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Autore: Sonskyn    10/10/2012    0 recensioni
Cassiopea Hydra Malfoy è cugina di Draco e la sera prima di partire per Hogwarts, lui le chiede di incontrarsi. Le rivela di dover compiere una missione per Tu-Sai-Chi e le chiede di aiutarlo.
Cassiopea si trova davanti ad un bivio: accettare e rimanere dalla parte del torto, oppure rifiutare e portarsi dalla parte dei "buoni".
Ma Cassiopea riuscirà a trovare un compromesso a tutto questo....
"Tum, tum… Sentivo i battiti del mio cuore scandire il tempo che passava, a rallentatore.
Tum, tum… Ogni battito, ogni attimo che passava, l’espressione di Draco si faceva più disperata.
Tum, tum… Ad ogni battito, la scelta più giusta da fare prendeva forma nella mia testa.
Silenzio. Il mio cuore sembrava essersi fermato. Nella mia mente una sola, piccola e debole lampadina si stava accendendo. Un’idea flebile si creava, la cosa giusta da fare era lì, chiara.
«Ok, ti aiuterò» gli dissi, la voce che tremava «Ma non voglio avere il merito di nulla, nessuno deve sapere niente di tutto ciò. D’accordo?» lo guardai decisa.
«Grazie. Sapevo di poter contare su di te.»"
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Harry Potter
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Voglio dedicare questo capitolo a Hilail,
a lei che mi sostiene e leggerebbe qualsiasi cosa scritta da me.
Ti voglio bene sfigata 

E a Payton che mi sopporta pazientemente
e mi incoraggia e mi aiuta a crescere.
Grazie 



7. Rivelazioni



 

La mattina seguente fui dimessa dall’Infermeria. Non servì molto per capire che la notizia che Katie era stata colpita da una maledizione si era sparsa in tutta la scuola, anche se i particolari erano incerti e nessuno tranne io, Harry e Draco sembrava sapere che non era lei la vittima designata.
Raggiunsi la Sala Comune dei Serpeverde, ma il passaggio non si aprì al pronunciare la parola d’ordine.
«Tranello del Diavolo»
Provai e riprovai, ma il risultato era sempre lo stesso e il muro di fronte a me rimaneva immobile e freddo. Cominciai a prenderlo a calci, sperando che, in qualche modo, riuscissi ad aprirlo, ma mi rassegnai al fatto che ero rimasta chiusa fuori dalla mia Sala Comune.
«Serpensortia»
Il passaggio si aprì al suono della nuova parola d’ordine. Mi voltai per vedere chi fosse stato ad arrivare in mio aiuto e non potei non rimanere sorpresa. Mi bloccai di colpo senza riuscire a pronunciare parola; era l’ultima persona che mi sarei aspettata di vedere e, invece, eccolo lì, che mi guardava cercando di sopprimere la risata per avermi vista prendere a calci il passaggio.
«È cambiata ieri» mi disse Derek.
«Cosa?» chiesi intontita.
«La parola d’ordine, dico, è cambiata ieri»
«Ah, giusto. Sì, grazie» balbettai.
Entrammo nella Sala Comune ed io mi rannicchiai su una delle poltrone accanto al fuoco scoppiettante, mentre Derek prese una sedia e si sedette di fronte a me.
«Come stai?» mi chiese preoccupato.
«Bene, perché?» risposi. «Come dovrei stare?»
«Non so, sei stata male ed eri in Infermeria» disse corrucciando la fronte. «Come dovresti stare?»
«Bene, va tutto bene»
Derek mi guardò fissa negli occhi, cercando di capire se dicevo la verità o era solo una scusa.
Da quanto tempo non stavo da sola con lui? Senza la sua presenza continua? Troppo. Ed era solo colpa mia.
Mi persi nei suoi occhi verdi, senza sapere nemmeno io come stavo.
Nonostante il mio corpo si fosse ripreso, dentro di me ero in confusione. Tutto quell’ammassarsi di problemi e situazioni l’uno sull’altra che sembravano non avere una soluzione, mi facevano sentire stanca e in un continuo flusso di emozioni contrastanti.
«Che ti è successo ad Hogsmeade?» mi chiese. «Da cosa stavi scappando?»
Il ragazzo allungò lentamente una mano verso di me, ma subito la ritrasse timoroso.
«Da tutto. Scappavo da tutto» sussurrai abbassando gli occhi. Sentivo il suo sguardo preoccupato su di me, sapevo che voleva stringermi a sé e dirmi che sarebbe andato tutto bene, che non dovevo scappare perché tra le sue braccia sarei stata al sicuro. O, forse, era solo ciò che speravo di sentire.
«Come mai non sei a lezione?» chiesi. Derek sembrò deluso da quel repentino cambiamento di discorso.
«Ora buca. Avevo pensato di venire qua a lasciare giù la borsa e i libri, per poi…» si bloccò pensando se dire o meno quello che stava per dire. «Volevo passare per vedere come stavi» concluse sorridendomi.
«Hai avuto fortuna e ti ho risparmiato un viaggio inutile» gli risposi ridendo.
«Già, una vera fortuna»
Calò un silenzio imbarazzante, dove nessuno dei due sapeva cosa dire. Derek guardava fuori dalla finestra ed io fissai lo sguardo sulle decorazioni del tappeto sotto i nostri piedi.
«Senti, perché non andiamo a farci un volo? A quest’ora il campo dovrebbe essere libero» sbottò improvvisamente.
Io lo guardai perplessa, ma, pensandoci bene, non era una cattiva idea.
«Vado di sopra a prendere la scopa» risposi sorridendo.
Mi alzai e mi diressi verso il dormitorio. Lungo il tragitto, notai che la Sala era un completo disastro: libri sparsi ovunque, aperti o con le pagine piegate; rotoli di pergamena scarabocchiata o fitta di parole, boccette di inchiostro e penne; scatole di articoli Tiri Vispi nascoste sotto i divanetti e le poltrone e innumerevoli carte delle Merendine Marinare che ricoprivano il pavimento.
«Cos’è successo in questa stanza? È passato un Troll?!» chiesi scioccata. Derek mi guardò ridendo e sollevò le spalle. Scossi la testa e mi voltai in direzione del dormitorio. Salii le scale e andai a recuperare scopa, sciarpa e mantello, poi scesi velocemente.
«Senti, ma…» mi bloccai improvvisamente. La mi attenzione fu catturata da qualcosa che non avevo notato prima. Nel centro di un tavolo alla mia destra, circondato da carte di Cioccorane e Scarafaggi a grappoli, si trovava un pacchetto blu con un enorme fiocco verde, accompagnato da un biglietto che diceva “Per Cassiopea Hydra Malfoy”
«Avevano paura di sbagliare persona?» chiesi, guardando accigliata Derek e lui mi rispose con un’altra alzata di spalle.
«Uno Kneazle ti ha mangiato la lingua?!»
«No» rispose ridendo. «Ma se c’è il tuo nome, aprilo!»
Incoraggiata, mi avvicinai al tavolo e presi tra le mani il piccolo regalo. Guardai il biglietto e lo studiai per vedere se avevano lasciato un nome o un indizio, ma niente. Allora tolsi il fiocco e scartai il pacchetto.
«Una Ricordella» dissi prendendo la piccola sfera tra le dita. Era vuota, segno che non stavo dimenticando niente.
«Ti ricordi quando, da piccoli, mi dicesti che me ne avresti regalata una per non dimenticarmi di te?» chiesi divertita.
«Già, ma non ho ancora avuto occasione di farlo» rispose ridendo.
«Ed ora non ne ho più bisogno» sentenziai.
«Non ti dimenticherai di me?» sussurrò Derek avvicinandosi.
Lo guardai senza sapere cosa rispondere.
Lui allungò la mano, come avesse trovato il coraggio che prima gli mancava, la posò sulla mia guancia e mi accarezzò dolcemente, facendomi capire che lui era lì e ci sarebbe sempre stato. Mi abbandonai a quel tocco, chiusi gli occhi e presi la sua mano.
Mi era mancato. Tutto di lui mi era mancato. Lui che era sempre pronto a trovare parole di conforto, che riusciva sempre a tirarmi su di morale e che sapeva di cosa avevo bisogno senza che io parlassi. Lui che fin da quando eravamo piccoli si era preso cura di me, facendomi sentire al sicuro. Lui che durante le lezioni non mi faceva prendere appunti e mi disegnava le caricature dei professori sui libri o incantava l’inchiostro e lo faceva danzare sulla pergamena, che al Ballo del Ceppo mi aveva accompagnato “per impedire che altri mascalzoni approfittassero di me” e che in estate mi scriveva ogni settimana per dirmi le cretinate che combinava.
Mi era mancato il mio migliore amico ed ero finalmente disposta a mettere da parte il mio orgoglio per riaverlo con me.
«Come potrei dimenticarmi di te?»
Mi buttai al suo collo e lo strinsi. Preso alla sprovvista da tutta quella esuberanza, Derek rimase immobile, ma una volta focalizzato ciò che stava succedendo, rise e mi avvolse tra le sue braccia.
«Mi sono mancati i nostri abbracci» gli dissi con il viso tra le pieghe della sua divisa. Profumava di lavanda.
«Senti, a proposito di quel bacio…» disse, allontanandosi leggermente da me e grattandosi imbarazzato la testa.
Ma bisognava vedere se lui era disposto a mettere da parte i suoi sentimenti per me. Ritornare a come eravamo prima, semplici amici e nulla di più.
Perché complicarci le cose se stavamo così bene? Perché voler rovinare la nostra amicizia per qualcosa che non funzionerebbe mai, che ci porterebbe solo dolore e niente di più?
«Quando ti ho detto che non era niente per me, che ti avevo scambiata per un’altra…»
«Tranquillo, è tutto sistemato. Ci siamo chiariti su quello, no?!» lo interruppi sorridendo.
«Oh, certo» rispose interdetto. «Beh, allora, sarà meglio sbrigarci o il campo non sarà più libero»
«D’accordo»
Prendemmo le nostre cose e ci dirigemmo verso il campo da Quidditch.
«Che hai fatto in tutto questo tempo senza di me?» chiesi curiosa.
«Ho partecipato a dei festini organizzati dalle ragazze del settimo anno di Grifondoro, sono molto selvagge, sai? Poi, vediamo… Qualche volta mi sono dato alla pazza gioia in cucina assieme a tuo cugino, che in questi giorni è in vena di divertimenti, e, infine, ho fatto amicizia con dei simpaticissimi e pieni di vita Tassorosso» disse sorridendo. «Insomma, stavo proprio meglio senza di te che mi assili, continuando a blaterare con quella tua parlantina insopportabile»
«Primo io non ho la parlantina, secondo non ti assillo» risposi indignata. «E se preferisci stare senza di me, posso anche andarci da sola al campo»
Salii in groppa alla mia Firebolt mi librai in aria, volai verso le torri degli spettatori e atterrai nel verde prato. Subito dopo mi raggiunse Derek, con quel suo sorriso adorabile stampato in faccia.
«So che non ti sei arrabbiata sul serio» sentenziò.
«E cosa te lo fa credere?» chiesi inarcando un sopracciglio.
«Il fatto che non tu non riesca molto bene a trattenerti dal ridere» rispose avvicinandosi al mio viso e fissando lo sguardo sui miei occhi. Lo ressi finché ci riuscii, ma poi scoppiai a ridere.
«Accidenti a te che mi conosci fin troppo bene» gli dissi. «Ormai non riesco più ad ingannarti»
Presi la scopa e cominciai a volteggiargli attorno, poi gli rubai il mantello e sfilai veloce attraverso il vento pungente.
«Forza, vieni a prenderlo!»
«Dannata Malfoy»
Derek prese la sua Nimbus e vi saltò sopra, in pochissimi secondi mi raggiunse, ma i miei riflessi erano molto acuti e lo schivai facilmente. In lontananza, sventolai il suo cappotto per beffeggiarlo. Lui mi guardò indifferente, aspettando il momento in cui avrei abbassato la guardia per sorprendermi, ma conoscevo quelle tattiche, erano le stesse che usavo per catturare il Boccino e non ci sarebbe mai riuscito.
Ma proprio mentre facevo questi pensieri, lui mi piombò addosso con una velocità incredibile e mi disarcionò dalla scopa. Mi ritrovai a precipitare, ma Derek mi prese al volo e riuscì ad afferrare anche la mia scopa.
«Stupita?!»
Sì, ero stupita. Non credevo che Derek fossecosì in gamba su un manico di scopa, forse perché non mi aveva mai mostrato queste sue abilità.
Una volta atterrati, mi cinse i fianchi e mi aiutò a scendere dalla Nimbus, poggiando a terra anche la mia Firebolt.
«Sei riuscito a farmela, complimenti» mi congratulai sorridendo.
«Mi sottovaluti, Cassy» rispose alzando le spalle.
«Può darsi, ma rimani comunque dopo di me» mi pavoneggiai. «Sono sempre io la più br…»
Non riuscii a terminare la frase perché il ragazzo mi placcò e mi butto a terra, riuscii a non farmi male solo grazie all’erba soffice e alle sue braccia che rallentarono la caduta a pochi centimetri dal suolo. Cominciò a farmi il solletico. Era la sua arma preferita da usare contro di me.
Mi dimenavo, ridendo sguaiatamente, ma non riuscivo a liberarmi. Provai a menare pugni, ma nulla sembrava smuoverlo.
«Insomma.. Vuoi lasciarmi.. Stare?!» urlai continuando a ridere.
«Ebbene, non smetterò finché non lo deciderò io»
Tra di noi cominciò una lotta furiosa. Lui continuava a solleticarmi i fianchi, la pancia, il collo, le ascelle e ogni angolo del mio corpo possibile; mentre io cercavo di colpirlo con pizzicotti e pugni. Ci rotolammo nel prato, continuando imperterriti, tra una risata e un insulto.
«Basta, sono sfinito» sospirò il ragazzo buttandosi a terra accanto a me. «Ma ho vinto io»
«Se ti stai arrendendo la vittoria va a me» lo contraddissi.
«D’accordo, hai vinto tu» acconsentì. «Ma solo perché te l’ho permesso»
Rimanemmo stesi tra i fili d’erba, riprendendo fiato e guardando le nuvole correre nel cielo limpido. Il vento soffiava pungente, ma dopo la lotta era una dolce brezza che ci rinfrescava dal caldo.
«Non riesci più ad ingannarmi» sentenziò.
«Come?»
«Non riesci più ad ingannarmi, ti conosco troppo bene»
«È quello che ho detto io poco fa, sei riuscito a capire subito che stavo solo scherzando» risposi ridacchiando.
«Non mi riferisco a quello»
«A cosa, allora?»
«Non è vero che è tutto sistemato, non è vero che è tutto chiarito» replicò serio. «Tra di noi è ancora tutto in bilico»
Quell’affermazione mi spiazzò. Cosa voleva dire? Che intendeva?
«Non… non capisco»
«Non riesci più ad ingannarmi»
Derek si voltò su un fianco e prese il mio volto tra le mani, direzionandolo verso di lui. I nostri occhi si fissarono. Deglutii, imbarazzata.
«Ora dimmi che tra di noi va tutto bene, che la nostra amicizia è quello che vuoi» disse perentorio. «Sii sincera, non con me, ma con te stessa»
Ormai non potevo più rifilargli menzogne, non potevo più tirarmi indietro davanti a tutta quella sua determinazione. Mi sentii piccola, piccola e non riuscii a dire parola.
Sentii gli occhi pungere, le lacrime fecero capolino, ma le ricacciai orgogliosamente indietro e respirai profondamente.
«Sto con Simon»
Furono le uniche tre parole che uscirono dalla mia bocca. Abbassai gli occhi colpevole.
«Stai con Simon. È tutto ciò che hai da dirmi» ribatté innervosito. «Dopo tutto quello che è successo, dopo tutto quello che abbiamo passato, dopo tutto quello che siamo, tu mi dici “Sto con Simon”?!»
Si alzò in piedi. Non ci vedeva più dalla rabbia e aveva ragione. Non avevo il diritto di trattarlo così, non avevo il diritto di essere così egoista.
«Cosa vuoi sentirti dire, Derek? Che dopo quel bacio mi sono resa conto di essere innamorata di te? È questo che vuoi sentirti dire?» urlai dopo essermi alzata di scatto, con le lacrime agli occhi che non riuscivo più a trattenere. «Oppure volevi sentirti dire che non voglio cominciare una relazione con te perché ho paura? Paura di quello che potremmo diventare, paura di doverti far soffrire, paura di perderti una volta finito tutto.»
Tirai su con il naso e asciugai le lacrime.
«Ora sei contento? Hai ottenuto quello che volevi. Sei contento?»
Derek si avvicinò e mi cinse le spalle. Io mi allontanai portando le mani agli occhi, cercando di reprimere i singhiozzi.
Sentii le braccia del ragazzo avvolgermi dolcemente, il suo calore a contatto con il mio corpo mi faceva sentire al sicuro.
«Non mi diverte vederti così, dovresti saperlo» disse. «Ma non penso la tua sia paura, ma solo codardia»
Alzai lo sguardo per incrociare i suoi occhi e scoprire che stava solo scherzando, ma era serio, stava dicendo sul serio.
«Sei sempre stata disinvolta e ti sei sempre messa in gioco nelle relazioni, perché con me dovrebbe essere diverso? Perché con me non vuoi fare questo passo?»
Non riuscivo a credere alle mie orecchie, come faceva a non capire? Come poteva dire delle cose simili?
«Semplicemente perché tu sei il mio migliore amico, perdere te sarebbe come perdere una parte di me e non sono ancora sicura di volermene separare, non sono ancora sicura che riuscirei a sopportarlo» dissi indignata.
Derek si era ormai separato da me, mi guardava con occhi distanti, i pugni serrati e non c’era ombra di comprensione sul suo viso.
«Proprio perché dici che io sono una parte di te, dovresti provarci, perché mi conosci, sai come sono fatto e sai che non lo permetterei. Non permetterei che la nostra amicizia si rovini, non permetterei un allontanamento» ribatté alzando il tono di voce. «Non riuscirei nemmeno io a sopportarlo ed è questo che mi spinge ad essere determinato, la consapevolezza che se non faccio del mio meglio tra di noi potrebbe svanire tutto»
No, io no. Non mi sarei buttata da un precipizio sperando di trovare un tappeto elastico al di sotto, non avrei rischiato così tanto per qualcosa di cui non avevo alcuna certezza potesse reggere.
«Mi spiace, Derek, ma ora sto con Simon e voglio stare con lui» dissi inespressiva.
«Mi spiace, Cassiopea, ma non ti voglio credere»
Mi guardò per un altro po’ dritto negli occhi, reggendo il mio sguardo. Nelle sue iridi smeraldine si poteva leggere tutta la sua fermezza e il disappunto per la mia stupidità. Allo stesso modo io non esitai ad abbassare lo sguardo, non mi sarei lasciata rammollire dai suoi occhi. Ero una ragazza forte ed orgogliosa, niente mi avrebbe fatto cedere.
Fu il ragazzo a darsi per vinto, sospirò e raccolse le sue cose.
«Quando riuscirai finalmente ad accettare i tuoi sentimenti e a lasciarti andare ad essi, sai dove trovarmi» sussurrò. «Ma non so per quanto potrò aspettarti, Cassy»
Mi guardò per l’ultima volta, speranzoso di scorgere qualcosa di simile al senso di colpa o al pentimento, ma non trovò che rabbia e sicurezza di sé. Si voltò e, con rammarico, notai un luccichio nei suoi occhi che lentamente rigava il suo viso per poi cadere a terra.
Ero infuriata. Con lui, con quello che mi ha detto, con quello che ha fatto. Ero infuriata con il vento che penetra nelle ossa e mi congela completamente, con le foglie che volano tutt’intorno e si impigliano nei capelli, con quei dannati uccellini che cinguettano e non se ne sono ancora andati.
Ma soprattutto, ero infuriata con me stessa. Ero riuscita a mettere da parte il mio orgoglio e tentare di incollare i cocci della mia amicizia con il ragazzo, ma era bastato un nonnulla per farmi tornare nel mio guscio sigillato. Ero infuriata con me stessa perché avrei dovuto essere più comprensiva nei suoi confronti, fargli capire meglio i miei sentimenti.
Presi la mia scopa da terra, ma abbassandomi la Ricordella cadde. La presi tra le mani e cominciò a riempirsi di fumo rosso.
Cosa sto dimenticando?
E con tutti quei pensieri che vorticavano impetuosi nella mia testa, mi diressi a grandi falcate verso il castello.
 
Durante le settimane successive il mio umore divenne tetro e glaciale come il tempo meteorologico. Simon stava diventando sempre più appiccicoso, sembrava essere diventato una colla e per me cercare di allontanarmi era più che un’impresa impossibile.
Shirley aveva trovato nel pettegolezzo la sua unica ragione di vita senza capire che a me delle stupide coppiette che bazzicavano per la scuola non fregava un piffero. Inoltre non si fermò un attimo dal parlare della sua nuova fiamma. In un’altra occasione, senza i miei problemi a pesarmi sulle spalle e con un po’ di allegria in corpo, ne sarei anche stata felice, ma quell’insistente vociare senza senso mi infastidiva parecchio; soprattutto se era di Shirley, quella che non si perdeva mai in fronzoli ed era solita ostentare un rigoroso rifiuto dell’amore e affini.
Derek si impegnò ad evitarmi, se prima ero io quella ostinata, il ragazzo era sulla buona strada per battermi. Lo stesso successe con mio cugino, il quale si isolò completamente e mi impedì di avvicinarmi in ogni modo.
Nei suoi occhi non si leggeva più nemmeno un briciolo di sanità mentale. Era diventato ancora più pallido di quanto la sua pelle diafana non fosse già di consueto e l’unica tonalità di colore presente era il viola intenso sotto gli occhi. Era da giorni che non dormiva e, se lo faceva, era un sonno tormentato e agitato –questo era quello che mi aveva raccontato Blaise.
Saltava le lezioni e i pasti, scomparendo per ore ed ore senza che nessuno sapesse dove fosse finito. Alcuni lo avevano visto entrare nel bagno di Mirtilla Malcontenta, ma non sapevo quanto credere alle voci di corridoio di quella scuola. Cosa avrebbe dovuto fare in quel bagno?
Cercai di parlargli per capire, ma Draco riusciva a trovare scuse. Cercavo di incrociarlo nei corridoi, ma appena mi vedeva deviava strada. Ero anche arrivata al punto di aspettarlo fuori dalle aule o dai bagni, ma riusciva sempre a svignarsela senza che io lo vedessi.
Sta di fatto che ne risentii di tutti quegli atteggiamenti fuori dal normale e decisi di chiudermi in se stessa senza lasciare alcuno spiraglio alla socialità.
Passavo le giornate sui libri, senza riuscire a studiare veramente perché troppo impegnata a pensare a quell’assurda situazione, oppure in volo sul mio fedele manico di scopa. Il poter prendere in mano la Firebolt, librarmi in aria e avere il vento tra i capelli a rinfrescarmi i pensieri, volteggiare libera senza preoccupazioni, era il rimedio migliore.
Un pomeriggio stavo tornando al castello con il manico di scopa in spalla, chiusa nella mia sciarpa e il mantello per proteggermi dal vento gelido. Camminavo con passo veloce per impiegare meno tempo possibile e potermi rifugiare di fronte al caldo camino della Sala Comune.
Attraversai il cortile ed entrai nel castello, battendo ancora i denti.
Mi diressi a grandi falcate verso i sotterranei. Lì, la temperatura, non era molto diversa dall’esterno.
«Serpensortia»
Il passaggio si aprì e mostrò la Sala Comune. Era affollata e caotica. Il dolce suono del fuoco che scoppiettava nel camino era soppresso dal vociare di tutti quei ragazzi in divisa verde-argento e il ritmico picchiettare delle gocce d’acqua sui vetri delle finestre era smorzato dalle risatine delle ragazzine che si stiracchiavano la gonna.
Volai sopra nei dormitori a recuperare libro di Aritmanzia, pergamena, Piuma Autocorreggente e inchiostro. Trovai le ultime sul fondo del baule, ma non riuscii a recuperare il libro di testo.
Lo cercai sotto i letti, tra le lenzuola, in bagno e nel baule di Shirley. Ma niente.
Provai a fare mente locale, cercando di individuare il luogo in cui l’avevo avuto con me per l’ultima volta.
Aula di Aritmanzia.
Quella mattina avevo avuto lezione e un flesh mi ricordò che non avevo rimesso il libro nella sacca una volta terminata.
Quindi, sbuffando, uscii dal dormitorio, poi dalla Sala Comune, e cominciai a salire i gradini due a due in direzione del Settimo Piano. Fortunatamente, una volta arrivata al Quinto, una rampa di scale si mosse e mi portò direttamente a destinazione.
Bussai alla massiccia porta, ma non ricevetti risposta. Quindi entrai.
L’aula era buia a causa delle pesanti tende alle finestre e non si riusciva a vedere un accidente.
«Lumos» dissi sfoderando la bacchetta, la cui punta emanò una luce chiara che si estendeva per buona parte della stanza.
Guardai nel sottobanco alla mia postazione, ma non lo trovai. Allora controllai anche tutti gli altri, ma nulla. Sbuffai innervosita e mi diressi alla cattedra della professoressa Vector, ma nemmeno lì ebbi successo.
La mia ultima ancora fu la libreria sul fondo della classe, stracolma di vecchi libri di Aritmanzia e copie del mio libro di testo. Feci scorrere il dito indice sui dorsi dei volumi e ne estrassi alcuni in buone condizioni, finché, fortunatamente, non riuscii a trovare il mio.
«Finalmente»
Sospirai sollevata, aprendolo al capitolo da studiare, e mi diressi verso la porta.
Distratta dalla lettura, non mi accorsi del ragazzo cui sbattei contro.
«Guardare dove cammini, no?» mi disse.
«Beh, scusa, ma non sono stata io a spuntare all’improvviso sulla soglia di una porta» risposi acida a Potter.
«Immagino tu non sia una persona a cui piace avere torto»
Lo guardai inarcando un sopracciglio.
«Ti diverti a sputare sentenze?»
«Cercavo solo di inquadrarti meglio»
«Perché sei qui?» chiesi uscendo dall’aula e chiudendomi la porta alle spalle, rimettendo il naso tra le pagine del libro.
«Ti stavo cercando»
«E come facevi a sapere di trovarmi qua?»
Stavamo scendendo le scale, lentamente, senza sapere bene quale sarebbe stata la meta.
«Segreti del mestiere»
«E perché mi cercavi?»
«Volevo solamente dirti che ti credo» sentenziò serio. «Tutta la storia di Malfoy, la sua missione e il resto. Insomma, avrei dovuto crederti subito, avrei potuto fare qualcosa per Angelina»
«Mi fa piacere essere creduta solo dopo che degli sgradevoli avvenimenti accadano» risposi. «Insomma, Cassiopea Malfoy mente sempre, giusto?»
«Beh, su quali basi avrei dovuto crederti?»
«Un po’ di fiducia non guasta, Potter»
«Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio»
«E questa? Da dove l’hai presa?»
«Proverbi Babbani»
«Comunque, nel mio caso è meglio fidarsi di quello che dico»
«Credo di averlo capito»
Quella strana conversazione, tanto naturale quanto insolita con Potter, ci portò all’Ingresso del castello. Avevo chiuso il libro di Aritmanzia ed ora guardavo il ragazzo negli occhi, oltre gli occhiali tondi.
Erano verdi e questo mi riportò a Derek. Scossi la testa e allontanai il pensiero.
«Potter, sono contenta che ora tu mi creda» dissi sorridendogli sinceramente.
«Malfoy, sono contento tu abbia avuto il coraggio di venire a dirmi quelle cose» rispose sorridendo di rimando.
Si voltò e risalì le scale, con le mani in tasca e i capelli neri spettinati che si muovevano disordinatamente.
Con il libro tra le braccia, girai i tacchi e scesi nei sotterranei.
Quell’incontro fu un raggio di luce in quel tempestoso periodo.
 
 
 




NdA

E finalmente aggiorno *ç*

Parto col dire che questo capitolo mi piace molto, ma sono stata dubbiosa fino all'ultimo perché mi sembrava male organizzato e banale. Fortunatamente c'è la mia beta, (cosa farei io senza di Payton?! *-*) che mi ha incoraggiata!

Comunque, la funzione di questo capitolo era di far crollare Cassy. Farle confessare i suoi sentimenti, farla sfogare.
Dovevo anche farvi inquadrare bene Derek, la profondità di ciò che prova, la sua determinazione a non mollare. Spero di avervi fatto comrpendere la profonda differenza tra i due modi di pensare, quello di Derek più maturo e responsabile, quello di Cassy più imprevedibile e timoroso.

Draco. In questo capitolo è praticamente scomparso, ma tranquilli che ritornerà molto presto (ma non sperate nel prossimo capitolo!). E credo che il suo comportamento vi stupirà :3

E per quanto riguarda Harry, beh.. Ho voluto farlo avvicinare a Cassy attraverso i suoi "trucchi del mestiere" (per quanti non avessero afferrato, era un riferimento alla Mappa ;) ), nella maniera più semplice e naturale possibile. La solita acidità di Cassy non lo sfiora e questo gli fa guadagnare un punto in più agli occhi della ragazza.
Chissà che tra i due non nasca qualcosa di più profondo. >.<

Bene, vi lascio alle recensioni ;)

Baci, Son
   
 
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