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Autore: alaisse_amehana    08/10/2012    4 recensioni
C’è qualcosa di strano in me.
L’ho sempre saputo. Non è una cosa di cui si possa parlare. Non che debba vergognarmene, almeno non credo. E’ solo che non posso spiegarlo. Non più di quanto posso spiegare cosa c’è nella mia testa. Per quanto mi sforzi, le parole sono insufficienti.
L’ho sempre saputo.
Quando la gente parla non capisce mai davvero cosa vuole dire l’altro.
Con le parole si possono creare così tante realtà alternative, ma queste realtà non potranno mai superare quelle presenti dentro ciascuno di noi. Io lo capisco bene.
Mi chiedo se sono l’unica.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ebbene sì, non sono morta e non sono nemmeno stata rapita dagli alieni... per vostra sfortuna. Perciò eccomi qui, di nuovo a pubblicare cose di scarso, se non nullo, interesse solo per il gusto di infastidirvi!
Buona lettura a tutti!




< Alice?>.

< Mmm?>.

< Alice!>.

< Che c’è?>.

< Guarda che puoi aprire gli occhi>.

La risata nella voce di Blu è irritante, ma non abbastanza perché gli obbedisca subito.

Mi prende per le spalle e mi rimette in piedi. Non mi ero accorta di essere seduta a terra, o sul pavimento, o ovunque sia finita. Non lo so. Ho ancora gli occhi chiusi.

< Fossi in te mi guarderei intorno>.

Vorrei davvero dargli ascolto. Ma qualcosa mi trattiene. Forse ho solo paura di restare delusa.

Qualcosa mi solletica il naso, sembra un insetto. Grido spaventata e spalanco gli occhi agitando le mani per scacciarlo, solo per scoprire che era Blu con un lungo filo d’erba in mano.

< Ma sei scemo?> gli urlo, paonazza.

Lui fa spallucce sogghignando.

Solo in quel momento realizzo dove sono.

< Ma io lo conosco questo posto!> dico girando in tondo come un cane che cerca di mordersi la coda. Mi rendo conto di essere ridicola, ma non riesco a smettere di guardarmi in giro per scoprire perché il sentiero in cui ci troviamo mi risulti così familiare.

< Credo di essere stata qui da piccola…> mormoro osservando gli alti pini che nascondono la luce del sole. Il sottobosco è un susseguirsi di fiorellini gialli e rosa. E’ tutto talmente reale che non posso fare a meno di passare una mano sull’erba per sentire il solletico sui polpastrelli. E mentre sfioro una piantina dai fiori rosa mi viene in mente che posto è questo.

< Mia nonna ha una casa da queste parti. Da piccole venivamo qui in estate> dico alzandomi di scatto.

Blu sorride, le mani nelle tasche della tuta.

Mi guardo i piedi, scalzi, e scopro di essere ancora in pigiama. Non faccio in tempo a pensare che sarebbe meglio indossare abiti adatti alla montagna, che mi ritrovo in calzoncini e scarponi da trekking. Faccio un salto di lato cadendo a terra rovinosamente. Blu scoppia a ridere, per nulla d’aiuto.

< Che caz… sei stato tu?> chiedo fissando gli scarponcini come se fossero dei mastini bavosi pronti a sbranarmi.

Blu ci mette alcuni secondi per smettere di ridere e rispondermi, cosa che fa con gli occhi lucidi per le risate trattenute a stento.

< E’ il tuo universum. Hai il controllo su ciò che ci circonda, almeno in una certa misura. Ma devi ancora imparare a usarlo>.

Molto utile. E dirmelo prima?

< Bene> dico a denti stretti rimettendomi in piedi.

Mi spolvero i pantaloncini lanciando occhiate cariche di veleno a Blu, che le ignora senza scomporsi.

< E’ un bell’universum> dice Blu, appoggiandosi al tronco di un pino.

< Tranquillo e sereno. Anche se, ovviamente, è solo un angolo di questo mondo. Non mi capita spesso di visitarne di simili>.

Non so che rispondergli. A parte le Terre di Mordor dove sono stata ieri non ne ho mai visti altri. E questo non mi sembra nemmeno uno di quelli. Insomma, è così normale…

Mi viene in mente che la casa di mia nonna era proprio pochi metri più a valle. Sono passati anni, ma in qualche modo la strada da fare per tornare indietro mi è rimasta impressa nella mente.

< Devo controllare una cosa> dico partendo di corsa verso valle.

< Aspetta!> mi urla dietro Blu, ma io sono già partita a razzo.

Seguire il sentiero è più facile di quanto ricordassi. Mi sembrava che le pietre fossero più grandi e la terra più scivolosa. Mi muovo come se non sentissi la fatica. In pochi minuti sono arrivata al margine del bosco. Non ho nemmeno il fiatone, anche se ho l’impressione di non essere del tutto salda sulle gambe.

E’ incredibile come ogni dettaglio mi sembri perfetto. Ricordo persino il nido di gazze ladre sulla cima di un abete a lato del sentiero. Anche i suoni sono quelli che ricordo. Il lieve cinguettio degli uccelli e il ronzio delle api in qualche modo fanno sembrare il silenzio del bosco ancora più profondo.

Blu non si vede. Non credevo di averlo distanziato così tanto. Scrollo le spalle, senza curarmene, e supero l’ultima svolta. Ma invece di trovare le ultime case del paese, mi trovo davanti a una enorme radura, al cui centro si trova la casa di mia nonna. E’ diversa dai miei ricordi, ma allo stesso tempo è esattamente uguale.

Il tetto è fatto di pietre piatte, grigie e lucide, che brillano sotto i raggi di sole, mentre le pareti sono intonacate di bianco con le travi in vista. Sul balcone del primo piano ci sono dei vasi di gerani rossi e alle finestre tendine bianche di pizzo. Il giardino intorno è recintato da un muretto di pietre con un cancelletto di legno.

Quando faccio per avvicinarmi, però, vado a sbattere contro qualcosa. Porto le mani davanti al viso e provo a spingere l’aria solida che mi trovo davanti, senza risultato. Comincio a prendere a pugni la parete invisibile che mi impedisce di proseguire. La casa è a pochi metri di distanza, ma non posso arrivarci. Non so perché, ma all’improvviso mi sembra importantissimo raggiungerla. Qualcosa mi spinge a provare con tutte le mie forze a superare la barriera. Continuo a colpire l’aria mettendoci tutta l’energia che riesco a trovare, ma è inutile.

< Smettila, Alice. Adesso basta> è Blu, che mi posa una mano sulla spalla, allontanandomi dalla parete invisibile.

< Ma devo passare!> protesto, senza degnarlo di un’occhiata. Non riesco a fare a meno di divincolarmi. Blu è costretto ad afferrarmi per le braccia e portarmi via di peso, lontano dalla casa. Gli do del filo da torcere.

< Vuoi smettere di agitarti per un attimo?> chiede col fiato corto.

Quando la casa sparisce dalla mia vista riesco a recuperare un minimo di controllo, giusto il necessario per smetterla di agitarmi come un’anguilla.

Blu continua a tenermi saldamente con una mano sola e con l’altra tira fuori una sfera argentata.

< Cosa…> non ho il tempo di chiedere che precipito nel buio.

Ci metto qualche secondo per rendermi conto che sono di nuovo sdraiata nel mio letto. Sopra le coperte attorcigliate. Blu è accanto a me, guarda il soffitto con una mano posata sulla fronte.

Cerco di alzarmi ma mi fanno male tutti i muscoli. Molto male.

< Che diamine è successo?> chiedo tenendo a stento la voce bassa per non farmi scoprire dai miei. Posso sentire l’acqua scorrere in bagno e le tazze posate sulla tavola in cucina. Tra pochi minuti mia madre verrà a bussare alla porta e allora tanti saluti alle spiegazioni.

< Blu, perché mi hai portato via di lì?> gli sto praticamente addosso, le gambe intrecciate alle sue in mezzo al letto disfatto. Se entrasse mia sorella si farebbe venire un infarto. Anche mia madre in effetti. E mio padre. Insomma, potrei fare fuori tutta la mia famiglia in un colpo solo.

< E’ meglio che vada …> mormora Blu, sempre fissando il soffitto ed evitando accuratamente di guardarmi negli occhi.

< Non ci provare!> lo prendo a pugni sulla spalla, ma scivolo e gli cado addosso.

< Ouf> mi lamento rimettendomi seduta.

< Sei tu che ci provi> ironizza.

Arrossisco fino alla punta dei capelli, sono sicura di essere diventata fosforescente nella penombra della camera. Ma non faccio in tempo a ribattere che lui ha già tirato fuori la sua sfera argentata. Cerco di prendergliela ma è troppo tardi: è già sparito.

Mi sono lanciata in avanti con troppa foga e mi ritrovo sul pavimento, le gambe ancora aggrovigliate alle coperte che cercano inutilmente di liberarsi scalciando per aria. Mi sento un merluzzo preso nella rete dei pescatori. Mia sorella sceglie quel momento per entrare in camera a chiamarmi. Mi guarda per alcuni secondi senza dire una parola, poi esce senza commentare. Due minuti. Non poteva arrivare due minuti prima e cogliermi in flagrante con Blu? Sarebbe stato meno imbarazzante.

  
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