fin da subito -Se fossi sceso in tempo avresti la colazione fratello- Erik stava per rispondergli quando notò la bocca di Alji aprirsi. Con una mano sul braccio zittì l'amico. Non avevano bisogno di inimicarsi suo fratello e il solo fatto che un plebeo parlasse a suo fratello era motivo di frustrazione per il superbo Alfonse. -All'accademia non c'era la colazione, ci dicevano che un vero uomo sapeva combattere anche a stomaco vuoto- La secca risposta di Erik fece zittire immediatamente il fratello. Sapeva benissimo che toccando l'argomento tanto caro a suo padre nessuno avrebbe potuto contraddirlo. Salutato Alji si diresse verso lo scranno adiacente a suo padre, dove il tutto sarebbe incominciato. Dopo aver sbrigato le formalità di rito, Edward Black disse -I miei discendenti ed io siamo pronti, si dia inizio-

La frase fin da subito non preoccupò Erik, dopo tutto l'aveva sentita ogni giorno da quasi due anni ed era entrata a far parte della sua routine. Il vero momento che fece cambiare corso al suo umore fu quando la stessa ragazza del suo sogno comparve, accompagnata dalle guardie, davanti a suo padre. Erik lanciò un'occhiata nervosa ad Alji che, intuendo (viste le volte in cui gli era stato raccontato il sogno) sembrò eccitato e preoccupato allo stesso tempo.

-Di che cosa è accusata questa giovane donna?- Il tono di suo padre era sempre solenne perché, come usava dire , in quel momento non era Edward Black ma un ministro della giustizia e come tale doveva comportarsi. Una delle guardie si fece avanti e Alfonse si alzò in piedi, andando a fiancheggiarla. -Padre, questa nostra guardia accusa la donna di essere una strega e di cercare di sedurlo con i suoi incantesimi. Essendo un uomo timorato degli dei quest'uomo cerca di fare ammenda per i suoi pensieri impuri verso una donna diversa da sua moglie consegnando questo demonio alla for...- Lord Black alzò appena la mano intimandogli di tacere. -So bene Alfonse quanto un uomo possa sentirsi tentato nel vedere questa giovane ma, se mi permetti e me lo permetti perché sono il lord tuo padre, solo perché questa guardia teme di essere infedele alla moglie non vuol dire che debba accusare di stregoneria ogni bella donna presente nel regno. Se lo facesse finiremmo con lo sposare i nostri cavalli!- Risa poco trattenute si sparsero per la sala, Anche Erik sorrise alle parole di suo padre, sapeva sempre come trattare le false accuse. Alfonse, di recente nominato capo della guardia, la prese molto sul personale e strappò una lista dalle mani della guardia. Dai suoi occhi era chiaro che avrebbe fatto di tutto per far condannare quella donna, non perché fosse colpevole ma perché era in gioco il suo onore. Aveva visto una buona opportunità per attirare l'attenzione e l'aveva colta. In verità Alfonse ignorava cosa fosse la giustizia più di quanto non lo ignorasse Erik, l'unica differenza tra i due è che il più giovane non accusava fanciulle di essere belle. -Padre, porto altre prove alla mia causa. Quando sono andate a prenderla, le guardie hanno trovato nella sua capanna: libri scritti in una lingua sconosciuta; strane ampolle; ossa di animali; strani simboli sulle pareti e insoliti ciondoli appesi alla porta. Inoltre gli abitanti del villaggio possono testimoniare di averla vista accendere fuochi dalla fiamma blu! Questo è un insulto al dio del fuoco (possa egli sempre riscaldare le nostre case e forgiare le nostre lame) e come tale deve essere punito-. La situazione si aggravava per la ragazza eppure, esattamente come nel sogno, Erik era estasiato dalla sua presenza. Molti l'avrebbero definita una bellezza comune eppure per il giovane quella donna nascondeva qualcosa. Vedendo che suo padre non rispondeva alle accuse guardò il viso della giovane. Sembrava delusa, rassegnata, eppure aveva un'altezzosità di fondo che Erik non capiva ma che rispettava. Decise di parlare lui questa volta in difesa, quindi alzò la mano come prima aveva fatto suo padre chiedendo la parola che gli venne prontamente concessa. -Alfonse, per quello che la nostra limitata conoscenza può dirci quei simboli potrebbero essere segni della sua terra natia, sicuramente più a sud della nostra. I libri potrebbero essere stati scritti in una lingua dimenticata che potrebbe far parte della sua cultura. Avete interrogato la donna sulla sua origine?- Quella domanda spiazzò Alfonse per qualche secondo e diede il tempo a Erik di capire -Dal tuo volto presumo che tu non lo abbia fatto. In passato, nella mia permanenza nelle terre del sole, ho visto uomini creare fuochi blu per scaldarsi di più. Si ottiene attraverso una polvere molto diffusa. Sono sicuro che con un po' di impegno anche tu avresti potuto scoprirlo se solo avessi fatto qualche indagine- Il viso di Alfonse cambiò numerose volte colore mentre una cappa di gelo cadeva nella stanza. Quello che doveva essere un processo si stava trasformando in qualcos'altro che nessuno poteva sperare di prevedere. L'unica ad essere divertita fu la ragazza. Un sorriso, lieve, timido, quasi nascosto, si dipinse sul suo volto mentre incrociava per la prima volta lo sguardo con Erik. Entrambi sapevano la verità, eppure nessuno dei due poteva dirla. Alfonse tuttavia si sentiva troppo ferito nell'orgoglio per lasciar perdere la sfida e rincarò la dose -E che mi dici fratello delle ossa trovate nelle sue fiamme? Sono di una piccola e innocente bambina e si da il caso padre...- Alfonse aveva cambiato interlocutore e questo non era un buon segno -...che dal villaggio sia sparita proprio una bambina, la figlia di una coppia di mercanti che ora cercano disperatamente la loro piccola. Chi farà giustizia per questo crimine?- Questa volta neanche Erik poteva difenderla più di tanto, fece comunque del suo meglio -Chi ci dice che sia lei l'assassina? Potrebbe essere una coincidenza- Fu suo padre Edward a prendere finalmente la parola, zittendo Erik -Figlio mio, per quanto sembri starti a cuore la difesa di questa giovane, anche io sono incline a pensare che la cosa non sia una mera coincidenza. Tuttavia fino ad ora c'è una sola persona che è rimasta silente, cosa molto rara in questa sala- Detto ciò fece un gesto con la mano nei confronti della giovane -Cos'hai da dire a tua discolpa?-. Il silenzio durò poco, evidentemente la giovane sapeva cosa dire ben prima di arrivare lì e non appena ebbe la parola guardò dritto negli occhi di Edward Black -Chiedo che il verdetto sia deciso dagli dei, una duello tra il mio campione e il vostro mio sire- una cosa inaudita che suscitò non poche risate, comprese quelle di Alfonse. Benché Edward fosse perplesso, il suo primogenito sembrava più spavaldo che mai, tanto da non contenere le risate -E di grazia chi sarebbe il tuo campione?- Togliendosi il mantello ed estraendo la spada si voltò verso tutta la sala in tono arrogante. Nessuno avrebbe osato difendere una plebea accusata di stregoneria. Nessuno sarebbe stato tanto pazzo da sfidare le ire di Edward Black uccidendo o anche solo ferendo il suo primogenito. Lo sapevano tutti, facendo quella mossa Alfonse aveva appena ristabilito il suo onore. Forse non era tanto stupido come pensava Erik, se era disposto a mettere in gioco la propria vita e la propria astuzia per far condannare la ragazza. Questa volta calò un lungo silenzio sulla sala. Erik salutò mentalmente la ragazza riconoscendole quanto meno il coraggio di aver provato a difendersi in un modo tanto onorevole, il più alto che la giustizia potesse pensare nel loro regno. Poi però il suo sguardo si fissò ancora sul suo sguardo, sui suoi occhi profondi e in un attimo Erik vide qualcosa che non era chiaro, qualcosa che riguardava lui, qualcosa che aveva a che fare con l'oro e un armatura. -Io sarò il suo campione- Una voce che fece rabbrividire tutti. Nessuno si aspettava uno sfidante e invece era appena arrivato, per quanto fosse inaspettato. Gli sguardi passarono da Alfonse al campione della ragazza per lunghi secondi fino a quando Edward non guardò l'uomo che poteva benissimo uccidere suo figlio. Un filo di incertezza si percepì nella sua voce mentre diceva -E sia. Questa sala vedrà me come giudice del duello tra Alfonse e il campione di questa ragazza, mio figlio Erik-

  
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