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Autore: 9Pepe4    09/10/2012    12 recensioni
[Pre-Thor]
Loki si raddrizzò, e Frigga riportò l’attenzione su di lui. «Allora? Che succede?»
«Loro non sapevano se io scalciavo o meno» osservò il ragazzino, quasi tristemente. «Per quale motivo? Hai parlato di ciò che faceva Thor e non di ciò che facevo io?»
Frigga si sentì stringere il cuore.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frigga, Loki, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Segreti

Loki, seminascosto dietro lo stipite della porta, ascoltava Frigga chiacchierare con le proprie ancelle.
Le quattro donne erano allegre. Sedevano attorno ad un telaio su cui era steso un panno immacolato, e ricamavano i bordi con forme geometriche dai colori vivaci, conversando serenamente del più e del meno.
Ogni tanto, Frigga lanciava qualche occhiata verso l’uscio, consapevole della presenza del figlio minore.
Ad un certo punto, il dialogo scivolò sui giorni prima della guerra con Jotunheim, e si soffermò sull’attesa del principe Thor.
Loki aggrottò la fronte, ma rimase fermo e zitto nel suo angolino.
Hlìn, una delle ancelle, ebbe una risata e si rivolse alla Regina. «Rammentate? Ci raccontavate che scalciava di continuo, quand’era nel vostro ventre!»
«Sì, dicevate che pareva molto impaziente di venire alla luce» concordò Fulla, sorridendo tra sé e sé.
Frigga accennò un sorriso a propria volta, facendo per rispondere, ma proprio in quel momento Loki non resistette più, e balzò allo scoperto. «E io?» domandò.
Le tre ancelle si girarono verso di lui, sorprese.
Il ragazzino le ignorò, sdegnoso – non si erano nemmeno accorte della sua presenza! –, e si avvicinò alla madre.
«Anch’io scalciavo, madre?» volle sapere, ansiosamente.
Per un istante, gli parve di vedere una strana esitazione negli occhi della donna, ma poi lei gli posò una mano sui capelli neri e sorrise.
«Certamente» gli assicurò. «Thor, però, ha conservato la sua impazienza anche dopo la nascita» aggiunse, «tu ti sei rivelato molto più tranquillo».
Per nascondere al figlio il proprio disagio, ma soprattutto per infondergli un po’ di sicurezza, si tese verso di lui per abbracciarlo con affetto.
Loki si aggrappò alla veste di lei, lanciando nel frattempo un’occhiata in tralice alle ancelle.
«Madre» bisbigliò poi, parlandole all’orecchio, «posso porti una domanda?»
Frigga lo guardò, sorpresa, capendo che Loki desiderava trascorrere un po’ di tempo solo con lei.
«Ma certo» gli sussurrò di rimando, con un sorriso.
Alzò lo sguardo sulle proprie ancelle. «Vi ringrazio, per oggi è sufficiente» le congedò, accennando all’arazzo incompleto, «potete andare».
Le tre donne parvero sorprese, ma non dissero nulla. Si alzarono e si inchinarono, per poi uscire dalla stanza in rispettoso silenzio.
Loki si raddrizzò, e Frigga riportò l’attenzione su di lui. «Allora? Che succede?»
«Loro non sapevano se io scalciavo o meno» osservò il ragazzino, quasi tristemente. «Per quale motivo? Hai parlato di ciò che faceva Thor e non di ciò che facevo io?»
Frigga si sentì stringere il cuore.
Non c’era che dire, il suo secondogenito era fin troppo sveglio e intelligente. Era capace di seguire fili logici che altri bambini non avrebbero mai trovato.
Loki le rivolgeva uno sguardo indagatore, e sembrava un po’ ferito.
«Vieni qui» lo invitò allora la donna, sentendo l’urgenza di placare quel dolore.
Loki non si fece pregare e lasciò che lei lo prendesse sulle proprie ginocchia, poi appoggiò una guancia sulla spalla della madre.
Frigga gli accarezzò i capelli, mentre lui guardava dritto davanti a sé. «Sai quali sono i segreti più importanti da mantenere?» gli sussurrò lei.
Loki fece segno di no, sollevando sulla madre i propri occhi chiari.
Frigga sorrise fugacemente. «Quelli più preziosi» rispose, con dolcezza.
Loki mosse le labbra, riflettendo su quelle parole.
Alla fine, il suo cipiglio si rilassò, e il bambino parve più sereno. «Sì» mormorò, e Frigga lo strinse tra le proprie braccia.
Poggiò le labbra sui capelli neri del figlio, impensierita.
Non aveva mai pensato molto alla madre biologica di Loki, se non per domandarsi come qualcuno avesse potuto abbandonare un bambino simile. Eppure, improvvisamente, si disse che doveva essere stata davvero fortunata, per aver portato in grembo quel bambino tanto speciale.
Ma era veramente importante?
Loki era cresciuto con lei. Era stata lei a sentirlo balbettare le prime parole, lei ad aiutarlo a muovere i primi passi… Era lei a saper meglio riconoscere nei suoi occhi lo scintillio che preannunciava un’uscita furbesca… E, senza dubbio, lo sentiva figlio tanto quanto Thor.
Alla fine, non era importante la gravidanza… L’importante era che Loki era venuto al mondo. E quale che fosse il sangue che gli scorreva nelle vene, l’amore valeva di più.
Osservò l’espressione tranquilla e gli occhi attenti del bambino, e l’ondata di tenerezza che la travolse non fece che confermarle ciò che già sapeva.
Loki era suo figlio. Lei era sua madre.
Oh, se solo stringendolo in quel modo avesse potuto cancellare tutte le sue insicurezze…

***

Più tardi, quel pomeriggio, Loki raggiunse Thor in giardino per giocare con lui.
Avevano entrambi a disposizione un certo numero di noci, e le lanciavano contro un albero distante una ventina di passi.
L’obbiettivo era riuscire a colpire una protuberanza nodosa che sporgeva dalla corteccia.
Ad un certo punto, mentre Thor malediceva il sole, sostenendo che gli andava negli occhi e gli impediva di fare centro, Loki assunse un’aria concentrata.
Mosse veloce il braccio, e il fratello maggiore seguì con lo sguardo una noce che andò a schiantarsi con precisione contro il bersaglio, per poi ricadere sul terreno.
«Per la potenza di Yggdrasil!» esclamò Thor, entusiasta. «È stato stupefacente!»
Con sua enorme meraviglia, però, Loki scosse il capo. «No, non lo è stato».
«Come?!» trasecolò il maggiore.
Il bambino coi capelli scuri si limitò a indicare il prato.
Thor assunse un’aria perplessa, poi si accorse che non riusciva più a vedere la noce lanciata dal fratello.
«Ma come» disse, confuso, «è caduta proprio lì, ne sono certo».
Loki si strinse nelle spalle. «Non era una noce vera. Era solo uno dei miei trucchetti».
La sua voce si fece un po’ ironica, nell’usare il termine con cui Thor era solito definire la sua magia.
Il biondo sbatté le palpebre. «Quindi è stata una sorta di illusione?» domandò, interessato, avvicinandosi ad osservare il tronco.
«Sì» confermò Loki, studiando attentamente il fratello. «L’ho imparata da qualche giorno».
Thor si voltò verso di lui, con aria oltraggiata. «Da qualche giorno?» ripeté, incredulo. «E per quale motivo me l’hai tenuto segreto?!»
Loki fece spallucce. Poi, però, ricordò le parole che sua madre gli aveva detto quella mattina, e un timido sorriso gli rischiarò il volto.
«Perché sono i segreti più preziosi, quelli che vanno mantenuti» rispose.
Thor, però, scosse con foga la testa. «Non è assolutamente vero!» ribatté, accorato. «Vanno mantenuti solo quelli di cui ci vergogniamo!»
Disse così per tentare di indurre il fratellino a parlare più spesso della propria magia, senza imbarazzo, perciò restò impietrito quando vide gli occhi di Loki spalancarsi, sgomenti.
Il bambino era raggelato.
La spiegazione di sua madre gli era sembrata del tutto ragionevole… In effetti, però, anche quella di Thor aveva una sua logica.
Possibile che lei avesse subito capito che lui sarebbe stato più debole del fratello maggiore?
Possibile che, dopo aver partorito un erede così forte e talentuoso, si fosse vergognata alla prospettiva di mettere al mondo un principe gracile e delicato come lui?
Una parte della sua mente rifiutava quella possibilità con tutte le sue forze. Però… però… Però era molto più difficile scacciare via quei pensieri, ora che Frigga non era lì a tenerlo tra le proprie braccia.
«Ho detto qualcosa di male?» balbettò Thor.
Loki spostò lo sguardo sul fratello, ma non riuscì ad articolare una sola sillaba.
«Loki?»
Thor mosse un passo verso di lui, ormai preoccupatissimo. Che quella magia avesse qualche effetto collaterale? Non si poteva mai essere sicuri, con quelle arti arcane!
A quel punto, però, il minore riuscì a riscuotersi, e distolse lo sguardo.
La sua espressione non era più tanto sconvolta, così Thor trasse un sospiro di sollievo. «Che cosa ti è successo?» gli domandò. «Ti sei sentito male? È stata colpa di quell’incantesimo?»
Loki si innervosì. «No, sto bene» dichiarò, cercando di controllare il tremito nella propria voce.
«Non sembrava» obiettò Thor, accigliandosi.
Il più piccolo deglutì, poi si sforzò di guardare il fratello con un’espressione tranquilla. «È tutto passato» assicurò, «ora sto bene».
Thor gli credette subito, e si aprì in un gran sorriso. «Meno male» constatò.
Loki si chinò per raccogliere una noce dal proprio mucchio, ma in realtà per nascondere al fratello che non aveva la minima voglia di rispondere al suo sorriso.
Sentiva freddo, un freddo terribile.
«Questo gioco mi ha stancato» dichiarò Thor, avvicinandosi al fratello. «Rompiamo le noci e mangiamoci il gheriglio».
In un’altra occasione, Loki avrebbe domandato al biondo – in tono innocente – se il gioco lo aveva stancato perché non riusciva a vincere.
In quel momento, però, si sentiva troppo in subbuglio per farlo.
Il fratello gli aveva creduto immediatamente, quando lui gli aveva detto di star bene. Mentire era facile, fin troppo facile. Magari sua madre, per non ferirlo, gli aveva detto una bugia…
Guardò Thor spaccare la prima noce, e improvvisamente si sentì proprio come quel guscio frantumato: dannatamente fragile e terribilmente inadeguato.
  
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