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Autore: Chanelin90    09/10/2012    3 recensioni
La guardia afferrò il mento di Romano, affinchè Francis potesse esaminarlo.
- E’ terribilmente sudicio e rozzo...- constatò altezzoso il francese, guardandolo con pena.
Romano lo sfidò con sguardo rabbioso e di disprezzo.
- …e indisciplinato!- assodò.
-Vuole che segreghiamo questo ladro nelle prigioni ?- domandò la guardia, afferrandolo fermamente per il collo.
- Io.Non.Sono.Un.Ladro!- protestò Romano, cercando inutilmente di divincolarsi.
Francis scrutò, ancora più interessato, il giovane e, sul suo viso, comparve un sorriso malizioso.
- Però non è male! Una volta ripulito potrebbe diventare , addirittura, attraente!-
Romano sgranò gli occhi.
Francis allungò la mano verso di lui.
- NON TI AZZARDARE A TOCCARMI, LURIDO PORCO MANIACO!- urlò Romano, fuori di sé.
- Una bellezza selvaggia!- ridacchiò ambiguo il francese, compiaciuto.
Genere: Avventura, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: Lime | Avvertimenti: Non-con
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IL PRINCIPE  E  L’ AMANTE
-Capitolo-1


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                                                      L’INGANNO  
 


 Romano rientrò in casa.
 Il fratellino gli saltò tra le braccia.
- ROMANOOOOO!! Sigh.. sono così contento che tu sia tornato! Ho TANTA fame!- gridò.
Romano sospirò e gli porse un cestino.
- Ho preso quello che ho potuto! -
Feliciano tirò fuori dal cestino una pagnotta, del burro e un barattolo di marmellata.
Il denaro per acquistarli proveniva dal ricavo della vendita di una parte del raccolto di pomodori.

Purtroppo, quest’anno, le piogge non furono abbondanti come speravano i Vargas, quindi, il prodotto dei loro campi, fu piuttosto misero.Romano non sapeva proprio come soddisfare il fabbisogno proteico, necessario al fratellino, per farlo crescere in buona salute: sano e forte.

Erano finiti i tempi felici durante i quali, sulla tavola, si trovava sempre del lardo, accompagnato dal latte di capra, addolcito dal miele.
Da quando i loro genitori erano morti a causa di una tempesta che affondò la loro barca carica di merci da vendere e scambiare , il mulino era andato in rovina perché Romano non aveva trovato nè i soldi, né aveva le conoscenze pratiche per ripararlo.
Feliciano era molto giovane allora, perciò, Romano, non gli disse mai la verità.
Nonostante questo, temeva che il fratellino lo avesse intuito, anche se non ne parlavano mai.
Oramai Romano aveva 18 anni, mentre Feliciano 13.
Erano passati anni e il fratello maggiore fece del suo meglio per portare avanti la baracca, ma non permise mai al fratello minore di toccare una vanga o un aratro, nonostante questo insistesse per aiutarlo.
Non voleva vedere le sue lunghe e bianche dita sporcarsi di terra e piaghe. Come invece erano le sue.

Feliciano fece per mordere il pane ma Romano gli scoccò un’occhiata irritata, togliendogli il pane dalle mani.
- Prima ci sediamo a tavola. Preghiamo e POI potrai mangiare!- ammonì.
Il fratellino sbuffò un po’ tra sè, ma si sedette sulla seggiola senza protestare, insieme al fratello.
- Preghiamo! Grazie Signore per il cibo che ci hai donato, ti rendiamo grazia per questo…-
La preghiera proseguì per alcuni minuti, dopodiché Romano ne sancì la fine.
- …Amen!-
- Amen!- emulò Feliciano.
- Ora puoi mangiare!- dichiarò Romano rivolto al fratellino.
Quest’ultimo si scagliò sul cibo sicchè si sentiva solo il rumore delle sue mascelle.
-  MANGIA PIANO! Ricordati che dobbiamo farcelo bastare per almeno una settimana- biasimò.
Feliciano annuì e, con rammarico, cominciò a masticare più lentamente la fetta di pane.

Quando terminarono il magro pasto, i due fratelli andarono a dormire.
I letti, tutt’altro che confortevoli, erano stati imbottiti di paglia secca per renderli più caldi e comodi.
Romano aveva venduto le pregiate lenzuola orientali che gli avevano comprato i genitori, durante i loro commerci, per acquistare gli strumenti per coltivare i campi e smuovere la terra.
- Buonanotte fratellone!-
- Notte Feliciano! Prega sempre che i nostri genitori possano tornare presto!-
- Lo faccio sempre!- replicò sereno l’altro.
- Bravo!- approvò il maggiore, sistemandosi sulla paglia.
Romano voleva che, almeno il giovane potesse aggrapparsi a una speranza che lui non aveva più.

Era talmente stanco che si abbandonò velocemente al sonno.
Nella notte venne svegliato da alcuni squittii poco raccomandabili.
 Un grosso ratto si era aggrappato al legno e minacciava di mordere Feliciano sulla caviglia.
Prontamente, il fratello più grande gli mollò un calcio dritto sui denti, buttandolo a terra rantolante.
“ Queste maledette bestiacce! Alcuni miei amici sono morti a causa dei bubboni pustolenti provocati da questi dannati demoni della notte!”
Si alzò dal letto. Prese la scopa e lo ammazzò con un repentino colpo alla testa.
Buttato fuori l’animale, si rimise sul letto per riprendere sonno ma avvertì il fratellino agitarsi mentre dormiva.
Si avvicinò con l’orecchio e lo sentì lamentarsi:
- Veee! Non è che quello è un cosciotto di pecora?! Ho tanta fameeeee! Veeee! Del formaggio! Non lo mangio da tempooo!-
Cominciò a mordere l’aria come se potesse assaporare il sapore di quelle cibarie che non appartenevano a quella casa e che , certamente, non sarebbero comparse presto.
Era chiaro che era affamato.
Romano sospirò rammaricato e sconsolato riprese a dormire.

Il giorno dopo, Romano uscì per innaffiare il raccolto.
Feliciano lo accompagnò titubante alla porta.
- Non fare tardi, fratellone!-
- Faccio un salto al mercato e torno prima di sera! Te lo prometto! Tu fa il bravo! - e gli scoccò un bacio sulla fronte.
Prese il suo cestino e s’incamminò nei suoi possedimenti, poco distanti da casa sua.
Arrivato, prese a scavare, per permettere all’acqua piovana e quella del ruscello d’inumidire bene i terreni e le sue piante di pomodoro.
Un lavoraccio! Ma sempre meglio che morire di fame!
In quel momento sentì dei passi veloci venire verso di lui.
Si accucciò circospetto e vide una persona correre lesta attraverso i suoi campi, calpestando le piante di pomodori che finivano sulla sua strada.
- EHI!- urlò irritato- QUESTA E’ LA MIA PROPRIETA’!-
Ma l’individuo non sembrò nemmeno farci caso, anzi…rischiò pericolosamente di travolgerlo.
- MA CHE CAZZO!- gemette il ragazzo urtato da quell’uomo.
In un impeto di rabbia, vedendo i suoi pomodori irrimediabilmente danneggiati, lanciò il suo forcone in direzione di quell’uomo che, malauguratamente, cadde per terra sbattendo violentemente la testa.

- ODDIO!- esclamò Romano, spaventato.
Corse verso quell’uomo che non dava segni di vita.
- MERDA! SI ALZI! SI ALZI, SIGNORE!- urlò il ragazzo, temendo che l’incidente potesse costituire un problema per sé e la sua piccola famiglia.
A quel punto, sentì altri passi scapicollarsi sempre alle sue spalle.
“CAZZO! LE GUARDIE REALI NO!” realizzò il ragazzo tra sé.
Prese seriamente in considerazione l’ipotesi di fuggire ma, presto, venne circondato da uomini in armatura con le alabarde puntate verso di lui.

-  Sei stato tu ad abbattere quest’uomo?- domandò autoritario una guardia che, a giudicare dall’uniforme, doveva essere il capitano di quella spedizione.
- Mi..mi dispiace! Posso spiegare, davvero! Io ho provato a dirgli di fermarsi..a..a.. quest’uomo! DAVVERO! Ma lui non mi stava a sentire e io…- Romano cominciò a gesticolare, cercando di giustificare il suo gesto.
- Quelli erano i miei pomodori..sono..sono l’unica fonte di sostentamento per me ..e..la mia..famiglia! Insomma..io speravo solo d’impedirgli di distruggere tutto..ma volevo solo bloccarlo..non..- deglutì- ..non..ucciderlo!-  implorò il ragazzo.
Il capitano delle guardie fece un passo avanti.
- Tranquillo, non l’hai ucciso!-
-  Ma… L’ho colpito!- mugolò il giovane, sudando freddo.
- Hai fatto benissimo a fermarlo! Costui è un ladro! Ha rubato della corrispondenza importante dalla reggia reale e tentava di farla franca!- dichiarò indicando il colpevole riverso.
Romano rimase a bocca aperta e sbigottito domandò: - Non mi arresterete?-
- Chiaramente no!- ridacchiò il capitano, togliendosi l’elmetto e rivelando una scura chioma ricciuta e dei profondi occhi verdi.
- Il mio nome è Antonio Fernandez Carriedo! Qual è il tuo nome villano?-
Il giovane, ancora incredulo, si mise a balbettare –Mi..mi chiamo..mi chiamo Romano! Romano Vargas!-
- Ebbene ragazzo..- sorrise Antonio - ..per la tua chiamiamola, umm.., audacia ti regalo questa moneta d’oro!-
E gli porse una moneta d’oro massiccio tra le mani.
Romano se la rigirò tra le mani esterefatto da tanta fortuna.
- Ripara ai danni di questo farabutto e, con quello che avanza,  fa ciò che vuoi!- mormorò dolcemente il capitano, scompigliandogli i capelli con la mano guantata.
Preso il brigante, i soldati abbandonarono i campi.

- DIO MIO, CHE FORTUNA! Finalmente la sorte comincia a girare favorevolmente! Era ora!- disse Romano felice, facendo brillare la moneta alla luce del sole.
- Cosa posso fare con questa moneta?- se la rigirò tra le mani.
Doveva occuparsi della sua famiglia.
- CI SONO! Comprerò delle galline ovaiole! Così, non solo potrò sfamare Feliciano, ma potrò anche vendere le uova per ricavarci qualcosa!-
Romano ridacchiò fra sé, soddisfatto.
- Potremo andare avanti anche per anni così! Chissà che, più avanti, non riesca a comprarmi anche una vacca da latte e un mulo per i campi di pomodoro..-

Romano si diresse saltellando al mercato, tenendo nascosta in tasca la moneta d’oro.
Eh si! Che, da quelle parti, giravano numerosi scippatori che avrebbero messo le mani volentieri sul quel prezioso bottino.
Pregustando entusiasta il suo acquisto, Romano passò davanti al vinaio più famoso di tutto il reame.
Si fermò un attimo.
Da quanto tempo non deliziava il suo palato con quel liquido rosso che riscaldava il corpo e allietava anche le notti più tristi?
Lui aveva una moneta d’oro.
Poteva comprare almeno una trentina di bottiglie di buon vino,  il migliore, ma non l’avrebbe fatto perché quel denaro era un dono dal cielo per sfamare la sua famiglia.
Avrebbe preso SOLO una bottiglia. Giusto per festeggiare la buona ventura.

Entrò nel negozio tutto baldanzoso.
Il venditore, un uomo dalla lunga esperienza, sulla cinquantina, che pareva avere fiuto per il profitto, lo guardò diffidente.
Giovani contadini orfani, sporchi e senza il becco d’un quattrino, solitamente, non entravano nel suo locale.
- VATTENE VIA! NON VOGLIO MENDICANTI NEL MIO NEGOZIO!- urlò con voce roca, diretto al ragazzo.
Romano non si scompose e, con falsa superbia, trattenendosi dal rispondere volgarmente, interrogò indispettito: - Per il buon Dio! E’ questo il modo di trattare un cliente, buon uomo?-
- Un cliente?- domandò l’altro, per niente convinto.
Romano sorrise sfacciato e tirò fuori la moneta d’oro zecchino.
- Certamente, lo sono!-
Il mercante prese in mano la moneta diffidente e la mise tra i denti.
- PERBACCO! E’ ORO! ORO VERO!- esclamò stupito.
- Giustappunto!- sorrise compiaciuto Romano.
- In questo caso cambia tutto! Cosa desidera il signore?- chiese riverente il viticoltore, inchinandosi.
Il ragazzo fece finta di girare, con aria esperta, tra le bottiglie di vino e ne scelse una che gli piaceva, con la scritta dorata, di una decina di anni addietro.
- Questa qui!- ordinò sicuro.
- Ottima scelta, mio signore!- sorrise il mercante.
Effettuarono lo scambio.
Il mercante, attraverso una bilancina, restituì l’oro che avanzava e prese in cambio la moneta.
Romano prese il collo della bottiglia e uscì allegro dalla porta.
Quando il ragazzo abbandonò il negozio, il venditore abbandonò il suo sorriso cordiale e chiamò il garzone.
Un bambino pallido, dagli occhi azzurro cielo,  che non poteva avere più di 10 anni.
Si sa, i mercanti, spesso, sono persone molto avide.

Romano aveva tanta voglia di aprire la bottiglia e assaporare quel buon vino, ma si decise per farlo solo dopo aver completato gli acquisti ed essere tornato a casa.
Feliciano, certamente, lo attendeva impaziente.
Chissà che sorpresa gli avrebbe fatto!
Poco dopo, si scontrò con  un bambino più giovane di lui.
- EHI! MOCCIOSO! STAI PIÙ ATTENTO!- rimproverò stizzito Romano.
Per tutta risposta, il moccioso si mise a piangere disperatamente, attirando la gente curiosa e, allo stesso tempo, contrariata.
Anche le guardie arrivarono.

- Cosa succede?- domandarono severe.
- Questo ragazzo ha rubato l’oro del mio padrone!!- piagnucolò il bambino.
- COSAAAAAA??- ululò incredulo Romano.
- E’ così?- interrogò un soldato guardando il ragazzo più grande.
- NON E’ VERO! E’ UNA MENZOGNA! QUEST’ORO MI APPARTIENE!- affermò sicuro e infastidito Romano.
La folla si radunò attorno per seguire la diatriba.
- L’ha rubato al mio padrone, così come il vino, quando questi serviva i clienti!- replicò il bambino in lacrime.
- RAZZA DI MOCCIOSO BUGIARDO!- aggredì Romano, incapace di trattenersi dal prenderlo per il colletto, fissandolo dritto negli occhi, provocando l’avversione disgustata della gente radunata.
A quel punto il vignaiolo si presentò nel cerchio della disputa.

- Grazie al cielo è arrivato, signore! Spieghi alle guardie che io non ho affatto rubato e che il vino l’ho acquistato col mio denaro!- incoraggiò Romano rivolto un po’ al mercante e un po’ alle guardie.
- Questo ragazzo..non l’ho mai visto!- dichiarò netto il venditore.
Romano impallì.
- COME NON MI HAI MAI VISTO?? HO ACQUISTATO IL VINO QUALCHE MINUTO FA!- supplicò esasperato  il ragazzo.
- Mai- confermò risoluto il vignaiolo.
I soldati fissarono con sospetto Romano che, in quel momento, realizzò il piano del mercante.
- BRUTTO BASTARDO!- e fece per scagliarsi contro il viticoltore, deciso a spaccargli la faccia, ma venne prontamente immobilizzato dalle guardie che lo presero dalle braccia.
- LASCIATEMI ANDARE! LASCIATEMI! QUESTO E’ UN TRANELLO BELLO E BUONO! VOGLIONO INCASTRAMI!- si sgolò il ragazzo, agitandosi nella potente presa dei soldati.
- Osate, forse, mettere in dubbio la mia onestà? La mia reputazione di persona perbene? – domandò con voce incredula il mercante, rivolto ai soldati.
Gli uomini, in armatura, scrutarono diffidenti il giovane che scalpitava.
- Forse il vino che ho consegnato personalmente alla reggia del re non è stato di vostro gradimento? Mi accerterò, la prossima volta, che pervenga un vino più pregiato che, certamente, incontrerà il vostro gusto e quello delle vostre famiglie!-  promise umilmente il vignaiolo.
- VECCHIO STRONZO! VAI A FARTI FOTTERE! SEI SOLO UN LURIDO..- sbraitò Romano, oramai scatenato.
- TACI LADRO INSOLENTE!- comandò perentorio un soldato,  interrompendolo, colpendolo, con l’estremità del bastone della sua arma, dritto in petto, lasciando il ragazzo boccheggiante.
Poi lo prese per i capelli e lo portò all’altezza dei suoi occhi, sogghignando:
- Sarai fortunato se ti lasceranno marcire in qualche cella buia !-
- Ma..ma ..non sono io il ladro! Chiedete di Antonio..Antonio Fernanchio Carruola!- implorò il Vargas, supplichevole, ma venne ignorato.
- Ecco il suo oro! Stia tranquillo, buon uomo! Questo furfante non l’importunerà più!- assicurò un soldato,  restituendogli la bottiglia di vino e l’oro che apparteneva a Feliciano.
- La vostra magistrale dedizione al dovere merita di essere ricompensata più spesso! Passate da me quando sarete stanchi e assetati!- s’inchinò il venditore, mettendosi in tasca l’oro di Romano.
- Certamente lo faremo con piacere!- avvalorò l’altra guardia.

Romano venne portato via.
Mentre veniva trascinato, rivolse un’occhiata furente e di disprezzo all’indirizzo del mercante.
- Accertatevi di buttare via la chiave! Certi briganti sono irrecuperabili ed è il caso di non ritrovarseli in giro!- affermò il venditore malevolo, leccandosi le labbra.


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 Questa è la mia terza fan fiction dopo “ Come luce e Buio” e  “Ciò che accade intorno a noi”.
Mi è venuta l’ispirazione all’improvviso.
Questa volta i protagonisti sono diversi e non viene sottolineato il loro ruolo di Nazioni quanto il loro “essere” fisico, sebbene in un contesto differente dal solito.
Tra qualche giorno posterò il seguito, rivelando il destino del povero Romano.
Per ora manterrò il target di lettura su arancione.
Se sentirò necessario approfondire, lo aumenterò.
A presto! :)
J

  
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