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Autore: Alchbel    10/10/2012    7 recensioni
Finalmente giunge una nuova settimana Klaine, a cui stavolta anche noi abbiamo deciso di aderire.
Perciò eccovi una serie di 7 capitoli/shot (separati l'uno dell'altro) per sette momenti Klaine!
Enjoy it ♥
Day 1: Cooper + Klaine
Day 2: Roomates!Klaine
Day 3: Heroes!Klaine
Day 4: Skank/Nerd
Day 5: Photographer/Model
Day 6: Dalton!Klaine
Day 7: Winter in New York
Genere: Comico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The Avengers: “Progetto Klaine

 

 

Uscire fuori con suo padre, per Blaine, era sempre stato… complicato. Da bambino, adorava andare in giro con lui, accoccolarsi tra le braccia forti di suo padre, o mostrare quanto fiero lui fosse del suo papà; da adolescente, aveva attraversato un periodo di ribellione, pertanto cercava di farsi vedere con il padre il meno possibile. Ora invece, Blaine era riuscito a raggiungere un equilibrio, era fiero di ciò che il padre faceva, ma al contempo non amava uscire con lui: era vanesio, anche se lo faceva ridere, aveva sempre la battuta pronta e attirava sempre l’attenzione su di sé. A volte, a Blaine sembrava che fosse lui l’adulto della situazione, e non il suo padre ultramiliardario e ultrafamoso conosciuto ai più con il nome di Iron man, all’epoca Tony Stark.

 

Blaine Stark uscì da una caffetteria anonima di Los Angeles, seguito dal sorriso un po’ strafottente del padre, scuotendo la testa e sbuffando come un mantice.

 

«Che c’è?» chiese il padre, facendo finta di non vedere le occhiate che tutti rivolgevano loro, mentre salivano sull’auto guidata da Hogan.

 

«Devi smetterla, papà!»

 

«Di fare cosa?»

 

Blaine alzò gli occhi al cielo notando il sorriso sbarazzino del padre. Dannazione, lo sapeva che non avrebbe dovuto dirgli niente, che si sarebbe dovuto tappare quella boccaccia e andare a parlarne con la madre.

 

«Ascolta, se non glielo dici tu, sarò costretto a dirglielo io. Potrei sempre entrare nel suo profilo Facebook e aggiungerti come suo amico…»

 

«Oddio, non lo fare! Ti prego…» Blaine si prese la testa tra le mani, lasciandosi sfuggire un lamento; sapeva che il padre ne sarebbe stato capace.

 

«Vuoi farlo tu?» chiese Tony alzando un sopracciglio.

 

«Assolutamente no! È una cosa troppo inquietante… No, cercherò di parlargli la prossima volta. E ancora no, questa volta non verrai anche tu a rubarmi la scena e mettermi in imbarazzo!»

 

Blaine cercò di non far caso all’espressione da cucciolo che aveva appena assunto suo padre – l’aveva collaudata anni prima, per cercare di rabbonire sua madre, ma Pepper Potts era fin troppo abituata a gestire Tony Stark per lasciarsi abbindolare così facilmente – e che lui aveva ereditato.

 

Riportò lo sguardo sulla strada, sovrappensiero. Qualche settimana prima, tornando da un’uscita con il suo amico Wes, era entrato in quella stessa caffetteria anonima da cui lui e il padre erano appena usciti; e in quell’occasione, il suo sguardo aveva incrociato quello azzurro del ragazzo al bancone che serviva il caffè. La sua carnagione chiara, il profilo scolpito, il capelli castano chiari tirati su con la lacca e ormai sfatti dopo una giornata di lavoro e le labbra rosse erano state sufficienti a Blaine per infatuarsi di quel ragazzo – Kurt c’era scritto sul cartellino che aveva attaccato al petto. Aveva passato tutto il tempo a guardarlo a bocca aperta, mentre l’altro non l’aveva degnato che di uno sguardo frettoloso quando gli aveva chiesto la sua ordinazione; e lui aveva balbettato, sotto lo sguardo stupefatto di Wes e di mezzo locale.

 

Tutti conoscevano Blaine Stark, figlio di Tony; aveva ereditato dal padre la sua genialità e dalla madre il grande dono di sopportare il padre; a soli sedici anni, era entrato all’università, e da lì la sua strada era stata tutta in salita, lavorando nell’impresa del padre e con il padre. Ormai c’erano due Iron man che volavano nei cieli di Los Angeles (e non solo).

 

Perciò era certo che Kurt lo avesse riconosciuto, ma non aveva dato alcun tipo di cenno di adulazione o falsità da cui invece era solito essere circondato Blaine. E forse era anche per questo che Blaine era andato in fissa con questo ragazzo; lo incuriosiva, voleva conoscerlo. Aveva iniziato a frequentare quella caffetteria assiduamente, cercando il coraggio, che di solito non gli mancava, di rivolgere la parola a quel ragazzo; ma niente, quando si ritrovava davanti a quegli occhi di ghiaccio, si impappinava, iniziava a sudare freddo e si limitava a fare la sua ordinazione, balbettando.

 

E poi, Blaine aveva avuto la brutta idea di mettere il padre al corrente della sua cotta per questo fantomatico Kurt. Ovviamente Tony aveva dovuto vederlo, e lo aveva trascinato alla caffetteria, dove lo aveva messo in imbarazzo davanti a tutti iniziando a parlare con Kurt, con quel suo tono affascinante, chiedendogli cosa ne pensasse del figlio; Kurt aveva sorriso timidamente – e Blaine si era sciolto come neve al sole nel vedere per la prima volta il sorriso del ragazzo – ma non aveva guardato Blaine, né suo padre, per più di qualche secondo, prima di ritornare al suo lavoro, non rispondendo alla domanda di Tony.

 

Blaine avrebbe voluto che una voragine si aprisse sotto i suoi piedi e lo inghiottisse. 

 

«Ascolta figliolo, devi trovare il coraggio di parlargli, d’accordo? Prova a fare colpo su di lui!» Il padre lo riportò con i piedi per terra. «Dopotutto, sei mio figlio, no? Sei Iron man anche tu.»

 

Blaine fissò lo sguardo in quello del padre, sovrappensiero. Aveva ragione, dannazione! Lui era l’unico, insieme a Pepper Potts, in grado di avere una discussione con il padre e uscirne vittorioso – a volte – e aveva salvato il mondo più volte insieme al padre e ai loro amici (ormai tra di loro non si chiamavano più i Vendicatori, ma “gruppo dello Shawarma”). Lo sapevano tutti, ma a Blaine non piaceva vantarsi. A volte invidiava gli eroi dei fumetti, quelli che nascondevano la loro vera identità; non avrebbe mai rinunciato all’armatura, a ciò che faceva, ma a volte avrebbe preferito che nessuno lo conoscesse. Aveva solo vent’anni e tutti sapevano chi lui fosse, quali fossero le sue preferenze sessuali e cosa avesse fatto, ed era quasi impossibile per lui avere una vita normale.

 

«Già…» sussurrò, non accorgendosi dello sguardo preoccupato del padre.

 

 

***

 

 

«Ehi, Kurt!»

 

Kurt fece un cenno alla sua collega per farle capire che stava ascoltando, ma non distolse gli occhi dal cappuccino che stava preparando.

 

«Sono tornati gli Stark, oggi! Mi sa che Blaine ha una cotta per te… Passa il tempo a fissarti imbambolato!»

 

«Non dire sciocchezze! E poi, figurati, vorranno solo farsi vedere... Si sa che le persone di quel tipo sono piene di boria.» rispose Kurt con freddezza.

 

«Non credi di stare generalizzando?»

 

Kurt finalmente alzò lo sguardo sulla sua collega; aveva ragione, lui non conosceva gli Stark, non sapeva com’erano veramente. Al di fuori, sapeva che Tony Stark era vanesio e a volte arrogante, ma nonostante tutto aveva salvato la situazione in diverse occasioni. Il figlio invece gli era sempre sembrato molto più riservato del padre, ma non si fidava. Pensava fosse tutto uno scherzo, perché insomma, come poteva interessare veramente a Blaine Stark? Era solo un umile commesso di Starbucks, dopotutto.

 

 

***

 

 

«Buongiorno.» La voce metallica di Jarvis li accolse, non appena entrati in casa. «Signore, la devo avvisare della presenza del signor Banner in laboratorio. La signora Potts sta cercando di spiegare l’uso di un tablet ai fratelli Asgardiani. Natasha Romanoff, Clint Barton e Steve Rogers sono nell’area adibita agli allenamenti.»

 

«Quand’è che questa casa è diventata un luogo di ritrovo?» chiese Tony alzando gli occhi al cielo e decidendo di passare a salutare per lo meno Pepper – in realtà a controllare che Thor o Loki, dopo anni ormai in buoni rapporti, non gli distruggessero niente – per poi andare in laboratorio da Bruce.

 

Blaine si lasciò scappare un sorrisetto, fiondandosi dritto nel seminterrato. Aveva bisogno di stare solo, i suoi pensieri in macchina lo avevano intristito; e l’unico modo che Blaine aveva per rilassarsi, sin da quando era ragazzo ed era riuscito a costruirsi la sua prima armatura tutto da solo, era quello di farsi un volo in giro per la città.

 

«Jarvis, preparami la Mark VIII di papà, per favore.»

 

«Posso sapere come mai questa scelta, signore?» gli rispose la voce metallica.

 

«Così,» rispose con un’alzata di spalle Blaine, mentre uno dei pannelli davanti a lui si sollevava, mostrando un’armatura di titanio verniciata di blu.

 

 

***

 

 

Qualche ora e qualche pensiero in meno dopo, Blaine si ritrovava a volare sopra lo Starbucks di prima, aspettando che Kurt uscisse. Aveva deciso che gli avrebbe parlato, doveva farlo, o sarebbe impazzito. Non capiva come mai avesse questo desiderio ancorato nel petto, era inspiegabile, ma gli sembrava quasi di conoscere Kurt, come se lo avesse già incontrato prima, in un altro mondo, in un altro tempo. Aveva visto così tante cose nella sua giovane vita, che ormai avrebbe potuto credere praticamente a qualsiasi cosa.

 

«Jarvis, aiutami.»

 

«Cosa stiamo cercando, signore?»

 

«Non cosa. Chi. Si chiama Kurt, lavora in quello Starbucks

 

«Posso entrare nei file del computer del loro datore di lavoro facilmente.» La voce metallica si interruppe per circa venti secondi, prima di ricominciare a parlare. «Kurt Hummel, vent’anni, nato a Lima, Ohio. Studente di astronomia alla UCLA, ha una passione per la moda e stacca alle nove.»

 

«Grazie Jarvis

 

Pochi minuti dopo, Blaine vide Kurt uscire dalla caffetteria, usando la porta sul retro. Con un sorriso sul volto e facendosi coraggio, Blaine atterrò davanti a lui, facendo saltare dallo spavento il ragazzo di fronte.

 

«Cosa diamine…?! Sei impazzito, per caso?» urlò Kurt, quando il casco dell’armatura si aprì, rivelando gli occhioni dorati di Blaine.

 

«Io… scusami, non volevo spaventarti.»

 

«Beh è quello che hai fatto!»

 

Blaine rimase a fissare Kurt, senza sapere che cosa dire, né come comportarsi. Un silenzio tombale scese tra di loro; Kurt non si muoveva, Blaine non parlava. Rimanevano immobili a guardarsi, Kurt con un’espressione un po’ torva in viso.

 

«Mi stavi seguendo?» chiese Kurt con fare aggressivo.

 

«N-no…» mentì Blaine, spaventato dal modo in cui stavano andando le cose. Ma il sopracciglio alzato di Kurt, lo fece capitolare. «Ok, sì… stavo aspettando che tu uscissi. Volevo solo fare quattro chiacchiere, magari parlare del tuo corso di astronomia alla UCLA.»

 

«Pessima mossa, signore,» disse la voce di Jarvis nei suoi auricolari.

 

«Hai fatto delle ricerche su di me?!» Il tono di voce di Kurt aveva raggiunto dei livelli esorbitanti. Blaine si ritrovò a fare un passo indietro, mentre Kurt gli veniva contro con un dito puntato.

 

«Tu… come osi?! Solo perché sei Iron man, non significa che hai il diritto di violare la privacy altrui! Sei solo un borioso figlio di papà elevato all’ennesima potenza, ecco cosa sei!»

 

Blaine abbassò gli occhi. Di certo non aveva pensato che il loro incontro si sarebbe concluso in questo modo.

 

«E ora vattene! Vola via, vai a provarci con qualcun altro! Anzi, sai che ti dico? Me ne vado io!» Kurt lo superò, senza degnarlo di un altro sguardo, le guance rosse per la rabbia e le mani strette a pugno, lasciando dietro di sé un Blaine attonito e deluso.

 

«Aspetta!» gli urlò, ma l’altro ragazzo non si girò, continuando a camminare con passo spedito verso la via principale.

 

 

***

 

 

«Tony, la vuoi smettere? Clint non ha messo su nessuna pancetta. Nessuno ha messo su pancetta,» disse Natasha, alzando gli occhi al cielo e posando una mano sulla spalla del marito.

 

«Non possiamo essere come quelli di una volta,» replicò Bruce con tono calmo.

 

«Parla per te!»

 

Tony incrociò le braccia sul tavolo, certo di aver avuto l’ultima parola, quando le luci si spensero all’improvviso, mettendo tutti sull’attenti. Poi uno schermo spuntò dal nulla e la voce familiare di Jarvis riempì la casa, facendo tirare a tutti un sospiro di sollievo.

 

«Signore, forse c’è una cosa che dovreste vedere.»

 

Il video dell’incontro tra Blaine e Kurt che Jarvis aveva registrato venne proiettato sullo schermo, sotto lo sguardo attento di tutti gli altri.

 

«Mi piace il ragazzo…» disse Loki, ricevendo un’occhiata indignata da parte del fratello.

 

«Chi era quello?» chiese Steve con espressione stupita.

 

Tony, con un’espressione indecifrabile, si ritrovò a spiegare a tutti cosa fosse appena successo; non appena ebbe finito, si scambiò uno sguardo preoccupato con Pepper. Sapevano quanto loro figlio a volte soffrisse di avere tutta questa fama; quello che più desiderava era di trovare qualcuno che lo amasse, non perché figlio di Iron man e Iron man stesso, ma perché amava il vero lui.

 

Proprio in quel momento, Blaine, con ancora l’armatura addosso, atterrò sul terrazzo della cucina; il casco si abbassò subito,  rivelando i suoi occhi bassi e l’espressione triste. Sentendosi osservato, sollevò lo sguardo e incrociò quelli degli altri Vendicatori; gli bastò guardarli per un secondo soltanto per capire che sapevano. Strinse i pugni e volò di nuovo via, mentre veniva invaso da una strana rabbia.

 

«Blaine!» gridò Pepper, ma non venne ascoltata.

 

«Dobbiamo fare qualcosa…» decretò Thor.

 

 

***

 

 

La mattina dopo, davanti alla porta della sua camera alla UCLA, Kurt trovò un mazzo di gigli per terra, in un vaso. Stupito, li raccolse, mentre veniva invaso da uno strano dubbio che gli venne confermato dal biglietto sotto il vaso.

 

Scusami per aver fatto ricerche su di te e averti seguito. Giuro che ho le migliori intenzioni. – B.S.

 

Inutile dire che Kurt prese e accartocciò il biglietto, lasciando il vaso alla prima ragazza che incrociò per il corridoio.

 

Lo stesso si ripeté quel pomeriggio al lavoro. Questa volta c’erano di nuovo gigli in un vaso ad attenderlo, e un biglietto; stavolta però la scritta era diversa.

 

Non so se hai trovato i fiori stamattina davanti alla porta. Effettivamente potevo risparmiarmelo, quella era davvero una mossa da stalker. Spero accetterai anche questi. – B.S.

 

Questa volta, Kurt accartocciò il bigliettino nelle sue mani sotto lo sguardo perplesso della sua collega, e mise da parte i fiori. Lavorò tranquillamente per tutto il giorno ma a volte, quando passava davanti al vaso, un odore fresco di gigli gli colpiva le narici; quando fu il suo turno di andarsene, decise che nonostante tutto poteva lasciarli lì. Avrebbero dato un tocco in più all’ambiente.

 

Per le settimane successive, Kurt continuò a ricevere fiori e bigliettini da parte di Blaine. Ormai era diventata quasi un’abitudine, una bella abitudine; conservava i bigliettini e i fiori, che si portava nella sua stanza. Ma quello che adorava più di tutto, erano i bigliettini; in ognuno, infatti, Blaine gli diceva cose di sé che nessuno sapeva. Certo, erano piccole cose – come per esempio quale fosse il suo colore preferito, o il modo in cui preferiva bere il caffè, o per quale film avesse riso di più in assoluto – ma forse gli piacevano proprio perché erano piccolezze.

 

Certamente, Kurt aveva pensato che fosse tutto uno scherzo, era titubante e ci aveva messo un po’ ad accettare questo fatto; ma poi gli tornava in mente lo sguardo dispiaciuto di Blaine quando lo aveva liquidato quella sera, o quello imbarazzato di quando si era presentato in caffetteria con il padre. Forse aveva ragione la sua collega, forse era davvero prevenuto. E pensare che era questo quello che gli aveva insegnato il suo Glee Club all’epoca delle superiori: mai giudicare qualcuno dalle apparenze.

 

Avrebbe voluto parlarne con lui, di persona, o per lo meno ringraziarlo per i fiori, ma non sapeva come fare. Ovviamente tutti sapevano dove si trovava villa Stark, ma non poteva andarsene fino a Malibu semplicemente per ringraziare Blaine: sarebbe morto di imbarazzo! E glielo avrebbe detto di persona se Blaine si fosse degnato di venire in caffetteria; invece sembrava essere sparito.

 

Circa un mese dopo il loro litigio, Kurt stava camminando di tutta fretta verso casa, attraversando il parco con uno dei mazzi di fiori di Blaine stretto tra le mani. Ad un tratto, poco più avanti, la sua attenzione fu catturata da una figura familiare: era Blaine, che camminava di fianco a un ragazzo asiatico. Stava ridendo spontaneamente, senza far caso alla gente che gli lanciava delle occhiate. Senza sapersi spiegare il motivo, Kurt provò un improvviso moto di gelosia verso il ragazzo sconosciuto  di fianco a Blaine.

 

Devo essere impazzito, pensò Kurt, immobile in mezzo alla strada, lo sguardo fisso su Blaine che sembrava non averlo visto – per fortuna, perché era un disastro… e oddio, ora pensava anche al suo aspetto fisico e al modo in cui l’avrebbe trovato Blaine?

 

Hummel, ti bastano dei fiori per farti capitolare?

 

Doveva fare qualcosa; se avesse continuato ad andare dritto sarebbe passato proprio affianco a Blaine, che si stava avvicinando sempre di più. Così decise di tagliare, girando a destra, senza accorgersi dell’arrivo di una ventina di ciclisti diretti proprio verso di lui.

 

Fu un attimo. Kurt si immobilizzò, come un cervo colto sull’autostrada dai fari di una macchina, congelato, il cervello che calcolava se fosse riuscito a spostarsi in tempo o no. Qualcuno gridò «Attento!». E poi, Kurt si ritrovò per terra, un dolore improvviso al fianco ma per fortuna ben lontano dalla strada e dai ciclisti impazziti, mentre un peso caldo lo tratteneva a terra.

 

Kurt alzò lo sguardo e non si stupì di trovarsi di fronte gli occhi grandi e dorati di Blaine, nei quali riusciva a leggere un velo di preoccupazione. Rimasero a fissarsi per degli istanti interminabili, mentre intorno a loro tutti scoppiavano in un applauso.

 

Blaine fece finta di non vederli neanche, alzandosi e porgendo una mano a Kurt, che la afferrò e si tirò in piedi. Il ragazzo asiatico li raggiunse, lo sguardo fisso sulle loro mani ancora unite e un sorrisetto sulle labbra. Quando Kurt riuscì a distogliere lo sguardo da Blaine, notò dov’era diretto lo sguardo dell’altro, così si affrettò a lasciare la mano che stava stringendo.

 

«Grazie.»

 

«Figurati…» Blaine rimase imbambolato a fissarlo; non lo vedeva da più di un mese e non si era nemmeno reso conto di quanto gli fosse mancato vedere quei lineamenti, quegli occhi e quelle labbra. «Uhm, lui è Wes, un mio amico.»

 

Kurt non riuscì a trattenersi; fece uscire un sospiro di sollievo dalle labbra nell’apprendere che quel ragazzo fosse solo un amico. Blaine non si lasciò sfuggire niente, e lo fissò con una strana occhiata interrogativa.

 

«Piacere, Kurt.» Disse velocemente, stringendo la mano dell’altro ragazzo. Poi riportò lo sguardo su Blaine, come se fosse incapace di staccarsene, come se fossero due calamite che lo attiravano.

 

«Grazie per i fiori,» gli uscì, tutto d’un fiato.

 

«I fiori? Quali fiori?»

 

«Quelli!» Kurt indicò il mazzo di fiori, ormai tutti sparpagliati, a terra; Blaine spostò il suo sguardo stupito sui fiori in questione.

 

«Io… non ti ho mandato dei fiori,» spiegò a Kurt, i cui occhi si spalancarono all’improvviso, delusi e feriti. «Avrei dovuto farlo? Oddio volevi dei fiori? Pensavo non volessi vedermi più e –»

 

«No, tu mi hai mandato i fiori…» Kurt si chinò e raccolse il bigliettino per terra, porgendolo poi a Blaine.

 

È quasi un mese che ti mando fiori, ma non mi sono ancora stancato. Questa volta ti dirò qual è la mia foto preferita: ci sono io a sei anni, sulle spalle di Loki, con tutti gli altri intorno a noi. Mi dicono sempre che è grazie a me se Loki si è unito definitivamente ai Vendicatori, perché non è riuscito a resistere al mio faccino. – B.S.

 

Blaine sgranò gli occhi, sconvolto. Non era stato lui a mandare i fiori a Kurt per un mese intero – così diceva il biglietto – né a scrivergli quei biglietti; ma su quel foglietto di carta c’era scritta una cosa della sua vita privata che nessuno sapeva. Nessuno a parte i Vendicatori. Rialzò lo sguardo su Kurt e Wes – che aveva capito tutto e  stava facendo di tutto per non scoppiare a ridere.

 

«Mi dispiace Kurt, non sono stato io a mandarti i fiori e i biglietti. Ma so chi è stato.»

 

«Chi?»

 

«Ehm, mi sa che è meglio che io me ne vada,» si intromise Wes. «Avete parecchie cose di cui parlare, mi sa.» E, dopo un saluto cortese a Kurt e un sorrisetto a Blaine, si voltò e se ne andò.

 

Kurt e Blaine rimasero a fissarsi per qualche istante, finché Blaine si aprì in un sorrisetto imbarazzato e spiegò tutto a Kurt.

 

 

***

 

 

«Quindi vuoi dirmi che i tuoi genitori e… i Vendicatori mi hanno mandato i fiori per tutto questo tempo?» chiese Kurt stupito, mentre guardava le strade di Los Angeles scorrere al di fuori del finestrino.

 

Avevano passeggiato per il parco per un po’, mentre Blaine gli spiegava cosa doveva essere successo, finché si erano ritrovati davanti alla macchina di Blaine; il ragazzo gli aveva chiesto di salire con un sorriso cortese e caldo, e Kurt si era ritrovato ad accettare, come uno stupido. E ora era in macchina con Blaine, dopo essere stato in silenzio per circa dieci minuti ad assimilare tutto quello che gli aveva detto Blaine, e non sapeva dove stessero andando.

 

«Sì.»

 

«Ma è tutto vero quello che c’è scritto nei biglietti?»

 

Blaine gemette. «Purtroppo sì… Non oso immaginare quante cose imbarazzanti ti abbiano detto…»

 

«Oh, soltanto alcune… Dove stiamo andando?»

 

Blaine si sorprese per il brusco cambio di argomento, ma sorrise. Aveva un’idea. «Che ne dici di andare a casa mia e dire che abbiamo scoperto tutto?”

 

Kurt arrossì, scambiandosi una veloce occhiata con Blaine, che sorrise soddisfatto mentre riportava lo sguardo sulla strada, lasciando il tempo a Kurt di valutare la proposta. Che cosa doveva fare? Accettare l’invito di Blaine e andare a casa sua? E se gli fosse successo qualcosa? E se lo avessero rapito per farlo diventare una cavia dei loro esperimenti? Non voleva diventare come quel grosso affarone verde. Tuttavia, Kurt sentiva di potersi fidare di Blaine, e una parte di sé sentiva di conoscerlo. Inoltre, voleva davvero gustarsi la  vittoria sui Vendicatori.

 

«Ok, ci sto.»

 

 

***

 

 

«Sono a casa!» urlò Blaine mettendo piede nella villa, seguito da un Kurt attonito che si guardava attorno a bocca aperta. Casa sua sarebbe entrata perfettamente in quell’ingresso.

 

«Buongiorno, signore.» La voce metallica di Jarvis fece sussultare Kurt dalla sorpresa.

 

«Non preoccuparti, è solo Jarvis. Gestisce la casa,» gli spiegò Blaine con un sorriso, avvicinandosi alle sue spalle e aiutandolo galantemente a sfilarsi la giacca. Le sue mani sfiorarono appena le spalle e le braccia di Kurt, ed entrambi rabbrividirono per quel contatto tanto semplice.

 

«Jarvis, dove sono tutti?»

 

«In palestra, signore.»

 

Blaine si fece coraggio, prese Kurt per mano e lo guidò per la casa, giù per le scale e dentro un ascensore metallico che li portò ancora più in profondità. Kurt stava per spaventarsi, ma la stretta calda e delicata della mano di Blaine lo rassicurava. Usciti dall’ascensore, si trovarono davanti a una porta chiusa, con vicino un pannello; Blaine si chinò, allineando l’occhio a uno strano obiettivo, poi posò la mano sul pannello e quello si aprì, rivelando una palestra enorme piena di attrezzi.

 

Kurt rimase a bocca aperta. La Vedova Nera stava esercitandosi nella lotta con Thor; Capitan America, Loki e Iron man stavano cercando di battere Hulk, che se la rideva della grossa sbatacchiando l’uno e l’altro da una parte all’altra; Occhio di falco stava lanciando pigramente le frecce contro un manichino, centrando perfettamente i punti più strategici quasi senza guardare. Una signora dai capelli biondo fragola, che Kurt immaginò essere la famosa Pepper Potts, la mamma di Blaine, e che assomigliava in modo inquietante a una sua vecchia supplente del liceo, alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo e sorrise nel notare le loro mani intrecciate. Kurt lasciò andare la mano di Blaine.

 

«Ci sono ospiti,» disse la voce fredda di Jarvis.

 

Tutti si fermarono immediatamente. Il viso di Tony spuntò dal casco che si era appena aperto, sorridendo in direzione del figlio.

 

«Finalmente vi siete incrociati e avete scoperto dei fiori!»

 

«Già…» disse Blaine, guardando tutti a uno a uno con sguardo a metà tra il severo e l’affettuoso. Kurt invece aveva perso completamente l’uso della parola. «Perché lo avete fatto?»

 

«Credo tu possa arrivarci da solo,» disse Pepper, avvicinandosi a loro e lasciando un bacio sulla guancia di Blaine, che arrossì.

 

Blaine fissò tutti, interdetto, finché un sorriso di consapevolezza gli spuntò sulle labbra. «Grazie.» Abbracciò tutti con un sorriso enorme.

 

«Shawarma per tutti?» propose Tony con espressione da cucciolo.

 

«Perfetto!»

 

E di colpo, tutti li superarono, avviandosi verso l’uscita della palestra e riservando un sorriso e un colpetto sulla spalla a Kurt e Blaine. Bruce, che era tornato in fretta e furia normale e si era infilato un paio di pantaloni della tuta di nascosto dagli occhi di tutti, passò loro di fianco con un occhiolino rivolto a Blaine e un sorriso per Kurt.

 

Rimasti soli, Blaine riportò lo sguardo su Kurt, che aveva gli occhi a palla e un’espressione persa in viso. Ridacchiò, sventolando una mano di fronte al suo volto.

 

«Tutto a posto?»

 

«Io…» Kurt si riscosse dal suo stato di torpore. «Sì, sto bene. Non ho detto una parola, ma va bene.» Spostò lo sguardo sui vari tipi di armi appesi alle pareti, e i suoi occhi si illuminarono all’improvviso.

 

«Quelli sono sai!» si avvicinò alle armi in questione, seguito da Blaine.

 

«Già! Li sai usare?» chiese Blaine, sorpreso dal ricevere un cenno di assenso da Kurt, che lo guardò dritto negli occhi.

 

«Vuoi -?»

 

«Posso -?»

 

Scoppiarono a ridere entrambi, imbarazzati per aver parlato contemporaneamente.

 

«Prima tu,» disse Kurt.

 

«Volevo chiederti se preferivi  tornare a casa…»

 

Kurt sorrise, scuotendo la testa. «No. Vorrei sapere come mai mi hanno mandato quei bigliettini e i fiori.»

 

Di colpo, Blaine abbassò lo sguardo, arrossendo; sembrò pensarci un po’ su, passandosi la mano tra i capelli, spettinandoli un po’, ma infine si decise a parlare.

 

«Essere un supereroe è difficile. Certo, è fantastico, ma nella vita reale è maledettamente complicato; non sai chi ti è veramente amico o chi vuole solo approfittare della tua popolarità. In tutti questi anni, non ho mai avuto un vero ragazzo, perché alla fine erano tutti interessati ai soldi, o alla fama…» Fece una pausa, alzando lo sguardo su Kurt. «Tu invece mi sei sembrato diverso, fin da subito. Mi degnavi a malapena di un’occhiata, ti limitavi a servirmi e tornavi al tuo lavoro; non sembravi adularmi né altro. Avevo voglia di conoscerti, lo desideravo davvero tanto perché… beh, perché mi sei piaciuto fin da subito. Anche se in quasi tutti i biglietti non miei ti chiedevo scusa, forse è meglio che te lo dica di persona: scusami. Non volevo fare ricerche su di te, né seguir –»

 

Un dito delicato si posò sulle labbra di Blaine, che arrossì a quel gesto. Kurt sorrise, rimuovendo il dito.

 

«Sono felice che lo abbiano fatto. Che abbiano mandato quei biglietti, e i fiori. Mi dispiace di essere stato così sgarbato con te, anche perché pensavo davvero tutte quelle cose che ti ho detto in quel vicolo,» spiegò Kurt imbarazzato, distogliendo lo sguardo da Blaine e ridacchiando.

 

«E ora hai cambiato idea?»

 

«Sì…» sussurrò Kurt, riportando gli occhi su Blaine.

 

«Allora anche io sono felice che lo abbiano fatto.»

 

Continuarono a sorridersi per un tempo interminabile, finché sentirono l’atmosfera cambiare intorno a loro, farsi più calda e pesante. Kurt e Blaine si attiravano come magneti, avvicinandosi sempre di più l’uno all’altro, i loro occhi che continuavano a spostarsi sulle labbra dell’altro; Blaine chiuse gli occhi, il cuore che batteva all’impazzata e un minuscolo angolo del suo cervello che ringraziava le idee strambe del padre. Finché un rumore sordo, come due oggetti metallici che si scontrano l’uno contro l’altro, attirò la sua attenzione.

 

Aprì gli occhi di scatto, tirandosi indietro e voltandosi il tanto che bastava per notare uno dei sai per terra, ai piedi di suo padre, con ancora indosso l’armatura, che sorrideva con occhi luccicanti. Blaine riportò lo sguardo su Kurt, che aveva in mano l’altro dei sai e lo stava facendo roteare con destrezza tra le dita.

 

Tony scoppiò in una risata fragorosa. «Oh, mi piace questo ragazzo! Sei bravo con i sai; dovresti unirti a noi!»

 

«Scusi, signore, non mi piace essere osservato mentre sto per baciare qualcuno,» replicò Kurt con un sorrisetto sulle labbra.

 

«Hai ragione, scusami. Giuro di non intromettermi più.» Blaine si chiese se era stato il solo a cogliere il sarcasmo nella voce del padre. «Volevo solo dirvi che è arrivato da mangiare.» E poi, detto questo, sparì.

 

Blaine arrossì ancora di più, gemendo. «Scusalo… anzi, scusa tutti.»

 

«Non preoccuparti. Devo loro un favore, dopotutto,» disse Kurt sorridendo.

 

«Ah sì?»

 

«Sì.»

 

Kurt si sporse in avanti, appoggiando le labbra su quelle di Blaine e ancorandosi alle sue spalle. Blaine rilasciò un sospiro, intrecciando le dita tra i capelli di Kurt e tirandoselo ancora più vicino.

 

Nel frattempo, fuori dalla palestra, Tony si girò verso gli altri.

 

«Progetto Klaine terminato con successo,» informò gli altri. «E ora, shawarma

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NdA:

Allora, non so cosa sia venuto fuori questa volta. Sapevo di poter affrontare il tema Heroes in 300 milioni di modi diversi, senza cadere in certe americanate ma… jfidfgidghiadfgahi scusate, io AMO The Avengers, i film della Marvel e tutte queste cose, ma soprattutto AMO, ADORO, VENERO Robert Downey jr. Vado addirittura alle premiere londinesi dei suoi film per vederlo,  ed è l’attore che seguo da più tempo in assoluto.

 

Perciò, se unite questo, al prompt che ci è stato affidato e ai centomila crossover su tumblr… beh, è venuto fuori questo! =)

 

Ho preso vagamente spunto da questo gifset in cui, appunto, Tony è il papà di Blaine. E da qui è nata questa storia che probabilmente non sta né in cielo né in terra ma… dovevo scriverla *__*

Ovviamente immagino sappiate chi sono i personaggi e i loro vari interpreti; in caso contrario, chiedete pure! =)

 

Spero vi sia piaciuta! =)

A domani con la Skank/Nerd Klaine

 

Bel 

   
 
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