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Autore: Kysa    22/04/2007    8 recensioni
Storia di un padre e un figlio che si ritrovano per la prima volta dopo dodici anni, uniti da un lutto e una perdita. Il modo in cui impareranno a convivere...e la mano che dà loro il destino. Spin-off dei Figli della Speranza.
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CuorediDemone

 

 



Lara Crowford Mitchell
Beloved Daughter, Mother and Wife

 

 

 

 



William Mitchell osservava la tomba della madre, morta da due giorni a causa di una polmonite.
Assurdo.
I maghi sapevano curare tante cose...ma non erano stati in grado di salvare sua madre.
Avrebbe fatto ridere quella situazione ridicola se non avesse osservato quella lapide di marmo attraverso il velo delle lacrime, su cui erano scritte le date della sua mamma. E l'angoscia che gli attanagliava il cuore.
L'aveva persa. Ma non l'avrebbe mai dimenticata.
Gli occhi verdeacqua erano annebbiati, i capelli quasi biondi bagnati di pioggia.
Se ne stava in piedi, sotto l'ombrello dell'attendente del suo patrigno che in mezzo a una folla di persone accoglieva le condoglianze di amici, parenti e colleghi con aria afflitta.
Per Henry Mitchell forse la morte della moglie era solo un altro appuntamento mondano.
Ma per William...era la fine.
La fine di un mondo, del dolce sorriso di sua madre.
Vide sua nonna posare una rosa bianca sulla bara, poi delle vanghe fuori dalla sua visuale cominciarono a riempire quell'orrida buca di terra bruna e umida.
Fermatevi.
Avrebbe voluto gridare.
O seppellitemi con lei.
Perché senza di lei nulla ha più importanza.
Qualcuno passava, gli toccava la spalla, cercava di dirgli parole di conforto.
Ma non ce n'erano, quel giorno, per lui.
Lui che a dodici anni si ritrovava al Cimitero dei Maghi, in quella giornata di fine inverno.
Doveva far freddo, pensò.
Tutti erano avvolti in pesanti mantelli, le signore nelle loro pellicce.
Ma lui il freddo quasi non lo avvertiva.
Era sempre stato così.
Fin da quando era nato.
Perché lui...non era un mago normale.
Non era neanche un essere umano. Del tutto almeno.

La bara ormai stava sparendo.
La terra l'aveva ricoperta interamente.
Addio mamma.
Addio giorni felici.

Lara Crowford si era portata via tutto.
Il sorriso, la pace, i giorni di sole, le risate, i giochi fatti la sera.
Non c'era più niente che gli restasse.
Solo la cenere di quel dolore, che svaniva fra le mani come i sogni del mattino.

- William dobbiamo andare.-
Un ordine, un'imposizione.
Eccolo. Quello era Henry Mitchell, l'uomo che sua madre aveva sposato.
L'uomo che ora l'avrebbe incatenato al resto della sua vita patinata, fatta di apparenze.
Dirigente della Gringott, insieme a tanti altri della sua pasta, Henry Mitchell non conosceva nulla che non fosse il calcolo, il freddo ragionamento.
Se aveva un'anima, William non era mai riuscito a scorgerla in quell'uomo.
E ora gl'imponeva di andarsene.
Di separarsi per sempre da sua madre.
Uno strattone e il ragazzino si sottrasse alla sua presa.
- Ancora un minuto.- sussurrò.
- Non piangere!- sibilò il suo patrigno - Non sopporto i piagnistei, lo sai!-
Piagnistei.
Era quella la parola giusta da usare a un funerale?
Al funerale della propria madre?
Quell'uomo l'aveva sempre odiato. Sempre.
Senza eccezioni, senza remore.
E ora che sua madre se n'era andata, non avrebbe esitato a ricordargli sempre chi era.
E cos'era.
Un figlio illegittimo, un essere...mezzosangue.
Un essere che non era degno di essere figlio di un uomo come lui.
- Andiamo.- ripeté l'uomo, afferrandolo duramente per la spalla - Adesso!- aggiunse con un sibilo imperioso, mentre si avvicinavano altri parenti.

La lapide si allontanava sempre di più.
Ormai non era che un puntino vago.
Addio mamma.


La mattina dopo quando William riuscì faticosamente a tirarsi fuori dal letto, anche se avrebbe voluto spirarvi senza nemmeno dire addio al mondo, rimase immobile sullo scalone della casa dei Mitchell.
Elfi domestici e cameriere sembravano in agitazione.
E a terra, davanti alla porta, vide dei bauli.
I suoi bauli.
Cosa stava succedendo?
Con le poche forze che gli restavano, bloccò un elfo.
Tremolante, quello bofonchiò qualcosa che non comprese così il ragazzino fece l'unica cosa possibile.
Attraversò la palazzina in perfetto ordine, sempre gelida come un mausoleo, adatta solo a dare grandi feste e raggiunse lo studio del patrigno.
Si fermò sulla soglia, vedendo parlare coi i suoi avvocati.
Bardati in giacca e cravatta, in giubbe rigorose e grigie come quella giornata uggiosa, William attese fino a quando il patrigno non si accorse di lui.
Imprecò leggermente.
- Era ora che ti svegliassi.- sindacò - Avanti, siediti. Ho una cosa da dirti.-
- Henry...- l'apostrofò uno degli avvocati, evidentemente in imbarazzo - Forse...-
- No, niente forse!- gracchiò Mitchell, mentre William si sedeva in poltrona e continuò a parlare, senza che il ragazzino ne afferrasse una sola parola.
Sentiva solo la durezza della poltrona.
Rigida e lucida come tutto, in quella casa.
I suoi bauli nell'ingresso però l'avevano lasciato perplesso.
Stavano andando da qualche parte?
Forse il suo patrigno l'avrebbe mandato dai nonni.
Se per un attimo ne fu rincuorato, subito il sollievo sparì.
A che pro andarci? Tanto ormai...sua madre non sarebbe più apparsa davanti a lui, sorridente, volteggiando con la sua bacchetta in mano.
Già non sentiva più nell'aria il suo profumo di gelsomino.
Già non vedeva più i suoi libri, sugli scaffali.
Bastava così poco a far sparire una persona?
Bastava far sparire ogni cosa appartenuta ad essa?
- Bene William.-
Sollevò il viso, quando il suo patrigno si sedette alla scrivania, come in cattedra, incrociando le dita con aria seria.
- Ho una faccenda da comunicarti e i nostri avvocati sono qua per rassicurarti.-
- Rassicurarmi?- mormorò flebilmente.
- Esatto.- scandì l'uomo, toccandosi la barba corta e curata - Tua madre se n'è andata William. Siamo tutti addolorati...-
- Questo si vede.- gli sfuggì.
- William!- ringhiò Mitchell - Non interrompermi! Ti stavo dicendo...- continuò con tono rauco -...che tua madre è morta ormai. Io ho parlato con i nostri avvocati e siamo giunti a una conclusione. La cosa migliore da fare per te in una situazione del genere. Io e te non abbiamo legami di sangue e i tuoi nonni materni sono troppo anziani per accollarsi la tua crescita.-
Accollarsi.
Come un fardello...era solo quello?
Un fardello?
- ...e visto ciò che sei...- perseverò il suo patrigno, aggiungendo una nota sarcastica nella voce -...ho preso la mia decisione. Ti trasferisci da tuo padre.-

Padre.

Per un attimo William credette di aver capito male.
Aveva detto che si sarebbe trasferito da suo padre?
Da...
- Ci siamo informati, ragazzo mio.- disse il più vecchio degli avvocati, un mago obeso dai capelli bianchi - Tua madre aveva lasciato degli scritti su di lui. Il nome del tuo vero padre è Jeager William Crenshaw. Abita nel Devon, in una residenza di campagna. Conduce una vita molto appartata.-
- Andrai da lui. È deciso.- squittì Mitchell.
Tutto cominciò a girare.
Andare via.
Trasferirsi.
Sradicarlo.
Da quella casa...da quei ricordi...da ogni cosa...
E mandarlo...da...da...un demone...
Deglutì, sentendo il cuore battere velocemente.
- Vuoi mandarmi via?- alitò, sentendo crescere dentro qualcosa che da tempo non provava - Vuoi mandarmi...lontano dai nonni, dalla casa della mamma?- e alzò la voce, sentendo quella forza diventare incontenibile - Vuoi togliermi tutto quello che mi è rimasto di lei?!-
- Il tuo posto è con tuo padre.- sibilò Mitchell arcigno e indifferente - Non lo conosco, ma ti ci porto stasera stessa.-
- Che cosa?- urlò a quel punto William, balzando in piedi - Non puoi! Non voglio!-
- Oh, invece ci andrai caro mio!- replicò il patrigno, alzandosi e sovrastandolo - Non ho alcuna intenzione di accollarmi un figlio che non è mio! Per il bene di tua madre ho sempre sopportato i tuoi discutibili natali ma adesso basta!-
Discutibili natali.
William si fece indietro, un ghigno gli salì alle labbra.
- Hai sempre aspettato solo questo...eh?- sussurrò gelido - Hai aspettato che la mamma morisse...dì la verità...sei contento vero? Non vedevi l'ora di sbarazzarti di me!-
- Come osi infangare così la memoria di Lara? Era mia moglie!-
- Lara era mia madre!- urlò di nuovo il ragazzino, mentre ogni cosa nello studio iniziava a tremare - Non puoi mandarmi via! È morta da appena tre giorni e tu già pensi a come divertirti con quello che ci ha lasciato! E' roba mia!-
- Piccolo intrigante. T'interessano i soldi eh?-
- E' disgustoso il solo pensiero.- disse William sprezzante - Gli oggetti della mamma sono miei!-
- Sbagliato. Ora tutto ciò che hai è mio. Io sono il tuo tutore!-
- E mi spedisci nel Devon, così puoi farti i comodi tuoi!-
- Tua madre non era previdente purtroppo. Non ha aggiornato il testamento. Tu non figuri!-
- Questo non è vero!-
- E invece si.- ringhiò il patrigno - Ma ora basta! Non intenzione di stare a discutere con te William. La decisione è presa! Stanotte stessa di porto da tuo padre e non intendo sentire un'altra parola sull'argomento. I domestici ti hanno fatto le valigie, per assicurarsi che tu non mi sottraessi nulla. E ora vattene, io e gli avvocati abbiamo altro di cui discutere che dei tuoi infantili capricci!-
Venne letteralmente buttato fuori e fu inutile colpire sulla porta, urlare, gridare.
Quanto avrebbe voluto sfondare quello stipite, per far capire a quell'idiota quanto era veramente potente.
Ma aveva promesso.
Aveva promesso a sua madre di non farlo mai.
Di non usare mai...quel lato di sé.
E così...era inutile.
Né fuggire né piangere né disperarsi.
Sarebbe andato via.
Cosa c'era ormai a legarlo a quel posto?
Sua madre e tutte le sue cose erano sparite.
Niente.
Non gli restava niente.
Tanto valeva...morire e andare da quel demone.


Il Devon non era male.
Si ritrovò a pensare questo, seduto in una carrozza lussuosa, all'alba delle dieci di sera.
William guardava fuori, senza sapere se in realtà fissasse il paesaggio o ricordi del passato.
La vegetazione era lussureggiante ed erano entrati da un cancello, passando delle colonne con dei capitelli grotteschi.
C'erano diavoli e creature fatate di pietra, accovacciate qua e là.
William ne aveva viste alcune girarsi al loro passaggio.
Non ascoltava le chiacchiere di Henry e del suo grasso avvocato.
Né le avrebbe più ascoltate.
Ma ora cominciava a chiedersi se suo padre, quel demone...non fosse orrido come quelle statue.
Aveva anche lui...quella faccia orripilante?
Aveva chiesto a sua madre, in passato, che tipo di persona fosse il suo vero padre.
E lei ridendo gli aveva detto che era bellissimo. Come lui.
Ora pensava che avesse scherzato.
Si, doveva aver scherzato.
Ma cosa aveva potuto trovare sua madre...in un demone?
- Ecco, ci siamo signor Mitchell.-
Il lacchè era sceso dalla cassetta, aprendo lo sportello della carrozza.
Quando scese, strattonato, William alzò lo sguardo su una grande tenuta dai colori caldi, quasi scuri, con tanti camini e almeno quaranta finestre nella facciata frontale. I tetti erano verde scuro e c'erano tante luci a quelle ampie vetrate del secondo piano, tutte in vetro colorato.
Il portone era d'ebano nero, immenso.
Ad abbracciarlo, due colonnine sormontate da due diavoletti accovacciati.
- Pessimo gusto.- sibilò il suo patrigno - Ma non c'era d'aspettarsi altro da certa feccia.-
A dire la verità, William sentì una nota d'invidia.
Quella casa era grande, enorme.
Trasudava ricchezza, un passato di gloria e potere.
Ma tutto svanì, di nuovo.
Lì, piccolo e solo, davanti a quella porta, sentì la sua vita finire davvero.
Non c'era più nessuno ormai a prenderlo per mano.
C'era solo l'oblio.
Ad aprire loro la porta apparve un signore anziano, con una fitta ragnatela di rughe a solcargli il viso.
Un maggiordomo in frac.
Dopo averli scrutati con occhi impenetrabili, abbassò il viso su William.
Quando rialzò la faccia, bofonchiò - Chi devo annunciare?-
- Ah, si sposti!- disse scortesemente Mitchell, facendosi largo col suo bastone da passeggio.
Una volta nell'ampio ingresso, il suo patrigno gli fece cenno di fermarsi e si guardò attorno.
- Dov'è il tuo padrone?- ringhiò al maggiordomo.
Il vecchio gli fece un cenno.
- Mi segua.- disse, senza cambiare tono di voce.
- Tu aspetta qua William!- e Henry se ne andò appresso al maggiordomo con l'avvocato, lasciandolo fermo sulla soglia, avvolto nel cappotto, con due bauli alle spalle.
E lì rimase.
Non sentiva di poter muovere neanche un passo.
A malapena guardò i quadri, gli arazzi appesi alle pareti, il caminetto che scoppiettava nel salone sotto il quadro di un uomo seduto in poltrona.
Era un uomo incredibilmente bello che scrutò William con occhio critico.
Non gli fece domande, limitandosi a studiarlo.
Nel frattempo, arrivarono altri personaggi alquanto bizzarri.
William di punto in bianco si ritrovò circondato e la porta sbatté alle sue spalle, chiudendosi di colpo.
Sobbalzò, ma non davanti alla mezza dozzina di fantasmi che gli penzolavano di fronte.
- Oh...tu guarda! Come assomigli al mio pronipote!- tubò una donnina trasparente, tutta agghindata in abiti di foggia antica.
- Già, è tale e quale a Jeager!- sindacò un uomo alto e longilineo, bardato in un abito da caccia.
- Chi sei?- gli chiese una bambina con lunghi capelli - Perché sei uguale allo zio Jeager?-
Non riusciva a rispondere.
Non riusciva neanche a pensare.
Se ne stava solo in piedi, aspettando.
Poi dei passi veloci lo costrinsero a prestare attenzione alla donnina che stava scendendo lo scalone con un candelabro in mano. Aveva una cuffietta bianca in testa, serici capelli bianchi annodati in una crocchia e un grembiule su un vestito nero.
Allibita, lo fissò a lungo poi sbottò in un'esclamazione di gioia.
E William rimase senza fiato, quando la signora corse ad abbracciarlo.
- Oh! Santo cielo! Sapevo che prima o poi saresti venuto! Ho pregato così tanto!-
- Signora...- alitò, mentre lo stritolava - Signora...per favore...-
- Selma, per cortesia.-
I due si girarono, vedendo arrivare il maggiordomo.
- Harold!- tubò l'anziana donna - Hai visto? Lo sapevo, lo sapevo!-
- Si, certo.- disse il maggiordomo con tono prettamente britannico - Spero però che tu non voglia strozzarlo ancora prima che il padrone ci resti secco per la sorpresa.-
- Strozzarlo!- riecheggiò la donna, senza mollarlo dalla sua stretta - Neanche respira!-
- Non è una buona ragione per togliere a padron Jeager il suo futuro travaso di bile.-
- Oh, va bene!- quella Selma finalmente lo lasciò, sorridendogli e pettinandolo tutto - Ragazzo che piacere! Speravo tanto che un giorno saresti venuto! Assomigli così tanto a tuo padre! Dimmi come ti chiami?-
- William.- mormorò il ragazzino, deglutendo e rendendosi conto che era tanto che qualcuno non l’abbracciava.
- William!- esalò la donna estasiata, abbracciandolo di nuovo - Oh, finalmente caro, finalmente! Harold dimmi, cosa ci fa qua? Chi l'ha portato?-
- Hn. Quell'idiota pomposo di Henry Mitchell.- soffiò il maggiordomo - E se mi permette, signorino, quell'uomo farà una brutta fine questa notte, se non modera i termini davanti al padrone.-
Come se gliene fosse fregato qualcosa.
William stava per abbozzare qualche frase di spiegazione quando l'avvocato obeso del suo patrigno scappò fuori dal corridoio, da una stanza adiacente al salone dell'ingresso.
Era cianotico, il riporto ribaltato e coi vestiti malmessi.
Forse...quel demone gli aveva fatto qualcosa, pensò William preoccupato.
E se...gli avesse fatto del male?
I demoni mangiavano i bambini?
Terrorizzato da quell'eventualità a cui non aveva pensato prima, si fece istintivamente un po' indietro e così notò una cosa strana: Harold...aveva una coda! Era nera, forcuta e pendeva al frac! Oddio!
Stava seriamente per mettersi a piangere dallo sconforto quando dal corridoio riecheggiò la voce di Henry.
- E' così e basta!- sbraitava, correndo verso di loro come un coniglio - Lei è il suo legittimo padre, se ne occuperà lei! Non ho alcuna intenzione di sorbirmi il suo figlio mezzosangue ora che mia moglie è morta!-
- Sua moglie...- allibì Selma, fissando poi William - Lara...oh, la povera Lara è...-
Il ragazzino abbassò il viso.
- Sua madre è morta, signorino?- gli chiese il maggiordomo - Sono addolorato.-
- Mi dispiace molto, caro.- sussurrò Selma, carezzandogli il capo - Anche il padrone ne sarà distrutto.-
- Ora basta!-
Mitchell si stava ricomponendo, inferocito.
- William questa è la tua nuova casa! D'ora in avanti vivrai qua e non voglio sentire storie su di te una volta tornato a Londra. Alla maggiore età potrai fare ciò che vuoi ma fino ad allora resti mio figlio. Dirò a tutti che ti ho mandato a studiare al Durmstrang, ne riparleremo quando avrai ventun'anni!-
- Come si permette di venire in questa casa e scatenare questo scompiglio?- sibilò Selma irritata.
- Mi permetto eccome! Ho mantenuto io il figlio del suo padrone in questi anni!-
- Mi ha mantenuto la mamma!- gli disse William rabbioso, con gli occhi lucidi - E voglio le sue foto, i suoi libri, tutte le sue cose! Non me ne importa niente della casa ma tu delle sue cose non sapresti che fartene! Le rivoglio!-
- Non fare storie!- gli disse il patrigno, sulla porta aperta - Ora stattene con i mostri come te! Non ne voglio più sapere!- alzò il viso oltre il ragazzino, illuminandosi. Dopo di che afferrò William per le spalle - Ecco, ora si occuperà tuo padre di te! Arrivederci!- e lo spintonò duramente indietro.
William quasi inciampò ma andò a finire contro qualcuno che riuscì a sostenerlo.
Avvertì una mano sulla spalla e vide che era pallida, un anello d'argento con una grossa pietra blu quadrata al dito medio. Una fedina più piccola al mignolo.
Alzò il viso, lentamente e...lo vide.
Si vide in uno specchio.
Sopra di lui c'era Jeager Crenshaw.

Alto, sul metro e ottantasei, con una giubba scura con alamari argentei, aperta sul torace.
Pantaloni neri, una grossa cintura e una spada alla cinta.
Capelli castano chiaro quasi biondi, lunghi sulla nuca, occhi verdeacqua. Come i suoi.
William si sentì arrossire.
Non era ...come se l'era immaginato. Non aveva le corna e la coda!
Suo padre, il suo vero padre, lo scrutò appena un secondo.
Poi lo lasciò, per alzare il bel volto dai lineamenti perfetti sul suo patrigno.
- Ha fatto ciò che doveva.- sibilò con una voce flautata che fece vibrare William.
- Infatti. Mi sono finalmente liberato dell'errore di Lara!-
- L'unico errore di Lara...- Jeager assottigliò gli occhi in un'espressione sarcastica -...è stato quello di prendere in considerazione l'esistenza di uomini come lei.-
- Potrei dirle la stessa cosa!- ringhiò Mitchell, evidentemente terrorizzato ma col coraggio dei folli - Dodici anni fa Lara era giovane e ha commesso un grave errore, che ora non ho intenzione di scontare io! Eccolo, quello è William, suo figlio. Ci siamo già accordati legalmente. Ora se lo sciroppi lei. Per quanto mi riguarda ne ho le tasche piene!-
- Quante chiacchiere.- disse il maggiordomo, imperturbabile.
- Già, quanta supponenza per un essere umano.- sorrise anche Selma, con aria diabolica.
- Mi state forse minacciando?- urlò Mitchell isterico.
- Non sopporto questo baccano.- sibilò Jeager, levando un palmo - Sparisca.-
E sotto gli occhi allucinati di William, una folata di vento potentissima spedì il suo patrigno e l'avvocato obeso a gambe all'aria, fuori dalla porta che si richiuse sui loro nasi un attimo dopo.
E finalmente tornò un po' di silenzio.
- Oh. Grazie al cielo! Bravo ragazzo mio.-
Selma aveva risvegliato William, dando delle affettuose pacche sulla spalla a Jeager.
- Saggia mossa padrone.- sentenziò anche Harold - Vuole che dica ai gargoyles a buttarli fuori dalla tenuta?-
- No, non voglio altre grane col Ministero.- sentenziò il padrone di casa che finalmente osservò William.
Di nuovo, il ragazzino si sentì arrossire.
In fondo...era sempre suo padre no? Ma...era un demone.
Possibile che lo avesse accettato così, senza battere ciglio?
Non si conoscevano, non l'aveva mai cercato prima.
- Jeager, cosa vogliamo fare?- tubò Selma eccitata - Faccio subito aerare la stanza per William!-
- Come ti pare.- bofonchiò il padrone di casa, scrutando il figlio di sottecchi - Occupatene tu Selma. Harold, dovresti richiamare tutti i fantasmi, avvisali della presenza del ragazzino e che si comportino di conseguenza. Non voglio casino né in casa né fuori.-
- Certo signore.- soffiò il maggiordomo - Desidera altro?-
- Si, due dita di cianuro.- sibilò Jeager cupamente - E domani quando arriva Arsenius digli di tenersi alla larga dalle sue stanze. Se lo pesco a girargli attorno ha finito di vivere.-
- William, caro, tu mangi vero?-
Sconvolto da ciò che succedeva, William quasi non capì la domanda di Selma.
- Cosa?-
- Tu mangi, vero, ragazzo mio?-
- Ehm...si...-
- Oh, perfetto! Finalmente potrò usare di nuovo la cucina!- disse la governante tutta eccitata, scoccando un'occhiata truce a Jeager - L'inappetenza è una cosa che non sopporto.-
- Sai cosa non sopporto io?- le rinfacciò Crenshaw - I seccatori a quest'ora di sera.-
- Allora dovresti bruciare tutti i Mangiamorte che entrano qui in casa, figliolo.-
- E' inutile che continui.- annuì Jeager, dando loro le spalle - Domani avviso i Lestrange che ho chiuso. Data la situazione, è impensabile continuare.-
- Sapevo che avresti preso la decisione giusta!- tubò la donna, stringendosi William al petto e rischiando di nuovo di rompergli qualche ossa - Sono fiera di te figliolo! Allora faccio prendere aria alle stanze! Credo che sia troppo tardi però per far vedere la casa al bambino, vero?-
- Sarà stanco.- insinuò Jeager, voltandosi appena sopra la spalla - E non mi sembra proprio un bambino.-
Oh, se n'era accorto!, pensò William orgoglioso.
Aveva dodici anni! Mica cinque!
- Ehm...grazie.- borbottò, imbarazzato e umiliato - Mi dispiace per quello che ha detto Henry.-
- Caro ma tu sei un Crenshaw! Appartieni a questa casa! Sei il benvenuto!- celiò Selma.
- Ben arrivato signorino.- gli disse anche Harold, ossequioso.
- E' che...mi ha scaricato qua...senza preavviso...- mormorò ancora tristemente.
- Te l'ho già detto caro. Qua sei a casa! Ne siamo tutti felici! Vero Jeager?- chiese Selma con espressione assassina.
Crenshaw però non fece una piega.
- Oh, come no.- disse fra i denti - Una sorpresa bella da morire.-
- Oh, non fare storie ragazzo!- berciò la donnina, dandogli una pacca sulla schiena che sembrava più una badilata - Lara era una brava persona. Avessi avuto più sale in zucca ora tuo figlio non sarebbe traumatizzato da questo sbalzo terribile! E poi quell'uomo...- aggiunse, sbuffando - Dovremmo darlo in pasto ai croen fuori sulle colline.-
- Non è il caso di diventare violenti, Selma.- le disse Harold, facendo sollevare i bauli di William con la telecinesi - Vedrai che non si azzarderà più a tornare. Il padrone è stato chiaro in fondo.-
- Tranquillo caro!- cinguettò la governante, strozzando di nuovo William passandogli un braccio al collo - Quell'orribile umano d'ora in avanti non ti darà più fastidio!-
- Scordi che ci viveva fra gli umani.- sibilò Jeager, zittendo il gruppetto - E' uno di loro.-
- Mezzo.- replicò Selma.
- Facciamo demone per un quarto.- concluse Jeager - E' più umano che demone.-
- Perché, tu cosa credi di essere?-
- Solo esausto e seccato da questa faccenda.- rispose allora il padrone di Crenshaw Hill, scoccando l'ultima occhiata al ragazzino - Fate gli onori di casa. Io avviso i Lestrange di non presentarsi più qua. Né loro, né nessun altro.-
- Bravo Jeager, sono fiera di te!- approvò la governante, trascinandosi via William per le scale - Domani mattina ti voglio sveglio per colazione, chiaro?-
- Che rottura!- sbraitò allora facendo fuoco e fiamme - Mangiate voi e già che ci siete strozzatevici con la colazione!- e svanì in una nuvola di fumo, prima che la donnetta potesse anche solo lanciargli dietro un candelabro.
Sempre più scombussolato, quando William entrò nella sua stanza rimase senza parole.
Era enorme!
Cinque volte più grossa della sua vecchia stanza.
Però era troppo esausto per apprezzarla fino in fondo, così si lasciò andare seduto sul letto a baldacchino.
Istintivamente posò lo sguardo sul comodino, dove un tempo teneva le foto di sua madre.
Ora invece non le aveva più.
Nemmeno una.
Con gli occhi vitrei, si scosse con forza ma poi la mano si Selma calò dolcemente sulla sua testa.
- Forza, ragazzo mio.- gli sussurrò con voce calda - Tutto passa. Anche il dolore. E poi a Lara non piacevano le persone tristi.-
- Si, è vero.- mormorò William, a capo chino - Mi dispiace solo...che Henry mi abbia mollato qua senza neanche avvisare. Per lui non dev'essere stato piacevole...-
- Per Jeager intendi?-
- Si. Immagino che non approvi.-
- Tesoro.- sorrise Selma con aria dolce e maliziosa al contempo - Tuo padre non approva un sacco di cose. Si irrita per un nonnulla ma il solo fatto che abbia accettato di tenerti, significa che non gli sei indifferente neanche per sbaglio.-
- Che vuol dire?- balbettò William.
- Vuol dire che a Jeager non piacciono gli umani. Eppure ha sempre avuto molto rispetto di tua madre.-
- Si ma io non sono la mamma.-
- E' vero. Ma in te c'è un po' di Lara e anche un po' di Jeager.- rispose la donna, saggiamente - Lui è cresciuto coi demoni ed è un demone, a tutti gli effetti, nonostante lo sia solo per metà. Ma questo non importa. Se ha accettato di averti qui, ha le sue ragioni. E lui non fa mai niente senza pensarci su molto bene. Non aspettarti mai dei salti di gioia da lui, baci o abbracci. Non è il tipo ma...fidati di me.- e si abbassò al livello del visetto del ragazzino - Qui con tuo padre sei il sicuro. Si prenderà lui cura di te e credimi...sarà per sempre.-




Otto mesi di convivenza infuocata dopo quella notte e poi la casa dei Crenshaw venne rasa al suolo dagli Illuminati.
Durante questo periodo ci fu una cosa che William Crenshaw imparò quasi subito.
Che l'accettazione totale, per quanto possa sembrare assurdo, regnava nel cuore di suo padre indipendentemente dal suo sangue di demone.
Così come nei suoi occhi ora William aveva ritrovato quel qualcosa che era andato perso con la morte di Lara.
E se ci fu una cosa che non gli fu mai più negata, fu l'inconsueto amore di un padre mascherato da blanda sopportazione.
E non c'era niente di meglio al mondo, per lui.

 

 

 

 

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