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Autore: Vanderbilt    10/10/2012    10 recensioni
Bella, ragazza di diciotto anni con una famiglia apparentemente perfetta. Desidera innamorarsi per la prima volta.
Edward, un passato difficile, non si è mai innamorato.
Entrambi si conosco da molti anni, ma non sono mai riusciti ad instaurare un rapporto a causa del carattere introverso di Edward.
Abitano a Savannah, sognano di andare al college, ma ora dovranno affrontare l'ultimo anno di liceo, pieno di imprevisti a grattacapi...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Questa volta penso che due parole a inizio capitolo siano doverosa, poi ci risentiamo sotto.

Scusatemi tantissimo per questa lunghissima attesa, davvero non posso giustificarmi in nessun modo e mi dispiace anche di non aver messo nessun avviso.

Nello scorso capitolo Edward aveva rivelato a Bella il suo passato, volevo ricordarvelo visto che sono passati parecchi mesi. Scusate ancora!

 

Breath of life

 

It’s a long way and it’s come from paper

And I always say, We should be together

Breath of life, Florence and the machine

 

 

Il giorno precedente era stato importante per me ed Edward. Finalmente si era aperto con me, confidandomi il suo passato e ciò che si teneva dentro da molto tempo. Una barriera enorme era stata abbattuta, ora comprendevo meglio il suo carattere. Lo amavo ancora di più, sempre di più ogni giorno che passavamo insieme. Vivere il nostro amore mi portava a rivalutare il mondo intero, mi sentivo così aperta e piena di fiducia verso gli altri.

Mai avevo trovato parole più veritiere di quelle che mia nonna mi diceva spesso in passato: “Amare cambia qualsiasi prospettiva della vita, ti modifica, ti migliora e ti fa sentire così bene che ogni cosa intorno a te ti sembra fantastica. L'amore cambia le persone, chi in meglio e chi in peggio”. Speravo di essere cambiata in meglio.

Altro segno che l'amore mi aveva cambiata: mi ero alzata prima della sveglia e di solito dormivo più io che il letto. Il perché era inutile domandarselo, il mio perché aveva dei capelli fantastici, due occhi verdi che illuminavano le mie giornate e una bocca da dichiarare illegale. Edward, sospirai aprendo gli occhi.

Sentii un pizzicore agli occhi che immediatamente attribuii alla luce che filtrava dalle finestre. Li sfregai con le mani e mi sedetti sul letto, portando giù le gambe. Mi schiarii la voce e la sentii secca.

Mi sento strana, pensai mentre mi dirigevo verso il bagno adiacente alla mia camera. Accessi la luce e quasi urlai per lo spavento che mi presi appena il mio viso si riflesse nello specchio: i miei occhi lucidi erano circondati da occhiaie violacee, la mia pelle era ancora più bianca e per finire i capelli con nodi che sembravano gomitoli di lana.

Presi una spazzola e cercai di sbrogliare i miei capelli incasinati, poi mi buttai sotto la doccia rabbrividendo al contatto con l'acqua calda. Avevo così freddo e la gola iniziava a raschiare.

Uscii velocemente dalla doccia e mi asciugai bene prima di scendere a fare colazione. In cucina incontrai mia madre alle prese con delle padelle e lei era negata in cucina, quindi il disastro era assicurato.

«Buongiorno, mamma». Parlare mi aveva fatto ancora più male, la gola bruciava ancora di più e cercai di schiarirmi la voce con un colpo di tosse peggiorando solo la situazione. Accidenti alla poggia presa ieri! Anche se ne era valsa decisamente la pena.

«Tesoro, ti senti bene? Hai il viso troppo pallido anche per i tuoi canoni». Grazie, mamma, così sì che tiri su di morale tua figlia.

«Mi brucia la gola», dissi con voce roca.

«E si sente, tesoro. Oggi stai a casa e riposati». Prese un croissant dal microonde e me lo posò sul piatto di fronte a me.

«No! No, vado a scuola», quasi urlai.

«Cos'è questa voglia improvvisa di andare a lezione? Pensavo fosse meglio, almeno non peggiorerai la tua situazione e al posto di stare a casa uno o due giorni dovrai stare l'intera settimana». Sbuffai alle sue parole e addentai la brioche alla crema. Masticare fu tremendo, non riuscivo ad ingoiare nulla e cercai di mandare giù il boccone con qualche sorso di tè.

Mia madre si avvicinò, mi toccò la fronte e inorridita esclamò: «Non pensare neanche di uscire di casa in queste condizioni, la tua fronte scotta, minimo avrai 38° di febbre».

«Ma...», cercai di ribattere.

«Bella», mi ammonì.

«Okay, per oggi starò a casa».

«Non ho mai sentito nessun genitore convincere il proprio figlio a stare a casa. Chissà perché poi tutta questa voglia di andare in quella “prigione”, come la definisci sempre tu», ammiccò facendomi avvampare ancora di più.

«Dovresti essere felice che tua figlia vola a scuola senza protestare», la rimproverai come se i nostri ruoli fossero invertiti.

«Se tu non andassi a scuola solo per Edward, potrei anche esserne entusiasta di non dover faticare per convincerti a non fare assenze ingiustificate». Dritta al punto, pensai giù di morale al solo pensiero di passare una giornata, o forse anche di più, lontano da Edward.

Finii la colazione con la gola in fiamme, mi sembrava di avere una lama conficcata nella gola, e presi il cellulare per inviare un messaggio a Rose, Alice ed Edward. Alle prime scrissi semplicemente che mi ero beccata l'influenza e quindi non andavo a scuola, al secondo scrissi pressapoco le stesse cose, ma circondato tutto da un “Ti amo, mi manchi”.

«Tesoro, io vado al lavoro, se ti serve qualcosa chiama me o tuo padre. A stasera».

«Sì, buon lavoro», grugnii depressa.

Mi allontanai dalla cucina strisciando i piedi, percorsi il corridoio e salii in camera a prendere un libro. Unica cosa positiva del restare a casa era poter finalmente finire un libro che per mancanza di tempo mi portavo dietro da due settimane.

Ero totalmente immersa nelle ultime vicende di Stephanie Plum, la cacciatrice di taglia più famose del mondo cartaceo, quando sentii suonare il campanello. Mi alzai controvoglia, rimpiangendo all'istante il letto caldo che ormai aveva la forma del mio corpo, e scesi al piano di sotto.

Sicuramente si tratta di mio padre, era sempre stato più ansioso di mia madre riguardo a malattie passeggere, per lui ogni male era una tragedia che poteva comportare una corsa al pronto soccorso. Tralasciando quando era malato lui, poi, una maledizione caduta dal cielo; ogni secondo della giornata ti chiamava per dirti che stava malissimo, mai stato così male a detta sua. Ci mancava davvero poco che ogni maledetta volta chiamasse l'avvocato per fare un testamento e ogni volta a ripetergli che poteva benissimo farlo da solo, non serviva di certo un avvocato. Mah, gli uomini dovevano sempre fare di tutto la vicenda più tragica mai capitata loro.

Per fortuna il mio Edward non era così, almeno speravo, malato non lo avevo ancora assistito e... forse era arrivato il momento visto che aperta la porta me lo ritrovai di fronte, sulla soglia di casa mia con un sacchetto in mano e sulla spalla la sua tracolla nera contente libri scolastici e i suoi effetti personali.

Non mi lasciò neanche il tempo di aprire bocca: mi spinse dentro chiudendosi la porta alle spalle. Lo guardai interdetta alzando un sopracciglio.

Lui sorrise imbarazzato: «Non volevo prendessi freddo visto che sei malata».

Scossi la testa per la sua dolcezza e le sue premure abbracciandolo subito dopo. Mi alzai sulle punte e premetti la testa contro la sua spalla, baciandogli il collo. Rabbrividii a contatto con la sua pelle e chiusi gli occhi per un secondo.

«Devo dedurre tu sia contenta della mia visita», mi sussurrò all'orecchio circondandomi con le sue braccia. Le sue mani aperte contro la mia schiena mi spingevano contro il petto e la mia mano posata sul suo cuore strinse la sua maglia da sotto il giubbotto aperto.

«Molto contenta. E' da quando sono scesa per la colazione che mi stavo disperando, mi mancavi e sapere che sarei dovuta rimanere a casa mi ha lasciata con l'amaro in bocca... oltre che con la gola in fiamme», borbottai contro la sua giacca. «Devo ammettere, però, che appena sei entrato mi sei sembrato un fuggitivo». Risi insieme a lui e ci spostammo sul divano per stare più comodi.

«Bella, che cosa stai leggendo?».

«Stephanie ammazza sette», confessai.

«Quella saga ti fa male, amore, ogni volta che leggi un libro della Evanovich pensi sempre al peggio». Socchiuse gli occhi verde smeraldo e poi scoppiò a ridere.

«Smettila di prendermi in giro», mi lamentai incrociando le gambe sotto il sedere.

«Non lo farei mai!».

«Bugiardo. E poi li leggi anche tu, confessa!».

«Solo perché mi hai costretto, amore, solo per questo».

«Potevi sempre non leggere il secondo, poi il terzo e via dicendo».

«Mi hai messo in trappola». Sorrisi vincente.

«A proposito, almeno tu non dovresti essere a scuola?», gli domandai ormai conscia della risposta.

«Non volevo lasciarti a casa da sola una giornata intera. Saltare qualche giorno di scuola non è di certo un male, anzi prendiamola come vacanza meritata dal quel covo di matti».

Lo travolsi euforica, stringendo il suo collo con le mie braccia sottili: «Lo sai che ti amo, vero?».

«Anch'io, Bella, anch'io e non immagini neanche quanto». Restammo abbracciati per un tempo indefinito, io con il viso immerso nel suo collo e lui con il naso sprofondato nel mio collo. Le sue braccia erano una gabbia dorata intorno a me dalla quale mai sarei voluta scappare.

 

«Devi infilarti a letto, forza andiamo». Edward mi fece alzare dal divano per farmi tornare in camera. Non ne ero entusiasta, preferivo restare lì, su quel divano con lui, ma forse sotto le coperte mi sarei sentita meglio e questi continui brividi di freddo mi avrebbero lasciata in pace.

«Rimani qui?», gli chiesi una volta al calduccio.

«Dove vuoi che vada, Bella? Sono venuto per stare qui con te».

Gli feci posto sul letto da una piazza e mezzo battendo una mano sullo spazio libero: «Allora sdraiati, su».

«Bella, non penso sarebbe una buona idea».

«E' vero, che scema, rischio di attaccarti l'influenza!»

«Non si tratta di questo, amore, ma hai bisogno di riposare e dormire per recuperare le forze e con me in quel letto non penso sarebbe possibile». Solo dopo capii realmente, la mia mente era annebbiata dall'abbiocco che mi stava travolgendo.

«Ti prego», biascicai socchiudendo gli occhi.

Edward si arrese alle mie suppliche dopo un solo battito di ciglia, si sfilò le scarpe, la felpa e si accomodò al mio fianco. Non mi avvicinai per paura di attaccargli qualche germe, ma lui non era della mia stessa opinione: passo un braccio sotto il mio corpo e mi fece appoggiare a lui, con la testa sulla sua spalla. Lo circondai con un braccio e sospirai contenta. Sentivo i miei occhi sempre più pesanti e il mio respiro sempre più lento e regolare; i movimenti circolari della mano di Edward sulla mia schiena e sui miei capelli contribuirono solo a farmi rilassare più di quanto già non fossi.

Riemersi dal mondo dei sogni con un leggero mal di testa e la gola che bruciava leggermente meno rispetto al risveglio di quella mattina. Socchiusi gli occhi e vidi Edward che teneva con la mano libera il libro di Janet Evanovich, quello che leggevo poche ore fa. Restai ad osservarlo immobile, - ogni mio minimo movimento avrebbe potuto avvertirlo visto che mi trovavo ancora distesa sulla parte destra del suo corpo e un suo braccio mi circondava-, i suoi occhi seguivano le lettere stampate su quella carta color panna, gli angoli della sua bocca si sollevavano spesso per qualche battuta divertente di Stephanie, Joe o Rangers, ma cercava di trattenere le risate per non svegliarmi. Era così bello con quell'espressione rilassata e divertita sul volto, quando i suoi occhi si spalancavano dalla sorpresa assumeva l'innocenza tipica un bambino che scopre per la prima volta qualcosa.

Non riuscii a trattenermi e alzai la mano per accarezzare il suo viso, partendo dalla mano. Sentendo il contatto improvviso sobbalzò e girò di scatto il viso verso di me inondandomi con la luce dei suoi occhi.

«Ciao». La mia voce arrochita era a dir poco spaventosa; mi schiarii la gola e riprovai facendo uscire una parola capibile dalle mie labbra.

«Ehi», disse carezzandomi i capelli. Posò il libro sul mio comodino e si voltò interamente verso la sottoscritta. «Ti senti meglio?».

Grugnii in segno di disapprovazione. «Mi è venuto mal di testa, anche se il mal di gola è diminuito notevolmente».

«Dopo pranzo prendi una tazza di caffè e vedrai che passa subito».

«Almeno non mi è venuto il raffreddore, posso ritenermi fortunata, no?».

«Ieri siamo stati troppo sotto la pioggia, ma vedrai che domani sarai quasi guarita. Vuoi mangiare qualcosa?», mi chiese in modalità papà apprensivo.

«Me lo preparerà lei in persona, chef?», lo stuzzicai.

«Se vuole, mademoiselle, non per altro mi definiscono il secondo Gordon Ramsey», disse in tono serio.

«E io che desideravo un chocolatier français». Mi dipinsi in viso una maschera di delusione.

«Posso essere tutto quello che vuole: dottore, chef, chocolatier, Magic Mike. Lei chieda e avrà».

«Desidero la quarta opzione», dissi maliziosa.

«Chissà perché ci avrei scommesso».

«Siano lodate le mosse di Mike!», esclamai sognante.

«Anch'io se avessi fatto lo spogliarellista e fossi un ballerino di break dance farei quelle mosse», si lamentò.

Feci finta di annusare l'aria: «Cos'è quest'odore?».

Edward mi imitò sconcertato. «Io non sento nulla».

«Ma sì! Annusa meglio!».

«Forse Rain ha fatto qualche disastro nella stanza».

La mia mano colpì la mia fronte e con espressione desolata dissi: «Ma certo, ora ho capito!».

«Di che si tratta?», chiese curioso.

Mi tirai su e mi avvicinai alla porta, prima di voltarmi e confessare: «Gelosia, amore, la tua. La stanza è impregnata dal profumo della tua gelosia».

Continuai a ridere per la sua faccia scioccata fino alla cucina. Arrivò dietro a me, con Rain al seguito che pretendeva di pranzare.

Cercai di trattenere le risate per non innervosirlo ancora di più, ma fu tutto inutile.

«No, ma prego, continua come se non ci fossi».

«E dai, amore, dovevo farti una foto, aveva una faccia troppo buffa!». Mi ricomposi nascondendo le risate sotto formai di colpi di tosse resi più credibili dal mal di gola.

«Non sono geloso di un attore!».

«Ah, no?», chiesi interessata alla sua risposta. Intanto misi a riscaldare la carne bollita per Rain e lo presi in braccio per coccolarlo, anche se ormai stava diventando troppo pesante.

«Mi infastidisce solo che la mia ragazza debba fissarsi con le "mosse" di quello!».

«No, infatti questa non si chiama gelosia, hai ragione». Ero così seria che quasi non si accorse della presa in giro. Purtroppo non riuscivo a contenere la mia felicità.

«Per punizione il tuo tutto fare personale si mette a riposo e si rifiuta di cucinare».

Inorridita feci la faccia più sconvolta che mi riusciva al momento: «E ora come farò? Dovrò rimanere a digiuno, non pranzare e non potrò recuperare le energie visto che sono così debole...».

«Okay, ragazza melodrammatica, cosa desideri?», mi chiese ridendo. Si avvicinò al frigo, che fissavo da dieci minuti, e iniziò a rovistarci dentro.

«Anche se sono malata mi rifiuto di mangiare un po' di brodo! Il mal di gola sta passando, quindi...».

«Pollo?», mi domandò. Storsi la bocca, non mi piaceva molto il pollo.

«Vedrai che come te lo cucinerò io non ti sembrerà neanche carne bianca!».

«Mi fido, amore», mi avvicinai e gli sfiorai leggermente le labbra. Fino a quel momento lo avevo allontanato per paura di trasmettergli l'influenza, ma non riuscivo a stare staccata da Edward, in particolare se lo avevo a due passi di distanza.

Sbuffò scontento del mio repentino allontanamento e si mise a cucinare il pollo alla marsala, evitando l'ingrediente principale: il marsala, questo a causa della mia gola già ridotta in fiamme che si stavano abbassando.

Il pollo era una rivelazione! Mai mangiato così buono e saporito. Lo aveva impanato nella farina e fatto friggere con del burro fuso all'olio, dopodiché lo aveva insaporito con il brodo granulare. Una vera delizia.

«Non sapevo fossi così bravo, da oggi sei il mio chef».

«Il secondo della lista è spuntato, meno male». Fece finta di asciugarsi il sudore inesistente e pensai a quanto oggi fosse diverso: più libero, spensierato e se stesso di quanto non fosse mai stato prima.

 

Ci spostammo nuovamente in salotto, sdraiandoci sul divano. Ero tra le braccia di Edward, con la schiena appoggiata per metà al suo petto e per metà al divano. Rain, ai nostri piedi, giocherellava con un suo giochino producendo quel suono fastidioso che erano all'interno; sembrava un fischio strozzato.

Era il momento giusto per dire a Edward una cosa che mi premeva dal giorno prima.

«Edward?», richiamai la sua attenzione rivolta ad accarezzarmi.

«Mmh», mugugnò.

«Ieri... è stato importante anche per me». Le mie erano semplici parole che volevano dire quanto aveva contato per me la sua confessione. Non avevo scordato quanto gli fosse costato aprirsi e di certo non potevo dimenticare l'influenza che aveva avuto su di noi: il nostro rapporto era cresciuto, il nostro amore si era rafforzato e ora nulla poteva mettersi tra noi.

«Lo so, amore». Non c'era bisogno di dire altro.

Si avvicinò per baciarmi e non lo respinsi, mi feci travolgere dal suo profumo, dal suo sapere e dalle sue mani che ansiose vagavano sul mio corpo. Mi attaccai ai suoi capelli, ne sentivo la consistenza morbida e desideravo non togliere più le mie mani da lì. Un'altra scese lungo la sua mascella decisa e poi sempre più giù, verso il suo collo e sulla sua maglietta, fino ad arrivare all'orlo. Intrufolai la mia mano gelata per sentire la sua pelle caldissima, che a contatto con la mia si riempì di brividi.

Edward non stette fermo, capovolse le nostre posizioni e mi ritrovai intrappolata tra lui e il divano. Non che mi lamentassi, lungi da me dire una sola parola contraria a quella passione esplosa all'improvviso.

«Malata o no non riesco a resisterti». Gli strinsi le braccia ai lati della mia testa, scivolai con una lenta carezza giù lungo la schiena coperta dalla maglietta sottile.

«Fammi un balletto alla Magic Mike e non resisterò neanch'io», dissi più per stuzzicarlo.

Smise di baciarmi il collo e portò il suo viso all'altezza del mio. «So fare anche di meglio».

«Dimostramelo». Sorrisi mordendomi il labbro inferiore subito dopo catturato da suoi denti.

«Vediamo se riuscirai a seguire i ritmi di Magic Edward, ti assicuro che sono più forsennati di Mike».

Mantenne la parola data. Edward diventò pura magia, meglio di qualsiasi altro spettacolo mai visto e non c'entrava nulla con balletti o tanga, era semplicemente lui: passionale, disinvolto, emozionato, che mi faceva toccare il cielo.

Anche se malata cercai di non pensare al mal di testa, leggermente diminuito grazie al caffè, e indirizzai tutte le mie attenzioni su di lui.

Ben presto non ci furono barriere tra noi, pelle contro pelle; il calore che si infondeva dai nostri corpi riscaldavano la stanza.

«C'è qualcosa di più bello di questo? Fare l'amore con te, sapere che sei mia e solo... mia», confessò Edward con voce spezzata dall'emozione e dal desiderio. I miei occhi divennero ancora più lucidi.

«Perché, esiste qualcosa di più bello di te? Sei così... fantastico, perfetto. Devo aver fatto qualcosa di... davvero grandioso... in un'altra vita». La mia voce era un susseguirsi di gemiti misti a quello che sentivo di dover dire a Edward.

Mi sembrava che le nostre mani non bastassero, erano troppo ansiose di toccare, esplorare... donare. Mi strinsi alle sue spalle, mentre lui mi tirava indietro la testa per accedere al mio collo, mordicchiandolo come una caramella gommosa. Scese verso il petto e le mie mani affondarono completamente nella pelle morbida della sua schiena.

«Sento che non c'è momento più... perfetto e speciale di questo. Sento che non riuscirò a contenere tutto il mio amore per te», bisbigliò contro la mia pancia.

«Ed io... sento... di stare per impazzire», riuscii a dire.

«Ti amo, Isabella Swan», mi sussurrò poco prima di venire.

«Ed io amo te, Edward Cullen».

 

Si narra spesso di quanto l'amore sia difficile, di quanto sia impossibile prevederlo e capirne tappe e approdi. La difficoltà, però, stava nelle persone, nei loro modi di creare relazioni e rapportarsi con gli altri. Bastava costruire qualcosa di solido, duraturo, con principi morali veritieri e tutto diventava più forte; la felicità creava un alone intorno alle persone in questione. Ciò non rendeva l'amore, di qualsiasi tipo, facile - cosa c'era di semplice nella vita? -, ma rendeva le difficoltà superabili e non insormontabili e impossibili.

Io, avevo trovato anche la mia meta, il mio sbarco sicuro: Edward. Era lui che rendeva tutto più bello, più semplice e complesso allo stesso tempo.

 

 

 

 

E ora ci risentiamo anche qui ;) Oggi è ufficialmente un anno che la storia è sul sito! Non ci posso ancora credere! Da una parte mi dico: sono ancora al capitolo diciannove dopo tutti questi mesi?! La storia doveva già essere conclusa se non fosse stato per tutti questi mesi in cui non ho postato, quindi mea culpa!

Ribadisco quanto mi dispiaccia non aver postato prima. Spero vivamente mi seguirete di nuovo, non ho mai ritardato così tanto e lo sapete, ma ho avuto un po' da fare e l'estate ha portato solo pigrizia con sé ç.ç Volevo postare settimana scorsa, ma poi mia nonna è stata operata quindi il tempo è volato e alla fine ho deciso di aspettare qualche giorno è postare per l'anniversario della storia (sono matta, lo so).

Una curiosità che volevo dirvi e che ho trovato moooolto strana: mentre scrivevo di Bella con il mal di gola mi è venuto anche a me, nello stesso momento -.-' Cioè, ma solo a me possono capitare 'ste cose! Almeno avessi un Edward che viene a farmi da dottore/infermiere, ma neanche questo -.-'

Questo capitolo inizialmente doveva essere mooolto più lungo, ma la mia consigliera personale mi ha detto, giustamente, che il prossimo discorso c'entrava poco e quindi ho stoppato qui. Fatemi sapere cosa pensate del capitolo e della storia, era parecchio tempo che non scrivevo di loro. Quindi grazie in anticipo a coloro che mi daranno un loro parere!

La storia sta per finire, mancano massimo sette capitoli, anche se conto di finirla in cinque, ma dipende da quale finale sceglierò, ne ho in mente due. D'ora in avanti ritornerò con i soliti aggiornamenti e le date prefissate!

Prossimo capitolo: 22 ottobre.

Gruppo Fb creato con una mia amica, Annie, dove parliamo di libri e musica oltre che delle nostre storie, vi aspettiamo :***

Piccolo spoiler del prossimo capitolo (doveroso dopo tutto il tempo che vi ho fatti attendere ç.ç): Si parlerà di università, di decisioni e chi intraprenderà questo percorso (eh già, avete capito bene, non tutti sceglieranno di andare al college).

Per tutti gli spoiler, appena scriverò il capitolo, ci vediamo nel gruppo ;)

 

A presto!

Kiss

Jess

 

Ps vi prego, ditemi che non sono l'unica matta che scrive sempre le note prima del capitolo o mentre lo sta scrivendo! Per una volta vorrei scriverle dopo, ma ho il timore di dimenticare qualcosa -.-'

Pps chi ha seguito la maratona Twilight su Italia 1?

   
 
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